L'arte di Mattia Preti

La nota

2013, Quinta puntata

Anselmo ci racconta, attraverso alcune delle opere esposte alla mostra "Il Cavalier Calabrese Mattia Preti", che si tiene alla Reggia di Venaria Reale fino al 15 settembre, l'arte del grande Mattia Preti, formatosi sugli esempi di pittori caravaggeschi come Bartolomeo Manfredi e Valentin de Boulogne per poi "virare" verso la pittura emiliana del Guercino e infine, a fine carriera, verso la magniloquenza dell'arte barocca.

A Taverna, sul secondo altare a sinistra della chiesa di san Domenico, è collocato il dipinto raffigurante la “Predica di San Giovanni Battista”, opera realizzata da Mattia Preti in cui l'autore ha inserito il proprio autoritratto. L'opera fu dipinta intorno al 1687 quando il pittore, nato nella cittadina calabrese il 24 febbraio 1613, era in tarda età. Come ha notato lo storico dell'arte John Thomas Spike “non ci sono esempi paragonabili di pittori che abbiano voluto creare la memoria di sé stessi nel loro luogo natale”. Sicuramente realizzandolo Mattia ripensava alla sua lunga carriera artistica, interrotta solo dalla morte, sopraggiunta il 3 gennaio 1699 a La Valletta, capitale di Malta. Il pittore ripensava ai genitori Cesare Preti ed Innocenza Schifani, di nobile famiglia, alla sua “formazione abbastanza accademica”, secondo la studiosa Iolanda Greco. Rimembrava come, nel 1630, si fosse trasferito a Roma, su invito del fratello Gregorio, maggiore di dieci anni ed “artista già abbastanza accreditato” (sono sempre parole della Greco). Lì il giovane Mattia si era tuffato nella movimentata vita della Città Eterna ed aveva iniziato a raffigurarla nei suoi primi dipinti, caratterizzati da forte realismo, accentuati contrasti chiaroscurali e rappresentanti il popolo delle taverne: soldati, prostitute e giocatori d'azzardo. Seguiva in questo l'esempio di Bartolomeo Manfredi e Valentine De Boulogne, illustri esponenti della prima generazione dei pittori caravaggeschi. Basti qui ricordare la “Negazione di Pietro”, dipinto realizzato dal pittore francese intorno al 1620 ed oggi conservato a Firenze presso la Fondazione Roberto Longhi. Qui l'episodio evangelico è relegato in secondo piano, i veri protagonisti sono i soldati che giocano a dadi: un brano di vita che avrà sicuramente ispirato il Preti per la realizzazione del quadro raffigurante un soldato e conservato nel Museo Civico di Rende.

Il 31 ottobre 1642, nella chiesa di sant'Anna di Borgo in Roma, Mattia (previa nomina da parte del pontefice Urbano VIII) riceve l'investitura di Cavaliere di Obbedienza Magistrale dell'Ordine di San Giovanni Gerosolimitano, d'ora innanzi sarà noto anche con il soprannome di “Cavaliere Calabrese”.

Verso la metà del secolo Mattia verrà influenzato da artisti quali Guercino (conosciuto durante un viaggio in Emilia), Giovanni Lanfranco e Pietro da Cortona. Del pittore nativo di Cento Mattia apprezzerà in particolar modo i recitativi, opere nelle quali due o più figure interpretano un brano tratto dalla storia sacra, un episodio mitologico od un'allegoria. Un esempio particolarmente calzante di questo rapporto lo si trova nella seconda sezione della mostra dedicata a Mattia, visitabile in questi giorni nella reggia di Venaria Reale: vi sono esposti due dipinti, realizzati da Guercino e dal Preti (conservati rispettivamente nella Galleria Nazionale di Parma e a Firenze nella Fondazione Longhi), raffiguranti l'episodio biblico di “Susanna e i vecchioni”. Osserviamo per un momento il quadro dipinto da Mattia: al centro della composizione troviamo Susanna, illuminata dalla luce proveniente dalla sua destra. La giovane, benchè nuda ed insidiata da due uomini, ha il volto sereno, in quanto consapevole della sua innocenza e purezza. La serenità della giovane è avvertibile anche nel resto della composizione, bloccata nell'acme dell'episodio. Dall'inizio degli anni '50 del XVII secolo le opere del Preti acquisiscono un maggiore pathos drammatico avvicinandosi così alle nuove correnti artistiche barocche. Questo elemento si può osservare nel quadro, databile tra il 1651 ed il 1653, esposto nella medesima sala dei due sopra esaminati, in cui Preti ha dipinto il “Sacrificio di Isacco” (conservato nella Pinacoteca Nazionale di Bologna). Abramo sta per sacrificare il figlio, un atletico giovane disteso sull'altare, quando viene bloccato con fermezza dall'angelo. Il suddetto avvicinarsi di Mattia alle tematiche barocche è pienamente avvertibile nel maestoso apparire dell'angelo e nel gesto con cui egli ferma il braccio di Isacco. Nel marzo del 1653 il Cavaliere Calabrese si trasferisce a Napoli, città dove incontrerà il giovanissimo Luca Giordano (1634-1705), artista con cui instaurerà un reciproco proficuo scambio di stimoli artistici che apriranno la pittura napoletana al linguaggio barocco.

Durante questo soggiorno, che durerà otto anni, lo stile della pittura di Mattia accentuerà il proprio carattere monumentale, manifestando al contempo un’originale adesione ai modi di alcuni esponenti della pittura neo-veneta, quali Tiziano, Veronese e Tintoretto, che secondo alcuni critici il Preti ebbe modo di studiare dal vero durante un viaggio a Venezia avvenuto fra il 1644 ed il 1645. Esemplificativo del periodo napoletano e della “maniera trionfante”, secondo la definizione che ne è stata data alla mostra di Venaria, è il dipinto raffigurante “Cristo precipita Satana”, realizzato da Mattia nel 1656 e conservato a Napoli presso il Museo di Capodimonte. Il quadro raffigura la parte finale dell'episodio evangelico in cui Cristo viene tentato da Satana. La figura di Gesù è estremamente salda, mentre quella del Tentatore (il cui volto è caratterizzato da un'espressione imbambolata, quasi fosse incredulo di essere stato sconfitto) è completamente sbilanciata mentre sta per precipitare. Il volto di Cristo non esprime rabbia, emozione ben diversa trasmette il “Cristo fulminante” dipinto da Preti nel quadro, realizzato prima del 1680 e posto sull'altare maggiore della chiesa di San Domenico a Taverna. Con il suo luogo natio Mattia rimarrà a lungo in contatto, tra il 1680 e il 1690 vi invierà numerose opere nonostante dal 1661 viva a La Valletta dove, dopo essere stato promosso Cavaliere di Grazia dell’Ordine di San Giovanni, lavorerà quale pittore ufficiale dell'Ordine, lasciando ai posteri opere di elevatissima qualità fra cui va almeno ricordata la pala d'altare, dipinta tra il 1667 ed il 1668 per la cappella di Francia nella concattedrale di San Giovanni, raffigurante “La conversione di san Paolo”. Secondo Spike l'opera, ancora conservata in loco, è “un importante esempio di pittura su tela che sembra emulare lo stile della volta, con le grandi figure ammassate nella parte frontale e lo scarso rilievo dato all'effetto di profondità e di atmosfera”. “Per la prima volta nell'opera del Preti”, continua Spike, “sono privilegiati i toni caldi del rosso e dell'arancio-marrone”. Lo studioso inoltre pubblicò il documento di pagamento dell'opera, vergato il 12 febbraio 1668 a La Valletta: i cavalieri della Lingua di Francia decisero di pagare 100 pistolles a Mattia “pour Recognoistre les Services que Monsieur Le Chevalier Mathias a fait a Cette Venerable Langue et principalement pour le tableau qu'il a fait a l'autel de la chapelle de Saint Paul”.

Anselmo Nuvolari Duodo








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