Pietrasanta, arte africana protagonista nella chiesa e nel chiostro di Sant'Agostino


S’intitola Africa Tunes la mostra che dal 20 gennaio al 17 marzo 2024, a Pietrasanta, anima il Complesso di Sant’Agostino: l’antica chiesa e il suo chiostro accolgono opere di 17 artisti africani delle ultime due generazioni per mostrare come è cambiato il panorama creativo del continente.

Arte africana protagonista a Pietrasanta con la mostra intitolata Africa Tunes, collettiva a cura di Alessandro Romanini, ospitata nel Complesso di Sant’Agostino dal 20 gennaio al 17 marzo 2024, e prodotta dal Comune di Pietrasanta in collaborazione con la galleria The Project Space e Lis10 Gallery. L’idea alla base della mostra, che presenta lavori di 17 artisti africani, appartenenti alle ultime due generazioni, è che la creatività africana contemporanea (nel percorso si possono trovare pittura, scultura e fotografia) dimostri come l’Africa non sia più un continente sconnesso dalla mappa geoculturale e socio-politica internazionale, ma che addirittura si sia inserita da protagonista ai vertici del dibattito creativo mondiale, dalla musica al cinema, dal fashion design alla letteratura, per arrivare alle arti visive dove ormai gli artisti africani sono sempre più presenti (e sempre più apprezzati) quando espongono le loro opere alle biennali, alle fiere d’arte, alle aste, oppure quando entrano nelle raccolte di musei e fondazioni.

Altra linea di discussione sono i conflitti che ancora oggi devastano l’Africa, anche in considerazione del fatto che nel 2024 ricorre il trentesimo anniversario del genocidio in Ruanda, quando durante le violenze perpetrate sotto la responsabilità del governo a guida hutu furono barbaramente uccisi almeno 500mila ruandesi di etnia tutsi (e le violenze non risparmiarono neppure gli hutu moderati). E sempre quest’anno cade il trentennale delle prime elezioni senza discriminazioni razziali che si svolsero in Sudafrica e videro la vittoria di Nelson Mandela. Molti artisti in mostra hanno vissuto da vicino questi eventi e sono messi a confronto con artisti di generazioni precedenti, che si sono formati culturalmente nell’ambito dell’indipendenza coloniale conquistata negli anni Sessanta e hanno portato avanti una rivendicazione identitaria dopo la colonizzazione.

Yeanzi, dalla serie Projections (2002)
Yeanzi, dalla serie Projections (2002)
Brice Esso, Migrant (2018)
Brice Esso, Migrant (2018)
Esther Mahlangu, Ndebele Pattern (2019)
Esther Mahlangu, Ndebele Pattern (2019)
Aboudia, Les grosses têtes (2022)
Aboudia, Les grosses têtes (2022)
Oluwole Omofemi, Juncture (2023)
Oluwole Omofemi, Juncture (2023)

Il percorso espositivo inizia sul sagrato della Chiesa di Sant’Agostino con una scultura dell’ivoriano Brice Esso, un’artista che fonde temi africani con la tradizione tecnica della plastica rinascimentale italiana, per poi entrare all’interno della chiesa con le opere di un altro ivoriano, Aboudia. Si tratta di lavori dallo stile inconfondibile mutuati dalle forme espressive con cui i bambini di strada a Abidjan (quasi sempre protagonisti dei suoi dipinti) “decoravano” i muri della città, animandoli con status symbol, fuoriserie, televisioni, autoritratti e “statements”, unico modo per testimoniare la loro esistenza. Nelle altre sale della sede espositiva s’incontra l’opera di Esther Mahlangu in rappresentanza del Sud Africa, portabandiera del secolare stile pittorico Ndebele, che testimoniano l’impegno politico e sociale: dalla difesa dell’infanzia, alla sensibilità ambientale tra le altre, passando per le rivendicazioni dei diritti di genere. L’attitudine magica, e rituale per l’arte, oltre alla volontà di mantenere viva la tradizione artistica identitaria delle radici, rielaborata in una formula armonica che la lega all’iconografia internazionale contemporanea, sono i temi nei lavori di Mederic Turay (Marocco), Ajarb Bernard Ategwa (Camerun), Tope Fatunmbi (Nigeria), Ebenezer Akinola (Nigeria), Oluwole Omofemi (Nigeria), Tafadzwa Tega (Zimbawe), Nù Barreto (Guinea Bissau) e del giovanissimo ivoriano Nanglè.

Non mancano artisti di fama internazionale che hanno partecipato all’ultima Biennale di Venezia come gli ivoriani Armand Boua, Yeanzi e Laetitia Ky: quest’ultima, in particolare, ha saputo dar vita a un linguaggio che fonde body art e fotografia che si abbina perfettamente a un attivismo per i diritti femminili incessante. Su una linea simile si muove anche la giovane artista nigeriana Michelle Okpare che propone pattern cromatici etnici, che rappresentano alfabeti espressivi di un linguaggio non verbale. E la senegalese Seni Awa Camara già presente all’epocale mostra Magiciens de la Terre nel 1989 a Parigi con le sue sculture in terracotta dalle valenze rituali e identitarie mentre il mozambichiano Gonçalo Mabunda, testimonia con le sue sculture, composte da residuati bellici, il potere taumaturgico dell’arte, la sua capacità di trasformare le cicatrici in poesia e monito.

La mostra è aperta ad ingresso libero dal 20 gennaio al 17 marzo 2024 nella Chiesa e Chiostro di Sant’Agostino di Pietrasanta (Lu), via Sant’Agostino 1, dal martedì al venerdì dalle 16 alle 19 e sabato e domenica ore 10 – 13 e 16 – 19. Chiusa il lunedì.

Informazioni sulla mostra

Titolo mostraAfrica Tunes
CittàPietrasanta
SedeComplesso di Sant’Agostino
DateDal 20/01/2024 al 17/03/2024
CuratoriAlessandro Romanini
Temiarte africana

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