La Volterra etrusca e romana


Volterra, l'antica Velathri etrusca, conserva ancora moltissime tracce del suo passato etrusco e romano. Le scopriamo tra panorami meravigliosi, in un borgo che sembra si sia fermato nel tempo.

Diciamoci la verità: raggiungere Volterra non è che sia proprio il massimo della comodità. Tagliata fuori dalla stragrande maggioranza delle vie di trasporto pubblico, il modo più veloce per arrivarci è utilizzando la propria automobile: arrivati a Ponsacco, per chi arriva da nord, c’è quasi un’ora di viaggio attraverso le colline toscane.

Però quando si arriva, ci si sente profondamente ripagati del viaggio, fin dal primo sguardo, perché ti si apre davanti un meraviglioso borgo medievale abbarbicato in cima a una collina, con i suoi edifici che hanno le stesse tonalità cromatiche delle balze, le voragini argillose che circondano la cittadina. Parcheggiamo l’auto e ci avviamo alla scoperta della Volterra etrusca e romana.

Che ci accoglie fin da subito, perché per entrare nella città, l’antica Velathri di fondazione, appunto, etrusca (anche se sulla collina su cui è stata costruita la città, erano presenti già insediamenti di epoche anteriori), passiamo sotto la Porta all’Arco, l’enorme portale che si apre sul lato meridionale delle mura, che vediamo in parte inglobato nel tessuto architettonico medievale. I piedritti, ovvero gli elementi verticali che sorreggono l’arco, sono stati realizzati con grandi blocchi di tufo sovrapposti, e sono le uniche parti della porta che sopravvivono dal tempo degli etruschi (IV secolo a.C., epoca a cui risalgono le mura etrusche), perché l’arco è più tardo, siamo già in epoca romana, forse nel secondo secolo prima di Cristo. A quest’epoca risalgono, probabilmente, anche le tre statue che ornano l’arco. Non sappiamo bene chi rappresentino: forse al centro Giove e ai lati i Dioscuri, Castore e Polluce, oppure la Triade Capitolina (Giove, Giunone e Minerva). Non sappiamo comunque bene quale fosse lo scopo di queste teste. Una targa e un rilievo, apposti sul muro in cui è inglobata la porta, ricordano l’evento che la interessò nella notte tra il 30 giugno e il 1° luglio del 1944, durante le ultime fasi della seconda guerra mondiale: i tedeschi in ritirata, per ostacolare l’avanzata degli alleati, decisero di far saltare la Porta all’Arco. I volterrani fornirono però un altissimo esempio di amore per il proprio patrimonio: saputa la notizia, chiesero ai tedeschi di salvare la porta. I tedeschi acconsentirono, a una condizione: gli abitanti di Volterra avrebbero dovuto ostruire la porta affinché i tedeschi avessero potuto ottenere lo stesso scopo. I cittadini si misero così all’opera, e tra il pomeriggio del 30 giugno e la mattina del 1° luglio riuscirono a erigere un baluardo dietro la porta: utilizzarono le lastre della strada che sale, che furono rimosse e poste contro la Porta all’Arco. Oggi la targa (insieme al rilievo che raffigura i cittadini al lavoro attorno alla Porta) ricorda a tutti che se quella porta si può ancora ammirare, è grazie alla tenacia, alla passione e al coraggio dei cittadini di Volterra, e al loro atto eroico: un altissimo esempio di amore per la storia.

La Porta all'Arco di Volterra
La Porta all’Arco di Volterra

La targa e il rilievo che ricordano gli eventi del 1944
La targa e il rilievo che ricordano gli eventi del 1944

Attraversiamo tutto il centro storico, di impronta medievale, per arrivare dalla parte opposta del borgo. Non prima però di esserci fermati un momento dalle parti del Duomo, perché dallo slargo vicino al Battistero, e cioè la piazzetta dei Fornelli, si gode di un bellissimo panorama su tutta la vallata che circonda il colle su cui sorge Volterra. Dicevamo, ci incamminiamo verso la parte opposta del borgo: scendendo dalla piazzetta della Pescheria, si incontra una strada che scorre sopra un tratto delle mura (via Lungo le Mura del Mandorlo) e che dà modo di godere, davanti a noi, di una vista sugli edifici della zona orientale della città, e sulla propria sinistra, guardando verso il basso, osserviamo invece i resti del teatro romano, di epoca augustea. Siamo dunque tra il primo secolo avanti Cristo e il primo dopo. Il sito su cui il teatro sorge, in epoca etrusca non era occupato da alcuna costruzione: i progettatori sfruttarono pertanto la conformazione fisica del luogo, lievemente in pendenza, in modo da agevolare la costruzione delle gradinate, che in parte si sono conservate. Sotto alle gradinate notiamo uno spazio semicircolare: è la cosiddetta orchestra, ovvero il luogo in cui prendevano posto i musici e il coro che accompagnavano le rappresentazioni teatrali. Il rettangolo che vediamo subito davanti era il palcoscenico, e i corridoi ai suoi lati erano quelli che servivano agli attori per raggiungere gli spogliatoi che si trovavano dietro al palco. I portici retrostanti sono invece parte della scena, che fungeva da fondale. Alle spalle del teatro, possiamo anche vedere i resti delle terme che furono edificate nel IV secolo dopo Cristo, riutilizzando alcuni materiali del teatro, che da un centinaio d’anni non veniva più utilizzato.

Il teatro romano di Volterra dall'alto
Il teatro romano di Volterra dall’alto

Torniamo poi verso il centro medievale per la terza tappa del nostro viaggio: il Museo Guarnacci, uno dei più importanti musei al mondo per la storia etrusca. È dedicato all’abate Mario Guarnacci (Volterra, 1701 - 1785), infaticabile archeologo autore di numerosi ritrovamenti a Volterra e dintorni: nel 1761 decise di donare al Comune il suo patrimonio, e quello fu il primo nucleo del museo che oggi porta il suo nome. Una visita imprescindibile per tutti coloro che vogliono approfondire la Volterra etrusca: il percorso, organizzato in ordine cronologico, conduce il visitatore in un viaggio che parte dalla nascita dell’antica Velathri per arrivare alle più alte testimonianze dell’arte etrusca. Tra queste ultime, imperdibili l’Ombra della Sera, una statuetta votiva in bronzo che raffigura un bambino dalle proporzioni allungatissime (da cui deriverebbe il nome, datole da Gabriele D’Annunzio) e l’urna degli sposi, il più alto esempio di urna cineraria etrusca conservato al museo. Non manca poi una vasta raccolta di reperti che ci conducono nella vita quotidiana degli etruschi, e una sala interamente dedicata alle urne cinerarie, spesso simili a piccoli sarcofaghi. Nel museo, c’è anche una sezione dedicata alla Volterra romana.

L'Ombra della sera
L’Ombra della Sera. Credit

L'urna degli sposi
L’urna degli sposi. Credit

Così, dopo la visita al Museo Guarnacci, inizia a farsi sera. E non c’è luogo migliore in cui godersi il tramonto su Volterra del parco archeologico dell’acropoli, la meta finale del nostro viaggio nella Volterra etrusca e romana. Qui, sul punto più alto della città, gli scavi hanno riportato alla luce i resti del quartiere di Velathri in cui si concentravano i templi dedicati alle divinità. Costruiti a più riprese anche in epoca romana, oggi i templi sopravvivono soltanto nelle loro fondamenta: passeggiando per il parco è possibile soffermarsi, vedere le pietre, i muri degli antichi edifici, conoscerne la loro storia. Sono le vestigia del glorioso passato di uno dei più importanti centri dell’Italia di più di due millenni fa.

L'acropoli di Volterra, con la città sullo sfondo
L’acropoli di Volterra, con la città sullo sfondo

Il panorama dall'acropoli
Il panorama dall’acropoli

Calano le ombre sul verde del parco archeologico dell'acropoli
Calano le ombre sul verde del parco archeologico dell’acropoli


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