La Fondazione Golinelli omaggia il suo fondatore. In mostra opere della sua poliedrica collezione


Con la mostra "I preferiti di Marino. Capitolo I", la Fondazione Golinelli omaggia la personalità poliedrica, la curiosità scientifica e la passione per l’arte del suo fondatore: Marino Golinelli. Esposte per la prima volta 40 opere della sua collezione d’arte. 

La Fondazione Golinelli omaggia il suo fondatore, l’imprenditore e filantropo Marino Golinelli, con la mostra I preferiti di Marino. Capitolo I, in occasione della quale sono esposte fino al 2 giugno 2024, presso il Centro Arti e Scienze Golinelli di Bologna, quaranta opere di importanti artisti moderni e contemporanei provenienti dalla collezione privata d’arte di Marino Golinelli: un’occasione dunque per vedere per la prima volta da vicino dipinti, serigrafie, installazioni, fotografie di artisti di fama internazionale.

Sono opere che rispecchiano lo stretto dialogo tra arte e scienza, in linea con la personalità poliedrica, la curiosità scientifica e la passione per l’arte dello stesso Golinelli. Seguendo un approccio multidisciplinare e multiculturale Golinelli, insieme alla moglie Paola, ha riunito oltre 700 opere provenienti da ogni angolo del mondo, dall’Africa all’Asia, passando per le grandi capitali dell’arte contemporanea, da Francoforte a Basilea, da New York a Mumbai, nell’arco di trent’anni.

Esposte in mostra sono opere dei maestri delle avanguardie del Novecento, come Giacomo Balla e Kazimir Malevich, ma anche opere degli artisti più rilevanti dell’arte contemporanea internazionale, quali David Hockney, Tony Oursler, John Baldessari, Lucy e Jorge Orta, Ronald Ventura, Bjarne Melgaard, Warren Isensee, Terence Koh, Chen Ke, Sandeep Mikherjee, Alfred Haberpointner. Sono presenti anche opere di alcuni esponenti di spicco del panorama artistico italiano, come Emilio Isgrò, Nicola Samorì, Alberto Di Fabio, Loris Cecchini, Giorgio Celiberti, Davide Nido, Giuseppe Santomaso, e della fotografia, con opere di Candida Höfer, Maurizio Galimberti e Giovanni Bortolani.

“I preferiti di Marino è un’iniziativa di ampio respiro, una tessera del mosaico che, tra arte, scienza, e innovazione, compone il percorso progettuale e l’operato della Fondazione e dell’Opificio”, ha dichiarato Andrea Zanotti, presidente di Fondazione Golinelli. “La mostra costituirà solo la prima tappa di un progetto espositivo che negli anni a venire offrirà al pubblico del Centro Arti e Scienze l’occasione di apprezzare, attraverso letture critiche e prospettive differenti, la ricchezza dell’eredità culturale e della visione multidisciplinare di Marino Golinelli. Queste mostre”, spiega Zanotti, “permetteranno anche la realizzazione di percorsi educativi coerenti con l’offerta formativa che l’Opificio Golinelli mette a disposizione degli studenti di ogni età, una preziosa occasione di integrazione del curriculum didattico STEAM, già messo in atto nella nostra Scuola delle Idee Marino Golinelli”.

La mostra è suddivisa in cinque sezioni: Dall’idea alla materia; Dall’Idea all’oggetto; Da ieri a domani; La funzione e la sua negazione; Proiettare il presente nel futuro.

La prima sezione Dall’idea alla materia, che intende essere una sorta di anticamera che proietta il visitatore nel percorso espositivo, prende il via con Interior Projection #13 (2014) di Paolo Cavinato, artista mantovano che realizza opere incentrate sul rigore prospettico, lo scambio di sguardi e di punti di vista, la relazione tra finito e infinito. La prospettiva è al centro anche delle fotografie di Candida Höfer, definita “antropologa delle architetture”. Il suo sguardo si concentra su quegli spazi della socialità, teatri, musei, biblioteche, che pur presentando caratteristiche simili non sono mai uguali. Due opere ritraggono la Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio a Bologna (2006): scatti di grandi dimensioni dove è possibile rintracciare alcuni tratti caratteristici della poetica di Candida Höfer, quali l’utilizzo esclusivo della luce naturale, l’atmosfera metafisica dello spazio svuotato dalla presenza umana, la cristallizzazione di un passato remoto, incorniciato da architetture ritratte frontalmente. Spicca inoltre nella prima sezione la grande scultura Immortal Hunting (2015) di Ronald Ventura, tra dei maggiori esponenti della scena artistica filippina. L’opera raffigura un uomo alato con il corpo rivestito d’argento che giace capovolto su un letto di foglie e rovi. L’iconografia rimanda alla figura mitologica di Icaro: un’allegoria dell’uomo contemporaneo che attraverso la scienza e la tecnica manifesta la volontà di superare i propri limiti.

La seconda sezione Dall’idea all’oggetto vuole sfidare la definizione di progetto, in relazione ai concetti di funzione e funzionalità. Protagoniste sono le opere di Giacomo Balla e Kazimir Malevich, due maestri delle avanguardie novecentesche: del primo la serigrafia a colori Progetto per piano da tavolo (1920) e la scultura di terracotta Grande linea di velocità (1922), del secondo Dynamischer Suprematismus n. 57 (1916). A queste si aggiungono due dipinti dell’artista tedesco Andreas Hildebrandt, Material e Erzberg (2008). Hildebrandt combina figure umane, architetture e forme geometriche dando vita a paesaggi in cui il segno dell’intervento umano e il gesto pittorico dell’artista risulta sempre evidente. La sezione si chiude con Senza Titolo (2003) di John Baldessari, pittore, fotografo, architetto e perfomer, scomparso nel 2020. L’opera è costituita da due moduli di carta da parati che isolano e affiancano elementi apparentemente dissimili (un naso e dei popcorn, delle lampadine e delle patate) per dare vita a inedite relazioni visive formali.

La terza sezione Da ieri a domani vuole restituire la varietà di interessi, l’ecletticità e la visione del mondo di Marino Golinelli. In mostra sono perciò due ritratti fotografici, Golinelli e Orso Portale (2015) e Marino Infinito (2018), del fotografo e visual artist Giovanni Bortolani, allievo di Bruno Munari e specializzato in fotografia pubblicitaria ed editoriale. A Marino e Paola è il mosaico fotografico realizzato con quaranta polaroid a colori, del fotografo di fama internazionale Maurizio Galimberti. Opere di artisti italiani e stranieri si intervallano nel percorso espositivo. Tra le prime rientrano Prova d’artista (1977) del pittore veneziano Giuseppe Santomaso; È giallo (2003) di Davide Nido; Untitled (2007) del pittore Alberto di Fabio, noto per i lavori che indagano il binomio arte e scienza mescolando l’infinitamente grande con l’infinitamente piccolo. L’opera richiama alla mente le immagini della struttura a larga scala dell’universo: una ragnatela di filamenti cosmici, composti da materia oscura. Amnesiac e Oroborus sono i titoli di due opere del 2008 di Nicola Samorì, in cui l’artista forlivese compie un processo di allontanamento dal ritratto, partendo da un modello scultoreo: mentre nel primo la scultura iniziale è riprodotta con grande fedeltà, nel secondo dipinto vi è l’aggiunta di applicazioni materiche sulla tela, quali gesso, terra, colla, che danno vita a un sub-derma materico che degenera la forma. Il rapporto tra arte, scienza e tecnologia, in riferimento alle infinite possibilità della genetica e della fisica molecolare, è al centro invece della ricerca dell’artista americano Shane Hope. Tre le opere esposte dell’artista realizzate nel 2007 che fanno riferimento alla vita e all’origine del mondo: Speculativernacular Folk-Flock of a Eco-Exo Envirornamental; Ornamentally Handicapped-Clipped Atomolecularly Manufactured?; Collablobject-Oriented Algorithmically Cracked-Out Carbon Nanotubes on Free-Range Script-Tangled Docking Decoy Proteins and Clipping Planes. Dalle tecnologie più avanzate si passa ai media tradizionali come il disegno Untitled (1993) di David Hockney, ritratto che il pittore inglese dedica alla stilista Celia Birtwell, il dipinto a olio Untitled (2006) di Melgaard Bjarne e il dittico dell’americano Isensee Warren, Untitled (Blu) e Untitled (Giallo) del 2003. I lavori della pittrice Ieva Mediodiva conducono invece il visitatore in abissi algidi ed eterei, in cui fluttuano creature incorporee. Due le opere esposte: Blue Cephalopod (2000) che propone fascinazioni marine, con azzurri e celesti diffusi come macchie di inchiostro di seppia ed E.V.A. (2002) che suggerisce un’atmosfera dilatata, un mondo alieno, in cui lo sguardo si perde.

La quarta sezione La funzione e la sua negazione presenta artisti che affrontano e confutano la definizione di funzione. Con Formiche italiane (1994) e Aristotele (2002) Emilio Isgrò intende contestare l’autorevolezza e la funzionalità della parola con le sue celebri cancellature. Sono esposte poi due sculture: Mela, opera in ceramica dell’artista friulano Giorgio Celiberti, e Il Sole (1975), scultura in legno dell’ebanista Giuseppe Rivadossi. Il titolo dell’opera, realizzata per assemblaggio a incastri, tecnica favorita dall’artista, fa parte della serie Custodie e rimanda alla forza generatrice della natura, di cui il sole è elemento archetipo imprescindibile. Due sono anche le grandi installazioni protagoniste di questa sezione: Rainbow Trusses (2009) dell’artista milanese Loris Cecchini che si compone di una base che richiama elementi costruttivi dell’edilizia, arricchita da una collezione di oggetti di origine marina, come conchiglie, coralli, ricci di mare e mandibole di pesce. Un’opera che, accostando l’eleganza degli elementi naturali con la rigida brutalità degli elementi artificiali, rimanda al concetto di Bioarchitettura; Untitled (White Light #1) è invece un’opera del 2006 di Terence Koh: installazione di grandi dimensioni in cui Koh espone in teche di vetro oggetti che sembrano provenire direttamente dai sogni e dai segreti della sua mente. La sezione si chiude con Beautiful Fruits (2003) dell’artista cinese Chen Ke.

La maestosa installazione Orta Water - Purification Station (2005) del duo Lucy+Jorge Orta conduce i visitatori nel cuore della mostra, una summa delle ricerche artistiche presentate dalla rassegna. Una grande barca, con un sistema simbolico di raccolta, filtraggio e purificazione delle acque, ci ricorda che l’accesso alle fonti di acqua potabile e l’inquinamento dei bacini idrici sono un problema serio. Un altro artista che si pone al confine tra arte e scienza è Sandeep Mukherjee, di origine indiana, specializzato in ingegneria industriale. Come tela per i suoi lavori Mukherjee utilizza il duralene, una pellicola polimerica che crea una vasta gamma di variazioni nel materiale, rendendolo di volta in volta opaco o translucido. Gran parte della sua arte, come Untitled (2011), è alimentata dalla curiosità per gli spazi di transizione: le sue immagini sembrano trarre ispirazione da forme organiche, visioni microscopiche di virus, batteri, e tessuti organici. L’esposizione prosegue con una seconda opera di Ronald Ventura, che pone l’attenzione sulle contraddizioni del mondo globalizzato. Home Theatre, Supper (2010) è un’installazione stratificata che si compone di due parti principali: in quella superiore vi è un dipinto che raffigura un ambiente caldo e accogliente, arredato in stile moderno, in cui spicca un mega-schermo sul quale sono trasmesse immagini di un’inondazione in un paese povero; nella parte inferiore vi è una scultura inserita in un vecchio televisore: come in un presepe post-moderno, una famiglia si riunisce per cena, consumando cibo in scatola, incurante delle tragedie che la circondano. Ventura utilizza due tecniche molto diverse, ma che sottolineano lo stesso paradosso: la superficialità della società consumistica che ha perduto il contatto con le proprie radici, le tradizioni, e il senso della comunità. Inc (2003) dell’artista statunitense Tony Oursler è un’opera che esplora il tema del disagio emotivo. L’artista è noto per i suoi video proiettati su oggetti tridimensionali, spesso superfici sferiche o manichini di stoffa, che si trasformano in soggetti parlanti. Le espressioni, le parole sussurrate, i movimenti degli occhi e della bocca stimolano nei visitatori processi mentali automatici di immedesimazione, suscitando un senso di straniamento. Il percorso espositivo si chiude infine con l’austriaco Alfred Haberpointner, che lavora il legno per realizzare quelli che definisce “oggetti a muro”, come Zentralisation - Diptychon (2015): una coppia di pannelli di abete rosso che partecipa tanto delle qualità della pittura - con il formato verticale e la collocazione a parete - quanto di quelle della scultura - con la tridimensionalità. Il legno è inciso in piccoli segmenti regolari, convergendo verso un centro prospettico; questo trattamento della superficie, completato dalla copertura con il colore, si apre all’interazione con l’ambiente circostante e con lo sguardo dello spettatore attraverso l’incidenza della luce. Chiude il percorso espositivo un ritratto fotografico di Marino Golinelli firmato da Giovanni Bortolani, 2065, il futuro è qui.

Un calendario di eventi di divulgazione scientifica, attività interattive e sperimentazioni in laboratorio rivolti a bambine e bambini, ragazze e ragazzi dai 4 ai 13 anni e alle loro famiglie accompagna la mostra per tutto il suo periodo di apertura. Tutti gli appuntamenti, in programma nei fine settimana, permetteranno ai partecipanti di conoscere da vicino le opere in mostra e di approfondire quegli scambi tra arte, scienza e tecnologia tanto cari a Marino Golinelli. In collaborazione con il Dipartimento Educazione della Collezione Peggy Guggenheim sono inoltre in programma numerose proposte didattiche dedicate alle scuole. Per info: mostra@fondazionegolinelli.it

La mostra ha il patrocinio della Regione Emilia-Romagna e del Comune di Bologna.

I Preferiti di Marino. Capitolo I è visitabile dal martedì al venerdì dalle 11 alle 19.30; sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 20 (compresi 31 marzo, 1 e 25 aprile, 1 maggio e 2 giugno). Chiuso il lunedì. Ingresso libero.

Per tutte le informazioni è possibile visitare il sito www.ipreferitidimarino.it

Allestimento. Foto di Giovanni Bortolani
Allestimento. Foto di Giovanni Bortolani
Giovanni Bortolani, Golinelli e Orso Portale (fotografia, 250,5 x 180 cm; Bologna, Fondazione Golinelli)
Giovanni Bortolani, Golinelli e Orso Portale (fotografia, 250,5 x 180 cm; Bologna, Fondazione Golinelli)
Giacomo Balla, Grande linea di velocità (terracotta su base di legno, 41 x 39 cm; Bologna, Collezione Golinelli)
Giacomo Balla, Grande linea di velocità (terracotta su base di legno, 41 x 39 cm; Bologna, Collezione Golinelli)
Lucy e Jorge Orta, Orta Water - Purification Station (2005; 804 x 295 x 168 cm; Bologna, Collezione Golinelli)
Lucy e Jorge Orta, Orta Water - Purification Station (2005; 804 x 295 x 168 cm; Bologna, Collezione Golinelli)
Nicola Samorì, Orobus (2008; 180 x 180 x 5 cm; Bologna, Collezione Golinelli)
Nicola Samorì, Orobus (2008; 180 x 180 x 5 cm; Bologna, Collezione Golinelli)
Ronald Ventura, Immortal Hunting (2015; metallo, resina e vetroresina, 193 x 420 x 60 cm; Bologna, Collezione Golinelli)
Ronald Ventura, Immortal Hunting (2015; metallo, resina e vetroresina, 193 x 420 x 60 cm; Bologna, Collezione Golinelli)
Tony Oursler, Inc, (2003; video e scultura in fibra di vetro, 53,5 x 71 x 30,5 cm; Bologna, Collezione Golinelli)
Tony Oursler, Inc (2003; video e scultura in fibra di vetro, 53,5 x 71 x 30,5 cm; Bologna, Collezione Golinelli)
Bjarne Melgaard, Untitled (2006; olio su tela, 200 x 300 cm; Bologna, Collezione Golinelli)
Bjarne Melgaard, Untitled (2006; olio su tela, 200 x 300 cm; Bologna, Collezione Golinelli)

Informazioni sulla mostra

Titolo mostraI preferiti di Marino. Capitolo I
CittàBologna
SedeFondazione Golinelli
DateDal 02/02/2024 al 02/06/2024
ArtistiGiacomo Balla, Nicola Samorì, David Hockney, Kazimir Malevich, Ronald Ventura, Candida Höfer
TemiArte contemporanea, Arte Moderna

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