Giulio Romano alla corte dei Gonzaga

La nota

2010, Diciannovesima puntata

Allievo preferito di Raffaello, Giulio Pippi, meglio noto come Giulio Romano, fu notato da Federico II Gonzaga che lo chiamò a Mantova nel 1524. Proprio alla corte dei Gonzaga l'artista passò il resto della sua vita, e Ambra con il suo articolo ci propone un ritratto di colui che diventò artista di corte nonché uno degli intellettuali di riferimento di Mantova durante la prima metà del Cinquecento.


Fra l'idillio di un'epoca ormai tramontata, il suo amore verso la cultura antiquaria riecheggia ancora oggi in ogni sua opera, in ogni tassello, mattone o complesso architettonico che il genio della sua mente seppe partorire, fra la dolce stima e il sincero orgogilo di chi presiedeva il potere.
Tra un'idea e l'altra, un progetto ed una tanto attesa commissione, Giulio Pippi de' Jannuzzi divenne per Federico II Gonzaga un amico stimato, un interlocutore dall'intelligenza sopraffina che non esitava ad assecondare i gusti e le richieste di chi avrebbe potuto far maturare i frutti di un ingegno più unico che raro.

Pictor egregius e degno di un divino maestro, egli divenne in breve tempo vicario di corte ottenendo così la ben gradita cittadinanza mantovana dove, fra le infinite lusinghe di chi lo apprezzava, Giulio riuscì a far fiorire quella versatilità tanto riconosciuta quanto acclamata dal Goethe.
Dichiarato superiore delle strade e prefetto delle fabbriche, fiero e sicuro di sè, egli divenne regista della vita di corte, memore in cuor suo dell l'inestimabile bagaglio di esperienza appresa dal sublime maestro urbinate.

Colmo d' amore, stima e profonda ammirazione, strano non fu quando un giorno, il Cardinale Ercole Gonzaga presentò l'artista a Vasari come vero "padrone" dello Stato gonzaghesco.
E così, nel ritratto tratteggiato dal Vasari nelle sue Vite “egli fu dolcissimo nella conversazione, affabile, grazioso e tutto pieno di ottimi costumi che fu di maniera amato da raffael che se gli fosse stato figlio di puù non avrebe potuto amarlo”.

Artista colto e sofisticato, testardo e bizzarro, seppe sfruttare al meglio la sua poliedricità per catturare l'occasione più unica che rara di un mecenatismo intelligente e ambizioso.
Egli infatti, non fu mai ostacolato nella sua libertà espressiva anche quando essa sembrava raggiungere stravaganti bizzarrie e sperimentazioni, frutto di una mente geniale come quella di Iulio, pictore Romano.
E così, l'allievo preferito del divino Raffaello, amante e conoscitore di quel classicismo libero e molto più licenzioso rispetto alla cultura artistica del suo tempo, riscoprì senza timore, l'affascinante e mai tramontabile gusto antico trasformando l'effimero e fugace scintillio del denaro mantovano nello splendore di un'arte unica e solenne.

Ambra Grieco








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