Al Museo MarteS in mostra le tre tele Sorlini di Ceruti e l'unico suo documento autografo a oggi noto


Il Museo d’Arte Sorlini di Calvagese della Riviera (Brescia) ospita fino al 30 luglio 2023 la mostra “PerDiana! Giacomo Ceruti, capolavori tra Lombardia e Veneto”, che ruota attorno a tre opere di Ceruti della Collezione Sorlini. 

Fino al 30 luglio 2023 il Museo d’Arte Sorlini di Calvagese della Riviera (Brescia) ospita la mostra PerDiana! Giacomo Ceruti, capolavori tra Lombardia e Veneto, a cura di Stefano Lusardi. L’esposizione si sviluppa attorno a tre opere di Giacomo Ceruti già comprese nella Collezione Sorlini: La vecchia contadina, Il bravo e la grande tela Diana e le ninfe sorprese da Atteone, esposte pubblicamente al MarteS. Per questa occasione le tele Sorlini sono affiancate ad alcuni eccezionali prestiti, al fine di approfondire e contestualizzare l’evoluzione dello stile dell’artista che, dopo la “stagione dei pitocchi” del periodo bresciano, si confrontò con la cultura figurativa veneta, veneziana e internazionale del Settecento, giungendo ad elaborare composizioni di soggetto mitologico.

La mostra si propone come un percorso cronologico e tematico: da un lato, l’attenzione empatica per la gente del popolo e i poveri ascrivibile soprattutto all’esordio bresciano (di questa fase è testimonianza La vecchia contadina, 1730-1733), dall’altro gli esiti successivi al soggiorno in Veneto, testimoniati dalla grande tela commissionata dalla famiglia Calderara per l’omonimo Palazzo milanese, tra il 1740 e il 1743, e dedicata a Diana e le ninfe sorprese da Atteone.

La rassegna propone inoltre l’unico documento autografo di Giacomo Ceruti a noi giunto, datato 9 gennaio 1733, che chiarisce le ragioni della partenza da Brescia e ne definisce la data certa. La lettera venne stilata nel momento finale del periodo bresciano del pittore, costretto a lasciare la città per l’impossibilità di far fronte a impegni di carattere economico, ed è oggi custodita dall’Archivio di Stato di Brescia. Giunto in Veneto, Ceruti capì che la pittura più richiesta dalla ricca committenza era quella aggiornata al gusto veneziano e internazionale di Giovan Battista Pittoni, Tiepolo o dei grandi maestri internazionali, come gli esponenti della pittura rococò francese. Al cambiamento geografico di committenza seguì dunque un cambiamento stilistico, come testimoniato dalla grande opera di proprietà Sorlini, Diana e le ninfe sorprese da Atteone. Fondamentale l’accesso alla Collezione veneziana del Maresciallo di origine tedesca Johann Mathias von der Schulemburg, grande collezionista in rapporto con i maggiori artisti del suo tempo, che diede occasione a Ceruti di entrare in contatto con opere di artisti contemporanei come Sebastiano Ricci, Gianantonio Guardi, Giambattista Pittoni, Gianantonio Pellegrini. All’interno della Collezione Sorlini, e in mostra, è conservato un dipinto descritto negli inventari della Collezione Schulemburg: si tratta della tela con Santa Caterina d’Alessandria, realizzata tra il 1730 e il 1735 da Gian Antonio Pellegrini, di cui ancora oggi è visibile in basso a sinistra il “286”, numero che la riconduce alla raccolta del Maresciallo tedesco. Alla Collezione Schulemburg Ceruti contribuì con diverse opere, tra cui alcune nature morte, oggi divise tra collezioni pubbliche e private.

Acquisite nel 2007 dall’imprenditore Luciano Sorlini, le tre tele Sorlini sono considerate fondamentali all’interno del catalogo del pittore. Ben testimoniano gli esiti della produzione giovanile bresciana e la fase matura milanese del pittore. La vecchia contadina (1730-1733), contraddistinta da una qualità così alta da impedire efficaci paragoni pittorici, costituisce di per sé un documento figurativo di impressionante valore, tanto che per la sua iconicità è stata definita “una delle opere indimenticabili del Settecento europeo”. Le fa da pendant Il bravo: le dimensioni e le cornici sono identiche, ma la stesura più larga e meno minuziosa rispetto a quella che rende viva la Vecchia contadina, sembra quasi sia stata differenziata per permettere ancora di più l’innalzamento della figura femminile verso uno dei vertici irripetibili della produzione del Pitocchetto. La Vecchia contadina venne ritrovata dal conte bresciano Fausto Lechi nel 1953, come riportato nel carteggio inedito conservato presso la Fondazione Roberto Longhi di Firenze, all’interno delle raccolte del barone Alessandro Augusto Monti della Corte a Nigoline di Corte Franca (Brescia). L’opera venne immediatamente inviata alla grande mostra milanese che Roberto Longhi dedicò ai Pittori della realtà a Palazzo Reale. La mostra sancì l’importanza de La vecchia contadina perché estremamente esemplificativa della produzione pauperista del pittore e in un eccellente stato di conservazione. Se Il bravo e la Vecchia contadina appartengono alla produzione del periodo bresciano, la monumentale composizione con Diana e le ninfe sorprese da Atteone (1740-1743) testimonia l’adesione di Ceruti alla grande pittura veneta del Settecento. L’opera è eccezionale per il formato ed appartiene ad un ciclo che conta altre due tele dedicate alle storie di Diana, realizzate per Palazzo Calderara a Milano. Quella in mostra, di oltre 12 metri quadrati è l’unica visibile al pubblico grazie alla volontà Sorlini. Ceruti rimane sempre fedele a se stesso e alla realtà, declinando anche le eleganze francesi di Boucher in una parlata genuina, reale e concreta come dimostrano le ninfe procaci, i brani naturalistici delle rocce, della vegetazione, i cani estrapolati da modelli incisori ben conosciuti e opportunamente adoperati con disinvoltura e intelligenza.

Per contestualizzare l’importanza delle tre opere Sorlini, la mostra, accompagnata da un catalogo scientifico curato da Francesco Ceretti, si avvale di importanti prestiti. Agli anni in cui Ceruti ultimò La vecchia contadina risale quello che, ad oggi, è l’unico documento autografo di Ceruti: una lettera stilata nel momento finale del periodo bresciano, scritta e firmata dal pittore. Grazie alla collaborazione con l’Archivio di Stato di Brescia, il visitatore potrà vedere, leggere e ascoltarne il contenuto di quella che, al momento, è l’unico documento autografo di Ceruti: scritto e firmato dal pittore. A questa fase giovanile è stato riferito un disegno reso noto nel 1966 da Giovanni Testori e confermato da Mina Gregori (1982). La mostra permette di rivedere questo foglio, con la nuova corretta attribuzione, dopo un silenzio di quasi sessant’anni. Autentica novità è il disegno Studio per Diana (1740-1743) ritrovato dallo studioso Francesco Frangi nel 1989, mai esposto finora e concesso dalla Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano. Questa sanguigna conferma che Ceruti trasse la figura di Diana da un’acquaforte realizzata da Michel Aubert, che a sua volta tradusse un’invenzione di François Boucher. Il fatto evidenzia l’attenzione del pittore rispetto alla pittura rococò internazionale. Condivide questo clima un capolavoro assoluto del veneziano Giambattista Pittoni (Venezia, 1687-1767) Diana e le Ninfe (1723-1725) di proprietà delle Civiche raccolte di Vicenza e giunto da Palazzo Chiericati. L’opera rappresenta lo stesso soggetto della tela Sorlini e istituisce un confronto iconografico immediato con l’opera di Ceruti. Questa tela di Pittoni è un esempio del tipo di produzione contemporanea e perfettamente aggiornata cui Ceruti aspirava e tendeva nell’intento di conquistare e accontentare la più esigente committenza.

Il concept grafico della mostra intende sintetizzare le due anime del pittore, con l’immagine della Vecchia contadina che si sovrappone a quella della dea Diana. Per Diana! è un’esclamazione desueta (e qui anche ironica nella sua accezione rivolta allo stupore e alla meraviglia suscitata dall’immagine seducente della dea): condensa il percorso dell’autore, che dai pitocchi bresciani evolve in direzione dei modelli iconografici osservati durante il soggiorno veneto, verso quella Diana ritratta nella grande tela in mostra.

PerDiana! è il primo progetto espositivo interamente prodotto dal MarteS. Nel Salone di Diana al piano nobile di Palazzo Sorlini, la mostra evidenzia l’evoluzione della parabola artistica del pittore, anche in rapporto alla vicenda collezionistica dell’imprenditore bresciano Luciano Sorlini. Quest’ultimo cominciò ad acquistare dipinti antichi per le dimore alla fine degli anni Sessanta. Al 1968 risale l’acquisizione delle allegorie dell’Autunno e dell’Inverno, ritenute autografe da Roberto Longhi e Stefano Bottari, e ancora oggi esposte nel Museo MarteS. L’allestimento, scenografico e coinvolgente, ricerca la suggestione attraverso voci e suoni, scelti per ambientare la produzione e le vicende di Giacomo Ceruti. La mostra propone un breve filmato RAI del 1953 dedicato alla mostra milanese che si tenne a Palazzo reale e che chiude emblematicamente sulle “mani laboriose” della vecchia contadina, oggi Sorlini.

Per info: www.museomartes.com

Orari: Mercoledì e venerdì dalle 10 alle 15; sabato e domenica dalle 10 alle 18.

Informazioni sulla mostra

Titolo mostra PerDiana! Giacomo Ceruti, capolavori tra Lombardia e Veneto
CittàCalvagese della Riviera
SedeMuseo d'Arte Sorlini
DateDal 07/05/2023 al 30/07/2023
ArtistiGiacomo Ceruti
CuratoriStefano Lusardi
TemiSettecento

Al Museo MarteS in mostra le tre tele Sorlini di Ceruti e l'unico suo documento autografo a oggi noto
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