Mondi impossibili: la Relatività di Escher nel Labirinto di Jareth

Cineart

2011, Quarta puntata

Il film Labyrinth del 1986 (regia di Jim Henson, con David Bowie e Jennifer Connelly) propone citazioni che rimandano all'arte di Maurits Cornelis Escher, il famosissimo incisore olandese autore delle note prospettive impossibili, ovvero rappresentazioni che non potrebbero avere senso nella realtà in quanto contrarie alle leggi geometriche. Nell'articolo Chiara ci parla del film e ci illustra alcune delle incisioni di Escher.

Capita spesso che i figli degli anni '80 abbiano nei loro ricordi d'infanzia il film Labyrinth, girato nel 1986 da Jim Henson. Appartenente al genere fantastico, questo film racconta le peripezie di Sarah (Jennifer Connelly), una ragazza dalla vivida immaginazione, attraverso un insidioso labirinto per salvare il fratellino Toby rapito dal re dei goblin, Jareth (David Bowie). Durante l'ennesima serata costretta in casa a badare a Toby, Sarah esprime infatti il desiderio che i goblin protagonisti del suo libro preferito “Labyrinth” lo portino via. Detto fatto, con questa semplice richiesta, il suo mondo fantastico prende vita e si sovrappone al mondo reale, inglobandola in un'avventura che la porterà a conoscere una serie di personaggi curiosi e a fronteggiare infine Jareth riportando a casa suo fratello.

In questa sovrapposizione del fantastico al reale ritroviamo nel Labirinto oggetti ed elementi della vita di Sarah tramutati in strani esseri viventi e situazioni precise (per esempio il suo cane diventa il destriero dell'improbabile Sir Dydimus e i folletti con gli arti smontabili hanno le fattezze di un suo giocattolo). È proprio in questo frangente che prende corpo una citazione artistica ben riconoscibile. Sarah ha infatti nella sua stanza un poster con una riproduzione di Relatività (1953) di Maurits Cornelis Escher. La litografia dell'artista raffigura un ambiente diviso da rampe di scale che ribaltano la normale percezione dello spazio, rendendo le pareti soffitti e i soffitti pavimenti. L'ambientazione di quest'opera diventa lo scenario in cui Jareth fa ritrovare a Sarah il bambino e dove i tre personaggi si confrontano, inseguendosi e sfuggendosi tra le scale di questo ulteriore labirinto, sfidando le consuete leggi della fisica.

Una delle caratteristiche della produzione artistica di Escher (1898-1972) è proprio quella di indagare la struttura dello spazio e del piano, nonché le relazioni che intercorrono tra i due, partendo dallo studio canonico delle griglie prospettiche, ma sconvolgendo il senso comune della percezione. Le sue opere dunque non sono costruite a caso sulla base del solo estro illusionista, ma hanno un solido legame con la geometria. Relatività per esempio prende corpo a partire da tre corrette visioni in prospettiva fuse tra loro e generate da tre punti di fuga posti al di fuori del disegno stesso, formanti i vertici di un ideale triangolo equilatero.

Le incisioni e le litografie dell'artista olandese suscitarono, proprio per questi motivi, l'interesse di fisici e matematici ancor prima dell'attenzione dei critici d'arte e, tuttora, Escher rimane un outsider rispetto ogni classificazione, sebbene sia stata ravvisata in lui una vicinanza con Magritte, giusto per la comune tendenza a creare mondi impossibili.

Relatività non è la sua sola opera ad articolare diversi spazi entro un'unica immagine usando l'escamotage delle rampe di scale. Variazioni sul tema sono infatti costituite da Casa di scale (1951) e Concavo e Convesso (1955). Nel primo lo spazio è suddiviso da una serie di scalinate su cui strisciano strani esseri: qui non è compromessa la gravità, ma c'è piuttosto alla base uno studio della prospettiva del cilindro che provoca una curvatura dell'immagine ai suoi lati. Nel secondo invece ritorna l'effetto “sottosopra” di Relatività: l'ambiente raffigurato infatti è determinato da una simmetria assiale, ma ribaltata (come suggerisce il titolo), cosicché ci troviamo nuovamente di fronte a soffitti che diventano pavimenti e forme che diventano il loro opposto, in una composizione che dà le vertigini.

Una volta notata in “Labyrinth” la citazione di Relatività, ne salta agli occhi un'altra di probabile matrice escheriana. Nel corso del film vediamo spesso Jareth maneggiare abilmente piccole sfere incantate tramite le quali può controllare lo spazio e il tempo all'interno dei suoi domini. Visti i legami con Escher, questa immagine riporta alla mente altre sue litografie dedicate allo spazio riflesso e ai solidi geometrici: Mano con globo riflettente (1935), un autoritratto con probabili reminiscenze di pittura fiamminga (una fra tutte il dettaglio dello specchio dei Coniugi Arnolfini di Van Eyck, 1434) e Sfere in una delle sue varie elaborazioni nel corso dei decenni.

Sebbene le tematiche trattate da Escher nelle sue litografie non si esauriscano qui, ma tocchino anche aspetti quali la divisione regolare del piano, la metamorfosi e il rapporto tra bidimensionalità e tridimensionalità, il senso della sua opera trova un giusto posto in “Labyrinth”. Come detto prima la natura immaginaria e pragmaticamente impossibile della vicenda di Sarah prende le mosse da elementi della sua vita reale che lei traspone in un mondo fantastico da lei stessa evocato. Esattamente come gli studi di Escher, che creano mondi improbabili partendo dalla codificazione rinascimentale delle leggi prospettiche e dalla sua manipolazione, trasformando l'immagine quotidiana in un universo parallelo dove tutto è possibile.

Chiara Zucchellini








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