Quest'opera, Caino e Abele, è ritenuta un dipinto giovanile di Bartolomeo Manfredi, uno dei primi artisti a rimanere affascinati dalla lezione di Caravaggio. Il gusto per il dramma potrebbe infatti derivare dalla suggestione che le opere del grande genio lombardo già nei primi anni del Seicento potevano offrire agli artisti attivi a Roma, tra i quali si può tranquillamente annoverare lo stesso Manfredi, che potrebbe essere arrivato nell'allora capitale dello Stato Pontificio già nei primi anni del XVII secolo.
L'opera, che potrebbe risalire a una data prossima al 1610, è, tuttavia, ancora permeata da una certa inclinazione per le pose bizzarre e contorte del manierismo: i due corpi nudi si avvinghiano infatti in una lotta che denota più teatralità che violenza e ferocia (oltre che notevole attenzione per una resa anatomica efficace). La storia, tratta dal libro della Genesi, è nota: Caino e Abele, figli di Adamo ed Eva, avevano offerto entrambi un sacrificio a Dio, ma solo quello di Abele era stato gradito, motivo per cui Caino, geloso del fratello, lo uccise.
Non abbiamo idea di chi abbia commissionato il dipinto. Il primo documento che lo riguarda risale infatti al 1651, quando l'artista David Teniers il Giovane registra la presenza dell'opera nella collezione dell'arciduca d'Austria Leopoldo Guglielmo d'Asburgo, a Bruxelles, dove quest'ultimo risiedeva in qualità di governatore dei Paesi Bassi Spagnoli. Non viene tuttavia fornito il nome dell'autore: sono stati dunque avanzati numerosi tentativi d'attribuzione (si fecero anche i nomi di Guido Reni e di Simone Cantarini) fino ad arrivare all'attuale assegnazione a Bartolomeo Manfredi.
19 settembre 2016
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