Il Quattrocento a San Gimignano: opere e artisti tra Firenze e Siena


San Gimignano è nota per la sua straordinaria storia legata al Trecento, ma anche nel secolo successivo conobbe un'intensa attività artistica: nel Quattrocento furono molti gli artisti, senesi e fiorentini, attivi in città. Un itinerario alla scoperta del Quattrocento a San Gimignano.

Anno 1353: la città di San Gimignano, fino ad allora libero Comune, firma l’atto di sottomissione a Firenze, e l’evento sancisce la fine dell’indipendenza politica di questo importante centro vicino a Siena, oggi universalmente noto per le sue torri, il simbolo più evidente della prosperità di cui San Gimignano godette nel Medioevo, e in particolare tra il Duecento e la prima metà del Trecento, epoca in cui rivaleggiava con Firenze e con Siena. San Gimignano, guelfa, attraversò un momento di profonda crisi poco prima dell’atto di sottomissione: lacerata da lotte interne e devastata dalla peste nera del 1348, decise di consegnarsi spontaneamente a Firenze (la quale non vedeva l’ora di conquistare questa importante area della Valdelsa, decisiva per la propria espansione verso il mare). Tuttavia, paradossalmente, benché il Trecento sia il secolo dell’inizio del declino economico e politico di San Gimignano, è anche quello in cui si assiste alla fioritura delle arti.

Inoltre, nonostante San Gimignano fosse politicamente guelfa, sotto il profilo artistico fu più vicina alla ghibellina Siena: erano infatti senesi i maggiori artisti attivi in città nel Trecento, a cominciare da Memmo di Filippuccio (Siena, notizie dal 1288 al 1324), autore dei rarissimi affreschi profani della Camera del Podestà in Palazzo Comunale, e padre di Lippo Memmi (Siena, 1291 circa - 1356), che nel 1317 dipinse la grande Maestà nella Sala del Consiglio, fortemente influenzata da quella che Simone Martini eseguì nella Sala del Mappamondo nel Palazzo Pubblico di Siena. Ed erano senesi anche gli scultori Tino di Camaino (Siena, 1280 circa - Napoli, 1337) e Goro di Gregorio (Siena, documentato dal 1311 al 1326), autori di numerosi monumenti sepolcrali in città, oggi perduti o smembrati. E anche dopo la sottomissione a Firenze non si arrestò l’afflusso di artisti senesi, come Bartolomeo Bulgarini (Siena, 1300 circa - 1378), autore del polittico sull’altare maggiore della chiesa del convento della Santissima Annunziata, e come Bartolo di Fredi (Siena, 1330 circa - 1410), a cui si devono gli affreschi della chiesa di Sant’Agostino. E senesi erano anche gli scultori Giovanni di Cecco (cui spetta il fonte battesimale della Collegiata) e Francesco di Valdambrino (Siena, 1375 circa - 1435 circa), al quale è stato attribuito il Sant’Antonio abate in legno del Museo di Arte Sacra.

Se però le vicende dell’arte trecentesca di San Gimignano sono molto note, e sono quelle che più si sono fissate anche nell’immaginario del pubblico (che lega la città al XIV secolo), meno famose sono invece le testimonianze artistiche del Quattrocento. Meno famose, ma non meno interessanti, anche perché in parte proseguono le vicende del secolo precedente. Se nella prima parte del secolo, infatti, San Gimignano vede arrivare ancora pittori e scultori senesi, come Taddeo di Bartolo (Siena, 1362 - 1422) e Jacopo della Quercia (Quercegrossa, 1374 - Siena, 1438), nel 1448 la pala eseguita da Sano di Pietro (Siena, 1405 - 1481) per la collegiata (su incarico di Angelo di Bartolomeo Ridolfi) segna uno spartiacque, essendo l’ultima opera realizzata da un senese che si trovi a San Gimignano. Alla metà del Quattrocento, infatti, si verificò un’inversione di tendenza e sarebbero diventati tutti fiorentini gli artisti attivi in città, a cominciare da Benozzo Gozzoli (Benozzo di Lese di Sandro; Scandicci, 1420 – Pistoia, 1497), chiamato nel 1464 a dipingere le Storie della vita di sant’Agostino nella chiesa di Sant’Agostino, sancendo così l’arrivo del Rinascimento fiorentino a San Gimignano, la cui storia artistica continuò con le opere di artisti come Giuliano da Maiano, Domenico del Ghirlandaio, i Della Robbia, Piero del Pollaiolo, Filippino Lippi. Cosa determinò il cambio di orientamento improvviso? Forse, il successo di Benozzo Gozzoli e le sue importanti entrature (era l’artista dei Medici: si deve a lui la decorazione della sontuosa cappella dei Magi in Palazzo Medici-Riccardi a Firenze, all’epoca residenza dei Medici). Ma probabilmente si deve anche al fatto che San Gimignano fu scelta dall’alta società fiorentina come luogo di residenza fuori città, soprattutto in periodi di pestilenze. In questo itinerario in città e nei dintorni, cominciando dai Musei di San Gimignano (Palazzo Comunale, Pinacoteca, Torre Grossa, parte della Fondazione Musei Senesi), andiamo alla scoperta delle più interessanti opere del Quattrocento a San Gimignano, cominciando da alcune opere di fine Trecento che possono però inserirsi nel solco delle tendenze tardo-gotiche che continuarono anche nel secolo successivo.

La Pinacoteca di San Gimignano
La Pinacoteca di San Gimignano
La Pinacoteca di San Gimignano
La Pinacoteca di San Gimignano
La Pinacoteca di San Gimignano
La Pinacoteca di San Gimignano

1. Mariano d’Agnolo Romanelli, Busto reliquiario di una santa, forse sant’Orsola (1380-1390; legno scolpito e dipinto; San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca)

Realizzato dall’orafo e scultore senese Mariano d’Agnolo Romanelli (Siena, documentato dal 1376 al 1391), artista attivo nel cantiere della cappella di piazza del Campo, fu probabilmente dipinto da Andrea di Bartolo. Il busto è stato riconosciuto come opera di Mariano d’Agnolo Romanelli dallo studioso Alessandro Bagnoli, che ha ricostruito parte dell’attività di questo artista, autore anche di un altro interessante busto reliquiario, quello di san Marco papa datato 1381 e conservato ad Abbadia San Salvatore. Artista tra i più rilevanti della Siena di fine Trecento, Mariano d’Agnolo non era tuttavia un innovatore, ma preferiva recuperare modelli più antichi (spingendosi fino a mutuare soluzioni dalla statuaria di Giovanni Pisano). Il busto di San Gimignano si distingue per un certo grado di naturalismo e per l’accuratezza nella lavorazione delle superfici, quest’ultimo uno dei tratti distintivi dell’opera di Mariano d’Agnolo Romanelli.

Mariano d'Agnolo Romanelli, Busto reliquiario di una santa, forse sant'Orsola (1380-1390; legno scolpito e dipinto; San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca)
Mariano d’Agnolo Romanelli, Busto reliquiario di una santa, forse sant’Orsola (1380-1390; legno scolpito e dipinto; San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca)

2. Taddeo di Bartolo, San Gimignano in trono, storie della vita e dei miracoli (1401; tempera su tavola; San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca)

Taddeo di Bartolo eseguì questa tavola come antependium (ovvero come rivestimento) dell’altare maggiore della Collegiata (oggi è invece alla Pinacoteca Civica). Al centro spicca la figura di San Gimignano che tiene tra le mani il modello della città (dal quale ci rendiamo anche conto di quante torri dovesse avere all’epoca). Attorno, gli scomparti narrano episodi della vita del santo, originario di Modena. L’ordine con cui gli episodi vengono illustrati è del tutto inconsueto (forse i pannelli furono rimontati in antico senza seguire un percorso logico): la lettura parte da destra, con le scene che vedono Gimignano giovane nella natia Modena, mentre a sinistra si vedono i miracoli postumi, avvenuti in Toscana. Taddeo si esprime con una spiccata verve narrativa che si nota soprattutto nelle scene della vita del santo e che è rafforzata dalle volumetrie delle figure. La Pinacoteca conserva anche una Vergine col Bambino di Taddeo di Bartolo, anch’essa proveniente dalla Collegiata.

Taddeo di Bartolo, San Gimignano in trono, storie della vita e dei miracoli (1401; tempera su tavola; San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca)
Taddeo di Bartolo, San Gimignano in trono, storie della vita e dei miracoli (1401; tempera su tavola; San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca)

3. Lorenzo di Niccolò di Martino, Sportelli di tabernacolo (1402; tempera su tavola; San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca)

Opera di ambito fiorentino e di gusto tardogotico, fu commissionata dagli operai della Collegiata di Santa Maria Assunta per custodire le reliquie di santa Fina, santa locale: Fina dei Ciardi, infatti, nacque a San Gimignano nel 1238, da una famiglia nobile, e qui morì appena quindicenne nel 1253 a causa di una grave malattia che però la giovane seppe attraversare grazie alla forza della sua fede. Gli sportelli raffigurano infatti San Gregorio e santa Fina, mentre nei pannelli che affiancano le figure dei due santi (Fina, peraltro, reca tra le mani il modello della città) è possibile osservare le storie di santa Fina, basate su un’agiografia scritta attorno al 1310 da fra’ Giovanni del Coppo.

Lorenzo di Niccolò di Martino, Sportelli di tabernacolo (1402; tempera su tavola; San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca)
Lorenzo di Niccolò di Martino, Sportelli di tabernacolo (1402; tempera su tavola; San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca)

4. Maestro del 1419, San Giuliano tra i santi Martino e Antonio abate (1425-1427; tempera su tavola; San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca)

L’opera è attribuita a un pittore convenzionalmente identificato come “Maestro del 1419”, nome derivante dalla data di un dipinto oggi a Cleveland, e prodotta dalla stessa mano. Si tratta di un grande trittico che vede al centro san Giuliano e ai lati i santi Martino sulla destra e Antonio abate sulla sinistra. Realizzato tra il 1425 e il 1427, palesa modi ancora tardogotici, con il suo fondo oro e le sue figure allungate ed eleganti, ma anche con l’apertura alle ultimissime novità fiorentine introdotte dalle opere di Masaccio e Masolino. Studi recenti hanno proposto di identificare il Maestro del 1419 con Battista di Biagio Sanguigni, miniatore e pittore fiorentino che fu allievo di Lorenzo Monaco e probabilmente anche maestro del Beato Angelico.

Maestro del 1419, San Giuliano tra i santi Martino e Antonio abate (1425-1427; tempera su tavola; San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca)
Maestro del 1419, San Giuliano tra i santi Martino e Antonio abate (1425-1427; tempera su tavola; San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca)

5. Domenico di Michelino, Madonna col Bambino e i santi Gregorio Magno, Giovanni Battista, Francesco e Fina (1463-1465; tempera su tavola; San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca)

La chiesa proviene dalla chiesa di San Michele a Casale, è opera del fiorentino Domenico di Michelino (Firenze, 1417 - 1491) ed è una delle più precoci attestazioni del Rinascimento fiorentino in città, benché l’artista operi con modi ancora vicini a un gusto più antico, come si evince dal fondo oro della tavola: si tratta del resto di un’opera di stampo tradizionale, creata per una committenza di provincia. L’opera fu riscoperta nell’Ottocento, ma non ci sono dubbi sul fatto che provenga dalla parrocchia di Casale, poiché il dipinto raffigura Giovanni Battista, santo patrono della cappella della potente famiglia Salvucci di San Gimignano.

Domenico di Michelino, Madonna col Bambino e i santi Gregorio Magno, Giovanni Battista, Francesco e Fina (1463-1465; tempera su tavola; San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca)
Domenico di Michelino, Madonna col Bambino e i santi Gregorio Magno, Giovanni Battista, Francesco e Fina (1463-1465; tempera su tavola; San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca)

6. Benozzo Gozzoli, Madonna col Bambino e i santi Andrea e Prospero (1466; tempera su tavola; San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca)

Primo grande artista fiorentino attivo a San Gimignano e pittore che portò il Rinascimento fiorentino in città, Benozzo Gozzoli, che soggiornò a San Gimignano per circa quattro anni dovendo attendere agli affreschi di Sant’Agostino, è presente nella Pinacoteca Civica con una Madonna col Bambino e i santi Andrea e Prospero del 1466 (commissionatagli per la chiesa di Sant’Andrea dal sacerdote Girolamo Niccolai) nonché con una Madonna incoronata col Bambino e i santi Giovanni Battista, Maria Maddalena, Agostino e Marta eseguita per la chiesa di Santa Maria Maddalena, anch’essa realizzata nel 1466. Entrambe le tavole, che si distinguono per la loro eleganza formale, furono eseguite da Benozzo Gozzoli mentre lavorava agli affreschi nella chiesa di Sant’Agostino e nella Collegiata. Nella Collegiata, da vedere l’affresco con il Martirio di san Sebastiano, datato e firmato 1465, mentre in Sant’Agostino si trovano gli affreschi, anch’essi del 1465, con le Storie di sant’Agostino.

Benozzo Gozzoli, Madonna col Bambino e i santi Andrea e Prospero (1466; tempera su tavola; San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca)
Benozzo Gozzoli, Madonna col Bambino e i santi Andrea e Prospero (1466; tempera su tavola; San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca)

7. Filippino Lippi, Vergine annunciata e Angelo annunciante (1482; tempera su tavola; San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca)

I due tondi di Filippino Lippi sono tra le sue opere più interessanti in assoluto e gli furono commissionati dai Priori e dai Capitani di Parte Guelfa per la Sala delle Udienze nel Palazzo Comunale (una committenza laica, dunque). Sono opere giovanili, eseguite quando Filippino aveva solo ventisei anni, tra il 1483 e il 1484 (le cornici invece sono successive, risalgono al 1490 circa), e si inseriscono nel solco della pittura di Sandro Botticelli, l’artista a cui Filippino più guardò in questa fase della sua carriera, pur distinguendosi già per la loro preziosa raffinatezza formale, per lo studio attentissimo della luce, per l’ambientazione elegante, per le rifiniture ispirate all’arte fiamminga. Nel 2019, i due tondi furono prestati al Comune di Milano per la tradizionale mostra natalizia di Palazzo Marino.

Filippino Lippi, Vergine annunciata e Angelo annunciante (1482; tempera su tavola; San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca)
Filippino Lippi, Vergine annunciata e Angelo annunciante (1482; tempera su tavola; San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca)

8. Taddeo di Bartolo, Giudizio universale (1393; affresco; San Gimignano, Collegiata di Santa Maria Assunta)

L’artista senese Taddeo di Bartolo lavorò nella Collegiata dove nella prima parte del secolo avevano già lavorato alcuni suoi illustri concittadini: Lippo Memmi, Memmo di Filippuccio, Francesco di Segna, Bartolo di Fredi. Taddeo di Bartolo fu chiamato sul finire del Trecento a completare gli affreschi con la decorazione in controfacciata, per la quale era prevista la realizzazione di scene del Giudizio universale, che si distribuiscono attorno al rosone della Collegiata e che proseguono sulle pareti contigue con il Paradiso a sinistra e con l’Inferno a destra. L’artista eseguì gli affreschi in poco tempo, dal momento che nel 1395 è già documentato a Pisa, dove gli viene commissionata una pala per la locale chiesa di San Francesco (oggi conservata a Budapest). Gli affreschi della controfacciata della Collegiata di San Gimignano sono tra le realizzazioni più potenti dell’epoca.

L'inferno di Taddeo di Bartolo
L’Inferno di Taddeo di Bartolo

9. Jacopo della Quercia, Angelo annunciante e Vergine annunciata (1421-1426; legno dipinto e scolpito; San Gimignano, Collegiata di Santa Maria Assunta)

Le due sculture lignee di Jacopo della Quercia, commissionate per la cappella dei Santi Fabiano e Sebastiano nella Collegiata, furono realizzate dallo scultore senese nel 1421 e poi dipinte da Martino di Bartolomeo nel 1426. Capolavori della scultura senese, si presentano come opere in cui Jacopo della Quercia dà corpo ai suoi modi che anticipano l’arte del Rinascimento. Le due sculture, che formano un unico gruppo dell’Annunciazione, sono di estrema importanza perché costituiscono le uniche sculture lignee documentate di Jacopo della Quercia. Il catalogo della produzione in legno di questo grande scultore è stato peraltro arricchito con nuove attribuzioni solo negli ultimi anni ed è oggetto di costante attenzione da parte della critica.

Jacopo della Quercia, Angelo annunciante e Vergine annunciata (1421-1426; legno dipinto e scolpito; San Gimignano, Collegiata di Santa Maria Assunta)
Jacopo della Quercia, Angelo annunciante e Vergine annunciata (1421-1426; legno dipinto e scolpito; San Gimignano, Collegiata di Santa Maria Assunta)

10. Domenico del Ghirlandaio, Giuliano da Maiano e Benedetto da Maiano, Cappella di Santa Fina (1468-1475; sculture e affreschi; San Gimignano, Collegiata di Santa Maria Assunta)

Capolavoro del Rinascimento fiorentino, la cappella che conserva le reliquie della santa di San Gimignano fu progettata nel 1468 da Giuliano e Benedetto da Maiano, e poi decorata nel 1475 con gli affreschi di Domenico del Ghirlandaio, che sulle pareti della cappella ha dipinto le storie e i miracoli di santa Fina. Si tratta della prima commissione importante ricevuta dal grande artista fiorentino. L’altare della cappella fa anche da monumento sepolcrale che accoglie le spoglie della santa, ed è opera del 1475 di Benedetto da Maiano. Una curiosità: sulla tomba di santa Fina si trova un’iscrizione (“Miracula quaeris? / Perlege quae paries vivaque signa docet / MCCCCLXXV”, ovvero: “Cerchi miracoli? / Osserva quelli che le pareti e le vivaci immagini illustrano / 1475”?).

Domenico del Ghirlandaio, Esequie di santa Fina (1475; affresco; San Gimignano, Collegiata di Santa Maria Assunta)
Domenico del Ghirlandaio, Esequie di santa Fina (1475; affresco; San Gimignano, Collegiata di Santa Maria Assunta)

11. Benedetto da Maiano e Sebastiano Mainardi, Cappella di San Bartolo (1492-1495; sculture e affreschi; San Gimignano, Chiesa di Sant’Agostino)

San Bartolo è un altro dei santi venerati a san Gimignano (nonché altro santo nativo della città, vissuto tra il 1228 e il 1310), e a lui è dedicata la cappella che fu decorata tra il 1492 e il 1495: Sebastiano Mainardi, cognato del Ghirlandaio, si occupò degli affreschi (dipingendo, nella volta, i dottori della chiesa ovvero sant’Ambrogio, sant’Agostino, san Girolamo e san Gregorio, mentre nella parete attigua all’altare i santi Gimignano, Lucia e Nicola di Bari), mentre Benedetto da Maiano fu incaricato di realizzare l’altare in marmo. La cappella presenta anche un interessante pavimento in mattonelle di maiolica, opera di Andrea della Robbia.

Cappella di San Bartolo. Foto di Francesco Bini
Cappella di San Bartolo. Foto di Francesco Bini

12. Piero del Pollaiolo, Incoronazione della Vergine con santi e angeli musicanti (1483; tempera su tavola; San Gimignano, Chiesa di Sant’Agostino)

Opera del tardo Quattrocento, la pala dell’altare maggiore, raffigurante l’Incoronazione della Vergine con santi e angeli musicanti, inserita tra gli affreschi di Benozzo Gozzoli che illustrano le storie di sant’Agostino, è una delle più interessanti opere del fiorentino Piero del Pollaiolo. Risale al 1483 e fu commissionata dall’agostiniano Domenico Strambi, come pala dell’altare maggiore della chiesa di Sant’Agostino (probabilmente l’incarico arrivò col tramite di Antonio del Pollaiolo, fratello di Piero, che nel 1480 si trovava in città). È nettamente divisa in due registri: in quello superiore assistiamo all’incoronazione della Vergine da parte di Gesù, con attorno gli angeli musicanti che accompagnano l’evento. In quello inferiore si dispongono sei santi, che osservano quanto sta accadendo sopra di loro: sono santa Fina, sant’Agostino, il beato Bartolo da San Gimignano, san Gimignano, san Girolamo e san Nicola da Tolentino. Da notare il calice dell’eucarestia, retto da tre cherubini, a fungere da raccordo tra i due registri della composizione.

Piero del Pollaiolo, Incoronazione della Vergine con santi e angeli musicanti (1483; tempera su tavola; San Gimignano, Chiesa di Sant'Agostino)
Piero del Pollaiolo, Incoronazione della Vergine con santi e angeli musicanti (1483; tempera su tavola; San Gimignano, Chiesa di Sant’Agostino)

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