L'evoluzione della ritrattistica di Antoniazzo Romano

La nota

2012, Quattordicesima puntata

Antoniazzo Romano, il più grande pittore romano del Rinascimento, fu anche molto abile come ritrattista, e l'articolo di Giovanni vuole focalizzare l'attenzione proprio su questo aspetto, e nello specifico sull'evoluzione della ritrattistica di Antoniazzo Romano nel corso degli anni. Si parte quindi dalla figura del donatore nella Madonna di Rieti del 1464 per arrivare a figure più complesse e caratterizzate, come quelle dei potenti cardinali che gli commissionarono le opere.

L’abilità di Antoniazzo nel ritrarre devoti o donatori è proverbiale, tanto che uno storico dell’arte del calibro di Roberto Longhi non esita a definirlo “uno dei più grandi ritrattisti del secolo”. Il suo viaggio nel mondo della ritrattistica appare come una continua evoluzione, che lo conduce dagli stilemi ancora goticheggianti delle prime prove a forme e linee puramente rinascimentali. Basta soffermarsi, a tal proposito, sulla figura del giovanetto a mani giunte nella prima opera nota di Antoniazzo, la tavola di Rieti del 1464; privo di una convincente collocazione prospettica, il personaggio dialoga male con il gradino del trono della Vergine. Il biondo committente è gentile nell’aspetto ma ancora troppo piatto, è una sagoma che ricorda troppe figure di devoti e donatori ai piedi dei loro santi in tanti affreschi e mosaici della Roma trecentesca.

Undici anni dopo, però, in occasione dell’esecuzione di una tavola a Fondi, il pittore dimostra di aver bene appreso e assorbito il linguaggio rinascimentale, come dimostra la figura del conte Onorato II Caetani d’Aragona, potente feudatario del Regno di Napoli. Il committente è visto perfettamente di profilo, a capo scoperto, con la zimarra di velluto nero bordata di pelliccia, la catena d’oro e la berretta sulle mani giunte in preghiera. La differenza con il giovane biondo precedente è netta: il profilo si staglia deciso contro il manto della Madonna, come ritagliato su una medaglia. Diverso è anche il rapporto proporzionale tra le figure: viene rispettata sì la differenza di dimensioni tra la figura umana e quella divina, ma Onorato qui non ha nulla della minuscola presenza del giovane di Rieti, è meglio proporzionato rispetto al trono della Madonna. Del personaggio, inoltre, sono rese in maniera attenta non solo le sue caratteristiche fisionomiche, ma anche la consistenza materica dell’abito e tutti i volumi.

Probabilmente, alla evoluzione in chiave rinascimentale del ritratto antoniazzesco, dovette contribuire la ritrattistica di Piero della Francesca. In questa luce, il ritratto Caetani ricorda quello di un altro potente signore, Sigismondo Malatesta nell’affresco di Rimini, per la comune tendenza a ritagliare il profilo come medaglie, secondo la ritrattistica italiana, e per l’insistenza sulle caratteristiche degli abiti, la resa delle stoffe, e la verità fisionomica di gusto fiammingo.

Dalla metà dell’ottavo decennio del Quattrocento, il ritratto di tipo rinascimentale diventa consueto nelle opere di Antoniazzo, come testimoniano quelli dei cardinali Angelo e Domenico Capranica, caratterizzati individualmente, o i due devoti raccolti e gravi ai lati del san Sebastiano della Galleria Nazionale D'Arte Antica di Palazzo Barberini, il cardinale Pietro Riario e il duca Galeazzo Maria Sforza, in cui si nota pure, a ben vedere, un’ attenzione maggiore alla resa psicologica del personaggio. Si tratta di ritratti, dunque, in cui Antoniazzo riesce efficacemente a cogliere nello stesso tempo la verità fisionomica, il carattere e la forte e genuina pietà religiosa dei suoi committenti, portando la ritrattistica romana a uno dei suoi momenti più alti.

Giovanni De Girolamo








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