WoMAHR: a Campobasso una mostra sui diritti delle donne


Recensione della mostra “WoMAHR - Women_Art_Human Rights for Peace” (Campobasso, Palazzo GIL - Fondazione Molise Cultura, dal 12 giugno al 24 luglio 2020)

Nel 2020 l’universo odora ancora troppo di testosterone. Viviamo in una società il cui modello patriarcale è fortemente radicato, dalla politica alla cultura, ai ruoli manageriali, passando per le pubblicità in televisione: la donna continua ad avere ancora poco margine di rappresentanza nei luoghi decisionali e spesso, in comparazione con l’uomo, percepisce una retribuzione minore per il lavoro svolto. Nella società odierna la donna ha difficoltà a trovare impiego stabile (magari non in nero) perché generatrice di vita, ed è la prima ad essere licenziata quando gli affari si mettono male per le aziende, come hanno dimostrato i numeri post-pandemia con una percentuale di licenziamenti certamente a sfavore delle assunzioni femminili. Se poi si vuole parlare di cifre (non si è certi che questo convenga) in merito agli atti di violenza sulle donne non si necessita di nessun commento: trentaquattro vittime in Italia in questo 2020 e un aumento del settantatré per cento di telefonate ai numeri di emergenza dal 1° marzo al 16 aprile, in piena allerta pandemia da coronavirus. Per non parlare delle donne rovinate per sempre dagli acidi corrosivi gettati da stalker o ex compagni, delle ripicche e degli atti di brutalità nei confronti delle donne che hanno alzato la voce nel momento in cui decidono di divorziare, non ultimo il barbaro e raccapricciante caso del marito di una donna che si è suicidato dopo aver ucciso i figli solo per danneggiare la moglie che aveva chiesto la separazione.

Il mondo dell’arte, nel corso dei secoli, non è stato da meno: diverse le donne che hanno tentato (molte volte senza riuscirvi) un avvicinamento alla professione artistica senza avere grandi successi. Molte non hanno potuto essere artiste o non sono riuscite a far conoscere la propria opera perché si credeva che il mestiere di artista fosse solo appannaggio dell’uomo. Senza contare, nel mondo contemporaneo, i ruoli decisionali all’interno delle università o delle istituzioni museali: la maggior parte dei curatori di successo sono uomini, le direzioni di Biennali, Quadriennali e Triennali stentano ad essere affidate a figure femminili; i critici d’arte di cui si ricorda il nome continuano ad essere uomini.

Negli ultimi anni sta crescendo notevolmente il numero di rassegne d’arte dedicate a figure femminili o ai diritti delle donne. Nonostante ciò ci vorrà molto tempo prima che un’artista donna abbia le stesse quotazioni sul mercato di un collega dell’altro sesso. Si avrà bisogno di molta pazienza e tanto tempo (ma ne abbiamo?) prima che anche nel mondo dell’arte (e non solo) ci sia una forte scossa delle coscienze.

Sui diritti delle donne è incentrata la mostra WoMAHR - Women_Art_Human Rights for Peace, visitabile a Campobasso, presso il Palazzo GIL - Fondazione Molise Cultura, dal 12 giugno al 24 luglio 2020. La mostra è curata da Lorenzo Canova e Piernicola Maria Di Iorio e si avvale di un comitato scientifico quasi tutto al femminile, formato da Camilla Fiore (storica dell’arte), Giuliana Fiorentino (linguista), Susanne Meurer  (storica dell’arte), Antonella Minelli (antropologa), Flavia Monceri (filosofa politica), Elisa Novi Chavarria (storica), Lorenzo Scillitani (filosofo), Laura Tommaso (anglista), Loredana Tullio (giurista), Fabio Ferrucci (sociologo).

Oltre alla Fondazione Molise Cultura, altri enti promotori sono la Regione Molise, l’Università degli Studi del Molise, ARATRO Museo Laboratorio di Arte Contemporanea e il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale. La peculiarità del progetto è che è stato finanziato dal Ministero appena citato e dalla Direzione Generale per gli Affari Politici e di Sicurezza nell’ambito dell’Agenda Donne Pace e Sicurezza. La mostra è itinerante: sarebbe dovuta partire a marzo dal Palazzo di Vetro delle Nazioni Uniti a New York, ma ovviamente non è stato possibile a causa della pandemia in atto; poi sarebbe toccato a Roma e infine a Campobasso. L’ordine dei siti di esposizione è stato invertito e, anzi, si è aggiunta la bellissima sede del Museo Palazzo de’ Mayo a Chieti che ospiterà la mostra a settembre.

Ben ventiquattro artisti italiani e internazionali sono stati invitati ad esporre le loro opere: Giovanni Albanese, Alì Assaf, Lucilla Catania, Marco Colazzo, Kim Dingle, Thalassini Douma, Stefania Fabrizi, David Fagioli, Giosetta Fioroni, Paola Gandolfi, Debora Hirsch, Grazia La Padula, Giancarlo Limoni, Vincenzo Merola, Adriano Nardi, Massimo Orsi, Giorgio Ortona, Salvatore Pulvirenti, Roxy in the Box, Virginia Ryan, Sandro Sanna, Beatrice Scaccia, Sana Tamzini, Marco Verrelli.

Con strumenti visivi diversi (dalla fotografia alla pittura, dal disegno all’installazione e alla scultura fino al video e alle opere digitali), i curatori hanno voluto dimostrare come l’arte contemporanea possa essere un ottimo strumento capace di condividere una visione di dialogo a livello globale e uno strumento di educazione ai diritti umani in grado di oltrepassare i confini nazionali e linguistici consentendo il dialogo fra popoli e culture differenti.

Una sala della mostra WoMAHR - Women_Art_Human Rights for Peace
Una sala della mostra WoMAHR - Women_Art_Human Rights for Peace


Una sala della mostra WoMAHR - Women_Art_Human Rights for Peace
Una sala della mostra WoMAHR - Women_Art_Human Rights for Peace


Una sala della mostra WoMAHR - Women_Art_Human Rights for Peace
Una sala della mostra WoMAHR - Women_Art_Human Rights for Peace


Giosetta Fioroni, Ritratto di bambina (2003; olio su tela, 110 x 65 cm; Roma, Galleria dei Lombardi)
Giosetta Fioroni, Ritratto di bambina (2003; olio su tela, 110 x 65 cm; Roma, Galleria dei Lombardi)


Stefania Fabrizi, Quelle che mancano (2020; tecnica mista su tela, nove elementi, misura ambiente)
Stefania Fabrizi, Quelle che mancano (2020; tecnica mista su tela, nove elementi, misura ambiente)


Thalassini Douma, Welcoming the new day (2016; fotografia, 70 x 50 cm)
Thalassini Douma, Welcoming the new day (2016; fotografia, 70 x 50 cm)


Negli spazi di Palazzo GIL a Campobasso sono visibili, in un allestimento che aiuta la riflessione, le opere della fotogiornalista greca Thalassini Douma, che ha lavorato in diverse zone di guerra, fra cui la ex Jugoslavia, il Medio Oriente, il Pakistan e l’Afghanistan. Sua è la fotografia scattata a Indomeni nel 2016, Portrait 01, che ritrae una donna siriana profuga, anziana e sorridente, immagine universale della saggezza e della speranza matriarcali in grado di far fronte alla povertà, ai conflitti e alle discriminazioni. Stefania Fabrizi, invece, invita il visitatore a soffermarsi sulla condizione della donna nell’attività artistica. Con la sua installazione, Quelle che mancano (2020), l’artista reinterpreta gli autoritratti di cinque grandi pittrici italiane: Sofonisba Anguissola, Lavinia Fontana, Artemisia Gentileschi, Elisabetta Sirani, Rosalba Carriera.

Sono inoltre presenti alcune tele coperte soltanto dall’imprimitura dove non compaiono volti. L’installazione raffigura cinque artiste che, tra Cinquecento e Settecento, sono state capaci di imporre la propria opera in un contesto dominato unicamente dalle presenze maschili e che, nella maggior parte dei casi, non tollerava che una donna si potesse dedicare al mestiere della pittura.

L’opera, però, è dedicata proprio a quelle mancano, ovvero a quelle che non sono riuscite a realizzare le loro aspirazioni artistiche. Al diritto di realizzare la propria identità e di affermare la propria libertà creativa senza nessun ostacolo e nessuna prevaricazione, è dedicata l’opera Ritratto di bambina (2003) dell’artista portante di questa mostra, ovvero Giosetta Fioroni (Roma, 1932), una delle maggiori artiste italiane del secondo Novecento, celebrata negli ultimi anni in grandi mostre in musei di New York, Mosca, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e al Museo del Novecento di Milano.

La mostra, visitabile fino al 24 luglio, rappresenta un ulteriore passo importante nell’organizzazione di eventi artistici dedicati ai diritti sulle donne che hanno come obiettivo la sensibilizzazione verso una società più inclusiva, meno discriminatoria verso determinati orientamenti sessuali e identità di genere.


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Francesca Della Ventura

L'autrice di questo articolo: Francesca Della Ventura

Ha studiato storia dell'arte (triennale, magistrale e scuola di specializzazione) in Italia e ha lavorato per alcuni anni come curatrice freelancer e collaboratrice presso il Dipartimento dei Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Molise (2012-2014). Dal 2014 risiede in Germania dove ha collaborato con diverse gallerie d'arte e istituzioni culturali tra Colonia e Düsselorf. Dallo stesso anno svolge un dottorato di ricerca in storia dell'arte contemporanea all'Università di Colonia con una tesi sul ritorno all'arte figurativa negli anni Ottanta in Germania e Italia. Nel 2018 è stata ricercatrice presso l'Universidad Autonoma di Madrid. Ha scritto sull'identità tedesca e italiana nell'arte contemporanea e nella politica, sul cinema tedesco e italiano del dopoguerra e grazie a diverse borse di studio D.A.A.D. ha presentato la sua ricerca a livello internazionale. Attualmente i suoi temi di ricerca riguardano l’arte degli anni Ottanta, in particolar modo quella femminista. Dal 2020 è entrata a far parte del gruppo di ricerca dell’Universitá di Bonn “Contemporary Asymmetrical Dependencies” con un progetto di ricerca sulla costruzione dei nuovi musei e delle condizioni di dipendenza asimmetrica dei lavoratori migranti nell’isola di Saadyat ad Abu Dhabi. Nell'ottobre 2020 ha fondato inWomen.Gallery, galleria online, sostenibile e per artiste. Dal 2017 lavora come giornalista d'arte per la rivista online e cartacea Finestre sull'Arte.



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