La Mareggiata di Giorgio Belloni, un verista con l'animo del poeta


Pittore calmo e sensibile, verista con l'animo del poeta, Giorgio Belloni era famoso soprattutto per le sue originali vedute di mare. La “Mareggiata” della Galleria Ricci Oddi di Piacenza è uno dei suoi capolavori più belli.

Era pittore lombardo, Giorgio Belloni: nato a Codogno, studî all’Accademia di Brera seguendo Giuseppe Bertini e ammirando Filippo Carcano, una prima parte della carriera trascorsa tra Milano e il Veneto. Quanto di più lontano si potrebbe immaginare dal mare: eppure, pochi altri seppero interpretare il respiro del mare al pari di Giorgio Belloni. Per i suoi contemporanei, era il “pittore delle marine”. Pittore serio, calmo, modesto, una vita totalmente lontana dagli eccessi e dai cliché che solitamente s’affibbiano agli artisti. Una felice disposizione del suo animo, meditativo e malinconico, e una tecnica magistrale, esercitata nelle tante vedute paesistiche, segnatamente dei borghi di montagna del Canton Ticino e della Valtellina che avevano punteggiato la prima parte della sua carriera, lo avevano portato a diventare il più lirico poeta del mare del primo Novecento. Distese marine calme, acque agitate, barche veleggianti verso l’orizzonte al tramonto, borghi di pescatori e porti di ciminere fumanti, qualche spiaggia affollata, solitudini invernali sulle rive: la produzione di Belloni è un’ode continua, appassionata e amorevole, tessuta in lode del mare.

Una mareggiata è tra i suoi capolavori più noti e importanti. Si chiama proprio così: Mareggiata. Giuseppe Ricci Oddi, l’impareggiabile, ardente e schivo collezionista che nel 1931 donò la sua collezione alla natia Piacenza senza chiedere niente in cambio, aveva acquistato l’opera di Giorgio Belloni nel 1911, per tramite dell’amico fidato Carlo Pennaroli, uomo di “gusto fine” e “salda e acuta attenzione”, contabile bancario con un amore sconfinato per l’arte, e prezioso suggeritore di Ricci Oddi. La transazione avvenne il 18 marzo di quell’anno, il costo pattuito per la Mareggiata non era granché elevato: 1.100 lire. Sarebbero poco più di quattromila euro del 2022. Tra gli appunti di Giuseppe Ricci Oddi, sono poche le parole riservate all’acquisto del quadro, annotato col nome di Marina: “Insieme all’amico Pennaroli mi reco a visitare lo studio di questo bravo pittore, che ci accoglie con grande affabilità. Egli poi l’anno seguente mi onora di una sua visita”. Oggi, nello splendido, luminoso e moderno edificio di via San Siro progettato da Giulio Ulisse Arata, la Mareggiata di Belloni è sistemata nella sala IX, quella degli artisti lombardi.

Giorgio Belloni, Mareggiata (1890-1899?; olio su tela, 140 x 90 cm; Piacenza, Galleria Ricci Oddi, inv. 148)
Giorgio Belloni, Mareggiata (1890-1899?; olio su tela, 140 x 90 cm; Piacenza, Galleria Ricci Oddi, inv. 148)

Belloni, pittore fine e sensibile, ci fa immaginare un giorno di mare burrascoso, ci porta tra i flutti che scuotono le acque del mar Ligure, davanti a una delle tante mareggiate che avrà visto durante i suoi ripetuti soggiorni a Sturla, a Noli, a Forte dei Marmi. Al riguardante che s’immerge nel quadro del lombardo, favorito dal formato medio, pare di ascoltare lo sciabordio delle onde. La schiuma nasconde quasi tutta la superficie dell’acqua, avvolgendo gli scogli che affiorano vicino al bordo destro della tela. Emergono, qua e là, alcune chiazze smorzate in toni argentati, là dove la spuma già svanisce. Verso l’orizzonte scintilla sull’acqua la luce del sole: le nubi spesse e grigie non arrestano il riverbero dei raggi solari, uno sprazzo di lucore perlaceo si diffonde al largo, dove il mare è più calmo. Anche in una giornata tempestosa, i bagliori del sole arrivano e confortano, promettono l’imminente approssimarsi del sereno.

Adesso però il mare è mosso. A metà, ecco un’onda: al centro s’è già chiusa, ce la immaginiamo rapida e scrosciante verso la riva, spinta e rinforzata dal vento, tra schizzi che spruzzano nella sua corsa incessante. Sulla sinistra vediamo la cresta sul punto di rompersi, scorgiamo la “cima leggiera” che “s’arruffa come criniera nivea di cavallo”. Chissà se Belloni lesse mai l’Alcyone di D’Annunzio e gl’inarrivabili versi de L’Onda, trovando una qualche ispirazione per dipingere l’onda “libera e bella”, “creatura viva che gode del suo mistero fugace”. Non lo sappiamo. Sappiamo però che, se d’assonanze si vuol parlare, occorre fermarsi solo alla superficie, allo sciacquare delle onde, alle increspature che muovono il mare: L’onda del Vate è un’immagine complessa, colma di metafore e memore degli antichi miti greci, la Mareggiata di Belloni è, al contrario, pura poesia della semplicità.

C’è però chi ha pensato di trovare significati simbolici in questa marina di Giorgio Belloni. Non conosciamo le intenzioni dell’artista: probabilmente il suo intento era semplicemente quello di restituire sulla tela la poesia del mare turbato dal vento. Belloni era artista di matrice realista, dunque poco incline a vedere nelle onde uno specchio della sua anima. E però solo un artista capace d’emozionarsi dinnanzi alle onde può essere in grado d’innalzare al mare un canto così vivo, così struggente, così amoroso. Non ci sarà forse corrispondenza tra le acque agitate della distesa marina e il sentimento del pittore, ma è evidente che, dietro questa Mareggiata, si celano quanto meno un desiderio bruciante e un animo che s’infiamma davanti alla natura. Enrico Piceni, grande collezionista e critico d’arte che nel 1980 pubblicò la monografia di Giorgio Belloni, non poté non osservare che i soggiorni in Liguria erano motivati dalla necessità di trovare “l’atmosfera più adatta a esprimere la propria aspirazione alla luce”. Una luce che, peraltro, non s’interessava di ciò che le avanguardie andavano dicendo da qualche tempo. Nell’ultimo decennio dell’Ottocento, epoca alla quale con tutta probabilità risale la Mareggiata (ma non è detto che non sia stata dipinta dopo), gli ultimi impressionisti continuavano i loro esperimenti sulla sintesi degli effetti atmosferici, e la poetica divisionista s’era imposta con le sue ricerche sulla luce e sul colore. Quando Ricci Oddi acquistava il dipinto, nel 1911, i futuristi già da due anni accendevano l’Italia coi loro manifesti incendiarî e Marinetti, in quello stesso anno, vergava il suo proposito d’uccidere il chiaro di luna. Ma per Belloni, dipingere significava anzitutto offrire all’astante l’immagine della natura.

Ed ecco allora che la sua luce tende a cogliere, scrive Piceni, le emozioni che gli suscita la visione del mare, “proprio in funzione di un colloquio con la natura che trovasse in quest’ultima non solo l’ispirazione ma anche il fine della raffigurazione”. Non v’è però da pensare che Belloni fosse un passatista, un nostalgico attardato, uso a ripetere stancamente una pittura che fu. La novità del suo linguaggio s’esprime nel tentativo d’aggiornare la pittura verista con gli effetti di luce e d’atmosfera che aveva evidentemente osservato nelle opere degl’impressionisti e dei divisionisti. Non è un simbolista, anche se può sembrarlo: il simbolo, scriveva nel 1921 Rio di Valverde, pseudonimo con cui si firmava il giornalista Vittorio Giglio, “lo trae dal senso stesso delle cose e dalle vibrazioni del sentimento ch’esse suscitano”. Ne risultano immagini di più viva immediatezza, vedute realistiche che s’illuminano d’intonazioni inedite, prive degli enigmi reconditi dei pittori simbolisti (benché non manchi a Belloni la capacità di cogliere l’essenza delle cose), lontane dalle tensioni d’autonomia manifestate dai divisionisti, ma che comunque s’ammantano d’accenti lirici, suggeriti dalla sensibilità d’un uomo che sentiva il bello. Bagliori, riflessi, sprazzi luminosi, mari di madreperla, danze di nubi sotto cieli cangianti. In questa voglia d’esplorare le infinite forme dell’acqua sta la bellezza e l’originalità del mare di Giorgio Belloni, verista con l’animo del poeta.


Se ti è piaciuto questo articolo abbonati a Finestre sull'Arte.
al prezzo di 12,00 euro all'anno avrai accesso illimitato agli articoli pubblicati sul sito di Finestre sull'Arte e ci aiuterai a crescere e a mantenere la nostra informazione libera e indipendente.
ABBONATI A
FINESTRE SULL'ARTE

Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Giornalista d'arte, nato a Massa nel 1986, laureato a Pisa nel 2010. Ho fondato Finestre sull'Arte con Ilaria Baratta. Oltre che su queste pagine, scrivo su Art e Dossier e su Left.

Leggi il profilo completo



Canaletto e Guardi forever
Canaletto e Guardi forever
L'artista che scoprì le Cinque Terre. Telemaco Signorini e Riomaggiore
L'artista che scoprì le Cinque Terre. Telemaco Signorini e Riomaggiore
Il Danteum di Terragni e Lingeri: il visionario tentativo di tradurre Dante in architettura
Il Danteum di Terragni e Lingeri: il visionario tentativo di tradurre Dante in architettura
Cavalli e condottieri: Leonardo da Vinci e la storia del monumento equestre a Francesco Sforza
Cavalli e condottieri: Leonardo da Vinci e la storia del monumento equestre a Francesco Sforza
Gli anni bui di Bernini e la sua rivalsa col marmo: la Verità della Galleria Borghese
Gli anni bui di Bernini e la sua rivalsa col marmo: la Verità della Galleria Borghese
Quell'aria di teste, fatte in Paradiso. La sant’Agata del Correggio e le sorelle
Quell'aria di teste, fatte in Paradiso. La sant’Agata del Correggio e le sorelle


Commenta l'articolo che hai appena letto



Commenta come:      
Spunta questa casella se vuoi essere avvisato via mail di nuovi commenti





Torna indietro



MAGAZINE
primo numero
NUMERO 1

SFOGLIA ONLINE

MAR-APR-MAG 2019
secondo numero
NUMERO 2

SFOGLIA ONLINE

GIU-LUG-AGO 2019
terzo numero
NUMERO 3

SFOGLIA ONLINE

SET-OTT-NOV 2019
quarto numero
NUMERO 4

SFOGLIA ONLINE

DIC-GEN-FEB 2019/2020
Finestre sull'Arte