La pandemia delle biblioteche. Aperte, ma tra mille difficoltà e grossi disagi


Il settore delle biblioteche è ancora tra quelli più colpiti dal Covid-19. Sono quasi tutte riaperte, ma funzionano a ranghi ridotti e con grossi disagi. Cosa succede nel paese? Lo vediamo in questo reportage.

22 giugno 2020: a Firenze, un gruppo di cittadini scende in piazza della Signoria per protestare contro il Comune che, a più di un mese dalla riapertura delle attività dopo la fine del confinamento per contenere il contagio di Covid-19, tiene ancora chiuse ben otto biblioteche civiche su tredici, mentre quelle aperte funzionano con orarî e servizî ridotti. Due settimane più tardi, il Comune annuncia finalmente la riapertura di tutte le biblioteche: una vittoria dei cittadini, anche perché tutte le biblioteche di Firenze sono tornate a garantire le loro attività con orari normali e quasi a pieno regime (è possibile fare ricerche a scaffale, accedere alle sale di studio e di lettura, avvalersi del servizio di prestito, delle postazioni internet, dei dispositivi digitali), tenendo comunque presenti i protocolli anti-Covid, che impongono la prenotazione per accedere alle biblioteche, qualunque sia il motivo. Inoltre, ogni utente ha a disposizione un carnet di tre prenotazioni al massimo alla settimana e ha una postazione assegnata. In più, c’è da considerare che ovunque, in Italia, è previsto un periodo di “quarantena” per i libri concessi in prestito, che non potranno essere messi in circolazione prima di una settimana dalla restituzione. Non siamo ancora, insomma, a una situazione di piena normalità, ma almeno si può dire che le biblioteche fiorentine adesso siano tornate a funzionare. Ma per quante città d’Italia si può dire lo stesso?

Cominciando dalle biblioteche nazionali, la situazione è ben lontana dalla normalità in quasi tutti i principali poli. Le due grandi biblioteche centrali, la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma e la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, funzionano ancora con orario di apertura ridotto: a Firenze si accede, e solo su prenotazione, dal lunedì al venerdì e dalle 8:30 alle 13:30 (peraltro, nel sito della BNCF il nuovo orario è scritto in rosso sopra agli orarî vecchi, che compaiono ancora nella pagina con le informazioni sull’apertura al pubblico, creando confusione), mentre nella capitale le ore a disposizione sono soltanto quattro, dalle 9:30 alle 13:30. Stesso orario di Roma anche alla Braidense di Milano, che però apre anche di sabato. La Statale di Cremona invece apre solo tre giorni la settimana (il lunedì, il mercoledì e il giovedì, dalle 9 alle 13), e solo su appuntamento, e ognuno dei tre giorni è dedicato a un diverso servizio (il lunedì solo prestito interbibliotecario nazionale e consultazione di materiale raro, il mercoledì prestito locale e rete bibliotecaria provinciale, il giovedì consultazione di materiale raro). Ovviamente, l’accesso è consentito ovunque solo su prenotazione, e anche il materiale da richiedere in prestito o in consultazione dev’essere prenotato in anticipo. Ci sono poi i contingentamenti delle sale. Alla Casanatense, per esempio, entrano al massimo sei utenti per sala. All’Angelica, quattro, e solo per motivi di studio e di ricerca opportunamente documentati. Viene inoltre impedito l’accesso agli utenti che portano da casa libri proprî (una situazione, questa, comune a tante altre biblioteche).

Rimangono sospesi in molte biblioteche diversi servizî: non è possibile consultare i cataloghi in sede alla Palatina di Parma, alla Biblioteca di Santa Scolastica, all’Universitaria di Padova, alla Casanatense. Servizio fotocopie sospeso alla Biblioteca Estense Universitaria, alla Palatina, alla Nazionale di Cosenza, alla Biblioteca di Santa Scolastica, all’Universitaria di Genova, all’Universitaria di Padova. Prestito interbibliotecario sospeso alla Biblioteca Nazionale di Bari, alla Estense, all’Universitaria di Padova. Le sale lettura sono ancora chiuse all’Isontina di Gorizia e all’Alessandrina (che apre solo la Sala di Lettura Generale, e che peraltro ha sospeso il servizio di consultazione dei volumi rari). E si consideri poi che molte biblioteche hanno aperto le porte solo a fine giugno, o comunque diverse settimane dopo la fine del cosiddetto lockdown.

Una sala della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze
Una sala della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze


La Biblioteca Nazionale Centrale di Roma
La Biblioteca Nazionale Centrale di Roma


La Biblioteca Nazionale Braidense (Milano)
La Biblioteca Nazionale Braidense (Milano)


Divieto di consultazione dei libri a scaffale alla Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia
Divieto di consultazione dei libri a scaffale alla Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia

Per capire quale sia il disagio che questa situazione comporta (e preme sottolineare che ogni biblioteca decide da sé, dal momento che neppure a livello nazionale c’è un coordinamento, esattamente come accade per i musei statali, che dal 18 maggio, data di fine confinamento, hanno cominciato a riaprire a macchia di leopardo, senza calendarî prestabiliti, e con orarî ovunque diversi: per le biblioteche succede lo stesso) è sufficiente scorrere i social alla ricerca dei commenti dell’utenza. A pesare sono, soprattutto, i rigidi contingentamenti per gli accessi alle sale lettura (a causa dei numeri ridotti e del fatto che le postazioni sono garantite solo dietro prenotazione, c’è infatti il serio rischio di non trovare posto): e studiare in biblioteca, per molti che non dispongono di ambienti tranquilli dove potersi dedicare alle proprie attività di lavoro o di ricerca, non è un’opzione. Ci sono poi i paradossi del sistema di prenotazione: se capita che ci siano posti liberi, a chi è sprovvisto della prenotazione viene comunque impedito l’accesso. Ci sono inoltre forti limitazioni per gli studiosi: “riaprire le biblioteche per il prestito”, scrive Matteo sul gruppo Facebook “Biblioteche e bibliotecari” (che raduna più di diecimila iscritti e raccoglie ogni giorno diversi post e commenti di utenti delle biblioteche), “impedisce di fatto la ricerca (sì, nelle biblioteche grandi ci sono fondi antichi, manoscritti, pergamene... tutto materiale che puoi visionare solo in loco) e la consultazione di libri (e sono tantissimi) non ammessi al prestito per ovvie ragioni di rarità in quanto spesso edizioni locali o volumi molto grandi”.

“Nel momento in cui tanta parte degli spazî sono aperti in maniera più o meno vicina alla normalità”, ci ha detto Leonardo Bison, attivista di Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali, associazione tra le più attive nell’evidenziare la situazione delle biblioteche, “il caos sulle biblioteche ha delle conseguenze forti anche per chi lavora in biblioteca, perché molti stanno avendo conseguenze sul contratto. Le conseguenze sono però fortissime per l’utenza, che non è solo un’utenza di ricercatori o di persone che frequentano assiduamente le biblioteche e ne hanno bisogno per lavoro (e questa ovviamente è una criticità enorme anche per noi professionisti dei beni culturali e non solo), ma c’è anche tutta un’utenza di persone che non hanno spazî in cui studiare, non hanno spazî di aggregazione, per cui le biblioteche sono e dovrebbero essere degli spazî sociali. Ed è grottesco e preoccupante che in un’estate come questa, con la situazione che sta vivendo il paese, ci si trovi privi e privati degli spazî sociali, culturali e di aggregazione quando in realtà poi gli spazî legati al consumo sono a quasi totale disposizione. Teniamo poi a sottolineare che la mancanza di coordinamento da parte della Direzione Generale Biblioteche del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo è preoccupante, perché tante delle difficoltà giungono dal fatto che ci sono delle linee guida poco conformi a quello che sta succedendo in giro per il paese e anche in situazioni in cui è molto più difficile, rispetto a una biblioteca, mantenere il distanziamento”.

La pagina Facebook di Mi Riconosci? è una fonte interessante per comprendere quali siano i disagi provocati agli utenti da una situazione così precaria. C’è chi, per esempio, preferisce andare a studiare al bar: i locali sono comunque tenuti a far rispettare le norme sul distanziamento fisico, e se i gestori sono ligi alle regole, il rischio di contagio non sussiste (si consideri, ad esempio, che nelle biblioteche vige l’obbligo d’indossare la mascherina sempre, anche quando è possibile rispettare il distanziamento, che è comunque obbligatorio). È il caso di Elena, architetto senese che lavora a Bologna, che ha scelto proprio il bar come improvvisata sala studio al posto della biblioteca: “in biblioteca”, dice, “dovrei tenere la mascherina sempre (pure al mio tavolo a due metri dagli altri e ovviamente senza parlare, ché in sala studio ci vai per lavorare in silenzio, mica per fare salotto!), e prenotarmi online sul loro sito o telefonando un giorno si e uno no (perché non puoi prenotare ad esempio tutta la settimana, eh no, ma solo per il giorno stesso e il giorno dopo). Mi consolo al pensiero che almeno aiuto (nel mio piccolo) i miei baristi di fiducia a lavorare. Ma non posso certo permettermi il bar tutti i giorni, sia per questioni di costo sia per questioni di concentrazione perché la gente (giustamente!) al bar ci va per chiacchierare e rilassarsi e ci posso fare solo lavori che richiedono una concentrazione bassa o media”. Un’utente romana, Giada, scriveva un paio di settimane fa: “a Roma le biblioteche stanno riaprendo lentamente, dalla prossima settimana alcune aule studio all’aperto saranno utilizzabili. La biblioteca della mia università (Roma Tre) concede solo prestiti con prenotazione per email, con tempi di attesa di circa 10-14 giorni, ad agosto chiuderà per 3 settimane. Nessuna notizia su come andrà a settembre. Non è possibile fare ricerche in questa situazione”.

Una sala di lettura alla Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia
Una sala di lettura alla Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia


Utenti alla Biblioteca Berio di Genova
Utenti alla Biblioteca Berio di Genova

Per quel che riguarda le bibliotece locali, la situazione non è così diversa rispetto a quella delle biblioteche nazionali. Anche qui, ci sono poli che hanno riaperto e che cercano di garantire all’utenza tutti i servizî, ma ci sono anche situazioni dove permangono chiusure e riduzioni delle attività. Si può partire da una delle città simbolo dell’epidemia di Covid-19, Bergamo, dove di fatto in molte biblioteche provinciali si può andare solo per ritirare libri in prestito prenotati in anticipo (è ancora così ad Alzano Lombardo, Capriate San Gervasio, Dalmine, Nembro, Pedrengo, Sarnico, Stezzano, Treviglio e in diversi altri centri della provicnia). “Nella grande maggioranza dei casi”, ci conferma Alice Barcella, bibliotecaria che lavora per Abibook, cooperativa che ha in gestione diverse biblioteche provinciali, “gli utenti non possono entrare, oppure possono farlo solo per il servizio di prestito. I libri sono sottoposti a quarantanena, che in teoria dovrebbe essere di sette giorni, ma la maggior parte delle biblioteche la fa di dieci giorni (non c’è un termine ufficiale, ma ci sono solo dei consigli), e anche questo è un disagio. Anche perché qualche volta vengono messi in quarantena libri che provengono da altre biblioteche: ovvero, io ricevo un libro da un utente, lo metto dieci giorni in quarantanena perché è rientrato, dopodiché lo invio a un’altra biblioteca perché appartiene a quella biblioteca, e questa biblioteca a sua volta lo mette in quarantena per altri dieci giorni, col risultato che alcuni utenti devono aspettare tre settimane prima di avere un libro. E non si tratta solo di piacere della lettura: tanti libri servono per preparare esami e concorsi e si tratta pertanto di un disagio molto importante”. Per quanto riguarda le attività, in provincia di Bergamo, fa sapere Alice Barcella, “la maggior parte delle biblioteche restano chiuse ed è vietato consultare i libri, vale a dire che i libri o non si consultano, oppure si devono prendere in prestito qualora si entri in contatto con il volume. In alcune biblioteche invece, per fortuna, la consultazione è garantita, a condizione che, ovviamente, prima l’utente si igienizzi le mani. Sono state poi sospese anche altre attività, per esempio le postazioni internet, la consultazione delle riviste, il servizio fotocopie, e alcune biblioteche continuano a chiudere o ad aprire a orari molto ridotti le sale lettura”.

La precarietà della situazione colpisce inoltre i lavoratori, specialmente quelli che lavorano per società esterne a cui gli enti locali appaltano i servizî bibliotecarî: sono loro i primi a subire le conseguenze più pesanti della situazione. Intanto, ci fa sapere Alice Barcella, “avverto che si è inasprito lo scontro tra chi sente di più il suo lavoro e lo svolge con passione, e chi invece non è così attaccato”. Anche perché, in un frangente simile, sono gli utenti i primi a lamentarsi se i lavoratori delle biblioteche non offrono il massimo dell’impegno. Ma non è solo questione di attaccamento al lavoro, perché c’è chi il lavoro rischia di vederselo ridurre. Così ci racconta Marta Ghirardello, bibliotecaria che lavora nel sistema provinciale di Rovigo. “Al momento”, ci fa sapere, “gestisco tre distinte biblioteche comunali, lavorando per tre cooperative diverse. Bene o male siamo tutti tornati in servizio, ma la situazione era già problematica in periodo pre-Covid, nel senso che la maggior parte dei lavoratori sono dipendenti di cooperative, solitamente con contratti a tempo determinato, erogati in base agli appalti dei comuni. Il problema è che ci sono poche situazioni stabili e poca continuità. Ad esempio, la cooperativa per cui lavoro ha appena perso un appalto, quindi siamo in attesa di sapere con chi lavoreremo e se lavoreremo, e a quali condizioni”. E c’è poi il problema del rispetto delle normative anti-Covid: le biblioteche più grandi non hanno grossi problemi ad adeguarsi, ma così invece non è per i piccoli poli di provincia. “In questo momento”, continua Marta Ghirardello parlando del sistema bibliotecario rodigino, “le biblioteche hanno tutte riaperto, ma siamo ancora fermi al 18 maggio, nel senso che i servizî sono erogati solo per prestito e restituzione. Non c’è la possibilità di sala studio e internet, per esempio, se non in poche città, dove ci sono amministrazioni che si sono prese la briga di riaprire alcune delle attività. In molti casi non ci sono le possibilità economiche per garantire i dettami del ministero in materia di sanificazione, ci sono problemi di spazio per far rispettare il distanziamento, e così via. Non è che manca la volontà: si tratta soprattutto di problemi di ordine economico e logistico”.

Lavora invece in provincia di Ancona la bibliotecaria Chiara Azzini, che con Finestre sull’Arte parla di quello che accade nel suo territorio: “La maggioranza delle biblioteche della provincia ha riaperto, ma sempre con orarî ridotti, e in diversi casi si entra solo su prenotazione, e senza accesso a servizî come la consultazione agli scaffali o la lettura dei giornali, per esempio. Alcune biblioteche stanno cominciando invece a riaprire le proprie sale, ma nella maggior parte dei casi c’è questo sistema che prevede l’accesso solo al prestito e su prenotazione, e il divieto di consultare agli scaffali. E gli utenti hanno dovuto adeguarsi, ma sono comunque in difficoltà: pensiamo soltanto agli studenti ai quali viene costantemente impedito l’accesso alle sale di lettura in ragione dei divieti ancora in vigore. Le misure sui libri costringono poi molti studenti che normalmente sono utenti delle biblioteche universitarie a rivolgersi alle biblioteche locali, che non riescono però a soddisfarli perché molti testi, nei centri più piccoli, purtroppo non ci sono”. Chiara è tra i lavoratori che subiscono sulla loro pelle le conseguenze peggiori del virus sul sistema culturale italiano: “Prima del coronavirus”, ci spiega, “lavoravo per tre cooperative diverse (quindi avevo tre datori di lavoro), e con ognuna avevo un contratto: sommandoli, riuscivo a lavorare full time. Adesso ho perso metà del mio lavoro, perché abbiamo perso l’appalto su alcune biblioteche. Il coronavirus però non ha fatto altro che estremizzare una situazione che esisteva già prima e da molti anni, sapevamo che saremmo arrivati a questo punto: mi riferisco al divario che c’è tra i lavoratori garantiti e i dipendenti delle cooperative che contano praticamente meno di niente. Per quanto riguarda la mia situazione, è stato fatto scadere un appalto senza che ci sia stato il rinnovo, e in altri casi ci sono collaborazioni che sono saltate e non si sa se ci sarà un seguito. Ovviamente sappiamo che il periodo è difficile per tutti, ma è anche vero che il coronavirus ha portato all’estremo una situazione che già prima, per noi, era molto complicata”.

Postazione con plexiglas anticontagio alla Biblioteca Civica Angelo Mai di Bergamo
Postazione con plexiglas anticontagio alla Biblioteca Civica Angelo Mai di Bergamo


Cartelli che illustrano le nuove modalità di accesso alla Biblioteca Comunale di Corinaldo (Ancona)
Cartelli che illustrano le nuove modalità di accesso alla Biblioteca Comunale di Corinaldo (Ancona)


Una sala della Biblioteca Civica di Porto Tolle (Rovigo)
Una sala della Biblioteca Civica di Porto Tolle (Rovigo)


Attività all'aperto per bambini alla Biblioteca Civica Baratta di Mantova
Attività all’aperto per bambini alla Biblioteca Civica Baratta di Mantova

In che modo sta reagendo il mondo della cultura? Purtroppo, la sensazione è che non ci sia un reale interesse per le biblioteche. Al momento, su questo tema il ministro dei beni culturali, Dario Franceschini, non si è ancora pronunciato con interventi ad hoc. Per adesso, l’unico intervento è un decreto che stanzia 30 milioni di euro per l’acquisto straordinario di libri da parte delle biblioteche statali, regionali, degli enti locali e degli istituti culturali. È un aiuto importante, soprattutto per le piccole biblioteche di paese le cui acquisizioni sono ferme da anni, ma non basta, perché da più parti giungono sollecitazioni per il ripristino della piena operatività delle biblioteche: non si tratta di un lusso o di un divertissement per polverosi ricercatori, ma di un presidio fondamentale per un paese che vuole crescere, sia a livello economico sia a livello culturale, che vuole provare ad appianare le differenze sociali (pensiamo a chi si serve delle biblioteche perché non può permettersi l’acquisto di libri) e che vuole essere competitivo a livello internazionale. La base chiede dunque che si verifichino dei cambiamenti a livello pratico e normativo.

L’AIB - Associazione Italiana Biblioteche, per esempio, ha osservato che le più autorevoli fonti biomediche hanno concluso che il materiale cartaceo potenzialmente contaminato vada isolato per 72 ore, ovvero tre giorni (anziché almeno sette come prescritto dall’Istituto Centrale per la Patologia degli Archivi e del Libro del MiBACT per i libri che rientrano dal prestito), e chiedono al MiBACT e alla Direzione Generale delle Biblioteche di rivedere le raccomandazioni stabilendo in tre giorni il tempo della quarantena per i libri.

Ultima in ordine di tempo, la Consulta Universitaria Nazionale per la Storia dell’arte ha scritto una lettera al ministro dei beni culturali Franceschini, al ministro dell’università Gaetano Manfredi, e ai direttori generali degli Archivi, delle Biblioteche e dell’Educazione del MiBACT (rispettivamente Anna Maria Buzzi, Paola Passarelli e Mario Turetta) per chiedere la riapertura a pieni ranghi di archivi e biblioteche. “Gli orari limitati e gli incomprensibili altri impedimenti”, ha scritto nella missiva Fulvio Cervini, presidente della Consulta, “ci sembra vadano a colpire un settore, quello dello studio nelle biblioteche, vitale per il mondo della ricerca e dell’insegnamento, in particolare quello universitario che i firmatari di questa lettera rappresentano. Dottorati, progetti, e ogni tipo di pubblicazione scientifica non solo accademica, ma museale e conservativa sono bloccati da mesi, e nessuna autorità ha ancora previsto e comunicato quale sia l’orizzonte con cui la comunità scientifica deve misurarsi. Il timore è che questo settore venga lasciato indietro perché non direttamente connesso alle strutture del commercio e della produzione industriale. Si tratta però, come il ministro Franceschini ha sempre sostenuto, di uno degli ambiti più cruciali e caratterizzanti della vita della nazione, quel “petrolio” che non è fatto solo di biglietti di ingresso a musei, ma va integrato a un grandissimo retroterra, accademico e conservativo, per cui l’Italia ha un posto di primo piano nel mondo”.

Quest’estate, in conclusione, le biblioteche sembra siano aperte solo formalmente. Non mancano certo i poli dove invece si è tentato un ritorno alla normalità più vicino possibile a quanto è finora dato: un caso esemplare è quello della Biblioteca “Gino Baratta” di Mantova, dove si fa orario continuato sei giorni alla settimana, e dove ci sono anche due giorni d’apertura serale, il martedì e il giovedì, fino alle 22:30, pur con tutti i limiti che la situazione comporta, ovvero ingresso contingentato alle sale di lettura, obbligo di uso della mascherina, prenotazioni per l’uso delle sale, delle postazioni informatiche, e addirittura per la lettura dei giornali, anche se in quest’ultimo caso riservare il posto non è obbligatorio ma fortemente consigliato. La biblioteca mantovana inoltre, disponendo di spazî all’aperto, riesce anche a dar vita a laboratorî e attività per bambini e letture ed eventi per gli adulti. Ma casi simili non sono così frequenti. Ovunque si avverte ancora un forte senso di confusione e difficoltà che un paese come l’Italia non può più permettersi: la cultura, la società e l’economia non possono prescindere dalle biblioteche. Ed è dunque urgente migliorare la situazione.


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

Gli articoli firmati Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da Federico Giannini e Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato Finestre sull'Arte nel 2009. Clicca qui per scoprire chi siamo



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