Fino al 31 dicembre 2021, il Museo Diocesano di Massa ospita la mostra Storie di abiti e devozione. Doni preziosi dai palazzi alle sacrestie, a cura di Luca Franceschini, Barbara Sisti, Elena Scaravella, Sonia Lazzari e Isabella Botti. Si tratta di una mostra che conduce il visitatore nell’affascinante mondo degli abiti e dei tessuti, attraverso una selezione di tessuti preziosi provenienti da dimore nobiliari, donati alle chiese e trasformati in vesti liturgiche. Le sacrestie del territorio hanno infatti custodito nel tempo importanti tesori tramandandoli fino a oggi: ogni abito porta con sé il ricordo di chi lo ha scelto, indossato e donato in segno di fede, testimoniandone il gusto, lo stato sociale, le inclinazioni culturali e restituendo pertanto l’immagine di una società in cui il tessuto aveva un ruolo ben diverso da quello che gli viene riconosciuto oggi. La preziosità delle materie prime e la complessità delle tecniche esecutive ne hanno fatto il bene di lusso più ricercato e apprezzato nel corso dei secoli.
La mostra comincia con una sala che vuole ricreare la suggestione dei luoghi in cui abiti e tessuti venivano custoditi: sia che si trovassero nelle “guardarobe” delle dimore nobiliari che nelle sacrestie delle chiese, alla conservazione dei tessili veniva prestata particolare cura, anche in ragione del loro elevato valore economico. Le “guardarobe” erano le stanze che, all’interno dei palazzi, custodivano io beni più preziosi: suppellettili, oggetti d’arte, arazzi, tessili, argenterie e vesti o “robe”. Dei ricchi corredi tessili, accuratamente descritti negli inventari di queste stanze, purtroppo poco si è conservato nelle sue forme originarie. Nel corso dei secoli, tuttavia, molte vesti, in particolare quelle più lussuose, furono donate alle chiese per essere “smontate” e successivamente impiegate per la realizzazione di paramenti liturgici. Le donazioni avevano sempre una finalità devozionale, come voto per una grazia ricevuta o come prova tangibile della propria fede. La trasformazione delle vesti civili in paramenti sacri ha permesso la conservazione di numerosi manufatti tessili, straordinari testimoni dell’evoluzione, nel corso dei secoli, di tipologie tecniche e decorative. Le donazioni di abiti o pregiati tessuti che andavano ad arricchire i corredi delle chiese venivano minuziosamente registrati nei libri contabili (in sala è esposto anche un Registro degli Inventari dell’antica pieve di San Pietro in cui è ricordata la donazione di un raffinato paramento in damasco per volontà di Brigida Spinola, moglie di Carlo I Cybo Malaspina).
Successivamente la mostra affronta il tema dell’abito da ritratto: l’abito da utilizzare per un ritratto non era mai frutto di una scelta superficiale perché doveva trasmettere precisi messaggi. Attraverso l’abito, i gioielli, l’acconciatura e altri dettagli il ritratto infatti comunicava, in maniera chiara e diretta, lo status sociale, la situazione economica, la posizione politica, religiosa, professionale dell’effigiato. È questo il motivo che sempre ha spinto gli artisti, pittori o scultori, a rappresentare questi elementi con particolare cura e attenzione. Proprio per questo, le testimonianze iconografiche quali ritratti e monumenti scolpiti costituiscono una preziosa fonte per la ricostruzione della storia della moda e del costume. In mostra figurano alcuni interessanti ritratti come quello di Maria Beatrice Ricciarda d’Este di Carlo Prayer, un ritratto femminile (forse Ricciarda Gonzaga Cybo) attribuito a Pietro Nelli e un ritratto di gentiluomo con veste da camera di ambito toscano.
La sezione seguente, Lusso e stravaganza in sacrestia, è dedicata ai corredi tessili delle chiese, che si sono arricchiti nel corso dei secoli grazie a importanti donazioni di tessuti, non solo realizzati per specifico uso liturgico ma soprattutto provenienti da abiti della nobiltà. La provenienza da contesti laici giustifica la presenza nelle sacrestie di paramenti con motivi decorativi profani, spesso lontani dal repertorio e dalla simbologia sacra. Ne è un esempio significativo la pianeta proveniente dalla chiesa di San Giovanni di Villafranca in Lunigiana, dove il motivo decorativo trae ispirazione dal mondo occidentale, come dimostra la presenza dei due animali esotici (un leopardo e un varano). L’arrivo in Europa di beni di lusso prodotti in paesi lontani influenzò, tra Sei e Settecento, tutte le arti e in particolar modo quele applicate. Il repertorio iconografico, condiviso ad esempio da tessuti e porcellane, si arricchì di stravaganti ed affascinanti elementi di gusto esotico che suscitavano meraviglia e soddisfacevano curiosità e desiderio di novità dei contemporanei.
Si parla invece di Velluto rosso cremisi nella sala seguente: il velluto ha rivestito un ruolo di primo piano nella produzione tessile italiana. La sua realizzazione richiedeva sofisticate abilità tecniche, telai specifici e una quantità di filato di seta nettamente superiore alle altre tipologie tessili. In tutte le sue varianti tecniche, il velluto si contraddistingue per avere la superficie coperta, in tutto o in parte, da fitti ciuffi di pelo di seta. La ricchezza del filato, la complessità della sua lavorazione e le qualità estetiche derivate dalla luminosità cangiante della sua superficie lo fecero diventare espressione di potere e ricchezza, scelto per realizzare paramenti sacri e abiti alla moda delle classi sociali più elevate. Tra i drappi di velluto più pregiati vi erano quelli tinti con il chermes, un pigmento ottenuto dalla macerazione di cocciniglia essiccata, che conferiva alla seta una particolare tonalità di rosso detta “cremisi”. Il costo elevato di questa materia colorante ne sancì l’impiego per le alte cariche civili ed ecclesiastiche. Colore liturgico destinato alle funzioni di glorificazione, il rosso rappresenta la gloria della Chiesa ed è prescritto per le feste della Pentecoste, degli apostoli e dei martiri. Se la stagione più fortunata del velluto fu il Rinascimento, la sua produzione continuò nel corso dei secoli, fino a tornare in auge nell’Ottocento in Italia come prodotto di punta delle manifatture locali.
L’ultima sezione, Vestire le statue, parla appunto della vestizione delle statue che non era solo un modo per accrescere il realismo dell’immagine: farle indossare gli abiti più belli simboleggiava da una parte la maestà dell’oggetto elevandolo alla sacralità del luogo, dall’altra testimoniava la devozione e l’impegno anche economico dei fedeli. Le vesti spesso celavano strutture sommarie, a manichino, evidentemente concepite sin dalla loro realizzazione per rimanere nascoste, più raramente statue interamente scolpite in legno, gesso o marmo. Abiti da sposa o abiti di particolare pregio erano offerti in segno di ringraziamento per una grazia ricevuta o per supplicare l’intercessione della Madonna in caso di malattia o di pericolo. Spesso gli indumenti donati venivano riadattati, ma alcune volte, proprio in virtù della loro preziosità, erano le statue ad essere modificate in base alla foggia e alle dimensioni dell’abito. Quando un simulacro diventava vero e proprio oggetto di venerazione popolare, si costituivano complessi corredi, con abiti nei colori abbinati al tempo liturgico ma anche in accordo con la moda dell’epoca. Corredate di biancheria, le nudità delle statue erano mascherate da sottogonne, bustini e calze, spesso in tessuto e filati lavorati. La vestizione delle statue è una tradizione cattolica che affonda le radici nel Medioevo e ha raggiunto nel Settecento il massimo splendore, pervenendo, con alterne fortune, fino ai giorni nostri.
La mostra è visitabile dal martedì alla domenica con orario 15-19. Visite guidate martedì 7, 14 e 28 dicembre alle ore 16. È necessaria la prenotazione a museodiocesanomassa@gmail.com - 0585 499241. Il museo rimane chiuso nei giorni 8, 24, 25, 26 e 31 dicembre.
Titolo mostra | Storie di abiti e devozione. Doni preziosi dai palazzi alle sacrestie | Città | Massa | Sede | Museo Diocesano | Date | Dal 25/06/2021 al 31/12/2021 | Curatori | Luca Franceschini, Elena Scaravella, Barbara Sisti, Isabella Botti, Sonia Lazzari |
Massa, al Museo Diocesano una mostra sui tessuti antichi e sulle vesti liturgiche |