Ma all'estero conoscono l'arte italiana contemporanea? Ecco cosa dice un rapporto


Quanto è conosciuta e riconosciuta l’arte italiana contemporanea all’estero? Un voluminoso rapporto di BBS Lombard cerca di rispondere a questa domanda con interviste, analisi oggettive e molti dati. Ecco il quadro che ne risulta.

Quanto è riconosciuta, a livello mondiale, l’arte contemporanea italiana? È ciò che si chiede un rapporto della società BBS Lombard presentato lo scorso 21 aprile e intitolato Quanto è (ri)conosciuta all’estero l’arte contemporanea italiana?, un documento pdf di 229 pagine che include interviste a curatori e direttori di musei (da Cecilia Alemani, curatrice della mostra internazionale alla Biennale 2022, a Milovan Farronato che curò il Padiglione Italia del 2019, da Eike Schmidt direttore degli Uffizi a Ilaria Bonacossa, direttrice del futuro Museo Nazionale del Digitale) e una seconda parte di analisi di dati.

A direttori e curatori è stato chiesto chi siano gli artisti contemporanei viventi italiani più visibili all’estero, quali invece quelli che non hanno ancora raggiunto una adeguata visibilità, e quali le principali carenze del sistema italiano. I nomi più famosi sono più o meno sempre gli stessi: dagli artisti dell’Arte Povera ancora attivi (Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Gilberto Zorio) al nome più citato in assoluto, quello di Maurizio Cattelan, fino ad artisti più giovani come Rudolf Stingel (forse il secondo più famoso dopo Cattelan, esclusi i poveristi), Roberto Cuoghi, Rosa Barba, Francesco Vezzoli, Vanessa Beecroft, Lara Favaretto, Monica Bonvicini. Più ampie invece le spaccature sui nomi “da valorizzare”. Quanto alle criticità, “una delle cause principali della mancata valorizzazione degli artisti italiani con conseguente falla nel sistema dell’arte contemporanea del nostro Paese”, spiega il rapporto riassumendo il risultato delle interviste, “è l’incapacità di creare reti a livello globale, in primis tra le accademie italiane, i musei del contemporaneo italiani e gli omologhi esteri. Sono ancora troppo pochi i musei italiani capaci di porsi come punto di riferimento per la scena internazionale, per l’assenza spesso di una stabile programmazione pluriennale con risorse certe. Così sono ancora troppo rare le mostre monografiche o di opere di artisti mid career prodotte dai nostri musei con partner istituzionali stranieri in grado di veicolare all’estero la produzione italiana. Più facile e meno rischioso far cassa prediligendo artisti conosciuti e mostre crowd pleasing, spesso già impacchettate e basate su import-export, rinunciando così alla basilare funzione di formare il gusto del pubblico italiano sul contemporaneo. In generale, si riscontra l’assenza di una strategia integrata ed efficace per la promozione istituzionale del contemporaneo all’estero e di una sinergia tra istituzioni italiane ed estere. Ciò vale sia per gli Istituti Italiani di Cultura che presentano una ricca attività di valorizzazione, ma con poca organicità e concertazione, sia per le gallerie italiane che faticano a fare rete con i colleghi stranieri e assumersi il rischio di artisti mid career italiani”. Tra gli altri problemi anche il poco spazio per l’arte a scuola, lo scarso sostegno al mercato, la presenza di vincoli fiscali che appesantiscono le gallerie italiane.

Maurizio Cattelan, Comedian (2019; banana e nastro adesivo)
Maurizio Cattelan, Comedian (2019; banana e nastro adesivo)

L’analisi dei dati per cercare di capire quanto l’arte italiana sia riconosciuta all’estero parte prendendo in considerazione le collezioni di 76 musei in 23 paesi, identificati come i maggiori musei d’arte contemporanea del mondo, per cercare opere di artisti italiani dopo il 1960. Gli artisti più presenti sono Cattelan (13 collezioni), Beecroft (7), Rosa Barba (6), Luisa Lambra e Tatiana Trouvé (5), Monica Bonvicini ed Enrico David (3), Diego Perrone e Francesco Vezzoli (2). Sempre negli stessi istituti sono state contate le personali degli artisti: 12 per Cattelan, 10 per Vezzoli, 9 per Trouvé, 8 per Rosa Barba, 7 per David, 3 per Bonvicini. Quanto alla presenza nelle collettive, il più presente è ancora Cattelan (58) seguito da Beecroft (28), Bonvicini (27), Trouvé (26), Barba (20), Vezzoli (16), Paola Pivi (13), Giuseppe Gabellone ed Enrico David (12), Cuoghi (11), Patrick Tuttofuoco, Luisa Lambri e Diego Perrone (10), Lara Favaretto e Superstudio (9). Pochi gli artisti con almeno una personale all’estero negli ultimi cinque anni: sono Rosa Barba, Yuri Ancarani, Enrico David, Marie Cool e Fabio Balducci, Formafantasma, Chiara Camoni, Maurizio Cattelan, Serena Ferrario e Lorenza Longhi.

Il rapporto calcola anche la presenza dell’Italia alla Biennale di Venezia che, spiega il rapporto, “rappresenta nel sistema dell’arte una delle tappe più importanti nella carriera di un artista e un’occasione di grande visibilità di fronte ad un pubblico internazionale”, e ricordando che l’Italia ha vinto il Leone d’Oro per la miglior partecipazione solo una volta, nel 1999, per il progetto di Monica Bonvicini, Bruna Esposito, Luisa Lambri, Paola Pivi e Grazia Toderi. L’analisi ha considerato le edizioni della Biennale a partire dal 2007 (data a partire dalla quale l’Italia ha raccolto poco: il Leone alla Carriera nel 2013 a Marisa Merz, e le menzioni speciali a Roberto Cuoghi nel 2013 e nel 2009). Il numero di presenze italiane è stato basso, ricostruisce il rapporto: nel 2007 con Robert Storr tra i Giardini e l’Arsenale solo sei artisti italiani su 100 (6%), dieci su 87 (11,5%) nell’edizione del 2009 curata da Daniel Birnbaum, e 10 su un totale di 84 (11,9%) in quella del 2011 curata da Bice Curiger. Mentre nel 2013 nell’Esposizione curata da Massimiliano Gioni sono 14 gli italiani su 164 (8,5%), scesi a quattro su 139 (2,9%) nella mostra del 2015, curata da Okwui Enwezor, e cinque su 193 (2,6%) nel 2017, in quella curata da Christine Macel. Ancor meno nel 2019, due su 84 (2,4%), nella mostra curata da Ralph Rugoff.

L’analisi riguarda anche la seconda mostra più importante al mondo dopo la Biennale, ovvero Documenta a Kassel, e altre importanti Biennali internazionali, come quelle di Istanbul, Liverpool, Lione, Berlino, San Paolo, Sydney, Shanghai, Singapore, Gwangju, e poi ancora Manifesta, lo Skulptur Projekte di Müster, l’October Salon di Belgrado e altre. Spazio anche per uno sguardo sugli artisti italiani più presenti nei media: gli artisti più visibili dell’ultimo anno sono stati Gian Maria Tosatti, Davide Quayola, Edoardo Tresoldi, Fabio Viale e Marinella Senatore. Il rapporto di BBS Lombard stila anche la classifica dei 50 artisti italiani della storia più citati dai media negli ultimi 10 anni, secondo elaborazioni di Articker: il podio è occupato da Leonardo da Vinci, Caravaggio e Michelangelo, seguiti al 4° e 5° posto da Amedeo Modigliani e Sandro Botticelli. A sorpresa al sesto posto arriva Maurizio Cattelan, che sopravanza addirittura Raffaello, Lucio Fontana e Tiziano. Chiude la top 10 Artemisia Gentileschi. Gli altri artisti viventi in lista sono Pistoletto (11°), Penone (22°), Vezzoli (23°), Francesco Clemente (26°), Stingel (35°), Pivi (36^), Senatore (38^), Bonvicini (40^), Enzo Cucchi (47°), Flavio Favelli (48°). Quest’ultimo si colloca appena davanti a Donatello, 49° in classifica.

Ancora, presa in esame la presenza di italiani nelle gallerie internazionali e la presenza di gallerie italiane all’estero e di gallerie straniere in Italia, oltre ai risultati all’asta (tra i primi dieci artisti italiani per fatturato tra il 1999 e il 2021 c’è un solo vivente: al primo posto figura Lucio Fontana, seguito da Piero Manzoni, Alberto Burri, Alighiero Boetti, Giorgio Morandi, Marino Marini, Enrico Castellani, Michelangelo Pistoletto, Giorgio De Chirico e Fausto Melotti). Impietoso il confronto del fatturato 2021 degli italiani viventi a confronto con gli artisti stranieri: il nostro artista più venduto, Cattelan (turnover di 1.223.805 dollari, seguito da Matteo Pugliese con 331.016 e Francesco Vezzoli con 179.389), arriva dietro i francesi Claire Tabouret, Invader, Julie Curtiss e Richard Orlinski, i tedeschi Daniel Richter, Neo Rauch, Sterling Ruby, Katharina Grosse, Wolfgang Tillmans e André Butzer (e il confronto per l’analisi si limita solo a Francia e Germania).

Insomma, quanto è riconosciuta l’arte italiana all’estero? “L’analisi del funzionamento del sistema di sostegno alla produzione artistica contemporanea nel nostro paese”, spiega il rapporto BBS Lombard nelle conclusioni, “ci fornisce alcune informazioni. Non riteniamo che la ricerca fatta sia esaustiva, ma alcune riflessioni sono possibili: emerge chiaramente in controluce la fortuna a livello museale e di mercato dell’arte italiana degli anni 50-60-70 (Fontana, Burri, Arte Povera). Ma per gli artisti nati dopo il 1960, qual è l’affermazione delle loro opere nei principali luoghi istituzionali e commerciali del contemporaneo internazionale negli ultimi 10-20 anni? Dalle risposte alle interviste ai 24 curatori emerge un pugno di nomi di italiani sui quali si concentra l’attenzione internazionale. Maurizio Cattelan domina, seguono Francesco Vezzoli, Monica Bonvicini, Enrico David, Paola Pivi, Tatiana Trouvé, Roberto Cuoghi, Rosa Barba e pochi altri. Al di là della qualità del lavoro, che diamo per imprescindibile, ciò che a parere unanime degli intervistati conferisce visibilità all’artista è l’esperienza di studio e di lavoro maturata all’estero, che permette di creare una rete di rapporti internazionali con curatori, gallerie e musei. Per i curatori una delle ragioni della non ancora piena valorizzazione degli artisti italiani risulta essere l’assenza di una strategia integrata ed efficace delle istituzioni italiane per la promozione del contemporaneo all’estero e di una sinergia tra istituzioni italiane ed estere. Anche i finanziamenti per la produzione delle opere risultano insufficienti e non continuativi, così come l’offerta formativa delle accademie. Tuttavia, la mappa dei musei internazionali dove l’arte italiana contemporanea è stata esposta rivela che essa non è invisibile, anzi: in 76 musei esteri esaminati è presente in 61 collezioni permanenti, di cui 51 degli artisti oggetto dello studio. Le opere più presenti – secondo la banca dati Artfacts.net - sono di Maurizio Cattelan, Rosa Barba, Vanessa Beecroft, Luisa Lambri e Tatiana Trouvé, Monica Bonvicini, Enrico David, Diego Perrone e Francesco Vezzoli. Un cambio di passo si registra anche nella Biennale di Venezia: se la presenza degli italiani nelle Mostre internazionali delle edizioni dal 2007 fino al 2019 è molto rarefatta, da quest’anno con la curatrice Cecilia Alemani gli artisti italiani rappresentano il 12% del totale contro il 5% delle precedenti Biennali (2007-2019). Infatti, conoscere bene la scena italiana e quella internazionale di certo aiuta a valorizzare la scena locale. Il Padiglione Italia che per anni ha favorito la formula collettiva, meno facile da comunicare o poco funzionale a progetti artistici approfonditi, quest’anno per la prima volta ha assegnato lo spazio a un solo artista, Gian Maria Tosatti”.

Da rilevare infine che “mentre le Italian Sales di Christie’s e Sotheby’s a Londra negli ultimi 20 anni hanno rafforzato il mercato internazionale degli artisti degli anni 50-60-70, la circolazione degli italiani contemporanei sul mercato secondario d’asta risulta rarefatta: è ampiamente inferiore il fatturato complessivo annuo se confrontato con i colleghi francesi e tedeschi. L’intelligenza artificiale di Wondeur ha aiutato ad analizzare il ruolo delle città nel sistema dell’arte: Milano è più all’avanguardia nell’ecosistema italiano dell’arte con un tasso di successo nettamente superiore a Roma e a Venezia, anche se la sua propensione al rischio non si discosta da quella delle altre due città. Ciò può essere riconducibile al fatto che le città italiane prediligono gli artisti già affermati e conosciuti. Milano, nonostante abbia un posizionamento sul mercato allineato a quelli più alti di Parigi, Berlino e Los Angeles, è ancora distante da queste città per il sistema museale e per i centri culturali, poiché si inserisce in un contesto nazionale frammentato. Si impone dunque, per una città come Milano, che aspira a diventare competitiva sul contemporaneo, attrarre finanziamenti e sviluppare una visione strategica. Anche nell’analisi di Arte Generali elaborate con il supporto di Wondeur l’assenza di una rete collaudata spinge gli artisti italiani a perfezionare all’estero il proprio percorso, tra Europa e Stati Uniti, consolidando le relazioni con le istituzioni straniere. Inoltre, le politiche economiche di sostegno alla crisi pandemica non sono riuscite a dare ossigeno al contemporaneo, mancando un riconoscimento giuridico della professione artistica e delle professionalità correlate. Andrebbero intraprese iniziative di natura fiscale con l’obiettivo di dotare il sistema di maggiore trasparenza e, nel contempo, di rendere più fluido il trasferimento delle opere”.


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