Firenze, Palazzo Vecchio regalato a D&G: chiuso 13 giorni con concessione gratuita


Succede a Firenze: il Comune chiude il museo di Palazzo Vecchio per tredici giorni per consentire a Dolce e Gabbana di realizzare la loro sfilata-evento. Il tutto dietro concessione gratuita, sconto del 50% sulla tassa di suolo pubblico e altri “benefits”.

Quasi due settimane di chiusura per consentire a un privato di organizzare una sua festa in uno spazio pubblico: è quello che succede, nel silenzio generale, a Firenze, dove Palazzo Vecchio tiene chiuse le porte per ben tredici giorni consecutivi (di cui otto di chiusura al pubblico), dal 23 agosto al 5 settembre, in concomitanza con la sfilata-evento, e annessi preparativi, di Dolce & Gabbana nel Salone dei Cinquecento. Inizialmente si pensava che la chiusura fosse limitata a piazza della Signoria, come denunciavamo a inizio agosto, e già sarebbe stato ben poco accettabile impedire a tutti l’accesso a una pubblica piazza onde permettere alla maison di preparare sul suo selciato una cena per una sparuta manciata di ospiti: s’è poi scoperto, scorrendo la deliberazione del 18 agosto, che non ci sarebbe stata solo la chiusura della piazza (D&G ne avevano bisogno per il loro cocktail della sera del 2 settembre), ma come da cronoprogramma allegato era stato impegnato anche Palazzo Vecchio per quasi metà mese. Occorreva, del resto, aggiustare il Salone del Cinquecento per la sfilata, sistemare l’ufficio produzione e l’area trucco e parrucco nella sala d’Arme, radunare le creazioni dei due stilisti e degli artigiani loro ospiti nel Cortile di Michelozzo, trasformare la Sala dei Duecento in uno spogliatoio per la vestizione dei modelli, e via dicendo: tutte operazioni che richiedono certe tempistiche.

I visitatori che avrebbero voluto conoscere gli affreschi di Vasari, vedere da vicino la Giuditta di Donatello o il Putto del Verrocchio, percorrere il quartiere di Eleonora di Toledo con le decorazioni del Bronzino, indugiare nella Cappella dei Priori o nella Sala dei Gigli, dovranno riprogrammare le loro intenzioni: sul sito ufficiale di Palazzo Vecchio, un avviso comunica, molto laconicamente, che nei giorni 23, 24, 28, 29, 30 e 31 agosto e 4 e 5 settembre, il museo è “chiuso per motivi istituzionali”. E non è difficile intuire quali siano questi motivi istituzionali consultando il cronoprogramma. Certo, per completezza occorre aggiungere che il martedì, il mercoledì e il giovedì Palazzo Vecchio è già chiuso di suo (per questo non vengono menzionate alcune date tra il 23 agosto e il 5 settembre): una restrizione dei giorni di visita arrivata in periodo post-Covid. Quindi qualcuno potrà obiettare asserendo che in realtà i giorni di chiusura effettiva sono soltanto otto. Chiederemo semmai a questo qualcuno se la situazione gli paia comunque accettabile.

Ora, anche volendo rinunciare financo al più minimo barlume ideale sul concetto di bene comune e analizzando la questione da un punto di vista prettamente utilitaristico, ci si potrebbe semplicemente domandare quanto il Comune abbia incassato da D&G per la concessione degli ambienti di Palazzo Vecchio. Leggendo la deliberazione, ci s’imbatterà in una nuova sorpresa quando s’avrà modo di constatare che il Comune ha di fatto regalato Palazzo Vecchio a Dolce e Gabbana: il Comune ha infatti “ritenuto [...] di agevolare l’organizzazione della suddetta iniziativa” attraverso l’applicazione di alcune disposizioni comunali “compatibili con la natura dell’evento e con gli obiettivi di interesse pubblico collegati allo stesso”. Queste disposizioni sono “l’esenzione a favore del concessionario dal pagamento di tutti gli oneri ordinariamente previsti per la concessione rispettivamente di ambienti monumentali, di beni mobili (sedie, transenne ecc.; salvo obbligo di cauzione), di piante e composizioni floreali di proprietà del Comune di Firenze”, la “riduzione del 50%” del COSAP, ovvero il canone per l’occupazione del suolo pubblico, “il permesso di accesso e sosta ZTL gratuito a favore di soggetti pubblici e privati che organizzano manifestazioni ed eventi del Comune o patrocinati dallo stesso”, l’esenzione dagli importi dovuti per le prestazioni svolte dal personale del Corpo di Polizia Municipale in relazione a servizî finalizzati alla sicurezza e alla fluidità della circolazione in occasione dell’evento, la “gratuità dell’eventuale partecipazione [...] del Corteo Storico della Repubblica Fiorentina”.

Qual è dunque l’alto interesse pubblico che ha spinto il Comune di Firenze a tanto benevole concessioni ai due stilisti siciliani? I punti elencati nella deliberazione aiutano a farsi un’idea: il Comune sottolinea “come sia la prima volta che un grande brand internazionale della moda decide di presentare la propria collezione organicamente associata all’Alto Artigianato Fiorentino il quale, presentato come una rete di molteplici eccellenze frutto di specifiche tradizioni storiche, potrà godere di un’esposizione promozionale e mediatica altrimenti difficilmente ottenibile”; che “tali eventi saranno i primi, dopo l’emergenza sanitaria, a tenersi in Italia sul piano fisico e non digitale, lanciando così a livello internazionale un decisivo messaggio di coraggio, apertura e sicurezza, funzionale al rilancio delle attività produttive, turistiche, commerciali della Città”; che “l’evento non ha scopi di lucro diretti e in particolare che la partecipazione della maison Dolce e Gabbana all’evento organizzato in collaborazione con Fondazione Discovery si distacca dai modi propri della promozione commerciale, per gli esemplari unici di produzione che verranno esposti e appunto per il loro significativo abbinamento con prodotti di alta gamma artigianale del territorio e per l’adozione di modi di presentazione e comunicazione distinti da quelli ordinari della moda”.

La passerella per la sfilata nel Salone dei Cinquecento
La passerella per la sfilata nel Salone dei Cinquecento


Un momento della sfilata-evento. Ph. L’Uomo Vogue
Un momento della sfilata-evento. Ph. L’Uomo Vogue

Ricapitolando: Dolce e Gabbana arrivano a Firenze, fanno chiudere per quasi due settimane uno dei musei più importanti d’Italia per tramutarlo nel chiassoso set della loro sfilata, estromettono abitanti e turisti da piazza della Signoria perché necessaria al loro cocktail (ma, bontà loro, mettono a disposizione qualche teca per esporre gli oggetti d’una trentina di artigiani fiorentini), e in cambio hanno esenzione dal canone per gli ambienti monumentali, sconto del 50% sulla tassa d’occupazione del suolo pubblico, ingresso gratis alla ZTL, Polizia Municipale gentilmente concessa per fare da security e per garantire che gli ospiti non trovino traffico mentre arrivano alla sfilata, e Corteo Storico nel caso in cui i due creativi vogliano allietare gl’invitati con sbandieratori, tamburini, paggi in costume rinascimentale e affini. E tutto questo perché il Comune pensa che la due giorni potrà garantire esposizione mediatica al comparto dell’artigianato fiorentino e sarà funzionale al rilancio della città nel periodo post-Covid.

Stante tale situazione, è fin troppo scontato far presente al Comune di Firenze che la città non ha bisogno di Dolce & Gabbana per farsi conoscere dal pubblico internazionale, neppure adesso che ci troviamo in emergenza sanitaria, dacché i turisti sono lontani non perché Firenze abbia subito dei contraccolpi d’immagine, ma semplicemente perché non è questo il momento migliore per viaggiare, e sono semmai Dolce & Gabbana che traggono lustro e promuovono se stessi associando il nome del loro brand a quello della città. Ed è fin troppo facile rilevare come l’artigianato artistico abbia bisogno non soltanto di eventi spot (e comunque, nel caso dell’evento di Dolce e Gabbana, penso sia abbastanza evidente che l’equilibrio complessivo è fortemente sbilanciato in favore della maison), ma di strategie a lungo termine, progettualità, linee d’azione condivise. Tanto più se si considera che non sembra ci siano stime sulle reali ricadute che l’evento D&G avrà per l’artigianato fiorentino. O se ci sono, non sono state rese note.

Se dunque qualcuno pensava che la tanto discussa chiusura di Ponte Vecchio per la cena dei ferraristi fosse il massimo limite cui il Comune di Firenze poteva spingersi nel concedere un bene pubblico per la festa d’un privato, allora quel qualcuno farà bene a ricredersi, perché in questi giorni il confine segnato da quell’evento di sette anni fa è stato ampiamente oltrepassato: mai s’era finora registrata una chiusura tanto lunga per consentire a un privato di allestire una festa in uno spazio che è di tutti, tanto più che Palazzo Vecchio è peraltro anche il municipio di Firenze. Una festa, beninteso, privatissima: pochi ospiti, tutti accuratamente selezionati. Tanto selezionati che, come denuncia l’Associazione Stampa Toscana, ai giornalisti toscani sono stati pure negati gli accrediti.

Si spera almeno che il Comune abbia chiuso accordi con Dolce & Gabbana per una qualche importante campagna di promozione all’estero, della quale comunque Firenze non avrebbe bisogno: non stiamo parlando d’un borgo sperduto sull’Appennino, ma di una delle principali mete del turismo internazionale, capace d’attirare più di 11 milioni di presenze nel 2019. O che abbia ottenuto dalla casa di moda lauti sostegni per restauri o interventi volti a migliorare l’accesso al patrimonio culturale della città. Perché forse era il caso di pensare fin da subito a scambiare l’estrema generosità della città con qualcosa di più concreto e consistente del “messaggio di coraggio, apertura e sicurezza” funzionale al rilancio della città. E se alla base c’è già un qualche accenno di sostanza, chiediamo che venga reso pubblico.


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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Giornalista d'arte, nato a Massa nel 1986, laureato a Pisa nel 2010. Ho fondato Finestre sull'Arte con Ilaria Baratta. Oltre che su queste pagine, scrivo su Art e Dossier e su Left.

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