In Francia spunta un altro esemplare del David di Guido Reni


Spunta in Francia un nuovo esemplare del David con la testa di Golia, una delle opere più famose di Guido Reni. Secondo l’antiquario Éric Turquin, potrebbe essere il dipinto che il duca di Modena, Francesco I d’Este, commissionò al grande pittore bolognese.

Spunta in Francia un esemplare del celebre Davide con la testa di Golia di Guido Reni (Bologna, 1575 – 1642), i cui esemplari più noti sono quelli conservati agli Uffizi e al Louvre. A darne notizia è la Gazette Drouot, giornale francese di antiquariato: secondo quanto riporta la testata, a considerare il dipinto un autografo è l’antiquario francese Éric Turquin, che ha studiato l’opera appartenente ai discendenti del generale Pierre Antoine Dupont de l’Étang (1765-1840), ministro del governo francese in Piemonte quando la regione venne annessa alla Francia all’epoca di Napoleone. I proprietari non avevano mai preso in seria considerazione di ritenere il loro dipinto un originale, dal momento che ritenevano che l’originale potesse essere solo quello conservato al Louvre.

I proprietari, tuttavia, si sono messi di recente in contatto con Turquin per avere un parere sull’opera, forti del fatto che il generale Dupont de l’Étang, secondo loro, acquistò l’opera a Torino, e fece poi rintelare e incorniciare il David quando tornò in Francia prese possesso dell’Hôtel de Beauvau, oggi sede del Ministero dell’Interno francese.

Attribuito a Guido Reni, Davide con la testa di Golia (olio su tela, 227 x 145,5 cm)
Attribuito a Guido Reni, Davide con la testa di Golia (olio su tela, 227 x 145,5 cm)

Sono diversi gli esemplari del Davide con la testa di Golia. Oltra a quelli del Louvre e degli Uffizi, ci sono Davide e Golia di Guido Reni a Dresda, Firenze, Monaco e Orléans... Sono oggi classificati per “tipologie” come “Créquy”, “La Vrillière”, “Volponi”. Quello appena scoperto dovrebbe appartenere alla categoria detta “Este”. Nel gennaio del 1633, Francesco I d’Este, duca di Modena, acquisì infatti il “suo” Davide e Golia di Guido Reni, per tramite di Cornelio Malvasia, cugino del principale biografo del pittore, Carlo Cesare Malvasia. Quasi un secolo dopo, il dipinto figurava nella collezione del principe Eugenio di Savoia, al Belvedere di Vienna, e fu acquistato in seguito dal cugino Carlo Emanuele III di Savoia, re di Sardegna, duca di Savoia e principe di Piemonte, nipote di Filippo d’Orléans e di Enrichetta d’Inghilterra.

In una nota manoscritta nel catalogo della collezione del principe Eugenio del 1737, Alessandro Baudi di Vesme, curatore della Galleria Sabauda, indicava che l’opera era stata requisita per la Galleria Nazionale Francese dal generale Dupont. Tuttavia, non compare nel catalogo dei diciotto dipinti di Guido Reni trasferiti ufficialmente nel 1799. Pierre Antoine Dupont de l’Étang non era solo un militare: nel tempo libero era poeta, e curò anche traduzioni delle Odi di Orazio. Era inoltre appassionato d’arte, e aveva in mente di trovare uno spazio adeguato per le sue collezioni quando acquistò l’Hôtel de Beauvau nel 1807. Turquin è convinto che il dipinto appena riscoperto sia pertanto quello voluto dal duca di Modena, poi transitato per le raccolte dei Savoia, e infine arrivato in Francia. C’è comunque da dire che già qualche anno fa, nel 2012, si tentò di legare alla commissione estense un altro David di Guido Reni, quello passato in asta quell’anno da Sotheby’s, con stima 3-5 milioni di sterline.

“L’occhio”, si legge sulla Gazette Drouot, “si sofferma innanzitutto su questa mano sospesa, trattata con una soavità di modellazione che non potrebbe essere più seducente. Né troppo sanguigna né troppo lattiginosa. Il rosa mielato dell’incarnato, con la patina di bruni ambrati, la freschezza bluastra dell’incarnato, è mozzafiato. Il tocco conferisce al gesto una tensione magica e nobile. Sotto il braccio, il drappeggio di lapislazzuli è un momento eccezionale, il cui gioco di luci e ombre è trattato con una scienza cromatica veneziana. Il blu, saturo, quasi minerale, evoca la preziosa densità del marmo – o meglio della pietra da cui prende il nome – e sembra scolpito piuttosto che dipinto. Le pieghe, ampie e raccolte, sono costruite grazie alle velature da riflessi di luce intensa, simili ai riflessi dell’ardesia o allo scintillio dell’ematite. Mai nere, le ombre, che offrono un’impressione di profondità architettonica, sono una lezione di grigi bluastri e malva nebbiosi”.

Al momento, non risultano ancora studi approfonditi attorno a questo dipinto, ma qualcosa dovrebbe uscire a breve, anche perché il dipinto verrà offerto in asta a novembre: la stima è di 2-4 milioni di euro.


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