Artemisia Gentileschi come non s'era mai vista. Restaurata e svelata l'Inclinazione


Artemisia Gentileschi come non si era mai vista. È stata restaurata l’Allegoria dell’Inclinazione di Casa Buonarroti, e con una simulazione sono stati anche tolti i veli aggiunti per coprirle le nudità. Ecco come si presentava l’opera in antico.

Artemisia Gentileschi come non la si era mai potuta vedere per secoli. A Casa Buonarroti, la mostra Artemisia nel museo di Michelangelo, in mostra fino all’8 gennaio 2023, svela i risultati dell’intervento sull’Allegoria dell’Inclinazione, l’opera che Artemisia Gentileschi (Roma, 1593 – Napoli, post 1654) eseguì proprio per questa casa, dove nel 1616 abitava il nipote di Michelangelo, Michelangelo Buonarroti il Giovane, che commissionò una serie di pannelli raffiguranti le virtù del suo grande antenato scultore a molti importanti artisti del tempo. Artemisia si raffigurò nei panni dell’inclinazione, completamente nuda: quell’opera, ritenuta evidentemente scabrosa, fu poi coperta in epoca successiva con veli che celavano le nudità di Artemisia, dipinti da un importante artista toscano del Seicento, Baldassarre Franceschini detto il Volterrano. I veli non sono stati rimossi dal dipinto originale, che è stato restaurato senza alterazioni rispetto all’intervento del Volterrano, ma sono stati tolti con una simulazione virtuale che mostra quello che si trova al di sotto delle ridipinture: la mostra consente dunque di vedere l’opera così com’era stata immaginata.

La mostra, curata dal direttore del museo, Alessandro Cecchi, e progettata da Massimo Chimenti di Cultura Nuova, si svolge nelle tre sale al piano terra di Casa Buonarroti. La prima sezione colloca Artemisia nel contesto della sua nuova città, Firenze, dove si trovò a far parte della cerchia sociale e culturale del poeta Michelangelo il Giovane. Qui diventerà la prima pittrice donna a essere ammessa all’Accademia del Disegno, farà la conoscenza di Galileo Galilei e otterrà commissioni dai vertici della società fiorentina, tra cui il granduca Cosimo II. Particolarmente degna di nota è la Maddalena penitente di Artemisia, proveniente dalla Galleria Palatina (Gallerie degli Uffizi), recentemente restaurata presso l’Opificio delle Pietre Dure. La seconda sala presenta l’Allegoria dell’inclinazione recentemente restaurata, la prima opera commissionata registrata di Artemisia a Firenze, e spiega come questo dipinto si inserisca nel programma iconologico ideato da Michelangelo il Giovane per la Galleria di Casa Buonarroti, con il fine di rappresentare le numerose e straordinarie qualità del maestro rinascimentale. Nella terza sala della mostra è presente un video che documenta l’intero processo di restauro effettuato in loco a Casa Buonarroti, dove i visitatori hanno potuto vedere il dipinto ‘da vicino’ ed interagire con la restauratrice.

Perché i veli non sono stati rimossi dall’originale? Lo spiega la restauratrice responsabile dell’intervento, Elizabeth Wicks. “Il progetto Artemisia UpClose è stato concepito sapendo che i drappeggi del Volterrano non sarebbero stati rimossi per due motivi,” spiega Wicks. “In primo luogo, la rimozione degli spessi strati di pittura a olio applicati dal Volterrano meno di cinquant’anni dopo la realizzazione dell’originale avrebbe potuto mettere a rischio le delicate velature di Artemisia che si trovano appena sotto la sovrapittura. In secondo luogo, i veli sono stati applicati da un importante artista del tardo barocco e fanno ormai parte della storia del dipinto. Utilizzando immagini diagnostiche, il team di restauro è stato in grado di rintracciare i contorni originali della figura dell’Inclinazione nascosta dai panneggi aggiunti”, spiega la capo restauratrice. “Grazie all’avanzata tecnologia digitale adattata per il restauro, è ora possibile vedere la ricostruzione dell’Inclinazione, così come fu originariamente dipinta da Artemisia Gentileschi”.

Un’accurata campagna diagnostica, che ha combinato sofisticate tecniche di imaging e analisi chimiche, ha supportato questo restauro e ha permesso ai conservatori di identificare i pigmenti e la tecnica pittorica di Artemisia. I restauratori hanno appreso, ad esempio, che l’artista ha risparmiato il suo prezioso pigmento di lapislazzuli utilizzandone pochissimo sulle parti del cielo blu che sarebbero state poi coperte dalla struttura architettonica del soffitto. Attraverso un lavoro investigativo, i restauratori hanno scoperto due restauri successivi, risalenti agli anni Sessanta e Settanta del XIX secolo. Queste sovra-pitture successive, così come lo sporco e le vernici scolorite, sono state ora rimosse, rivelando una parte più consistente del lavoro originale di Artemisia e dei suoi colori brillanti. Prima di completare il lavoro sulla superficie pittorica, è stato eseguito un restauro strutturale completo del dipinto. L’intervento ha previsto il consolidamento degli strati pittorici, migliorando sia le distorsioni superficiali che quelle della tela, l’applicazione di una doppia serie di strisce di tela al perimetro della tela originale e la sostituzione del colino con un tenditore espandibile, che permette di regolare la tensione della tela.

Artemisia Gentileschi, Allegoria dell'inclinazione, dopo il restauro (1616; olio su tela, 152 x 61 cm; Firenze, Casa Buonarroti)
Artemisia Gentileschi, Allegoria dell’inclinazione, dopo il restauro (1616; olio su tela, 152 x 61 cm; Firenze, Casa Buonarroti)
L'opera prima del restauro
L’opera prima del restauro
Simulazione dell'opera senza veli
Simulazione dell’opera senza veli

“Quella singolare Allegoria dell’Inclinazione che, dipinta nel 1616 su commissione di Michelangelo Buonarroti il Giovane, dava simbolicamente il via alla celebrazione per immagini delle virtù di Michelangelo Buonarroti – il ‘divino artista e poeta – nel soffitto della Galleria nella casa di famiglia, è il cuore della mostra dedicata ad Artemisia Gentileschi e al suo soggiorno a Firenze”, dice Cristina Acidini, Presidente della Fondazione Casa Buonarroti. “L’eccellente intervento conservativo che ha preceduto la mostra e la mostra stessa sono stati resi possibili dal generoso sostegno di promotori e finanziatori non italiani di nascita, ma appassionati ammiratori dell’arte italiana e fiorentina in particolare: Calliope Arts e Christian Levett. In piena collaborazione con lo staff della Fondazione Casa Buonarroti, gli sponsor hanno inteso valorizzare non solo un capolavoro particolarmente vicino alla loro sensibilità, attenta all’arte delle donne, ma altre parti significative del percorso museale della Casa, un autentico gioiello del patrimonio culturale fiorentino che merita d’esser visitato da cittadini e turisti.”

“La mostra”, aggiunge il direttore, “unisce la documentazione sul restauro e le indagini diagnostiche di corredo a nuove considerazioni storiche artistiche originate dall’intervento che ci si augura possa costituire il primo di una lunga serie per il recupero dei dipinti della Galleria Buonarrotiana e delle attigue sale seicentesche”.

“L’Inclinazione, già di per sé interessante, è stata resa più affascinante dalla censura della figura allegorica nuda originale, per ordine di Leonardo Buonarroti, discendente di Michelangelo, con l’aggiunta di pesanti veli per coprire la nudità (e preservare così il pudore delle donne della casa)”, spiega Wayne McArdle, co-donatore e co-fondatore di Calliope Arts, un ente no profit con sede a Firenze e a Londra che promuove la conoscenza pubblica e il riconoscimento di arte, letteratura e storia sociale da una prospettiva al femminile. “La possibilità di ’svelare’ virtualmente questa figura, rivelando l’immagine originariamente dipinta da Artemisia, ha trasformato un restauro ‘ordinario’ in una ricerca per scoprire la donna dietro i veli”.

Il volume, Artemsia UpClose, in lingua inglese (The Florentine Press, 2023), che contiene saggi di studiosi rinomanti a livello mondiale, sarà accompagnato da una serie di pubblicazioni in italiano intitolate “Buonarrotiana” (2023) contenenti ricerche di specialisti su Artemisia e la sua epoca. Seguirà un ciclo di conferenze con importanti ospiti. “Vogliamo rendere Artemisia Gentileschi un nome familiare e suscitare interesse per le sue opere d’arte innovatrici”, spiega la co-sponsor Margie MacKinnon. “La sua storia è così drammatica, i suoi dipinti così potenti e i suoi risultati così impressionanti che la gente si chiede: Perché non ho mai sentito parlare di lei prima, e chi sono le altre artiste che dovrei conoscere?”

“Nel corso della storia, gli artisti sono stati non solo i custodi ma anche i creatori della cultura”, aggiunge il co-sponsor del progetto, Christian Levett, collezionista inglese fondatore del Femmes Artistes du Musée de Mougins (primavera 2024) e della casa-galleria Levett Collection di Firenze, che ospita opere d’arte delle maggiori esponenti dell’Espressionismo Astratto. “Questo era vero per Artemisia ai suoi tempi, quando iniziò a mettere le eroine al centro delle sue tele. La particolarità di Artemisia è che continua ad essere una forza trainante per la cultura di oggi, e questa mostra e il restauro rivelano le sue capacità che completano la sua personalità iconica”.


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