Carrara, la città dove l'amministrazione vuole abbattere tutti gli antichi ponti del centro storico


A Carrara è in corso di studio un progetto di abbattimento dei ponti antichi del centro storico perché secondo alcuni risolverebbe i problemi delle esondazioni del torrente Carrione. Una riflessione sul tema.

Quando si vuol far riferimento a un’unione, a un passaggio o a un collegamento, credo che l’immagine più utilizzata sia quella del ponte. Ma il ponte è anche metafora di cambiamento, della vita che scorre e che si rinnova. Sous le pont Mirabeau coule la Seine / Et nous amours, “Sotto il ponte Mirabeau scorre la Senna e i nostri amori”, recita una poesia di Guillaume Apollinaire. I ponti storici di una città hanno assistito agli eventi che in quella città sono occorsi, hanno visto passare sopra di loro genti d’ogni lingua e nazione, sono stati testimoni di un’evoluzione della società, magari sono stati anche luoghi di ritrovo di amici o d’innamorati. Ma, anche senza voler essere romantici a tutti i costi, i ponti storici sono una memoria preziosa del nostro passato e fanno parte del nostro patrimonio culturale.

A Carrara, la città dove, come ormai saprete, noi di Finestre sull’Arte abbiamo la nostra “base”, un sindaco vorrebbe cancellare in un colpo solo una parte importante del passato della città abbattendo tutti gli antichi ponti del centro storico. Questo perché uno studio condotto dal professor Giovanni Seminara dell’Università di Genova, e finanziato dalla Regione Toscana con la ragguardevole somma di 91.463,40 euro, ha pensato che il modo migliore per scongiurare il rischio delle alluvioni in città sia proprio quello di eliminare tutti i ponti e le passerelle che attraversano il torrente Carrione nel centro storico di Carrara.

Sono ponti che hanno storia secolare, molti dei quali recano nomi suggestivi. Una leggenda che si racconta in città (e che ammetto di aver scoperto solo di recente), rilanciata ultimamente anche sui gruppi carraresi dei social network da una cittadina, Michela Viti, racconta che i nomi dei tre principali ponti del centro di Carrara (nell’ordine, dal monte verso il mare, il ponte della Bugia, il ponte delle Lacrime e il ponte Baroncino) abbiano a che fare con le tragedie che, da tempi immemori, sconvolgono il lavoro alle cave di marmo. Si narra che i familiari dei cavatori che subivano incidenti mortali alle cave fossero soliti radunarsi sul ponte della Bugia per attendere notizie del proprio congiunto, e presagendo come sarebbe andata a finire cercavano di rincuorarsi l’un l’altro dicendosi che in realtà non era successo niente di grave... si raccontavano, insomma, delle bugie per consolarsi. Quando però ci si rendeva conto che la realtà era un’altra, il ponte delle Lacrime era il luogo in cui ci si lasciava andare alla disperazione. E infine, il feretro del povero malcapitato veniva caricato su un carretto (in dialetto carrarese baruzín) vicino al ponte Baroncino. Insieme a questi tre ponti colmi di storia e risalenti a epoche remote, sarebbero destinati all’abbattimento anche il ponte di Groppoli, che alcuni vorrebbero addirittura far risalire all’epoca dei romani (ma più verosimilmente fu costruito durante il Medioevo), il ponte di San Martino, testimone degli ottocenteschi sviluppi dell’industria lapidea quando nei suoi dintorni vennero costruiti i laboratori dell’azienda di Guglielmo Walton, e in generale tutti i passaggi che in centro città scavalcano il Carrione.

Carrara, Ponte delle Lacrime
Carrara, una bella immagine del Ponte delle Lacrime scattata da fototoscana.it (licenza Creative Commons)

È vero che Carrara, negli ultimi anni, ha conosciuto un numero davvero spropositato di alluvioni: il Carrione è esondato più volte, l’ultima delle quali il 5 novembre 2014, con esiti disastrosi. Malgrado ciò, gli amministratori della città non hanno mai pensato di far qualcosa per indagare su come vengono svolte le attività estrattive alle cave di marmo, che secondo molti sarebbero le principali responsabili degli ormai non più sostenibili problemi del Carrione. Solo quest’estate, il procuratore capo di Massa e Carrara, Aldo Giubilaro, ha aperto un fascicolo per frana colposa e inondazione a carico di quattro imprenditori del marmo, accusati “di non aver smaltito, per anni, forse anche decenni, i detriti provenienti dall’escavazione” che, accumulati nei piazzali delle cave, sulle Alpi Apuane, finiscono nei corsi d’acqua ostruendone il normale corso, oppure alzandone il livello. Uno studio del 2007 condotto dall’Università di Siena ha evidenziato che sono “sufficienti 60 mm di pioggia in 5 ore, con intensità di soli 14 mm in un’ora” per innescare, sui ravaneti (i declivi dove si accumulano i residui della lavorazione), i movimenti delle cosiddette debris flow, le colate di detriti.

Stessi problemi anche per lo smaltimento della marmettola, la polvere di scarto della lavorazione del marmo, che quando si deposita sul fondo dei corsi d’acqua ne distrugge gli ecosistemi. Il risultato è che fiumi e torrenti di Carrara e dintorni sono fortemente inquinati, e il loro livello si è innalzato nel corso degli anni. E anche all’indomani della tragica alluvione del 5 novembre 2014 c’era chi, come il geologo Mauro Chessa, puntava il dito contro i detriti dell’escavazione. Indagini simili erano partite anche dopo un’altra disastrosa alluvione, quella del 2003: i ventidue imputati non avrebbero subito alcuna condanna perché nel 2011 il reato di omicidio colposo e inondazione, di cui erano accusati, cadde in prescrizione.

Il sindaco Angelo Zubbani non ha però ritenuto necessario ascoltare né l’Università di Siena, né le associazioni ambientaliste che operano sul territorio, né i tanti geologi apuani che hanno dedicato la propria attività professionale al gravissimo problema del dissesto idrogeologico del Carrione, né tantomeno i cittadini di Carrara che chiedono soluzioni condivise. No: il sindaco di Carrara, intervistato a proposito dello studio di Seminara, ha ribadito che “la sicurezza deve prevalere su tutto” e che “ci faremo guidare dalle priorità”. Certo, nessuno mette in dubbio il fatto che la sicurezza dei cittadini debba essere al primo posto (è ovvio). Si mettono in dubbio, piuttosto, la validità e la reale efficacia di uno studio altamente invasivo e impattante quando, da anni e da più fonti autorevoli, all’amministrazione comunale è sempre stata prospettata un’altra soluzione: quella di intervenire sulle attività a monte. L’intervento invasivo (anzi: distruttivo, in questo caso) sul patrimonio storico dovrebbe costituire l’ultima spiaggia, quando ci si trova dinanzi a una situazione tale per cui non esistono più soluzioni alternative e non c’è più nient’altro da fare. A Carrara accade invece il contrario: per non toccare gli interessi dell’industria del marmo, si preferisce prendere in considerazione uno studio secondo il quale la soluzione sarebbe la demolizione dei ponti storici della città.

Uno studio che, peraltro, prende in esame solo un tratto del torrente (quello che passa dal centro storico di Carrara) e che ha sollevato dubbi anche a proposito delle tempistiche: la delibera infatti è stata approvata in agosto (delibera regionale n. 3952 del 26 agosto 2015), ma i risultati dello studio sono giunti dopo appena un mese. Un solo mese per studiare un torrente? L’architetto Claudia Bienaimé, consigliere comunale, ha fatto notare la cosa al sindaco, che ha risposto dicendo che Seminara “ha iniziato il suo studio a dicembre 2014 e che la data della delibera è dovuta a questioni puramente formali”. Ma l’affidamento di un incarico dovrebbe avvenire, secondo legge, “dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti”, secondo l’articolo 11 del Decreto Legislativo 163 del 2006 che regola i contratti pubblici. Dato che la proposta dell’Università di Genova è arrivata a luglio, ci si domanda se non ci sia qualcosa che non torna o nel processo di affidamento dell’incarico, o nelle tempistiche di quello che forse diventerebbe uno degli studi più veloci della storia.

Siamo certi che la Soprintendenza non permetterà che vengano abbattuti i ponti storici di Carrara. Ma la vicenda dà comunque molto da pensare: ci chiediamo come sia possibile essere amministrati da un sindaco che per non ledere certi interessi, si dichiara subito pronto a seguire gli infelici consigli di chi vorrebbe eliminare testimonianze storiche secolari dal centro della sua città. Ci chiediamo come possa una città fidarsi di un’amministrazione che valuta a cuor leggero, e senza farsi troppi scrupoli, la possibilità di dare il via a un intervento distruttivo che vorrebbe far macerie del patrimonio della città. Ci chiediamo come possa un sindaco evitare constantemente il confronto sano con i suoi amministrati: da anni Carrara chiede che si provi almeno a fare interventi a monte, come suggerito da diversi studi in materia. Ma poco o niente è stato fatto. Ovvio: è molto più facile distruggere che pensare. Il grande critico d’arte Bernard Berenson, nel suo saggio Aesthetics, Ethics and History in the Arts of visual representation del 1941, immaginava un mondo “governato da biologi ed economisti a guisa di guardiani Platonici, che non tollererebbero alcun tipo di attività o alcun tipo di esistenza che non contribuisca a un fine strettamente biologico o economico”. Il sindaco di Carrara, privando la città della propria memoria, potrebbe essere un amministratore ideale per il terrificante mondo ipotizzato da Berenson.


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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Giornalista d'arte, nato a Massa nel 1986, laureato a Pisa nel 2010. Ho fondato Finestre sull'Arte con Ilaria Baratta. Oltre che su queste pagine, scrivo su Art e Dossier e su Left.

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