Cosa c'è dietro alla Madonna del Cardellino di Raffaello


La Madonna del Cardellino (Firenze, Uffizi) è uno dei più bei dipinti di Raffaello. Ecco come arrivò a dipingerla il grande artista urbinate.

Gombrich diceva che quando osserviamo un dipinto (o un’opera d’arte in generale), spesso non pensiamo agli enormi sforzi, ai sacrifici, alle notti insonni che un artista ha passato per studiare un particolare, per scegliere la giusta nuance di colore per un dettaglio, per elaborare una posa soddisfacente, per rendere al meglio l’espressione di un personaggio. Quello che noi vediamo è il dipinto finito, ovvero un risultato, che è però frutto di un processo lungo e laborioso: e questo vale sia per i dipinti più grandi, magniloquenti e ricchi di dettagli, sia per le opere d’arte contemporanea che sembrano invece così semplici e immediate. E quando ci troviamo di fronte al risultato finito, diceva sempre Gombrich, talvolta non ci rendiamo conto che i particolari di un dipinto che più ammiriamo, quelli che meglio destano la nostra risposta emotiva di fronte all’opera o che stimolano le discussioni attorno al capolavoro che stiamo osservando, non sono quelli che rappresentarono i problemi più difficili per l’artista.

Prendiamo un dipinto noto a quanti siano stati almeno una volta nella vita agli Uffizi: la Madonna del Cardellino di Raffaello (Urbino, 1483 - Roma, 1520). È un dipinto talmente bello, armonioso, raffinato e delicato, che non solo ci sembra frutto di un talento naturale, ma che, in conseguenza a ciò, ci appare quasi immediato, nel senso che sembra che l’artista sia riuscito a produrre un capolavoro come questo con facilità, senza pensarci troppo su. L’osservatore, solitamente, si sofferma sull’espressione della Madonna che comunica un profondo amore materno, oppure sugli sguardi di san Giovannino e di Gesù Bambino, colti nella loro dolce tenerezza, o ancora sul premuroso gesto della Vergine che, con la mano destra, sembra allo stesso tempo accarezzare e proteggere san Giovannino che offre il cardellino a Gesù Bambino il quale, a sua volta, tenta affettuosamente di accarezzare l’uccellino.

Raffaello, Madonna del Cardellino
Raffaello, Madonna del Cardellino (1506; olio su tavola, 107 x 77 cm; Firenze, Galleria degli Uffizi)

Eppure, gli atteggiamenti e le espressioni dei personaggi non rappresentavano il cruccio principale per il grande urbinate. Lo comprendiamo dai disegni preparatori per la Madonna del Cardellino che sono sopravvissuti ai secoli e che sono conservati all’Ashmolean Museum di Oxford. Questi disegni ci rendono edotti sul fatto che per Raffaello le espressioni dei personaggi non fossero ciò che lo angustiava: erano dettagli che l’artista dava praticamente per scontati. Il suo problema principale era la composizione. Raffaello, infatti, mirava a cercare l’equilibrio corretto, la disposizione che avrebbe conferito la miglior armonia possibile al dipinto finito, le giuste proporzioni, le giuste distanze tra l’uno e l’altro personaggio, le pose che meglio potevano confarsi a un risultato finale ben bilanciato. Osservando i disegni siamo dunque in grado di vedere l’evolversi della composizione verso le sue forme finite.

Nel primo disegno, numero d’inventario WA1846.159 (il 1846 è l’anno in cui entrò a far parte della raccolta dell’Ashmolean Museum), la Madonna tiene in braccio il Bambino, che sembra quasi aggrapparsi al suo seno, mentre san Giovannino è in piedi, sulla sinistra, che avvicina la mano al piccolo Gesù, sotto lo sguardo della Vergine che è già rivolto verso di lui, come nel dipinto finito (solo la testa è più inclinata verso il basso). C’è un particolare interessante: Raffaello ha disegnato la Madonna con le gambe nude. Si tratta semplicemente di un espediente per studiare la posizione delle gambe sotto l’abbigliamento, al fine di dipingere la veste nel modo più naturale possibile. Un segno all’altezza delle spalle ci comunica invece che l’artista ha già in mente che la veste dovrà avere un’ampia scollatura: la stessa che osserviamo nel dipinto degli Uffizi. Ci accorgiamo, tuttavia, che questa composizione probabilmente non fosse soddisfacente per l’artista da uno schizzo disegnato sullo stesso foglio. Le dimensioni sono più ridotte e il tratto è più sommario, ma anche questo disegno, tracciato con certa rapidità, è molto utile per farci capire come Raffaello avesse, dopo pochissimo tempo, cambiato idea sulla disposizione dei personaggi. Gesù Bambino comincia dunque ad assumere la posa che avrà nel dipinto: in piedi, tra le gambe della Vergine, in una posa che con tutta evidenza ricalca quella della Madonna di Bruges di Michelangelo, scultura celebratissima e terminata prima dell’agosto del 1506, dunque finita all’incirca nello stesso periodo in cui Raffaello attendeva alla propria Madonna del Cardellino.

Raffaello, due studi per la Madonna del Cardellino
Raffaello, due studi per la Madonna del Cardellino (1506; disegno a inchiostro su carta, 24,8 x 20,4 cm; Oxford, Ashmolean Museum, Inv. WA1846.159)

Vale la pena, a questo punto, fare una breve digressione sulla datazione del dipinto e sull’occasione per cui fu realizzato. La commissione giunse da parte di un ricco mercante fiorentino, Lorenzo Nasi, il quale, secondo una ricerca svolta in occasione di una mostra su Raffaello tenutasi a Firenze nel 1984, si sarebbe sposato con Sandra Canigiani, esponente di un’altra facoltosa famiglia di Firenze, tra il 1505 e il 23 febbraio 1506. Stando a quanto ci racconta Vasari, la Madonna del Cardellino sarebbe stata realizzata proprio in occasione del matrimonio: Ebbe anco Raffaello amicizia grandissima con Lorenzo Nasi, al quale avendo preso donna in que’ giorni, dipinse un quadro, nel quale fece fra le gambe alla Nostra Donna un Putto, al quale un San Giovannino tutto lieto porge un uccello con molta festa e piacere dell’uno e dell’altro. L’opera fu dunque eseguita nel periodo in cui Michelangelo attendeva alle fasi finali della Madonna di Bruges: sicuramente Raffaello dovette averla ben presente, dato che sia lui sia Michelangelo lavoravano, nel 1506, a Firenze. E che ci sia un certo michelangiolismo nel dipinto (si tratta di uno dei primi casi nella produzione di Raffaello in cui si può osservare vicinanza ai modi del grande scultore) si evince anche dal “gigantismo” dei due piccoli protagonisti ai piedi della Madonna, come aveva notato Adolfo Venturi già nel 1916 (si noti la possanza fisica del Gesù Bambino). Venturi aveva anche individuato nella precedente Vergine delle Rocce di Leonardo da Vinci il “modello” originale della struttura piramidale che Raffaello decise di conferire ai personaggi: un modello filtrato, però, sempre attraverso la Madonna di Bruges, attraverso cui Michelangelo organizzò la “piramide” leonardesca in una solida costruzione a torre, probabilmente per richiamare il celebre epiteto “turris eburnea” che si legge nel Cantico dei Cantici ma che fu poi attribuito alla Vergine.

A sinistra: Michelangelo, Madonna di Bruges. A destra: Leonardo da Vinci, Vergine delle rocce
A sinistra: Michelangelo, Madonna di Bruges (1505-1506; marmo, altezza 128 cm; Bruges, Onze-Lieve-Vrouwekerk - Chiesa di Nostra Signora). A destra: Leonardo da Vinci, Vergine delle rocce (1483-1486; olio su tavola, 199 x 122 cm; Parigi, Louvre).

Nel secondo disegno di Oxford (inventario WA1846.160) vediamo come Raffaello si avvicini ancora di più al dipinto finito. Il capo della Madonna comincia a girarsi per uscire dalla posizione di tre quarti che aveva nei due schizzi precedenti, e la postura di Gesù Bambino è già quella definitiva: in piedi, tra le gambe della madre, con lo sguardo rivolto verso san Giovannino, il braccio sinistro disteso lungo il corpo e il destro proteso in alto per accarezzare il cardellino, le gambe in leggero contrapposto. Al di là della posa di san Giovannino, che qui Raffaello immagina già di profilo, ma in posizione più statica rispetto al san Giovannino dell’opera finita, quello che ci colpisce maggiormente è l’oggetto che attira l’attenzione del Bambino: in questo disegno, infatti, non è il cardellino a trovarsi al centro del gioco di sguardi tra i personaggi, bensì un piccolo libro che, nella tavola degli Uffizi, si sposterà nella mano sinistra della Vergine, lontano dalle cure dei due bambini.

Raffaello, Studio per la Madonna del Cardellino
Raffaello, Studio per la Madonna del Cardellino (1506; disegno a inchiostro su carta, 23 x 16,3 cm; Oxford, Ashmolean Museum, Inv. WA1846.160)

L’inserimento del cardellino fu pensato, con ogni probabilità, per presentare un richiamo diretto alla Passione: si riteneva infatti che il cardellino vivesse tra le piante di cardo (immediata dunque l’allusione alla corona di spine), da cui il nome del piccolo pennuto, e in più anche la macchia rossa sul suo muso era considerata simbolo del sangue versato da Gesù sulla Croce. Il dipinto, peraltro, si spaccò nel 1548, quando una frana fece crollare la casa della famiglia Nasi in cui era ospitato, e l’opera rimase coinvolta: riuscì però fortunatamente a salvarsi, ma dovette essere sottoposta a un veloce restauro operato da Giovan Battista Nasi, figlio di Lorenzo, il committente (è lo stesso Vasari a darci queste informazioni). Il problema è che i continui lavori di manutenzione a cui l’opera andò incontro nel corso dei secoli, finirono col far sì che la Madonna del Cardellino si coprisse di una patina ambrata, rimossa solo con un restauro recente (terminato nel 2008 ed eseguito da Patrizia Riitano e Ciro Castelli dell’Opificio delle Pietre Dure, sotto direzione di Marco Ciatti e Cecilia Frosinini), condotto con l’obiettivo di riportare alla luce, attraverso un’operazione di pulitura e di integrazione delle lacune, i colori originari del dipinto.

La Madonna del Cardellino prima del restauro e durante il restauro
La Madonna del Cardellino prima del restauro e durante il restauro

Il risultato è quello oggi sotto gli occhi di tutti i visitatori della sala dedicata ai dipinti di Raffaello nella Galleria degli Uffizi: di fatto, i restauratori ci hanno permesso di apprezzare l’opera con gli occhi di un osservatore del Cinquecento, dandoci modo di vedere anche particolari che le stratificazioni accumulatesi nel corso degli anni (si tratta di aggiunte inserite durante le operazioni di manutenzione che l’opera ha conosciuto nei secoli) avevano nascosto. Possiamo dunque ritrovare, in tutta la loro lucentezza, i cromatismi di quei due bambini così apprezzati da Vasari per essere “tanto ben coloriti e con tanta diligenza condotti che più tosto paiono di carne viva che lavorati di colori”, della Madonna che “ha un’aria veramente piena di grazia e di divinità”, e di tutti quei dettagli che nella descrizione del grande storico dell’arte aretino si riassumono in un unico aggettivo, di disarmante banalità, ma molto comunicativo: “bellissimo”.

Bibliografia di riferimento

  • Antonio Natali, Marco Ciatti, Patrizia Riitano (a cura di), L’amore, l’arte e la grazia. Raffaello: la Madonna del Cardellino restaurata, catalogo della mostra (Firenze, Uffizi, 29 novembre 2008 - 31 marzo 2009), Mandragora, 2008
  • Cristina Garofalo, Sylvie Beguin, Raffaello: catalogo completo dei dipinti, Octavo, 2002
  • Elena Capretti, Raffaello, Giunti, 1996
  • Mina Gregori (a cura di), Raffaello a Firenze: dipinti e disegni delle collezioni fiorentine, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Pitti, 11 gennaio - 29 aprile 1984), Electa, 1984


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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Giornalista d'arte, nato a Massa nel 1986, laureato a Pisa nel 2010. Ho fondato Finestre sull'Arte con Ilaria Baratta. Oltre che su queste pagine, scrivo su Art e Dossier e su Left.

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