Cavalli e condottieri: Leonardo da Vinci e la storia del monumento equestre a Francesco Sforza


Una delle imprese che tennero occupato Leonardo da Vinci negli anni di Milano fu la progettazione del monumento equestre a Francesco Sforza. Che però non vide mai la luce. Ecco la storia di quest'opera mai realizzata.

Nelle lettere con cui Leonardo da Vinci (Vinci, 1452 - Amboise, 1519) si presentava tra il 1482 e il 1485 al reggente del ducato di Milano, Ludovico il Moro (Milano, 1452 - Loches, 1508), si legge anche un passaggio (lo vediamo nel foglio 1082 del Codice Atlantico) in cui l’artista si dichiara capace di “dare opera al cavallo di bronzo che sarà gloria immortale et aetterno honore de la felice memoria del signor vostro patre et de la inclita Casa Sforzesca”. Il fratello maggiore di Ludovico, Galeazzo Maria Sforza (Fermo, 1444 - Milano, 1476), duca tra il 1466 e il 1476, dal 1473 rincorreva infatti il sogno di far erigere un monumento equestre al padre suo e di Ludovico, Francesco Sforza (Cigoli, 1401 - Milano, 1466), primo duca sforzesco di Milano, ma per dieci anni non se ne fece niente: Leonardo era evidentemente a conoscenza del progetto e pensò di proporsi al Moro, contando anche sulla sua provenienza. Il suo maestro, il Verrocchio, aveva infatti avviato, nel 1480, la realizzazione del monumento a Bartolomeo Colleoni, che sarebbe stato infine eretto nel 1488 a Venezia: date le sue credenziali, possiamo dunque ritenere che per Leonardo non fu difficile vedersi commissionare l’opera da parte del Moro.

Non conosciamo l’anno esatto in cui il reggente affidò a Leonardo l’opera, ma è certo che l’incarico risalisse a prima del 1489: a questa data rimontano infatti i primi studi noti dell’opera, e Leonardo vi lavorò fino al 1499, data della caduta degli Sforza e del suo trasferimento a Firenze. Sono due i momenti della storia del monumento equestre a Francesco Sforza, corrispondenti ai due distinti progetti realizzati dall’artista. Il primo risale probabilmente al periodo 1485-1490: non abbiamo il bozzetto definitivo, ma abbiamo alcuni disegni che ci aiutano a comprendere quale aspetto dovesse avere il monumento una volta completato. In particolare, esiste uno studio non definitivo conservato presso la Royal Collection di Windsor dal quale possiamo desumere l’idea di Leonardo: un cavallo rampante, ovvero impennato sulle zampe posteriori, con, in sella, la figura del duca. Si poneva però un notevole problema di statica, che Leonardo risolse pensando di scaricare il peso della parte anteriore del cavallo su di un elemento scenografico: un soldato riverso a terra, sul quale il cavallo si sarebbe appoggiato.

L’artista aveva pensato anche alla tecnica di fusione dell’opera in bronzo: ricaviamo notizie in merito da un altro foglio della Royal Collection dove, scrive lo studioso Andrea Bernardoni, “apprendiamo come Leonardo avesse già maturato l’idea di fondere il monumento con un impianto a forni multipli con la forma del cavallo collocata in verticale ma capovolta all’interno della fossa di fusione. Sempre nella stessa carta, in basso a sinistra, troviamo anche il disegno del cavallo visto in sezione in cui è posta in evidenza la centina intorno alla quale si costruisce la struttura portante interna della statua. La morfologia e la postura del cavallo di questo disegno si discostano dai bozzetti del monumento e sembrano richiamarsi a uno studio datato una decina di anni prima che presenta un cavallo rampante molto slanciato, come se fosse in procinto di spiccare un salto, il quale è stato interpretato come uno studio dei monumenti antichi, vedendone la probabile fonte nei colossi di Monte Cavallo a Roma”. Leonardo tuttavia abbandonò ben presto l’idea di un monumento con un cavallo rampante, quasi sicuramente per gli spinosi problemi di natura statica, ma anche per ragioni tecniche (l’Archivio di Stato di Firenze conserva una lettera in cui Ludovico il Moro scrive a Lorenzo il Magnifico per chiedergli di mandare, da Firenze a Milano, due fonditori perché l’artista vinciano non si riteneva capace di completare il progetto). Sarebbe occorso molto tempo prima di vedere il primo monumento equestre della storia con un cavallo rampante: a riuscire nell’impresa fu lo scultore carrarese Pietro Tacca (Carrara, 1577 - Firenze, 1640), che nel 1642 terminò la fusione del monumento a Filippo IV di Spagna (oggi a Madrid, in plaza de Oriente), dopo avervi lavorato per otto anni.

Leonardo da Vinci, Studio per monumento equestre (1485-1490 circa; punta metallica su carta preparata azzurra, 152 x 188 mm; Windsor, The Royal Collection, inv. 12358)
Leonardo da Vinci, Studio per monumento equestre (1485-1490 circa; punta metallica su carta preparata azzurra, 152 x 188 mm; Windsor, The Royal Collection, inv. 12358)


Leonardo da Vinci, Studio di cavallo (1480 circa; punta metallica su carta rosata, 112 x 196 mm; Windsor, The Royal Collection, inv. 12315)
Leonardo da Vinci, Studio di cavallo (1480 circa; punta metallica su carta rosata, 112 x 196 mm; Windsor, The Royal Collection, inv. 12315)


Leonardo da Vinci, Studi per la fusione del monumento a Francesco Sforza, I progetto (1490 circa; penna e inchiostro, 278 x 191 mm; Windsor, The Royal Collection, inv. 12351)
Leonardo da Vinci, Studi per la fusione del monumento a Francesco Sforza, I progetto (1490 circa; penna e inchiostro, 278 x 191 mm; Windsor, The Royal Collection, inv. 12351)


Pietro Tacca, Monumento a Filippo IV di Spagna (1634-1642; bronzo; Madrid, Plaza de Oriente)
Pietro Tacca, Monumento a Filippo IV di Spagna (1634-1642; bronzo; Madrid, Plaza de Oriente)

Tornando a Leonardo, tra il 1489 e il 1490, l’artista rivisitò radicalmente il suo progetto immaginando un più tradizionale monumento equestre con il cavallo al passo, simile al monumento equestre di Marco Aurelio a Roma. L’artista avrebbe dato gloria agli Sforza in altro modo: non più attraverso l’arditezza del progetto, ma attraverso le dimensioni monumentali dell’opera (oltre sette metri, quindi un’altezza triplicata rispetto a quella del primo monumento equestre, per un peso di circa 70 tonnellate di bronzo). Per un’opera tanto imponente, l’artista dovette nuovamente riconsiderare la tecnica realizzativa. “Per realizzare la fusione in un’unica colata”, leggiamo ancora da Andrea Bernardoni, “si rese necessaria l’ideazione di un metodo alternativo di tipo indiretto, che prevedeva la realizzazione della forma in più sezioni distinte da assemblare all’interno della fossa di fusione. Per sviluppare questo processo operativo è molto probabile che Leonardo si fosse ispirato alla tecnica di fusione per le artiglierie nella quale era prevista la costruzione della forma di fusione in più sezioni. Non crediamo sia un caso, infatti, che proprio in quegli anni Leonardo intensificasse i suoi studi sulle armi da fuoco. La particolarità del metodo di Leonardo consisteva nell’impiego dei tasselli utilizzati per calcare il modello, oltre che come matrici per la costruzione del nucleo di fusione, anche come controforma esterna; la matrice negativa, che nel metodo tradizionale si plasmava direttamente sulla superficie del modello in cera, veniva in questo modo ripensata trasformandola in una complessa ricomposizione dei tasselli utilizzati per il calco, assemblati con robuste legature di ferro e saldature in gesso”. I diversi tasselli erano stati progettati in modo che resistessero alla pressione del bronzo fuso e ne impedissero le fuoriuscite durante la colata. La forma, una volta assemblata, sarebbe stata poi completata con i canali per la gettata.

Leonardo aveva già cominciato a realizzare la fossa di fusione (in orizzontale, perché la conformazione del territorio milanese non consentiva la consueta progettazione in verticale nel terreno) ma la situazione politica dell’Italia cambiò le esigenze di Ludovico il Moro: in previsione della discesa di Carlo VIII in Italia (e il ducato di Milano aveva aderito alla lega antifrancese di cui facevano parte lo Stato della Chiesa, la Repubblica di Venezia, l’Impero, la Spagna e l’Inghilterra), Ludovico il Moro fu costretto a destinare il bronzo agli armamenti e in particolare alle artiglierie. La situazione non mutò dopo la sconfitta di Carlo VIII, dato che di lì a poco sarebbe scoppiata la guerra di successione del ducato di Milano che avrebbe sancito la caduta degli Sforza: il progetto fu pertanto abbandonato.

Leonardo da Vinci, Forma di fusione della testa del cavallo (1493 circa; gesso rosso su carta, 210 x 300 mm; Madrid, Biblioteca Nacional, Codice di Madrid 8936, f. 157v)
Leonardo da Vinci, Forma di fusione della testa del cavallo (1493 circa; gesso rosso su carta, 210 x 300 mm; Madrid, Biblioteca Nacional, Codice di Madrid 8936, f. 157v)


Leonardo da Vinci, Fonderia per il monumento equestre a Francesco Sforza (1493 circa; gesso rosso su carta, 210 x 300 mm; Madrid, Biblioteca Nacional, Codice di Madrid 8936, f. 149v)
Leonardo da Vinci, Fonderia per il monumento equestre a Francesco Sforza (1493 circa; gesso rosso su carta, 210 x 300 mm; Madrid, Biblioteca Nacional, Codice di Madrid 8936, f. 149v)

L’artista si trovò tuttavia solo pochi anni dopo a lavorare su di un nuovo monumento equestre, quello per la tomba monumentale di Gian Giacomo Trivulzio (Milano, 1440 - Arpajon, 1518), che il condottiero commissionò a Leonardo nel 1506, quando il toscano ebbe modo di tornare a Milano. Anche in questo caso conosciamo diversi studi, dove notiamo sia il cavallo impennato sulle zampe posteriori, sia il tradizionale cavallo al passo. Sempre la Royal Collection conserva un foglio con gli appunti di Leonardo per la fusione: qui vediamo il monumento con il cavallo al passo, e poiché si parla già di fusione è ipotizzabile che, alla fine, l’artista vinciano si fosse risolto per un’iconografia più tradizionale. Lo studio più avanzato è quello del foglio 12356 della Royal Collection: qui Leonardo, scrive la studiosa Maria Teresa Fiorio, “ha raggiunto la soluzione definitiva: non più il cavallo impennato, ma la più classica posizione del cavallo al passo [...] in linea con le moderne interpretazioni del monumento equestre di Donatello e del Verrocchio. Tale tipologia, del resto, era già stata prescelta per il colossale cavallo Sforza e dava maggiori garanzie di stabilità, anche se nel caso del monumento Trivulzio il gruppo era ‘grande al naturale’”.

La progettazione del monumento a Trivulzio proseguì sino al 1511, ma l’impresa venne nuovamente bloccata per via del mutato ordine politico: nel 1512, infatti, il potere sforzesco venne restaurato, e il filofrancese Trivulzio, che peraltro nel 1499 era stato nominato Maresciallo di Francia ed era sempre rimasto fedele al re Francesco I, fu cacciato da Milano. La circostanza rese pertanto impossibile il completamento del progetto.

Non tutta l’eredità di Leonardo tuttavia andò perduta. Il Museo di Belle Arti di Budapest oggi conserva un bronzetto che, secondo l’interpretazione di Pietro Cesare Marani, importante studioso di Leonardo, fu realizzato da Giovanni Francesco Rustici (Firenze, 1475 – Tours, 1554) in previsione della realizzazione di un monumento equestre a Francesco I di Francia: stando alle informazioni che ricaviamo dal Trattato dell’arte della pittura, scoltura et architettura di Giovanni Paolo Lomazzo, sembra infatti che Leonardo avesse passato a Rustici alcuni dei suoi numerosi studi sui cavalli, e probabilmente ebbe modo di parlare con lui anche delle tecniche di fusione (nel 1508, fa sapere Bernardoni, Leonardo da Vinci e Giovanni Francesco Rustici alloggiavano assieme nella stessa casa a Firenze), ed è anche ipotizzabile che Francesco I abbia commissionato a Rustici il suo monumento proprio dietro suggerimento di Leonardo. Della commissione francese a Rustici parla anche Giorgio Vasari nelle sue Vite: “fu dato a fare ultimamente un cavallo di bronzo due volte grande quanto il naturale sopra il quale doveva essere posto il re. Là onde avendo messo mano all’opera, dopo alcuni modelli, che molto erano al re piaciuti, andò continuando di lavorare il modello grande ed il cavo per gettarlo in un gran palazzo statogli dato a godere dal re. Ma, dato che se ne fusse cagione, il re si morì prima che l’opera fusse finita”. Il completamento dell’opera fu comunque molto tribolato: Rustici finì il monumento solo parzialmente, e a portarlo a termine sarebbe stato, molto tempo dopo, lo scultore Hubert Le Sueur (Parigi, 1580 circa - 1658), che lo “convertì” in un monumento a Enrico I, duca di Montmorency (i Montmorency erano la famiglia che era entrata in possesso del cavallo incompiuto di Rustici). L’opera andò poi distrutta durante la rivoluzione francese.

Leonardo da Vinci, Studi per il monumento Trivulzio (1506-1508 circa; gessetto nero su carta, 224 x 160 mm; Windsor, The Royal Collection, inv. 12360)
Leonardo da Vinci, Studi per il monumento Trivulzio (1506-1508 circa; gessetto nero su carta, 224 x 160 mm; Windsor, The Royal Collection, inv. 12360)


Leonardo da Vinci, Studi per la fusione del monumento Trivulzio (1508-1510 circa; gessetto nero su carta, 198 x 140 mm; Windsor, The Royal Collection, inv. 12347)
Leonardo da Vinci, Studi per la fusione del monumento Trivulzio (1508-1510 circa; gessetto nero su carta, 198 x 140 mm; Windsor, The Royal Collection, inv. 12347)


Giovanni Francesco Rustici (?), Guerriero a cavallo (inizio del XVI secolo; bronzo con patina verde su base di legno, 24 x 15 x 28 cm; Budapest, Museo di Belle Arti)
Giovanni Francesco Rustici (?), Guerriero a cavallo (inizio del XVI secolo; bronzo con patina verde su base di legno, 24 x 15 x 28 cm; Budapest, Museo di Belle Arti)

Esiste poi un’altra eredità leonardiana non meno importante: i suoi studi sui cavalli. Per progettare i monumenti equestri, l’artista dovette infatti studiare bene e da vicino i cavalli. Nella Royal Collection, per esempio, si conserva uno Studio del profilo sinistro di cavallo (il foglio numero 12289 della raccolta), con la zampa anteriore levata, nella posizione tipica dei cavalli raffigurati al passo nei monumenti equestri: per tale motivo, il disegno è stato ricondotto allo studio per una scultura da diversi studiosi come Carlo Pedretti e Martin Kemp (si pensa addirittura che lo studio in questione riproduca una statua già esistente, forse il celebre Regisole di Pavia, la statua tardo antica dell’imperatore Antonino Pio, distrutta dai giacobini pavesi nel 1796 e nota dai disegni che gli artisti ne trassero: Leonardo l’aveva vista nel 1490 durante un soggiorno a Pavia assieme a Francesco di Giorgio Martini). Di diversa natura è invece il foglio con Studi sulle zampe anteriori di cavallo conservato alla Biblioteca Reale di Torino, nel quale l’animale è stato studiato dal vero, in un periodo che si colloca negli anni immediatamente precedenti il 1490 (anno, quest’ultimo, in cui l’artista avrebbe abbandonato la tecnica della punta metallica). Il disegno, ha scritto Marani, “mostra l’attenzione di Leonardo nel cogliere gli effetti di luce sulle membra animali, con la stessa sottigliezza e vibrazione che riserva alla definizione delle membra del corpo umano, grazie a tocchi leggeri e filamentosi di biacca, che ricordano i disegni di panneggi su tela di lino del periodo giovanile, e che dimostrano la sua volontà di raggiungere effetti scultorei”.

Allo stesso periodo risale un Profilo e fronte di cavallo della Royal Collection (numero d’inventario 12321) nel quale, scrive Bernardoni, Leonardo “raggiunge il risultato di un equilibrio perfetto fra conoscenza e impressione, pervenendo a quella forma ideale che egli andava cercando attraverso gli studi anatomici di questo animale. Il senso del volume dato dal chiaroscuro trasmette una lucentezza e una levigatezza metallica che inducono a pensare come Leonardo fosse ormai giunto al compimento del processo di ideazione del cavallo per il monumento Sforza e si stesse preparando per la realizzazione del modello che, in questo disegno, potrebbe trovare quindi la sua prima piena espressione visiva”. Esistono poi disegni che studiano le pose del cavallo (prodotti non soltanto in vista dei monumenti equestri ma anche, per esempio, nelle fasi di studio della Battaglia di Anghiari): sempre agli anni che precedono il 1490 risale ad esempio un Cavallo impennato della Royal Library di Windsor.

Leonardo da Vinci, Studio del profilo sinistro di un cavallo (1490 circa; punta metallica, biacca su carta preparata azzurra, 85 x 147 mm; Windsor, The Royal Collection, inv. 12289r)
Leonardo da Vinci, Studio del profilo sinistro di un cavallo (1490 circa; punta metallica, biacca su carta preparata azzurra, 85 x 147 mm; Windsor, The Royal Collection, inv. 12289r)


Leonardo da Vinci, Studio sulle zampe anteriori di cavallo (1488-1490 circa; punta metallica e lumeggiature di biacca su carta preparata azzurra, 154 x 205 mm; Torino, Biblioteca Reale, inv. 15580)
Leonardo da Vinci, Studio sulle zampe anteriori di cavallo (1488-1490 circa; punta metallica e lumeggiature di biacca su carta preparata azzurra, 154 x 205 mm; Torino, Biblioteca Reale, inv. 15580)


Leonardo da Vinci, Profilo e fronte di cavallo (1490 circa; punta metallica su carta preparata azzurra, 212 x 160 mm; Windsor, The Royal Collection, inv. 12321r)
Leonardo da Vinci, Profilo e fronte di cavallo (1490 circa; punta metallica su carta preparata azzurra, 212 x 160 mm; Windsor, The Royal Collection, inv. 12321r)


Leonardo da Vinci, Cavallo rampante (1503-1504 circa; matita rossa, penna e inchiostro, 153 x 142 mm; Windsor, The Royal Collection, inv. 912336)
Leonardo da Vinci, Cavallo rampante (1503-1504 circa; matita rossa, penna e inchiostro, 153 x 142 mm; Windsor, The Royal Collection, inv. 912336)

Nel concreto, tutti i progetti di Leonardo per monumenti equestri (come s’è visto, i due per il monumento a Francesco Sforza e quello per il monumento a Gian Giacomo Trivulzio) furono destinati a rimanere sulla carta. In età contemporanea ci sono stati poi tentativi più o meno riusciti di portare in vita le idee di Leonardo, con fusioni in bronzo tratte dai suoi disegni, ma di sicuro è proprio nelle idee che occorre individuare il lascito più interessante e rilevante dell’artista, sia per ciò che riguarda gli studi sull’opera in sé, sia per quanto concerne gli aspetti tecnici legati alla realizzazione. In questo caso, tuttavia, il percorso cominciato da Leonardo negli anni Ottanta del Quattrocento poté trovare un compimento proprio nella fusione del cavallo di Giovanni Francesco Rustici: più tardi, quando nel 1699 il fonditore Jean Baltazar Keller realizzò l’enorme monumento equestre a Luigi XIV di François Girardon (un’opera alta quasi sette metri), i suoi metodi, come ha rilevato Andrea Bernardoni, palesavano diverse analogie con quelli di Leonardo da Vinci.


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