Tellaro, l'“eterna canzone del mare” che affascinò David Herbert Lawrence


Un viaggio nello splendido borgo di Tellaro, tra ricordi letterari, nella parte più meridionale della Liguria.

Siamo nella parte più orientale della Liguria, al confine con la Toscana, sui vicoli di un borgo abbarbicato sulla cima di un promontorio: Tellaro, un sogno di case colorate nascosto tra gli scogli di una delle zone più belle d’Italia.

È l’ultimo borgo del Golfo dei Poeti: l’unica strada per arrivarci parte da Lerici (e rimane chiusa in caso di allerta meteo di livello 2 o superiore: a Lerici un cartello, quotidianamente aggiornato, indica al viaggiatore se è possibile o meno raggiungere Tellaro), costeggia il golfo offrendo magnifici scorci del suo mare azzurro e delle sue caratteristiche spiagge e attraversando i luoghi amati da David Herbert Lawrence (Eastwood, 1885 - Vence, 1930), che soggiornò da queste parti. Il grande scrittore inglese visse infatti per alcuni mesi, tra il 1913 e il 1914, a Fiascherino, località che si trova a metà via tra Lerici e Tellaro. La strada, dopo circa tre chilometri, conduce il viaggiatore dritto nella piazzetta di Tellaro, piazza Figoli, dove ad accoglierlo è il vociare dei turisti e degli ospiti delle piccole pensioni e dei ristoranti che qui s’affacciano.

Tellaro è tranquillità in forma di pietre e mattoni. Per la particolare conformazione del borgo, coi suoi caruggi strettissimi che spesso si trasformano in scalinate, non è consentito il traffico di mezzi a motore, che sono costretti a fermarsi prima dell’ingresso in paese. Questo però non impedisce a Tellaro di essere una meta particolarmente gettonata dai turisti e dai viaggiatori che soggiornano a Lerici e per i quali Tellaro rappresenta la principale escursione. Di conseguenza, in estate il borgo si anima e diventa particolarmente frequentato. Diverso è invece quanto accade in inverno, quando solo lo scrosciare delle onde del mare e i garriti dei gabbiano sono gli unici suoni che si possono sentire anche per diverse ore.

Veduta di Tellaro
Veduta di Tellaro



Nei vicoli di Tellaro
Nei vicoli di Tellaro



Nei vicoli di Tellaro
Nei vicoli di Tellaro



Nei vicoli di Tellaro
Nei vicoli di Tellaro



Mare a Tellaro
Mare a Tellaro



L'oratorio di Santa Maria in Selàa
L’oratorio di Santa Maria in Selàa



Prima di arrivare nella piazzetta principale, ci si può trattenere nel belvedere che consente di ammirare Tellaro dall’alto e, ovviamente, tutto il Golfo della Spezia. Il belvedere è dedicato a Eoa Rainusso (Santa Margherita Ligure, 1888 - Tellaro, 1976), che viene presentata da una targa che ce la indica come A mèstra de Teàe (“la maestra di Tellaro” nel dialetto locale): fu un’insegnante di scuola elementare che arrivò giovanissima (neppure ventenne) a Tellaro per lavorare nella scuola del paese, e trascorse qui la sua intera carriera che durò per tutta la prima metà del Novecento (peraltro, è nota anche per aver insegnato l’italiano a Lawrence). È lei che ha scritto alcuni meravigliosi versi che descrivono il borgo di Tellaro e i suoi panorami: “L’eterna canzone del mare / si snoda nel bacio del sole / in faccia a Palmaria lontana / al Tino di mare fluttuante”.

Le origini di Tellaro sono antichissime: c’è chi ipotizza la presenza di un abitato già in epoca etrusca. Di certo, sappiamo che nel Medioevo fu un avamposto difensivo: del resto, da qui si può osservare bene tutto il golfo. E una delle possibili origini del nome del borgo farebbe riferimento alla parola latina telus, che significa “freccia”, quella usata dagli arcieri per difendere le fortificazioni. C’è chi ritiene invece che “Tellaro” deriverebbe da “tela”, perché in passato ebbe anche una certa importanza nei commerci del tessuto che arrivava dalla vicina Toscana.

Scendendo dalla piazzetta, cambia subito il tessuto urbano, e si presentano vicoli tortuosi e ripidi che seguono l’andamento del promontorio: si arrampicano e poi scendono all’improvviso tra gli edifici che coprono la vista, ma a volte si aprono in piccole terrazze o in finestroni che ci lasciano vedere il mare davanti. Arrivati alla biforcazione nei pressi dell’antica torre in pietra, una delle uniche due che sopravvivono delle tre anticamente esistenti (l’altra fu trasformata nel campanile della chiesa di San Giorgio), s’imbocca una stradina che sale, e dopo pochi passi ci troviamo in una piazzetta lastricata a cotto, che si trova a picco sul mare: il lato che guarda verso sud è completamente aperto, ma c’è un parapetto che ci impedisce di cadere in acqua. Il lato orientale invece è chiuso dall’antico oratorio di Santa Maria Assunta, localmente noto come Santa Maria in Selàa (“sull’ara”). Fu costruito nel XVII secolo, epoca in cui il borgo conobbe forti cambiamenti poiché l’antico castello, quello che serviva da avamposto difensivo, non aveva più ragione di esistere e fu quindi pesantemente trasformato: anche le abitazioni oggi seguono il perimetro della fortificazione. La chiesetta presenta una interessante facciata barocca su cui trovano spazio quattro paraste, e che termina in alto con un timpano a volute, dall’andamento curvo. Al centro, abbiamo un piccolo rilievo in marmo che raffigura la Madonna Assunta.

La chiesa di San Giorgio. Ph. Credit Davide Papalini
La chiesa di San Giorgio. Ph. Credit Davide Papalini



Interno della chiesa di San Giorgio. Ph. Credit Davide Papalini
Interno della chiesa di San Giorgio. Ph. Credit Davide Papalini





Barche per le vie di Tellaro. Ph. Credit Davide Papalini
Barche per le vie di Tellaro. Ph. Credit Davide Papalini



Tramonto a Tellaro
Tramonto a Tellaro

Prendiamo quindi un vicolo che scende, tra case con le tipiche tinte pastello di questa zona della Liguria (rosa, cremisi, giallo pallido) e arriviamo di fronte alla chiesa principale di Tellaro, la chiesa di San Giorgio (il santo è raffigurato in un rilievo sulla facciata). È interamente colorata di rosa, anche se ampi brani di colore sono caduti, e soprattutto è tutta costruita sugli scogli. Risale anch’essa al diciassettesimo secolo, e il suo alto campanile era una delle torri dell’antico castello. Attorno alla chiesa di San Giorgio esiste una celeberrima leggenda che gli abitanti di Tellaro sono sempre orgogliosi di raccontare: si narra infatti che nella notte del 19 luglio 1660, sei galee di pirati saraceni comandati da un rinnegato che si chiamava Gallo d’Arenzano, arrivarono a Tellaro con l’intento di invaderla e saccheggiarla. All’arrivo delle navi, un enorme polpo uscì dal mare, si arrampicò su per il campanile della chiesa, e con i suoi tentacoli iniziò a suonare le campane per dare l’allarme alla popolazione, che grazie al polpo riuscì così a ricacciare in mare i saraceni. Da allora il polpo è diventato il simbolo per eccezione di Tellaro, e lo si vede raffigurato ovunque: sulle ceramiche, sui dipinti degli artisti che spesso si trovano a dipingere per le strade del borgo, ed è il protagonista della principale sagra paesana, che si svolge nel mese d’agosto, quando le donne di Tellaro cucinano in piazza il polpo alla tellarese, lessato e condito con olio, olive, aglio, prezzesmolo, sale e pepe.

L’interno della chiesa di San Giorgio è particolarmente austero: privo di decorazioni murali, presenta però diverse sculture, prodotte perlopiù dal Seicento in avanti, e dietro all’altare notiamo una nicchia entro cui si conserva una statua marmorea di san Giorgio. E qui, tra queste mura, ci si immerge nel silenzio dell’edificio sacro, ascoltando solo il rumore del mare che si infrange sulla riva fuori dalla chiesa. Dalla chiesa comincia poi un vicolo dove i pescatori (e, in generale, chi va per mare, anche per divertimento) lasciano a riposo le piccole imbarcazioni e che conduce alla marina, dove si trova il punto d’approdo per le barche, ma dove non è raro trovare, in estate, chi si concede un bagno nelle acque del golfo. E da qui, infine, si risale verso l’alto, per tornare alla piazza principale.

E sarà bene sapere che chi passeggia per questi vicoli vede un borgo non troppo diverso da quello dove tutti i giorni si recava Lawrence, che veniva qui per ritirare la posta, e nel tragitto tra Fiascherino e Tellaro (all’epoca ovviamente non c’era neppure la strada: ci si arrivava attraverso una mulattiera) s’incantava a vedere le donne del posto che raccoglievano le olive. Pensava che questo luogo avesse un qualcosa di mistico. Lo aveva detto in una lettera che inviò il 18 dicembre 1913 da Lerici all’amico William Hopkin: “Quando vado a Tellaro per ritirare le lettere, mi aspetto sempre di incontrare Gesù che chiacchiera coi suoi discepoli mentre cammina sul mare, sotto gli alberi grigi e leggeri. Le colline sono piene di voci, quelle delle contadine coi loro bambini, tutto il giorno e tutti i giorni, sotto le ombre pallide degli ulivi, mentre raccolgono i frutti che cadono a terra, riempendo ceste su ceste. Il nostro borgo è Tellaro. Sorge sugli scogli, a picco sul mare, un covo di pirati di duecento anime”.


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