Il caso della Spagna: come tenere aperta tutta la cultura e contenere comunque il virus


In Spagna, durante la seconda e la terza ondata, non c'è mai stata una chiusura totale della cultura. Musei, teatri, cinema hanno continuato a lavorare, con le dovute misure di sicurezza. E la Spagna ha comunque contenuto il virus meglio dell'Italia.

Contenere il contagio combattendo duramente contro il Covid-19 e al contempo non chiudere la cultura, e quindi evitare di umiliare musei, cinema e teatri con chiusure lunghe, dannose sia per il pubblico, sia per i lavoratori, sia per gli istituti. Il caso della Spagna dimostra che si può fare: la Spagna è infatti l’unico dei grandi paesi europei che durante la seconda e la terza ondata non ha imposto chiusure indiscriminate dei luoghi della cultura ma, anzi, ha lasciato tutto aperto il più possibile, lasciando alle Comunità Autonome (omologhe delle nostre regioni) la possibilità di intervenire chirurgicamente laddove necessario, se le cose si fossero messe male. Questo approccio ha contemperato le esigenze di contenere il contagio da coronavirus, e di evitare di imporre una serrata totale sulla cultura: e i risultati sono stati ottimi, con i dati della Spagna che non si discostano da quelli dei principali paesi europei e, anzi, rispetto ad alcuni stanno anche andando molto meglio. Segno che, evidentemente, la chiusura dei luoghi della cultura non ha avuto un impatto significativo sul contenimento del contagio e, viceversa, lasciare aperti musei, teatri e cinema non ha prodotto esplosione di focolai.

Ci sono luoghi, in Spagna, dove i luoghi della cultura non sono mai stati chiusi dalla scorsa estate. A Madrid, per esempio, dove i musei statali e diversi musei locali non hanno mai subito neppure un giorno di chiusura causa virus. E le cose, con il contagio, non sono andate poi così male. “Ci tranquillizza”, ha detto in una nota ufficiale il vicepresidente della Comunità Autonoma di Madrid, Ignacio Aguado, “guardare dopo alcuni mesi e dimostrare che abbiamo preso la decisione corretta a riaprire gli spazi della cultura. Una decisione, d’altro canto, avallata dalla responsabilità mostrata da imprese, artisti, pubblico e tutti gli operatori del settore, nei confronti dei quali voglio esprimere tutto il mio apprezzamento”. A Madrid, il Teatro Real è stato l’unico teatro lirico importante a non chiudere mai durante la pandemia. E dal 17 giugno, i Teatros del Canal de Madrid, i primi teatri grandi a riaprire al pubblico in Spagna (dal 17 giugno scorso), hanno ospitato oltre 100 spettacoli accogliendo oltre 70mila persone, senza che si registrassero focolai tra gli spettatori, fa sapere la Comunità Autonoma di Madrid. Come è stato possibile e quali azioni sono state intraprese?

Uno spettacolo al Teatro Real di Madrid, a inizio marzo, con gli attori mascherati
Uno spettacolo al Teatro Real di Madrid, a inizio marzo, con gli attori mascherati. Ph. Javier del Real

Uno sguardo ai dati

La Spagna ha conosciuto due ondate importanti dalla scorsa estate. La prima si è scatenata in autunno e ha toccato il picco il 27 ottobre, quando sono stati raggiunti i 23.122 casi giornalieri, e con un’occupazione degli ospedali che nel momento peggiore ha raggiunto mediamente il 28% dei posti disponibili. Anche l’Italia nello stesso periodo viaggiava sopra i 20.000 casi giornalieri, ma nel nostro paese il picco doveva essere ancora raggiunto (40.902 casi in novembre). La Spagna ha però conosciuto una terza ondata peggiore rispetto alla nostra, i cui prodromi si sono avvertiti dopo le vacanze natalizie: così, alla fine di gennaio, i contagi sono di nuovo saliti (dopo una progressiva riduzione tra novembre e dicembre) fino a toccare un nuovo picco il 15 gennaio, con 39.529 casi giornalieri (la nostra terza ondata ha invece fatto segnare il picco il 12 marzo con 26.824 casi). La risposta, durante la terza ondata, è stata diversa nelle varie Comunità Autonome: in Spagna, infatti, i poteri locali hanno margini di autonomia più ampi rispetto all’Italia, e le misure in risposta al virus vengono decise dalle singole Comunità nell’ambito di un quadro stabilito dal governo centrale. Ci sono state pertanto Comunità Autonome che hanno chiuso completamente bar e ristoranti ma anche altre che li hanno lasciati aperti, altre ancora che hanno sospeso la scuola in presenza laddove in altre Comunità rimaneva aperta, e così via.

Il quotidiano El Correo, il 14 gennaio (quindi il giorno prima del picco della terza ondata, sulle cui motivazioni gli esperti sono divisi: c’è chi l’ha attribuita al generale rilassamento natalizio, dato che la Spagna è stata uno dei pochi paesi europei a non inasprire le misure durante le vacanze, perché, al contrario, le ha alleggerite, e altri che invece chiamano in causa la variante inglese) riassumeva con diversi specchietti le varie misure intraprese. In Navarra, per esempio, bar e ristoranti aperti, ma solo fino alle 21, centri commerciali e negozi aperti ma con riduzione della capienza al 30% del normale, divieto di fumo all’aperto, coprifuoco dalle 23 alle 6. Nella Comunità di La Rioja sono stati disposti dei lockdown totali in tre città (Logroño, Lardero e Villamediana), mentre nel resto del territorio il coprifuoco è stato imposto dalle 22 alle 6, per le attività considerate non essenziali è stato stabilito l’orario di chiusura alle 17 ed è stato soltanto raccomandato l’autoconfinamento per i cittadini, in particolare per gli over 65. La Comunità di Castiglia e León è stata tra quelle che hanno messo in atto le misure più restrittive: bar e ristoranti chiusi (tranne che per il servizio d’asporto), palestre chiuse, visite negli ospedali limitate a una persona. Misure severe anche in Estremadura: chiuse tutte le attività (ristoranti, bar, negozi ma anche attività culturali) in tutte le città con più di 5.000 abitanti, coprifuoco dalle 22 alle 6, e lockdown municipali diffusi. Interessante il caso delle isole Baleari, dove veniva disposta la chiusura di palestre, centri commerciali e ristorazione (anche se solo nelle isole di Maiorca e Ibiza), ma non della cultura, per la quale la Comunità Autonoma imponeva soltanto la capienza massima del 30%.

In sostanza, in gran parte del paese le misure sono state paragonabili a quelle delle nostre zone gialle (e sono state addirittura percepite come rigide), e in alcuni casi sono state anche più blande (per i musei, ad esempio, l’Italia ha decretato la serrata totale nei fine settimana, e la Spagna no). E adesso, la Spagna si è lasciata alle spalle anche la terza ondata: i casi di contagio negli ultimi giorni stanno attorno ai 3-4.000 quotidiani, e l’incidenza è bassa in quasi tutto il paese. Il dato dei contagi per 100.000 abitanti sui sette giorni calcolato per comarca (un’unità territoriale paragonabile alla nostra provincia) tocca, nella settimana dal 18 al 24 marzo, punte massime nella comarca di Araba-Álava (107,68) seguita da Navarra (100,88), Lleida (94,50), Almería (87,75) e Madrid (87,70). Le comarche messe meglio sono quelle di Albacete (3,86), Alicante (5,70) e Castellón (7,93), le uniche sotto i 10 casi per 100.000 abitanti. Per dare un’idea, oggi, 29 marzo, in Italia le province messe meglio sono Trapani e Sud Sardegna (entrambe con 46 casi per 100.000 abitanti), seguite da Isernia (51), Messina (77), Oristano (78), Sassri (83), Reggio Calabria (85), immediatamente seguite da province come Catania (95), Campobasso (97) e Pescara (110), che pur situandosi tra le province italiane dove la situazione è migliore hanno tassi simili a quelli delle comarche spagnole messe peggio. I tassi più alti in Italia sono quelli di Cuneo (457), Udine (439) e Prato (431). I dati della Spagna possono essere consultati attraverso grafici e tabelle molto semplici e intuitivi sul sito dedicato al Covid del Centro Nazionale di Epidemiologia.

Seconda e terza ondata, confronto sul numero dei contagi giornalieri per mil. di abitanti media 7 giorni, Spagna vs. Italia
Seconda e terza ondata, confronto sul numero dei contagi giornalieri per mil. di abitanti media 7 giorni, Spagna vs. Italia


Seconda e terza ondata, confronto sul numero dei decessi giornalieri per mil. di abitanti Spagna vs. Italia
Seconda e terza ondata, confronto sul numero dei decessi giornalieri per mil. di abitanti Spagna vs. Italia


Seconda e terza ondata, indice RT, Spagna vs. Italia
Seconda e terza ondata, indice RT, Spagna vs. Italia

La campagna La cultura es segura

Malgrado la Spagna sia stata colpita da due ondate particolarmente importanti, che in alcune aree del paese hanno quasi fatto saltare gli ospedali, la cultura è stata quasi sempre aperta: le uniche chiusure sono state chirurgiche e sono state disposte su base locale dove la situazione andava fortemente peggiorando, ma la tendenza è stata quella di tenere aperto il più possibile se la situazione lo permetteva. L’approccio, insomma, è stato completamente diverso rispetto a quello dell’Italia. Anzi: in Spagna è stato il Ministero della Cultura e dello Sport a incentivare gli spagnoli a recarsi al museo o a teatro. A metà ottobre, il ministero ha infatti lanciato una campagna social, chiamata La cultura es segura (“La cultura è sicura”: qui il video lancio), con la quale si invitava la popolazione a frequentare i luoghi della cultura. Con la campagna, dichiarava il 13 ottobre il ministro spagnolo della cultura José Manuel Rodríguez Uribes, il paese intendeva dimostrare che può esistere un compromesso tra ragioni del contenimento del contagio e ragioni della cultura. L’idea era quella di “fare passi avanti nel lavoro di sensibilizzazione del pubblico”, affermava il ministro, “nonché supportare e dare visibilità al grande lavoro fatto in tutti gli ambiti della cultura nell’applicazione delle norme sanitarie, permettendo che il pubblico possa tornare a frequentare la cultura dal vivo”. La pandemia, diceva ancora Rodríguez Uribes, “ci ha insegnato che la cultura è un bene di prima necessità che occorre proteggere perché resista a qualsiasi crisi”.

A cinque mesi di distanza, la Spagna si dichiara soddisfatta di come è andata la campagna. Anzi: tre parlamentari europei provenienti dalla Spagna, Ibán García Del Blanco, Marcos Ros Sempere e Domènec Ruiz Devesa, vogliono indicarla come modello da seguire in Europa. Il 27 gennaio, mentre la terza ondata spagnola cominciava ad attenuarsi, i tre parlamentari presentavano un’interrogazione in cui riportavano che “considerando che i settori della cultura e della creatività sono tra i più severamente colpiti dalla pandemia, il governo spagnolo ha lanciato la campagna La cultura es segura #culturasegura (La cultura è sicura) per supportare la cultura. L’esperienza spagnola dimostra che i teatri e le sale non sono luoghi di contagio, perché rispettano i protocolli. Inoltre dimostra che la campagna dà sollievo ai teatri e alle sale, oltre che al loro pubblico, in questi tempi eccezionalmente difficili. La Commissione intende stilare delle linee guida su una visione concordata su cosa sia la cultura, insieme a linee guida per supportare la cultura e i settori della cultura e della creatività?”.

E c’è soddisfazione anche tra gli addetti ai lavori. “La campagna La cultura es segura”, ha dichiarato in occasione della Giornata Mondiale del Teatro all’agenzia Europa Press María López Insausti, presidente della Asociación Aragón Escena, “è stata fondamentale per consentire ai teatri di rimanere aperti. Siamo l’unico paese che ha tenuto i teatri aperti e non perché in Spagna ci divertiamo di più, ma perché abbiamo fatto un esercizio di responsabilità, per definire, scegliere e stabilire i protocolli necessari per rendere sicure le attività teatrali”. Il pubblico, ha detto López Insausti, “ha collaborato, è stato solidale col settore e noi lo abbiamo notato soprattutto a partire da gennaio, quando è stata stabilita la capienza massima del 50%, anche se speriamo che al più presto si possa arrivare alla capienza del 75%”.

Il ministro della cultura José Manuel Rodríguez Uribes
Il ministro della cultura José Manuel Rodríguez Uribes


La presentazione della campagna La cultura es segura
La presentazione della campagna La cultura es segura


Un fotogramma del video di lancio della campagna La cultura es segura
Un fotogramma del video di lancio della campagna La cultura es segura

Musei sempre aperti in quasi tutto il paese

Lo scorso 12 febbraio, mentre la Spagna stava uscendo dalla terza ondata, Finestre sull’Arte dedicava un lungo approfondimento sui musei spagnoli, riportando le dichiarazioni di tre istituti (due grandi, ovvero il Prado e il Thyssen-Bornemisza, e uno medio, il Museo de Cáceres in Estremadura, Comunità Autonoma molto colpita nella terza ondata). L’idea era quella di non chiudere mai, tranne in casi eccezionali (come per il Museo de Cáceres, chiuso per la situazione epidemiologica dell’Estremadura), perché i musei contribuiscono al benessere della popolazione. “Il Ministero della Cultura e i musei”, ci spiegava Carlos Chaguaceda, direttore della comunicazione del Prado di Madrid, “ritengono che, in questa situazione difficile, rimanere aperti sia un segnale di speranza, di normalità, un modo di offrire una via di fuga, un’opportunità di riflessione e di evasione per i cittadini, che hanno possibilità di movimento molto limitate. Rimanere aperti nonostante le difficoltà è anche un’occasione per rivendicare il ruolo della cultura. Il nostro contributo al benessere di tutti è la possibilità di offrire ai cittadini un luogo dove la bellezza e l’arte abbiano la priorità". E lo stesso affermava il direttore del Thyssen-Bornemisza, Evelio Acevedo: “È stato provato che i musei non sono luoghi a rischio, e abbiamo salvaguardato la possibilità di continuare a compiere la nostra missione nei riguardi di tutti i nostri pubblici, sia quello in presenza, sia quello che arriva attraverso la nostra offerta digitale. Inoltre, l’attività culturale apporta, psicologicamente, un effetto salutare tra le persone nei momenti di crisi”.

I disagi per i musei che hanno dovuto chiudere sono stati comunque limitati. Il Museo di Cáceres, chiuso il 21 gennaio, ha potuto riaprire i battenti proprio il 12 febbraio, e a partire da quella data ha anche inaugurato una mostra. Paradossalmente, i musei statali madrileni sono stati chiusi nel fine settimana dell’8 gennaio ma non per il Covid, bensì per l’allerta meteorologica (in quei giorni la Spagna era stata colpita da una forte ondata di freddo che ha portato la neve in diverse zone del paese, inclusa la capitale). Al momento i musei stanno comunque conoscendo cali importanti del pubblico, anche perché visitati solo dai cittadini e non dai turisti, benché comunque la Spagna da alcuni giorni sia tornata ad accogliere i turisti internazionali (tuttavia con molte polemiche anche interne: ci sono parti politiche che accusano il governo e la Comunità Autonoma di Madrid di incentivare quello che viene chiamato “turismo de borrachera”, ovvero il turismo dei giovani che arrivano dall’estero, soprattutto dalla Francia, con il solo obiettivo di far festa e ubriacarsi, perché negli ultimi giorni ci sono state effettivamente situazioni molto al limite).

La tendenza è quella di considerare i musei come luoghi sicuri. “Siamo spazi sicuri, gli spazi culturali sono sicuri per definizione”, ha dichiarato ieri in un’intervista José María Luna, direttore dell’ente che gestisce la Casa di Picasso a Malaga, uno dei musei più visitati del paese, che soffre molto il calo delle visite dovuto all’assenza dei turisti. “Le abitudini, le norme di comportamento in un luogo della cultura già predispongono a una miglior capacità di prevenzione. L’arte cura, e non è una frase che m’invento io. L’arte non è una medicina, ma cura. La cultura in generale cura a livello mentale. Lo dicevano già i romani, mens sana in corpore sano. La cultura ha contribuito ad ancorarci alla realtà e a farci evadere dalla parte brutta di questa realtà, è quello che hanno sempre fatto la lettura, la pittura, la musica, i film”. Luna ha infine definito una “parentesi” l’anno 2020, e spera che il 2021 possa essere la chiusura della parentesi. Ed è quello che sperano tutti.

Il re di Spagna, Filippo IV, il presidente del Portogallo, Marcelo Rebelo de Sousa, e il direttore del Museo del Prado, Miguel Falomir, visitano il museo il 20 luglio a più di un mese dalla riapertura
Il re di Spagna, Filippo IV, il presidente del Portogallo, Marcelo Rebelo de Sousa, e il direttore del Museo del Prado, Miguel Falomir, visitano il museo il 20 luglio a più di un mese dalla riapertura


Un incontro al Museo Reina Sofía di Madrid lo scorso 5 marzo
Un incontro al Museo Reina Sofía di Madrid lo scorso 5 marzo


Visitatori al Museu Nacional d'Art de Catalunya
Visitatori al Museu Nacional d’Art de Catalunya

I teatri

Il 27 marzo i teatri festeggiavano la Giornata Mondiale del Teatro. In Italia, è stata la seconda di fila con i teatri chiusi. In Spagna no: teatri aperti. “Siamo un paese privilegiato”, ha dichiarato a CatalunyaPress l’attore Josep María Pou. “Con tutte le limitazioni alla capienza e le cautele sanitarie, siamo riusciti a tenere i teatri aperti, cosa che non succede negli altri paesi”. Pou ha fatto l’esempio del Teatro Real di Madrid e del Liceo di Barcellona, tra i pochissimi teatri al mondo ad aver proseguito col proprio programma operistico: “dobbiamo essere contenti di esserci riusciti”, ha detto Pou. Gli operatori del teatro sono quasi tutti concordi e, in occasione della Giornata Mondiale, molti hanno fatto sapere che in effetti in Spagna c’era tanto da festeggiare, dato che i teatri sono chiusi ovunque. “Dobbiamo essere ottimisti”, afferma, a Noticias de Navarra, Joan Matabosch, direttore artistico del Teatro Real di Madrid. “Abbiamo motivo di esserlo, tenendo conto di quello che sta succedendo. In Spagna il teatro è riuscito a resistere e sta tornando a recuperare una certa normalità, con le ovvie limitazioni nella capienza per garantire la sicurezza”.

“È stato dimostrato”, ha aggiunto Matabosch, “che non era imprescindibile la cancellazione delle attività per garantire la sicurezza. E tenere aperti i teatri garantendo la piena sicurezza è molto complicato, ma non impossibile”. La ricetta è la stessa degli altri paesi che hanno tentato le riaperture in estate: distanziamento, obbligo di mascherine, igienizzazione delle mani, sanificazione dei locali, in certi casi prenotazione obbligatoria. Non tutti però sono contenti: per esempio, il direttore del Teatro Principal di Zamora, Daniel Pérez, ha parlato di un disastro, a cui le riaperture hanno rimediato soltanto parzialmente. E dalle pagine del quotidiano El Confidencial, il presidente della Red Española de Teatros, Carlos Morán, afferma che quello della cultura è un settore che non avrebbe ricevuto dal governo sufficienti sussidi.

La Comunità Autonoma di Madrid ha cercato di dimostrare, dati alla mano, che la cultura è sicura. Dal 17 giugno fino a gennaio, nella Comunità della capitale si sono tenuti 3.876 eventi culturali, e non è stato registrato nessun focolaio di Covid-19 associato a uno di questi eventi. La Comunità attribuisce il risultato alle misure di sicurezza messe in atto nei luoghi della cultura, e alla responsabilità degli esercenti, dei lavoratori e del pubblico che le hanno rispettate e fatte rispettare.

Uno spettacolo al Liceu di Barcellona lo scorso 27 febbraio. Ph. Antoni Bofill
Uno spettacolo al Liceu di Barcellona lo scorso 27 febbraio. Ph. Antoni Bofill


Pubblico in sala al Teatro Olympia di Valencia il 9 dicembre
Pubblico in sala al Teatro Olympia di Valencia il 9 dicembre

I cinema, il settore che ha più sofferto

I cinema, che come in Italia sono molto più gettonati dalla popolazione rispetto a musei e teatri, sono di conseguenza anche il settore che ha sofferto di più, anche se non c’è mai stata la chiusura totale come da noi (in Italia i cinema non hanno più riaperto da fine ottobre), e anche nei momenti di picco delle due ondate, molti cinema spagnoli hanno continuato a lavorare. A inizio febbraio, nella fase calante della terza ondata, il quotidiano La Vanguardia riferiva, riportando dati elaborati dalla società di consulenza Comscore, che nel paese era aperto il 39% dei cinema. Molte catene, pur potendo aprire, hanno comunque preferito tenere le porte chiuse perché talvolta più conveniente che tenere aperto con solo il 50% della capienza. E i risultati non sono stati esaltanti: in Catalogna, per esempio, si sono registrati cali dell’80-90% rispetto allo stesso periodo del 2020 (ricordiamo che a febbraio 2020 si era ancora in situazione di piena normalità). “C’è un pubblico molto fedele”, ha dichiarato Pilar Sierra, direttrice generale del Gremi d’Empresaris de Cinemes de Catalunya, associazione che riunisce le aziende del settore, “che continua a venire al cinema tutte le settimane. Le persone sono molto tranquille e sfruttano la possibilità perché le sale sono luoghi sicuri”. Il pubblico è quello degli aficionados, insomma: per la ripresa però tutti confidano nell’estate.

I segnali comunque sono incoraggianti: la scorsa settimana, la Federación de Cines de España (FECE), calcolava che l’80% dei cinema sarà aperto per la Settimana Santa, ed è il tasso più alto di apertura dallo scorso 1° di gennaio. E gli esercenti, per convincere il pubblico ad andare al cinema, continuano a ricordare che, nei dieci mesi di pandemia, nei cinema spagnoli non si è registrato alcun focolaio, ragion per cui andare a vedere un film al cinema è una delle scelte ritenute più sicure per il proprio tempo libero. Questo anche grazie ai protocolli di sicurezza che hanno abituato gli spagnoli al distanziamento fisico, all’uso obbligatorio di mascherine, alla sanificazione delle mani, e così via. Inoltre, nei cinema vige il regime di prenotazione obbligatoria. Gli spagnoli stanno comunque tornando al cinema: sempre la FECE ha fatto sapere che nel fine settimana scorso, quello della festa del papà, gli incassi complessivi nel paese hanno superato il milione di euro. Numeri che sarà difficile replicare nella Settimana Santa perché le Comunità Autonome hanno inasprito alcune delle restrizioni, ma comunque in quasi tutto il paese sarà possibile andare al cinema.

Le restrizioni per la Settimana Santa

La Spagna ha insomma dimostrato che si può vivere in pandemia senza rinunciare alla cultura. E adesso il paese si prepara a trascorrere la Settimana Santa cercando di minimizzare i rischi, tanto che, con il tradizionale aumento della mobilità dei giorni della Pasqua, le Comunità Autonome hanno deciso di inasprire le misure di sicurezza. Niente però a che vedere con quello che succede in Italia, dove a Pasqua saremo tutti in zona rossa: in Spagna le misure per la Pasqua sono anche più morbide rispetto a quelle della nostra fascia gialla, e malgrado ciò ci sono politici dell’opposizione che addirittura dicono che sono troppo severe e che il governo sta facendo in modo di irrigidirle. Ci sono alcuni casi di lockdown localizzati (per esempio in Andalusia, dove 26 comuni registrano un’incidenza superiore ai 500 casi per 100.000 abitanti sui 14 giorni), anche se piuttosto blandi: per esempio, la ristorazione chiude solo se si supera la soglia dei 1.000 casi per 100.000 abitanti sui 14 giorni. Nel resto della Comunità, ristorazione aperta fino alle 22:30 nelle principali città come Siviglia, Cordova, Jaén, Malaga, Huelva, coprifuoco dalle 23 alle 6, negozi aperti fino alle 22:30.

Ancora, in Cantabria bar e ristoranti aperti fino alle 22:30, coprifuoco dalle 23 alle 6 e, come in pressoché tutte le altre Comunità Autonome, divieto di entrata e uscita dal territorio regionale. Nella Comunità di Castiglia e León, ristoranti aperti fino alle 23 (ultimi ingressi alle 22), centri commerciali aperti con la capienza ridotta a un terzo del normale. Nell’Estremadura nessun limite orario per la ristorazione: solo limiti di capienza. La cultura invece è aperta praticamente ovunque.

L’esperimento: il primo concerto in Europa senza distanziamento

In una situazione che permette di guardare con fiducia al futuro, la Spagna può anche permettersi di fare esperimenti. Sabato scorso, al Palau de Sant Jordi di Barcellona, si è tenuto il primo concerto post-Covid senza distanziamento: un concerto del gruppo rock spagnolo Love of Lesbian seguito da 5.000 spettatori, tutti con mascherina FFP2 obbligatoria. Il concerto è stato seguito da un’équipe di medici dell’Ospedale Germans Trias i Pujol di Barcellona, che ha sottoposto tutti i partecipanti a un test antigenico, e che intende analizzare il concerto come caso di studio.

Ci sono state comunque numerose polemiche prima dell’evento: si è puntato il dito contro i test rapidi, ritenuti poco affidabili, contro l’opportunità di organizzare un concerto senza distanziamento in un momento come quello attuale, e così via. Ma l’obiettivo degli organizzatori è comunque quello di dimostrare che i concerti sono comunque sicuri. Del concerto hanno parlato i giornali di tutto il mondo: e adesso fuori dalla Spagna c’è grande attenzione per capire come sia andata.

Pubblico al concerto dei Love of Lesbian del 27 marzo 2021
Pubblico al concerto dei Love of Lesbian del 27 marzo 2021


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