Otto opere “romane” di Maurits Cornelis Escher (esposte alla mostra di Trieste)


Maurits Cornelis Escher visse a Roma per ben dodici anni, dal 1923 al 1935: vediamo otto opere romane esposte alla mostra di Trieste (fino al 7 giugno 2020 al Salone degli Incanti).

Il grande incisore olandese Maurits Cornelis Escher (Leeuwarden, 1898 - Laren, 1972) amava molto l’Italia: visitò il nostro paese per la prima volta a ventiquattro anni, nel 1922. L’artista arrivò in Italia via mare, a Genova, e da qui proseguì il viaggio visitando la Toscana, facendo tappe a Livorno, Pisa, Firenze, Siena e San Gimignano. Furono soprattutto i borghi e le campagne del senese a colpire Escher, tanto che proprio qui realizzò le sue prime incisioni raffiguranti paesaggi italiani. Il viaggio proseguì poi nel 1923, quando l’artista passò tutta la primavera nella Costiera Amalfitana: “raramente”, scriveva all’amico Jan van der Does già il 18 gennaio di quell’anno, “mi sono sentito più calmo, più soddisfatto, più contento di quanto non lo sia stato negli ultimi tempi”. A Ravaello, Escher conobbe anche la sua futura moglie, la svizzera Giulia Umiker (soprannominata Jetta): i due si sposarono, dopo alcune difficoltà, a Viareggio in Comune il 12 giugno del 1924, e quattro giorni dopo, a Roma, celebrarono il matrimonio in forma religiosa (Jetta era infatti divenuta da poco cattolica malgrado l’opposizione del padre, che non vedeva di buon occhio la cosa), per poi partire per il viaggio di nozze che li portò a Genova, ad Annecy, a Parigi e a Bruxelles. Al ritorno, la coppia si stabilì a Roma.

Escher prese casa in una villa al numero 122 di via Poerio, nel quartiere di Monteverde vecchio, e visse nella capitale per dodici anni, fino al 1935, quando la famiglia ritenne che l’ascesa del fascismo fosse diventata insostenibile e avesse reso difficile continuare a vivere in Italia (i due coniugi non volevano che i loro figli piccoli crescessero sotto una dittatura, e decisero dunque di spostarsi in Svizzera). La permanenza a Roma produsse un’influenza profonda sulla sua arte, dal momento che, in questo periodo, i soggetti delle sue incisioni furono soprattutto paesaggi e architetture. La prima mostra si tenne tra il 2 e il 26 maggio, a Palazzo Venezia, ed ebbe anche un certo successo: Escher si era ben inserito negli ambienti culturali romani del tempo (per esempio era amico del direttore dell’Istituto Olandese a Roma, Goedefridus Johannes Hoogewerff, che fu suo grande estimatore nonché committente di diverse opere, e fu un assiduo frequentatore delle lezioni di Adolfo Venturi all’Università di Roma) e le sue conoscenze lo spinsero ad approfondire la storia e l’arte della città, ma ciò che lo attirava di più erano soprattutto le vedute e gli scorci che la città poteva offrire e che Escher amava esplorare di notte, portando con sé una lampada in modo da disegnare ovunque si trovasse. L’artista, a Roma, era infatti solito eseguire il disegno direttamente sul posto, per poi rifinirlo nello studio, ricavato in uno dei locali della villa di via Poerio. Ad appassionarlo erano soprattutto le vedute della Roma antica e di quella barocca: le grandi chiese, con le maestose cupole, e le rovine della Roma classica sono soggetti frequenti nelle incisioni prodotte nei dodici anni vissuti a Roma.

Per ammissione stessa di Escher, gli anni di Roma furono i migliori della sua vita, e la produzione in questo periodo fu molto prolifica. Diverse delle incisioni che l’artista realizzò nella capitale vengono esposte in pressoché tutte le mostre che gli vengono dedicate: nella più recente, la mostra di Escher a Trieste (fino al 7 giugno 2020 nel Salone degli Incanti), ne sono esposte sette, più una, famosissima, che non raffigura direttamente Roma ma che venne prodotta in città. Vediamole tutte in questa gallery.

1. San Michele dei Frisoni
La chiesa di San Michele dei Frisoni si trova nel rione Borgo, non lontano dalla Basilica di San Pietro, ed è la chiesa nazionale della comunità romana dei frisoni (ovvero gli abitanti della Frisia, regione del nord dei Paesi Bassi di cui Leeuwarden è il capoluogo: è dunque la chiesa di riferimento della comunità a cui Escher apparteneva). L’ardita prospettiva scelta da Escher fa sì che la chiesa risalti sul colonnato berniniano di San Pietro, con un efficace contrasto tra luci e ombre.

Maurits Cornelis Escher, San Michele dei Frisoni, Roma (1932; litografia su c arta, 492 x 558 mm; Chicago, Art Institute). Alla mostra di Trieste è esposto un esemplare da collezione privata
Maurits Cornelis Escher, San Michele dei Frisoni, Roma (1932; litografia su carta, 492 x 558 mm; Chicago, Art Institute). Alla mostra di Trieste è esposto un esemplare da collezione privata

2. Tra San Pietro e la Cappella Sistina
Nel catalogo della mostra di Roma leggiamo che “Escher è attratto dal contrasto fra i volumi puri dell’esterno della Cappella Sistina, rossa di mattoni che si ergono nei contrafforti obliqui, e il bianco marmo della Basilica intagliata nelle forme proto-barocche di Michelangelo. La luce solare di Roma fa il resto e il fascino dell’arte è pienamente restituito”.

Maurits Cornelis Escher, Tra San Pietro e la Cappella Sistina (1936; litografia su carta, 311 x 220 mm; The Escher Foundation)
Maurits Cornelis Escher, Tra San Pietro e la Cappella Sistina (1936; litografia su carta, 311 x 220 mm; The Escher Foundation)

3. Interno di San Pietro
Realizzata a partire da un disegno che Escher eseguì direttamente nella Cattedrale di San Pietro, è una delle incisioni su legno più complesse di Escher, data la grande ricchezza dei dettagli e la minuzia con cui l’artista riportò gli elementi del pavimento e degli elementi architettonici, facendo ben attenzione a calibrare le ombre. A proposito di questa incisione, Escher scrisse: “In quell’occasione notai che tutte le linee verticali si dirigevano verso un unico punto: il nadir. Questa stampa è stata forse la causa iniziale della serie di fantasie prospettiche che ho eseguito nei molti anni successivi”.

Maurits Cornelis Escher, Interno di San Pietro (1935; xilografia di testa, 237 x 316 mm; Collezione privata)
Maurits Cornelis Escher, Interno di San Pietro (1935; xilografia di testa, 237 x 316 mm; Collezione privata)

4. Colonnato di San Pietro
Questa xilografia che raffigura il Colonnato di Gian Lorenzo Bernini di notte è una delle incisioni che fanno parte della serie dedicata alla Roma notturna, che permise a Escher di cimentarsi con le tecniche di raffigurazione delle ombreggiature. L’artista lavorava quasi esclusivamente di notte per eseguire in loco i disegni, servendosi della fioca luce di una candela per farsi luce. La mattina dopo l’artista portava a termine il lavoro rifinendo lo schizzo e traducendolo in incisione. In questa raffigurazione del colonnato di San Pietro, leggiamo nel catalogo della mostra di Trieste, “l’uso esclusivo di tagli diagonali produce non solo l’ombreggiatura, ma anche l’illusione di un’illuminazione da una sorgente direzionale”.

Maurits Cornelis Escher, Colonnato di San Pietro (1935; xilografia, 331 x 229 mm; Collezione privata)
Maurits Cornelis Escher, Interno di San Pietro (1935; xilografia, 331 x 229 mm; Collezione privata)

5. Colonna Traiana
La Colonna Traiana è protagonista di un’altra veduta notturna: il monumento si staglia sul profilo in ombra della chiesa del Santissimo Nome di Maria al Foro Traiano, e l’espediente di utilizzare linee diagonali disposte a raggiera (proprio attorno alla cupola della chiesa, che fa da fulcro della composizione) serve a dare l’impressione che l’illuminazione arrivi da un’unica sorgente di luce.

Maurits Cornelis Escher, Colonna Traiana (1934; xilografia, 334 x 185 mm; Collezione privata)
Maurits Cornelis Escher, Colonna Traiana (1934; xilografia, 334 x 185 mm; Collezione privata)

6. Roma notturna: la Basilica di Costantino
Altra veduta tratta dalla serie degli scorci di Roma notturna. Qui la novità, si apprende dal catalogo della rassegna triestina, “risiedeva nel fatto che l’artista teneva conto della illuminazione artificiale dei monumenti che assumevano un aspetto assai suggestivo”.

Maurits Cornelis Escher, Roma notturna: la Basilica di Costantino (1934; xilografia, 210 x 310 mm; Collezione privata)
Maurits Cornelis Escher, Roma notturna: la Basilica di Costantino (1934; xilografia, 210 x 310 mm; Collezione privata)

7. Roma notturna: il Colosseo
Nelle vedute della Roma notturna non poteva certo mancare il Colosseo, che Escher ha modo di raffigurare dall’interno, rendendo, col solito gioco di luci e ombre, l’impressione delle forme degli archi e delle colonne, e adoperando un’ulteriore tecnica per rendere le ombreggiature: questa volta con piccoli tratti disposti quasi secondo forme geometriche.

Maurits Cornelis Escher, Roma notturna: Colosseo (1934; xilografia, 230 x 294 mm; Collezione privata)
Maurits Cornelis Escher, Roma notturna: Colosseo (1934; xilografia, 230 x 294 mm; Collezione privata)

8. Mano con sfera riflettente
Forse non tutti sanno che quella che è forse l’opera più celebre di Escher, la Mano con sfera riflettente, fu realizzata a Roma: quello che vediamo riflesso nella sfera tenuta dalla mano è infatti l’autoritratto del pittore nel suo studio romano allestito nella villa di via Poerio. A proposito di quest’opera, Escher ebbe a rilasciare un commento autoironico: “l’ego dell’artista è invariabilmente al centro del mondo”.

Maurits Cornelis Escher, Mano con sfera riflettente (1935; litografia su carta, 318 x 213 mm; Collezione privata)
Maurits Cornelis Escher, Mano con sfera riflettente (1935; litografia su carta, 318 x 213 mm; Collezione privata)


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