10 punti per capire l'arte di Vilhelm Hammershøi


Protagonista di una recente riscoperta, Vilhelm Hammershøi, in mostra fino al 29 giugno 2025 a Rovigo (Palazzo Roverella), è un pittore estremamente moderno ed è una delle figure più affascinanti dell’arte europea tra XIX e XX secolo. Per quali ragioni? Ecco qui 10 punti, articolati, per capire la sua arte. 

Vilhelm Hammershøi (Copenaghen, 1864 – 1916) è una delle figure più affascinanti della pittura europea a cavallo tra XIX e XX secolo. Nato a Copenaghen, fu uno dei più grandi artisti danesi del suo tempo e sperimentò una gran varietà di generi, dedicandosi a ritratti, paesaggi e, soprattutto, agli interni domestici che lo hanno reso celebre. Nel 2025, per la prima volta dopo più di cento anni che una selezione di sue opere non si vedeva in Italia, Palazzo Roverella a Rovigo ha dato al pubblico italiano la possibilità di vedere una mostra a lui dedicata, Hammershøi e i pittori del silenzio tra il Nord Europa e l’Italia, a cura di Paolo Bolpagni (dal 22 giugno al 29 giugno 2025, qui la recensione di Ilaria Baratta).

Le sue opere di Hammershøi si distinguono per una tavolozza cromatica limitata, composta prevalentemente da grigi, bianchi e toni terrosi, e per una composizione minimalista che trasmette un senso di quiete e introspezione. Spesso, i suoi dipinti raffigurano ambienti spogli, illuminati da una luce soffusa, con figure femminili di spalle, immerse in attività quotidiane o semplicemente in contemplazione. Questa scelta stilistica conferisce alle sue opere un’atmosfera sospesa, quasi onirica, che invita lo spettatore a una riflessione silenziosa. Hammershøi è stato influenzato dai maestri olandesi del XVII secolo, come Vermeer e de Hooch, e da artisti contemporanei. Tuttavia, ha sviluppato un linguaggio visivo unico, caratterizzato da una rappresentazione della realtà filtrata attraverso una lente fatta di austerità e mistero. Le sue opere non raccontano storie esplicite, ma suggeriscono emozioni e stati d’animo attraverso la composizione, la luce e l’assenza di elementi narrativi tradizionali.

I suoi dipinti si prestano a un’osservazione lenta e concentrata. E per comprendere la sua arte, è necessario ripercorrerne i temi, i metodi e la biografia. Di seguito, dieci punti chiave per orientarsi nel mondo poetico e sospeso di Vilhelm Hammershøi.

Vilhelm Hammershøi, Doppio ritratto dell’artista e della moglie visti attraverso uno specchio (1911; olio su tela, 55,2 × 76 cm collezione privata)
Vilhelm Hammershøi, Doppio ritratto dell’artista e della moglie visti attraverso uno specchio (1911; olio su tela, 55,2 × 76 cm collezione privata)

1. La sua formazione: il retroterra su cui nasce la sua singolare poetica

Vilhelm Hammershøi mostrò sin da bambino una predisposizione per il disegno, che la madre Frederikke incoraggiò con determinazione. A otto anni studiava già prospettiva e ombre sotto la guida del disegnatore Niels Christian Kierkegaard. Il padre, più defilato nella biografia dell’artista, contribuì comunque al sostegno economico e affettivo. Nelle lettere al fratello Otto, Vilhelm ricorda con gratitudine regali natalizi legati all’arte ricevuti da genitori e nonna. Questo ambiente familiare solido e colto fu decisivo per la sua formazione. La madre documentava meticolosamente ogni fase della crescita artistica del figlio, e così facendo ha lasciato ai posteri un archivio prezioso.

La precoce educazione accademica, unita a un carattere introverso e riflessivo, forgia fin da subito l’indole silenziosa e contemplativa dell’artista. Un’introversione che diverrà cifra stilistica e umana dell’intera sua opera. Dopo gli studi privati, Hammershøi frequentò la Kongelige Danske Kunstakademi (Accademia Reale Danese d’Arte), seguita dalla Kunstnernes Frie Studieskoler (Scuola di Studio Indipendente per artisti), dove fu allievo di Peder Severin Krøyer. L’ambiente accademico gli fornì basi solide: anatomia, studio dal vero, uso sapiente della luce. Uno dei suoi primi lavori, Studio di nudo maschile visto di spalle, in esposizione a Rovigo, mostra già l’interesse per corpi immersi nell’ombra, affioranti dalla penombra. Ma ciò che lo distingue da altri studenti è l’immediatezza con cui inizia a sviluppare uno stile personale. Mentre infatti molti suoi coetanei si orientavano verso un naturalismo diretto, Hammershøi sceglieva l’indagine interiore. La formazione accademica diventa per lui punto di partenza, non di arrivo: la sua arte prende presto una via propria, silenziosa, raccolta, assolutamente riconoscibile.

Vilhelm Hammershøi, Studio a carboncino di nudo maschile visto di spalle (1884 circa; carboncino su carta, 412 x 285 mm; Collezione privata)
Vilhelm Hammershøi, Studio a carboncino di nudo maschile visto di spalle (1884 circa; carboncino su carta, 412 x 285 mm; Collezione privata)

2. L’influenza dei maestri olandesi, da Vermeer e de Hooch

L’opera di Hammershøi si inserisce in una tradizione pittorica che trova nella scuola olandese del Seicento uno dei suoi riferimenti più importanti. L’influenza di pittori come Johannes Vermeer, Pieter de Hooch, Gerard ter Borch, Samuel van Hoogstraten, Gabriel Metsu, Nicolaes Maes e diversi altri è visibile soprattutto nell’uso della luce, nella composizione degli interni domestici e nella rappresentazione della quotidianità attraverso gesti minimi.

“Sono pittori”, ha scritto Paolo Bolpagni, “caratterizzati da un approccio intimista, da colori piuttosto trattenuti e dalla scelta di soggetti che saranno quelli di Hammershøi: nitide e spoglie architetture (è soprattutto il caso di Saenredam), porte e finestre da cui entra una luce tersa, interni domestici taciti e calmi, spesso privi di presenze umane, o con donne raffigurate di spalle mentre cuciono, leggono, suonano il virginale o spazzano il pavimento”.

Come Vermeer, Hammershøi mostra una profonda attenzione per la luce naturale, che entra da una finestra laterale e definisce la scena con grande delicatezza. Ma mentre Vermeer utilizza spesso il colore per vivacizzare la composizione e raccontare storie intime, Hammershøi ne riduce l’impatto, scegliendo una sobrietà cromatica che accentua la distanza emotiva. Più in generale, dalla pittura olandese del Seicento, Hammershøi eredita invece l’uso dello spazio domestico come luogo di rappresentazione della realtà ordinaria. Tuttavia, nei quadri di Hammershøi manca quella narrazione esplicita: le sue stanze non raccontano episodi familiari, ma trasmettono stati d’animo.

Gerard ter Borch, Il messaggio. Donna che legge una lettera e messaggero (1658?; olio su tela, 51 × 38 cm; Lione, Musée des Beaux-Arts)
Gerard ter Borch, Il messaggio. Donna che legge una lettera e messaggero (1658?; olio su tela, 51 × 38 cm; Lione, Musée des Beaux-Arts)

3. La poetica del silenzio: l’arte della quiete interiore

Hammershøi è spesso definito “il pittore del silenzio” (leggi qui un approfondimento di Ilaria Baratta) per la capacità di trasmettere, attraverso le sue opere, un senso profondo di quiete e introspezione. I suoi interni domestici, spogli e ordinati, sono permeati da un’atmosfera di calma sospesa, dove ogni elemento sembra essere al suo posto e contribuisce a creare un ambiente meditativo. La scelta di rappresentare figure umane di spalle o immerse in attività solitarie accentua questa sensazione di isolamento e contemplazione.

La luce gioca un ruolo fondamentale nelle sue composizioni, filtrando delicatamente attraverso le finestre e illuminando gli ambienti con una luminosità tenue e diffusa. Questo uso della luce non solo definisce lo spazio, ma contribuisce anche a creare un’atmosfera eterea e senza tempo. La mancanza di dettagli narrativi o simbolici espliciti invita lo spettatore a proiettare le proprie emozioni e riflessioni nell’opera, rendendo ogni dipinto un’esperienza personale e unica.

Vilhelm Hammershøi, La porta bianca (1888; olio su tela, 61 x 51 cm; Copenaghen, SMK - Statens Museum for Kunst, inv. KMS7246)
Vilhelm Hammershøi, La porta bianca (1888; olio su tela, 61 x 51 cm; Copenaghen, SMK - Statens Museum for Kunst, inv. KMS7246)

4. Il suo appartamento a Strandgade 30 è stato il suo teatro dell’intimità

L’appartamento di Hammershøi al numero 30 di Strandgade, nel quartiere di Christianshavn a Copenaghen, è stato il soggetto principale di molte delle sue opere più celebri. Vissuto lì con la moglie Ida dal 1898 al 1909, questo spazio domestico divenne il palcoscenico ideale per esplorare temi di solitudine, introspezione e bellezza nell’ordinario.

Le stanze, arredate in modo minimalista e dipinte con tonalità chiare e neutre, offrivano un ambiente ideale per sperimentare con la luce naturale e le composizioni geometriche. Hammershøi spesso rappresentava gli stessi ambienti da diverse angolazioni o con variazioni minime, come una porta aperta o chiusa, una sedia spostata o un oggetto aggiunto, e così facendo riusciva a creare diverse variazioni sul tema, che enfatizzavano la quiete e la ripetizione.

Hammershøi compone le stanze come scenografie: i suoi dipinti, “che raffigurano angoli, pareti e finestre della loro casa da diverse prospettive e in condizioni di luce differenti”, ha scritto la studiosa Annette Rosenvoldt Hvidt, “sono diventati vere e proprie icone, che hanno ispirato artisti, registi, scrittori e architetti. Hammershøi adotta un metodo simile a quello di uno scenografo, allestendo gli ambienti della casa che intende dipingere. Nel corso di questo processo, aggiunge o rimuove figure, mobili e oggetti, e spesso taglia l’immagine ripiegando una parte della tela sul retro: in questo modo, riesce a creare una sua versione dell’interno, ottenendo esattamente l’immagine desiderata. Per la stessa ragione, omette spesso alcuni particolari, come le maniglie delle porte, ritaglia i mobili e inquadra la realtà secondo un’angolazione tutta personale, ingrandendo alcuni fenomeni e manipolando ciò che vede per creare un’immagine assolutamente individuale”.

Strandgade 30 non è solo un luogo fisico, ma diventa un simbolo della ricerca artistica di Hammershøi, un microcosmo attraverso il quale esplorare temi universali di tempo, spazio e percezione.

Vilhelm Hammershøi, Interno, Strandgade 30 (1905; olio su tela, 46,5 x 38,6 cm; Amburgo, Hamburger Kunsthalle, inv. HK-5708)
Vilhelm Hammershøi, Interno, Strandgade 30 (1905; olio su tela, 46,5 x 38,6 cm; Amburgo, Hamburger Kunsthalle, inv. HK-5708)

5. La moglie Ida Ilsted è stata la sua musa silenziosa e presenza costante nella sua vita

Ida Ilsted, sorella del pittore Peter Ilsted, amico di Hammershøi, sposo Vilhelm nel 1891. E diventò una figura centrale nella sua opera: appare in numerosi dipinti, spesso raffigurata di spalle o immersa in attività quotidiane. La sua presenza discreta e silenziosa contribuisce a creare l’atmosfera di introspezione e mistero che caratterizza le opere dell’artista.

La collaborazione tra Vilhelm e Ida riflette una profonda intesa artistica e personale, in cui la fiducia e la comprensione reciproca permettono di esplorare temi complessi attraverso la semplicità apparente delle scene rappresentate. Non è semplice spiegare il rapporto tra i due: “ Si potrebbe pensare a lei come a una musa”, ha scritto Rosenvoldt Hvidt, “ma questo concetto non è sufficiente per descrivere il suo ruolo e la complessità del rapporto che la lega a Vilhelm. Ida è parte essenziale della vita e del lavoro dell’artista: oltre ad accompagnarlo in tutti i suoi viaggi, lo aiuta a trovare i luoghi adatti dove vivere e dipingere, ed è lei a garantirgli la tranquillità necessaria per concentrarsi sul lavoro, occupandosi, tra l’altro, della sua vasta corrispondenza mentre sono in vacanza o in viaggio. Per quanto ne sappiamo, Ida non ha lasciato testimonianze dirette, pertanto le notizie che abbiamo di lei sono frutto di congetture e interpretazioni basate sulle lettere e le fotografie di Vilhelm”.

La sua espressione nei ritratti è assorta, enigmatica, quasi emblematica della poetica hammershøiana. Nei momenti più difficili, anche segnati da problemi psichici, Ida rimase al fianco dell’artista, proteggendo quello spazio interiore che era la sua arte. Lontana dunque dallo stereotipo della musa passiva fu, se vogliamo, una coautrice silenziosa di un intero universo estetico.

Vilhelm Hammershøi, Ritratto di Ida Ilsted, futura moglie dell'artista (1890; olio su tela, 106,5 x 86 cm; Copenaghen, SMK - Statens Museum for Kunst, inv. KMS8578)
Vilhelm Hammershøi, Ritratto di Ida Ilsted, futura moglie dell’artista (1890; olio su tela, 106,5 x 86 cm; Copenaghen, SMK - Statens Museum for Kunst, inv. KMS8578)

6. La luce nordica è protagonista silenziosa dell’arte di Hammershøi

La luce è un elemento fondamentale nell’opera di Hammershøi, non solo come strumento per definire forme e spazi, ma come protagonista silenziosa che conferisce atmosfera e significato alle scene rappresentate. La luce nordica, caratterizzata da una luminosità diffusa e morbida, filtra attraverso le finestre e si riflette sulle superfici, creando giochi di ombre e sfumature che aggiungono profondità e mistero.

Hammershøi utilizza la luce per enfatizzare la struttura architettonica degli interni, evidenziando linee, angoli e superfici. La luce diventa così un mezzo per esplorare la geometria dello spazio e per creare un senso di ordine e armonia. Allo stesso tempo, la luce contribuisce a creare un’atmosfera di quiete e contemplazione, invitando lo spettatore a immergersi nella scena e a riflettere sul significato nascosto dietro l’apparente semplicità.

In alcune opere, la luce è l’unico elemento dinamico, che suggerisce il passare del tempo e la presenza di una realtà esterna al di là delle mura domestiche. Questo uso sottile e poetico della luce è una delle caratteristiche distintive dell’arte di Hammershøi, che lo colloca tra i grandi maestri della rappresentazione della luce.

Vilhelm Hammershøi, Luce del sole nel salotto III (1903; olio su tela, 45 x 66 cm; Stoccolma, Nationalmuseum)
Vilhelm Hammershøi, Luce del sole nel salotto III (1903; olio su tela, 45 x 66 cm; Stoccolma, Nationalmuseum)

7. La tavolozza, i colori: una scelta apparentemente semplice, ma incredibilmente animata

Una delle caratteristiche più distintive dell’opera di Hammershøi è l’uso di una tavolozza cromatica limitata, dominata da tonalità di grigio, bianco, beige e occasionali accenni di colore. Questa scelta estetica conferisce alle sue opere un aspetto sobrio e raffinato, che enfatizza la forma, la composizione e la luce piuttosto che il colore.

L’uso del grigio non è solo una scelta stilistica, ma anche simbolica. Il grigio, colore neutro per eccellenza, rappresenta l’equilibrio, la calma e la riflessione. Nelle opere di Hammershøi, il grigio contribuisce a creare un’atmosfera di introspezione e silenzio, in cui ogni elemento è ridotto all’essenziale.

Eppure, malgrado le apparenze, i quadri di Hammershøi sono costruiti su una tavolozza sofisticatissima. I bianchi sono fatti di trasparenze e opacità; i grigi contengono riflessi blu o verdi; i neri sono intensificati con pigmenti come il blu cobalto. I risultati delle analisi scientifiche condotte dallo Statens Museum for Kunst di Copenaghen dimostrano che l’artista usava pochi colori con estrema precisione. Il suo approccio al colore è quasi musicale: variazioni minime, ma ricchissime di risonanze. Osservando a lungo le sue tele, si coglie un sottile vibrare cromatico che contribuisce al senso di sospensione. La materia pittorica stessa sembra animata, come se respirasse. Hammershøi non dipinge solo oggetti o persone, ma l’aria che li circonda.

Vilhelm Hammershøi, Interno con divano (1907; olio su tela, 55 x 55 cm; Copenaghen, Ordrupgaard, inv. 386)
Vilhelm Hammershøi, Interno con divano (1907; olio su tela, 55 x 55 cm; Copenaghen, Ordrupgaard, inv. 386). Foto: Anders Sune Berg

8. Hammershøi aveva un senso fotografico per lo spazio

Vilhelm Hammershøi ha reso protagonista delle sue opere un elemento spesso considerato marginale nella pittura tradizionale: lo spazio vuoto. Nei suoi interni, le pareti, le porte socchiuse, i corridoi e le stanze comunicanti non fanno solo da sfondo, ma diventano soggetti attivi, elementi carichi di tensione emotiva. L’architettura, infatti, non è mai semplicemente funzionale: è il vero teatro dell’esperienza sensoriale e psicologica.

Hammershøi spesso dipinge stanze vuote o quasi vuote, dove l’assenza umana è altrettanto eloquente della presenza. Le sue composizioni si basano su una geometria rigorosa, fatta di linee verticali e orizzontali, porte in sequenza, finestre che incorniciano la luce. L’effetto è quasi metafisico: un senso di profondità che sembra aprire non solo prospettive fisiche, ma anche emotive.

Si percepisce chiara, nelle opere di Hammershøi, l’influenza della fotografia, anche se la sua arte non si limita a imitarla. Le sue inquadrature hanno un taglio netto, quasi cinematografico, con scorci inattesi e decentramenti che rompono la simmetria. Non è raro che il soggetto principale sia parzialmente tagliato, o che lo sguardo venga condotto verso angoli vuoti. Hammershøi conosceva e praticava la fotografia — Ida stessa ne scattava — e questa consapevolezza tecnica si riflette nei suoi dipinti. Ma ciò che rende le sue immagini uniche è l’uso di questa grammatica fotografica per costruire una pittura altamente poetica. Le sfocature parziali, le luci naturali, l’assenza di profondità classica: tutto concorre a creare una sensazione di tempo fermo, di attesa.

Vilhelm Hammershøi, Riposo (1905; olio su tela, 49,5 x 46,5 cm; Parigi, Musée d'Orsay)
Vilhelm Hammershøi, Riposo (1905; olio su tela, 49,5 x 46,5 cm; Parigi, Musée d’Orsay)

9. La ripetizione per Hammershøi era un gesto poetico

Uno dei tratti più affascinanti dell’opera di Hammershøi è la ripetizione. Dipinge più volte lo stesso angolo, la stessa finestra, la stessa figura. Non per mancanza di idee, ma per esplorare le infinite variazioni della percezione. Ogni quadro è una variazione sul tema: cambia la luce, l’ora del giorno, la disposizione degli oggetti.

Questa serialità riflette una tensione quasi musicale, simile a quella delle variazioni di Bach o dei cicli di Monet. È anche un modo per esplorare la soggettività: la realtà non cambia, ma il nostro sguardo sì. Hammershøi sembra suggerire che la vera creatività risiede nell’osservare profondamente ciò che ci è familiare. Il suo metodo è insieme rigoroso e meditativo: attraverso la ripetizione, l’ordinario diventa straordinario. La sua arte, come un mantra visivo, invita a vedere oltre l’apparenza.

Vilhelm Hammershøi, Interno, Strandgade 30 (1902; olio su tela, 41 x 33 cm; Filadelfia, Collezione privata)
Vilhelm Hammershøi, Interno, Strandgade 30 (1902; olio su tela, 41 x 33 cm; Filadelfia, Collezione privata)

10. In cosa consiste la sua modernità, e perché oggi è oggetto di una riscoperta

Mentre l’Europa a cavallo tra Otto e Novecento era attraversata da correnti artistiche turbolente e sperimentali come l’impressionismo, il simbolismo e le prime avanguardie, Hammershøi restava in apparenza defilato, estraneo alle mode. E dopo la sua scomparsa la sua arte è presto caduta nell’oblio. “Il problema”, ha scritto Bolpagni, “è che Hammershøi non è incasellabile, sfugge alle classificazioni, perché non è né modernista né antimodernista, e sappiamo quanto siano imperanti le metodologie che partono dalla teoria, insomma da un assunto critico o filosofico o ermeneutico o ideologico, e a esso cercano di adattare la fenomenologia dei fatti e prodotti artistici, anziché procedere all’inverso, come invece sarebbe giusto. Aggiungiamo pure, un po’ provocatoriamente, che il nostro Hammershøi ha anche il ‘difetto’ di essere europeo, occidentale, borghese, nato da una famiglia benestante, anzi agiata, nipote di un armatore: un privilegiato, per di più di un Paese coloniale (speriamo che l’ideologia woke non finisca per nuocergli)”.

Tuttavia, la sua scelta di rimanere appartato era in sé profondamente moderna. La modernità di Hammershøi non è quella del gesto pittorico, della rottura formale o dell’innovazione tecnica. È una modernità dello sguardo, dell’interiorità. I suoi quadri possono sembrare conservatori, ma custodiscono una rivoluzione silenziosa: l’idea che l’arte possa ridurre tutto all’essenziale per ritrovare verità e autenticità. Nella sua attenzione per la solitudine, per l’identità inafferrabile, per lo scorrere impercettibile del tempo, Hammershøi anticipa certe sensibilità esistenzialiste del Novecento. I suoi dipinti non raccontano nulla, ma fanno percepire tutto: il vuoto, l’attesa, l’assoluto nel quotidiano.

Questa forma di modernità lo rende un artista sorprendentemente attuale, capace di parlare ancora oggi a uno spettatore abituato al rumore, ma in cerca di silenzio e profondità. Risiede qui la vera forza della sua eredità: nella capacità di parlare a ogni generazione, poiché nella contemplazione silenziosa delle sue figure, nelle ombre delle sue stanze, ognuno può trovare qualcosa di sé.

Vilhelm Hammershøi, Interno con una donna che legge (1900 circa; olio su tela, 73 x 61 cm; Stoccolma, Nationalmuseum)
Vilhelm Hammershøi, Interno con una donna che legge (1900 circa; olio su tela, 73 x 61 cm; Stoccolma, Nationalmuseum)


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