In principio fu l'uovo


L’immagine dell’uovo accompagna l’uomo da tempi antichissimi ed è presente in tante culture in ogni parte del mondo. Ecco una carrellata di uova nei secoli attraverso l’arte.

Dal latino primitivus, “primo in ordine di tempo”, il termine “primitivo” è utilizzato per descrivere un periodo antecedente a quello attuale. Quando i primi uomini iniziarono a esplorare la terra, i mari, i fiumi e a scoprire il fuoco, i loro albori furono segnati da un profondo momento di oscurità. La crisi che affliggeva l’uomo primordiale si manifestava con l’insorgere delle prime domande, alle quali egli non poteva rispondere. La sua divenne una ricerca agitata, sia per trovare risposte ai misteri quotidiani che lo circondavano, sia per comprendere i fenomeni naturali che osservava con timore: il sorgere del sole al mattino, la comparsa delle prime stelle nella sera, la pioggia. Nei pensieri dell’uomo primitivo vi era un collegamento invisibile tra ciò che era parte della natura circostante e ciò che considerava soprannaturale, come i tuoni e il vento. Il pensiero di una benevolenza soprannaturale nei confronti degli uomini sarebbe stato quindi la tematica fondamentale di tutta la pratica artistica sviluppatasi nel corso della Preistoria.

Attraverso il pensiero della potenza divina e a un primo approccio ad una religione dai tratti rudimentali e la sete incessante di curiosità, l’uomo primitivo è riuscito a dare vita al mito: unica spiegazione, non razionale e priva di pensiero filosofico e scientifico, in grado di spiegare i misteri dell’esistenza. Solo con l’avvento della scrittura e l’inizio della storia e delle civiltà classiche, il termine “mito” assunse un significato ben definito. La sua funzione era quella di spiegare, tramandare e offrire una visione completa del mondo antico e delle sue credenze storiche, religiose e naturali. Tra i miti della Creazione, i Miti Cosmogonici occupano un ruolo significativo. In un antico panorama di mitologie cosmogoniche, tra tutti, il pensiero egiziano tentò di spiegare l’origine dell’universo attraverso un concetto più familiare e accessibile, utilizzando fenomeni biologici anziché i principi della filosofia greca, che era più astratta e concettuale. Tra tutti i simboli legati alla creazione, l’uovo è presente in diverse culture e cosmogonie del mondo. Attualmente, la cosmologia astronomica sostiene che circa 13,7 miliardi di anni fa, l’intera massa dell’universo era compressa in un volume di dimensioni estremamente ridotte, approssimativamente trenta volte la dimensione del nostro Sole. Da questo punto di estrema densità, conosciuto come Big Bang, l’universo si è espanso nel corso del tempo fino allo stato attuale, seguendo un processo simile alla schiusa di un uovo. Nell’induismo, l’immagine dell’uovo cosmico presenta notevoli somiglianze con il concetto del nucleo primordiale della teoria del Big Bang. Si parla del grembo d’oro (Hiranyagarbha), un nucleo universale che galleggiava nell’oceano primordiale immerso nell’oscurità della non-esistenza. Quando questo grembo si schiuse, si racconta che Brahmā, il creatore dell’universo, infuse il soffio vitale tramite la sillaba sacra Aum, considerato il suono primordiale. Dalla parte superiore dorata dell’uovo emerse così il cielo, mentre dalla parte inferiore argentata nacque la terra. Da sempre quindi associato alla creazione e all’origine dell’universo, l’uovo contiene l’embrione della vita evocando la beatitudine di uno stadio primordiale di pace. La medesima beatitudine è cercata da vari personaggi ritratti da Hieronymus Bosch (’s-Hertogenbosch, 1453 – 1516) nel suo celebre dipinto Il Giardino delle Delizie, realizzato circa tra il 1480 e il 1490. Tuttavia, nel quadro di Bosch, l’uovo rappresentato è frantumato e gli individui vi si immergono direttamente, bramando il ritorno ad uno stato di pace.

Manaku di Guler, Hiranyagarbha, dal codice Bhagavata Purana (1740 circa; Varanasi, Bharat Kala Bhavan)
Manaku di Guler, Hiranyagarbha, dal codice Bhagavata Purana (1740 circa; Varanasi, Bharat Kala Bhavan)
Jheronimus Bosch, Il giardino delle delizie, dettaglio (1480-1490 circa; olio su tavola, 220 x 389 cm; Madrid, Museo del Prado)
Jheronimus Bosch, Il giardino delle delizie, dettaglio (1480-1490 circa; olio su tavola, 220 x 389 cm; Madrid, Museo del Prado)
Artista egizio, Statuetta del dio Thot in forma di ibis (età tolemaica - 332-30 a.C.; bronzo e legno, 23,6 x 11 x 26,5 cm; Città del Vaticano, Musei Vaticani, Collezione Grassi)
Artista egizio, Statuetta del dio Thot in forma di ibis (età tolemaica - 332-30 a.C.; bronzo e legno, 23,6 x 11 x 26,5 cm; Città del Vaticano, Musei Vaticani, Collezione Grassi)
Artista greco, Elena di Troia nasce dall'uovo (450-400 a.C.; calcare; Metaponto, Museo Archeologico Nazionale)
Artista greco, Elena di Troia nasce dall’uovo (450-400 a.C.; calcare; Metaponto, Museo Archeologico Nazionale)

La caratteristica percepibile dell’uovo è quella di essere il ricettacolo di qualcosa di germinale destinato a evolversi in una realtà plasmata. Essa si presta al pensiero mitologico, assumendo un’importante valenza simbolica che indica l’origine, simile ad esempio, al concetto della cosmogonia e teogonia Egizia, nella quale la figura di Amon, divinità Egizia a capo dell’intero Pantheon è, tra le sue diverse raffigurazioni, rappresentato da un’oca che secondo il mito avrebbe deposto l’uovo cosmico primordiale da cui si sarebbe generata la vita. Un concetto simile si riscontra nella figura divina di Thot, dio della conoscenza e della scrittura tra le principali divinità del Pantheon Egizio. Thot poteva manifestarsi in due forme zoomorfe distinte: quella di un ibis e quella di un babbuino. Secondo la mitologia, Thot era considerato il figlio del dio del sole Ra, nato direttamente dalle sue labbra all’inizio della creazione. Altre versioni delle mitologie lo indicano come figlio di Horo, mentre altre ancora narravano che Thot si fosse generato da solo all’inizio dei tempi e che sotto forma di ibis avesse deposto e covato l’uovo cosmico che racchiudeva in sé l’intera creazione. Nella cosmogonia greca orfica invece la figura di Phanes, chiamato anche Erikepaios (donatore di vita), è una figura primigenia dell’origine della vita. A differenza di Amon, il quale ha generato l’uovo della vita, Phanes stesso è il dio nato dall’uovo cosmico deposto da Chronos (Tempo) e Ananke (Destino, Necessità). In questo contesto greco-orientale comune, emerge occasionalmente il legame tra la rottura dell’uovo e la contemporanea creazione del cielo e della terra, rappresentando il momento cosmogonico fondamentale e più antico.

La simbologia dell’uovo viene inoltre ripresa in altri miti greci. Nel racconto di Leda e il cigno, la giovane avrebbe covato un uovo che fu poi portato alla luce da Nemesi, amata da Zeus. Dall’uovo sarebbe nata Elena di Sparta, come riportato dal poeta greco Stasino nel suo Ciprie. In una seconda versione, che compare già nell’opera di Omero, si racconta che Leda si unì a Zeus, il quale si era trasformato in un cigno e insieme deposero una o più uova, dalle quali nacquero Polluce ed Elena. In seguito al matrimonio con Tindaro, Leda avrebbe invece avuto Timandra, Clitennestra, Filonoe e Castore. Nella mitologia orfica, caratterizzata dalla concezione della reincarnazione e dalla ciclicità dell’Universo, l’uovo cosmico assume un ulteriore significato, rappresentando la ripetizione della nascita del Cosmo.

Attraverso il concetto di reincarnazione, nei secoli successivi la simbologia dell’uovo divenne il simbolo della resurrezione di Cristo, come raffigurato nella Pala di Brera. Realizzata nel 1472 circa da Piero della Francesca e attualmente custodita presso la Pinacoteca di Brera a Milano, questa opera rappresenta l’apice del pensiero artistico del maestro. Oltre al duca Federico di Montefeltro, rappresentato come un cavaliere, vi sono anche la moglie Battista Sforza, raffigurata con le fattezze della Madonna, e il figlio Guidobaldo. La rappresentazione è costruita su una prospettiva centrale, il cui fulcro è un uovo di struzzo che discende dal soffitto a forma di conchiglia e che come una perla rimane sospeso proprio sopra il volto della Madonna. L’uovo diviene allo stesso tempo simbolo della purezza e della perfezione della concezione del Sacro Bambino e della sua futura Risurrezione. Nell’iconografia tradizionale, Maria Maddalena, seguace e discepola di Cristo, viene spesso raffigurata con in mano un uovo dal guscio rosso, simbolo del suo ardente desiderio di testimoniare con forza e coraggio la Risurrezione di Cristo. Questo particolare elemento iconografico è visibile nell’opera Santa Maria Maddalena dipinta dal pittore italiano Segna di Bonaventura intorno al 1320 ed attualmente custodita presso l’Alte Pinakothek a Monaco di Baviera.

Piero della Francesca, Pala Montefeltro (1472-1474; olio e tempera su tavola, 248 x 170 cm; Milano, Pinacoteca di Brera)
Piero della Francesca, Pala Montefeltro (1472-1474; olio e tempera su tavola, 248 x 170 cm; Milano, Pinacoteca di Brera)
Piero della Francesca, Pala Montefeltro, dettaglio dell'uovo
Piero della Francesca, Pala Montefeltro, dettaglio dell’uovo
Segna di Bonaventura, Santa Maria Maddalena (1320 circa; tavola, 44,2 x 29,1 cm; Monaco di Baviera, Alte Pinakothek)
Segna di Bonaventura, Santa Maria Maddalena (1320 circa; tavola, 44,2 x 29,1 cm; Monaco di Baviera, Alte Pinakothek)
Dante Gabriele Rossetti, Santa Maria Maddalena (1877; olio su tela, 26,12 x 30,87 cm; Wilmington, Delaware Art Museum)
Dante Gabriele Rossetti, Santa Maria Maddalena (1877; olio su tela, 26,12 x 30,87 cm; Wilmington, Delaware Art Museum)

Successivamente, in epoca preraffaellita la figura della Maddalena con in mano l’uovo (o talvolta un vaso) è stata ripresa da Dante Gabriele Rossetti (Londra, 1828 – Birchington-on-Sea, 1882) nella sua Mary Magdalene. La prima è una bozza del 1867; nella seconda versione, in un dipinto ad olio del 1877 conservato nel Delaware Art Museum di Wilmington, appare incorniciata da una corona di fiori e foglie. Lo sguardo penetrante e i colori sulle tonalità del verde dell’ambiente circostante e del vestito in contrasto con i rossi delle sue labbra carnose e dei capelli fluenti conferiscono alla Maddalena di Rossetti un’aura eterea e divina al suo aspetto, accentuata dall’illuminazione dorata che sfiora la sua pelle. In epoca moderna invece, l’artista surrealista Salvador Dalí (Figueres, 1904 – Figueres 1989) ha reinterpretato l’uovo come simbolo universale della creazione e della nascita. Nella sua opera L’Aurora del 1948, l’uovo embriologico genera un sole luminoso, i cui raggi di luce rischiarano le nuvole e l’ambiente circostante, dando vita alla nuova giornata. In seguito, nella Madonna di Port Lligat del 1950, un anno dopo la prima versione, Dalí propone una visione surrealista diversa del simbolismo dell’elemento, richiamando la disposizione dell’uovo del dipinto di Piero della Francesca, che discende dal soffitto a forma di conchiglia. Nell’opera, si osserva la figura della Madonna seduta, impersonata da Gala, moglie di Dalí e musa nella vita reale, con il Cristo bambino in grembo, simbolo dell’amore divino e umano. L’opera è attualmente esposta presso la Art Gallery nella città di Fukuoka, in Giappone.

Proprio in Giappone, l’iconografia dell’uovo della vita emerge nella cosmogonia del Nihongi, conosciuto anche come Cronache del Giappone, un corpus letterario che raccoglie le prime testimonianze scritte sulla storia del paese. Quest’opera risale al periodo compreso tra il VII e l’VIII secolo d.C. Tra i vari temi trattati in questo testo, l’immagine dell’uovo viene principalmente interpretata come simbolo dello stato primordiale in cui i due principi fondamentali, il femminile (yin) e il maschile (yang), vivono in armonia. Quando questi principi si separano, si creano il cielo e la terra, dando così origine al mondo secondo questa prospettiva cosmogonica. Nelle tradizioni cosmologiche zoroastriane invece, l’uovo assume un significato radicalmente diverso. Viene costantemente rappresentato come la forma del mondo già configurato, spesso enfatizzando la sua sfericità, come nel simbolismo del guscio che avvolge interamente la terra. In queste concezioni, rappresenta il mondo come un’entità completa e autosufficiente, racchiusa e protetta all’interno del suo guscio.

Pertanto, mentre oggi il gesto di regalare uova di Pasqua può sembrare legato principalmente alla festività cristiana, è importante riconoscere le sue radici più antiche e universali che riflettono i nuovi inizi, la natura ciclica della vita ed il suo rinnovamento.


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Noemi Capoccia

L'autrice di questo articolo: Noemi Capoccia

Originaria di Lecce, classe 1995, ha conseguito la laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2021. Le sue passioni sono l'arte antica e l'archeologia. Dal 2024 lavora in Finestre sull'Arte.



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