Biografie d'artista: Pollock, l'uomo e il pittore

Cineart

2012, Quarta puntata

Jackson Pollock, famoso per la sua tecnica del "dripping", è stato uno dei pittori più controversi del Novecento, anche a causa della sua vita sregolata che lo ha portato alla morte prematura, ma è riuscito a conquistarsi comunque un posto di grande rilievo nella storia dell'arte. Oggi Chiara ci parla del film Pollock che racconta in modo preciso e accessibile la vita dell'artista.

La vita turbolenta di Jackson Pollock (1912-1956) e la sua importanza nel panorama dell'arte americana della metà del '900 costituiscono un connubio perfetto per la trasposizione cinematografica. Nel 2000 viene infatti girato un film filologicamente attento e preciso, Pollock, per la regia di Ed Harris, attore che interpreta anche l'artista stesso. La pellicola si concentra sulla vita e la produzione dell'artista tra la fine degli anni '30 e gli anni '50, prestando particolare attenzione anche ai controversi aspetti delle sue vicende private. Tra queste, spicca una debolezza caratteriale di fondo che porta Pollock ad un'attitudine talvolta egoista e ad un precario equilibrio psichico, costantemente minato da gravi problemi di alcolismo.

Grande risalto è dato al ruolo di sua moglie, Lee Krasner (1908-1984), anch'essa pittrice vicina, come stile, al gruppo degli American Abstract Artists. La donna, interpretata nel film da Marcia Gay Harden, viene rappresentata come un'insieme di energia, pazienza e devozione volte a sostenere Pollock-uomo affinché abbia tutte le condizioni necessarie e ottimali per esprimersi al meglio come Pollock-artista. L'impegno umano della Krasner è proferito con la consapevolezza, da parte sua, di una logorante contropartita, ossia la propria arte e, talvolta, la propria felicità messe in secondo piano. Nonostante questo, nel film, la Krasner, viene talora ritratta nella sua attività artistica, che include non solo pittura su tela, ma anche esperimenti di collage e di mosaico. Una di queste scene la vede infatti coinvolta nelle fasi preliminari di quella che sarà una delle sue più apprezzate creazioni, Untitled Mosaic Table (1947).

Per quanto riguarda Jackson Pollock, il film offre una chiara panoramica della sua crescita artistica, dalla fase stilistica che lo accomuna ad astrattisti come Gottlieb, Motherwell e De Kooning, fino al dripping che lo renderà celebre. Formatosi nell'ambito del realismo regionalista di Thomas Hart Benton, Pollock approda presto ad un linguaggio ben distante: un misto di astrattismo, surrealismo ed espressionismo legato ad elementi decorativi e simbolici dei nativi americani come il cerchio, la luna, il coltello e le figure totemiche. Ciò che ne risulta, però, non ha ancora una propria precisa identità: Cos'è? Surrealismo? Automatismo? è la domanda che Lee rivolge nel film a Jackson mentre lo vediamo al lavoro su una delle tele-simbolo di questo periodo, Male and Female (1942).

La fortuna di Pollock, originario del Wyoming, inizia a New York quando proprio nel 1942 entra in contatto con Peggy Guggenheim. La celebre mecenate – interpretata da un'Amy Madigan completa di orecchini Calder – dà a Pollock l'occasione di allestire la sua prima personale presso la sua galleria Art of This Century, nel novembre 1943. Inoltre gli commissiona il famoso Murale (1943), opera con la quale Pollock inizia ad avvicinarsi alla tela di grande formato e all'uso di forme sempre meno figurative o simboliche. In questa fase pittorica, tuttavia, il pennello resta ancora ben saldo alla tela e la tela, a sua volta, resta ancora salda alla posizione verticale.

Nel 1945 Pollock e Krasner convolano a nozze e si trasferiscono a Springs, fuori da New York e dai ritmi frenetici che aggravano le debolezze del pittore. È qui che prendono corpo, mano a mano, le opere più note di Pollock. La tela abbandona la posa verticale per essere stesa a terra così che il pittore, detto con le sue stesse parole, può “camminarci attorno, lavorare dai quattro lati, essere nel quadro, letteralmente”. Il contatto del pennello con la tela, infine, viene a mancare totalmente e vediamo Pollock approdare al cosiddetto dripping, tecnica per la quale il colore viene fatto colare da pennelli, bastoncini e barattoli direttamente sulla tela, talvolta mischiato a sabbia, vetro o altri materiali. Non è molto chiaro in questa fase quali siano i quadri che nel film vengono mostrati in fase di realizzazione, ma, per fornire alcuni esempi, una delle prime opere di questo tipo è Alchemy (1947), mentre una delle più celebri è One: Number 31 (1950).

La codificazione di un linguaggio originale, svincolato dalle suggestioni di ciò che viene prodotto in Europa, vale a Pollock il successo. Nel 1949 la prestigiosa rivista “Life” gli dedica un articolo – episodio dal quale prende le mosse il film, girato per gran parte come una sorta di flashback –, nel 1950 il fotografo Hans Namuth gira un filmato di dieci minuti, intitolato Jackson Pollock, volto a indagare la sua tecnica pittorica e nel 1951 l'artista viene intervistato da William Wright per la stazione radio di Sag Harbor. Tutti questi avvenimenti sono fedelmente riportati nel film e costituiscono l'ultimo barlume di un Pollock produttivo e all'apice del successo, seppur sempre schivo e ben poco esibizionista.

La parabola discendente, però, è alle porte e conduce nuovamente il pittore nel circolo vizioso dell'alcool. Gli ultimi anni di vita di Pollock non sono particolarmente indagati nel film dal punto di vista artistico, mentre l'accento viene posto sul decadimento della persona e la spirale di auto-distruzione che lo porta alla morte nell'agosto del 1956, quando, ubriaco, si schianta in auto contro un albero mentre porta ad una festa l'amante Ruth Kligman, sopravvissuta all'incidente, e l'amica Edith Metzger, morta nello scontro.

Dal momento che il film è realizzato sulla base delle numerose testimonianze rimaste circa la vita e l'arte di Pollock, riesce ad essere chiaro, accessibile e preciso per quanto riguarda la descrizione dell'evoluzione artistica del pittore e le sue debolezze caratteriali. Nonostante le sue controverse vicende umane, Pollock resta un caposaldo dell'arte del '900, determinante nell'esplorare nuovi linguaggi finalizzati all'espressione dell'interiorità, poiché, come lui stesso afferma, “la tecnica è solo un mezzo per arrivare a un'idea”.

Chiara Zucchellini








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