La sensualità di Artemisia Gentileschi nella Danae

La nota

2010, Nona puntata

La sensualità che emerge dalle opere di Artemisia Gentileschi è uno degli aspetti fondamentali della sua arte, anche se nel podcast non lo abbiamo approfondito molto: l'occasione ci è offerta da Ambra, che propone una sua analisi della Danae di Artemisia, una delle opere a più alto contenuto erotico dell'artista.


L'approssimarsi di un piacere avvolgente sfiora una femminil bellezza che sensuale ed impudica, nella completa nudità di un corpo dalle esuberanti rotondità, consuma il suo simbolico congiungimento insieme a colui che gli dei padroneggia.
Il suo volto sereno, senza ombra di turbamento, si irradia di una serafica beatitudine quando la bellezza di un corpo teneramente abbandonato nelle dolci braccia di Morfeo, risplende di una luce che gentil si posa sulle eburnee valli del suo corpo.

Placida donna, dalle forme tornite e sensuali sembra abbandonata nell'estasi sensuale di un rapimento emotivo, consumato sulle candide lenzuola di lino la cui bianca purezza sposa l'ardore di un rosso velluto.
Risplendono come il sole, le infinite tonalità della sua pelle morbida e levigata e si muovono come onde, le sue lunghe ciocche di capelli dorati che incorniciano un volto sorretto da un gesto di effimero piacere nell'attimo in cui il suo cuore sussulta ed il suo corpo freme di un piacere divino.

Immersa nel buio della sua intima stanza, ella raccoglie il seme di una pioggia dorata oltre la lattea distesa del suo ventre, non curante di un'avida, vecchia nutrice troppo occupata a raccogliere nel suo grembo la venalità di una pioggia dorata scesa dal cielo.
E proprio dal ciel sembra derivare quella sublime delicatezza di modellato che coinvolge l'osservatore trasportandolo nell'inganno di in una sensazione tattile e sonora, dove la morbidezza di pieghe e forme corporee sembra danzare sulle note melodiose di un celestiale, metallico tintinnio.

L'oro, ormai giacente sul suo corpo scintilla di una luce feconda che inebria le candide nudità di colei che presto darà alla luce il frutto di un fugace incontro. Ed il sonno, figlio del silenzio, bagno ristoratore del quotidiano affanno, balsamo della dolente anima stanca, in quella notte buia ed oscura diviene complice di Zeus per trasformare il sogno nell'infinita ombra del vero.
Al serrar degli occhi suoi stanchi e compiaciuti del soave riposo, la castità di un bianco tessuto incontra la purpurea superficie vellutata dove ella ripone le sue membra materne.
E se la vita, breve ed effimera, tinse l'animo col pennello della sofferenza, l'arte divenne fedele alleata di colei che per prima colorò di rosa l'impervio sentiero di un passato remoto.

Ambra Grieco








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