Il monumento alla ricerca della Divinità: Anselm Kiefer all'Hangar Bicocca di Milano

Plus!

2012, Terza puntata

Si parla di arte contemporanea in questa terza puntata della rubrica "Plus!": Riccardo ci porta a Milano e ci presenta un'opera dell'artista tedesco Anselm Kiefer, nota come "I Sette Palazzi Celesti", conservata all'interno dell'Hangar Bicocca. Sono torri alte tra i 14 e i 18 metri ciascuna, realizzate in calcestruzzo armato: l'opera si ispira al trattato ebraico "Sefer Echalot" ed è dotata di un elevato significato spirituale. Facciamocela raccontare da Riccardo!

L'Arte ormai, si sa, non si trova più dove ce la aspetteremmo. A seguito dell'avvento del Novecento e, con esso, delle Avanguardie, l'opera d'arte ha cominciato ad uscire dai limiti fisici e concettuali della cornice per andare ad invadere la realtà in cui tutti i giorni viviamo. Nelle grandi metropoli, da vari anni, si usa concentrare i nuovi poli artistici a ridosso di aree periferiche, spesso ex industriali. Siamo ben lontani dal concetto di museo proposto nel XIX secolo da architetti d'insigne fama come Schinkel.

L'Hangar Bicocca è un luogo magico, a tratti assurdo. Ad ogni modo stupisce. Propone mostre sempre à la page, eventi veri e propri. Feste a palazzo senza un palazzo. Feste in un edificio che un tempo ospitava il rumore delle macchine e il frenetico ticchettio di strumenti metallici. È doveroso sottolinearlo: furono profetici gli Impressionisti che avevano già cominciato ad essere affascinati dalle strutture in ferro e in ghisa costruiti in piena Rivoluzione Industriale. Ma torniamo a noi. Questo spazio – enorme, immenso, maestoso quanto lo è la cattedrale di Chartres – ospita all'interno una delle opere più interessanti che siano mai state realizzate negli ultimi cinquant'anni: I Sette Palazzi Celesti di Anselm Kiefer (Donaueschingen, Germania, 1945). L'artista – è inutile rimarcarlo più del dovuto – nasce in un anno assolutamente fondamentale per la Storia Contemporanea, l'anno della disfatta del Nazismo, l'anno della bomba di Hiroshima e Nagasaki, l'anno che darà all'Arte tanti spunti di riflessione su cui creare nuovi mondi e nuovi arte-fatti (anche perché il mondo in cui viviamo, il mondo “reale”, aveva dato prova concrete della sua bruttezza e brutalità). E poi nasce in Germania: la patria del Romanticismo filosofico di Schiller, delle vedute poetiche e lunari di Friedrich, delle armonie gloriose e roboanti di Wagner e così via. Generalmente gli artisti tedeschi sono filosofici (si pensi alle performances di Beuys) e Kiefer non è da meno. Ha in sé una poesia mistica che rasenta – in opere come quella che analizzeremo – una ricerca spasmodica dell'Assoluto, la pietra filosofale dell'Uomo del '900 che ancora crede in una dimensione altra. Sì: perché dopo il '45 gli artisti o cercano la verità nelle cose più comuni (e a volte più sporche e luride come i rifiuti) oppure nella dimensione sublime del sogno di una Divinità lontana (purtroppo) ma pur sempre una Divinità.

I Sette Palazzi Celesti si ricollegano ad una serie di opere architettoniche (o opere che desume dalle grandi tipologie architettoniche del passato, se si preferisce) che l'artista inizia a creare a partire dagli anni '80 e '90 ispirandosi alle ancestrali rovine che i nostri predecessori ci hanno lasciato: zigurrat, piramidi, mastabe e via dicendo. Egli vuole dimostrare come nulla può l'opera dell'uomo se rapportata all'Assoluto. Ecco dunque che queste Torri diventano la metafora della tensione dell'Uomo verso la Perfezione Universale; l'opera infatti deve il suo nome ai Palazzi di cui si parla nel trattato ebraico Sefer Echalot (Il Libro dei Palazzi/Santuari) che descrive una sorta di cammino d'iniziazione che l'uomo deve compiere per raggiungere Dio. La loro altezza varia dai 14 ai 18 metri e ciascuna di esse pesa circa 90 tonnellate. Sono realizzate in calcestruzzo armato, un materiale “rubato” al vocabolario dell'architettura. Anche questo risulta un fatto molto interessante perché, come spesso accade oggi, e, come confermato dai saggi di Celant (Artmix) e della Vettese (Si fa con tutto), l'arte del Novecento è arrivata ad utilizzare i materiali più impensabili e ad ibridarsi con altre discipline.

Ognuna di queste torri ha un nome: 1. Sefiroth, 2. Melancholia, 3. Ararat, 4. Linee di Campo Magnetico, 5. e 6. JH&WH, 7. Torre dei Quadri Cadenti. Ognuna di esse racconta una storia molto lunga e molto complessa. In sostanza possiamo affermare che sono, nel complesso, un affascinante Cantico dei Cantici tradotto in brutale cemento da un artista che cerca di farsi interprete di quella parte di umanità alla continua ricerca dell'Assoluto, di un qualunque Dio. Questi monumenti scarnificati brillano all'interno dell'Hangar, creano atmosfere apocalittiche, chiedono il silenzio. Il silenzio dell'introspezione. Affinché ognuno possa, una volta tanto, sospirare e riflettere. Sono entità così potenti e mistiche che creano l'effetto magico di un'intima iniziazione religiosa.

Riccardo Zironi








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