Ostile allo stile. L'arte di Mario Consiglio raccontata da lui


L’arte irriverente di Mario Consiglio, artista versatile e sperimentatore, raccontata da lui stesso in una intervista con Gabriele Landi. 

Nato a Maglie (Lecce) nel 1968, Mario Consiglio, artista umbro, vive e lavora tra Berlino e Perugia. Ha esordito verso la fine degli anni Ottanta e ha poi messo a punto il proprio linguaggio, lavorando con varie tecniche e sperimentando molto con la lycra, materiale con cui ha creato i suoi “quadri imbottiti” che rappresentano la sua produzione più nota e apprezzata. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Urbino, è accademico di merito all’Accademia di Belle Arti ‘Pietro Vannucci’, Perugia. Ha esposto in numerosi spazi privati e pubblici in Italia e all’estero, tra cui: Grimmuseum (Berlino), Trolley Gallery (Londra), Galleria Carbone (Torino), Galleria Seno (Milano), Palazzo Bricherasio (Torino), Centro Pecci (Prato), Galeria Villena (L’Avana), Studio Visconti (Milano), Galleria Pio Monti, (Roma), Studio La Città (Verona), Museo Laboratorio (Città Sant’Angelo, Pescara), MACRO (Roma), Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino), Gran Central Terminal (New York), Art in Perpetuity Trust (Londra), Istituto Britannico (Roma), Spiral Hall (Tokyo), Art Basel, Palazzo Reale (Napoli), Flash Art Mueseum (Trevi, Perugia), CIAC (Foligno, Perugia), Rare Ofiice (Berlino), Fondazione Querini Stampalia (Venezia), White Spider Col Condesa (Città del Messico), Nolias Gallery (Londra). Ci racconta la sua arte in questa intervista con Gabriele Landi.

Mario Consiglio nello studio a Mohabit a Berlino nel 2010
Mario Consiglio nello studio a Mohabit a Berlino nel 2010

GL. Per la maggior parte degli artisti, l’infanzia rappresenta il periodo d’oro in cui iniziano a manifestarsi i primi sintomi di una certa propensione ad appartenere al mondo dell’arte. È stato così anche per te?

MC. Avevo sei anni quando ad una cena da amici dei miei, dove probabilmente mi annoiavo, incominciai a modellare un elefante con la mollica del pane e la padrona di casa rimase sorpresa del risultato chiedendomi di farle una mucca e mi riuscì facile, poi uno scoiattolo e feci anche quello, allora si rivolse a mia madre con le sculturine in mano per annunciarle che aveva un figlio artista. Questo è quello che mia mamma mi ha raccontato, io mi ricordo solo il camino acceso con appoggiate sopra le mie operine e una signora che rideva. Credo comunque che l’input me lo abbia dato mio padre che nel tempo libero insieme a degli amici andava a dipingere dal maestro Rossi, un pittore “esotico” che aveva vissuto in Africa. Stavamo a Città di Castello, metà anni Settanta, Burri impazzava e mio padre e gli amici facevano quadri con plastiche bruciate da dove ricavavano dei soggetti che a ripensarci oggi erano interessanti, tra Soutine e Burri direi. Io ero troppo piccolo per il fuoco quindi dipingevo paesaggi sulle telette che il maestro Rossi mi passava. Il babbo mi portava alla Fondazione Albizzini educandomi ad un arte libera e sperimentale. Nelle plastiche nere di Burri ci vedevo grotte coi pipistrelli e luoghi misteriosi, c’era fascino in tutto questo.

Quali studi hai fatto?

Dopo il liceo classico a Cortona sono andato ad Urbino. Mi convinse Claudio Boccolacci, un pittore astrattista, con la passione per gli aquiloni che insegnava all’accademia, lo incontrai verso Ginezzo, sulle montagne Cortonesi, mentre stava costruendo una trappola per una vipera. Era arrivato con un Ape50 da Urbino, ci mise molto mi disse. La patente auto non l’aveva mai presa. Facemmo amicizia, gli feci vedere i miei disegni e mi disse che potevo fare l’artista e quindi feci e passai l’esame per entrare ad Urbino e così iniziò l’avventura. Trovarsi catapultati da un liceo classico ad un’accademia d’avanguardia come quella di Urbino era qualcosa d’irreale. Sentivo crescere il daimon, avevo uno scopo, morte o gloria avrei fatto l’artista.

Mario Consiglio, Progetto per una nuova disposizione delle reliquie dei santi martiri di Otranto (1997; olio su lycra, gommapiuma, legno, 162 x 184 cm). Foto: Maria Enqvist
Mario Consiglio, Progetto per una nuova disposizione delle reliquie dei santi martiri di Otranto (1997; olio su lycra, gommapiuma, legno, 162 x 184 cm). Foto: Maria Enqvist
Mario Consiglio, The soft machine (2000, lycra, vinile, gommapiuma e legno, 275x575 cm). Foto: Maria Enqvist
Mario Consiglio, The soft machine (2000, lycra, vinile, gommapiuma e legno, 275x575 cm). Foto: Maria Enqvist
Mario Consiglio, 570 (Galleria carbone.to, Torino, 2002). Foto: Maria Eqvist
Mario Consiglio, 570 (Galleria carbone.to, Torino, 2002). Foto: Maria Eqvist
Mario Consiglio, Targets, Palazzo della Penna,Perugia, Dark room (2005). Foto: Maria Enqvist
Mario Consiglio, Targets (Palazzo della Penna,Perugia, Dark room, 2005). Foto: Maria Enqvist
Mario Consiglio, Thai cable (2007), uno della serie realizzata in Thailandia
Mario Consiglio, Thai cable (2007), uno della serie realizzata in Thailandia
Mario Consiglio, Todos los insectos viene de otro planeta (Galleria Villena, L'Avana Cuba, 2007, particolare dell'installazione)
Mario Consiglio, Todos los insectos viene de otro planeta (Galleria Villena, L’Avana Cuba, 2007, particolare dell’installazione)
Mario Consiglio, Il sole non ama Berlino (2009; opera smarrita a Berlino)
Mario Consiglio, Il sole non ama Berlino (2009; opera smarrita a Berlino)
Mario Consiglio, Once upon a time a world whit a bomb underneath (Berlino, 2010). Foto: Laura Gianetti
Mario Consiglio, Once upon a time a world whit a bomb underneath (Berlino, 2010). Foto: Laura Gianetti
Mario Consiglio, Cluster (2010; acrilico su tela, 320 x 220 cm). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Cluster (2010; acrilico su tela, 320 x 220 cm). Foto: Andrea Adriani

Ci sono stati degli incontri importanti durante la tua formazione?

Pittura ad Urbino era un bel reparto psichiatrico. Il primo amico fu Davide Banda, con il quale collaboro tutt’oggi. Lui era il più bravo, lo diceva pure Pier Paolo Calzolari, quindi era vero. Banda ha rifiutato di fare l’artista, trovava illogica la commercializzazione dell’arte. Ci provammo tutti a convincerlo a fargli cambiare idea ma non ci fu verso. In compenso ha sempre scritto poesie geniali che non ha mai voluto pubblicare e ha realizzato disegni strepitosi, soprattutto quelli fatti in India negli anni novanta. Potrei scrivere un libro solo su di lui ma mi limito a dire che è stato mio coinquilino per tutte le quattro case da dove ci hanno cacciato in quegli anni. Un altro fratello, che purtroppo ci ha lasciati da undici anni, era Andrea Di Marco, pittore fuoriclasse palermitano, anche lui coinquilino e compagno di scorribande. Andrea ci manca molto, la sua scomparsa fu un trauma per tutti. Poi facemmo amicizia con Antonio Paoloni. Ci volle un po’ per rompere il ghiaccio con lui per via del suo carattere introverso che aveva ma poi diventammo amici inseparabili. Di Marco infastidiva spesso Paoloni che s’incazzava come una bestia e lo inseguiva lanciandogli a volte oggetti contundenti; un siparietto che si ripeteva spesso. Oggi Paoloni, oltre ad essere un designer di alto livello, è uno dei miei migliori amici e collaboratori da trent’anni; senza di lui gran parte del mio lavoro non ci sarebbe... quindi grazie Pablo. Altri personaggi che si univano alla banda erano Fulvio Di Piazza e Rocco Dubbini: le loro performance alle feste sono indimenticabili. Poi c’era Giorgio Piantini di Arezzo che era sempre con noi, toscanaccio simpaticissimo. Avevamo un ottimo rapporto anche coi prof dell’accademia come Umberto Palestini, Cristina Marabini, Claudio Boccolacci, Gian Ruggiero Manzoni, Omar Galliani, Elio Marchegiani, Pino Mascia, Christian Cassar, Sergio Monari, Pier Paolo Calzolari, Sergia Avveduti, Sebastiano Guerrera ed altri. Tutti hanno contribuito alla nostra formazione, ognuno ci ha insegnato qualcosa proprio per le divergenze che avevano tra loro. A livello di notorietà ovviamente Pier Paolo Calzolari era in vetta alla classifica e ad aver avuto per un anno un prof che studiavamo sui libri dava una certa carica. Metteva una certa soggezione il maestro, c’era poco da scherzare e molto da imparare. La sua voce irradiava energia, credo artistico e forza politica. Appoggiava pienamente le nostre occupazioni e ci raccontava il suo ‘68. “Impazza angelo artista”, uno dei suoi lavori storici, era uno dei nostri motti.

Mario Consiglio, Streams (2011; smalto su poster, 110 x 80 cm). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Streams (2011; smalto su poster, 110 x 80 cm). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Marble (2011; resina, muschio legno). Foto: Vincenzo Germino
Mario Consiglio, Marble (2011; resina, muschio legno). Foto: Vincenzo Germino
Mario Consiglio, Sanpietrino (2011; resina, legno e pietra, 77 x 56 x 21). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Sanpietrino (2011; resina, legno e pietra, 77 x 56 x 21). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Deflagration Dogs (2011; smalto su poster, 70 x 86 cm). Foto: Gianfranco Tomassini
Mario Consiglio, Deflagration Dogs (2011; smalto su poster, 70 x 86 cm). Foto: Gianfranco Tomassini
Mario Consiglio, Teschi di gorilla (2012; ceramica raku). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Teschi di gorilla (2012; ceramica raku). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Tottenham Rave (2012; vetroresina, legno, neon, immagini stampate, pietre e muschio, 182 x  62 x  98 cm). Foto:  Andrea Adriani
Mario Consiglio, Tottenham Rave (2012; vetroresina, legno, neon, immagini stampate, pietre e muschio, 182 x 62 x 98 cm). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Osservatorio ideale (2013; resina, neon cartone e muschio, 136 x 208 x 62,8). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Osservatorio ideale (2013; resina, neon cartone e muschio, 136 x 208 x 62,8). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Teschio di gorilla (2014; ceramica raku). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Teschio di gorilla (2014; ceramica raku). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Ostile allo stile (2014; olio su lycra, gommapiuma e legno, 100 x 70 cm; Collezione privata). Foto: Vincenzo Germino
Mario Consiglio, Ostile allo stile (2014; olio su lycra, gommapiuma e legno, 100 x 70 cm; Collezione privata). Foto: Vincenzo Germino
Mario Consiglio, Ti ho detto mille volte (2014; gomma,legno,vetro e foto)
Mario Consiglio, Ti ho detto mille volte (2014; gomma, legno, vetro e foto)
Mario Consiglio, Immerso (2014; resina, gomma e legno, 25 x 10 x 10 cm). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Immerso (2014; resina, gomma e legno, 25 x 10 x 10 cm). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, I did it (2016; lycra e gommapiuma su legno, 102 x 72 cm). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, I did it (2016; lycra e gommapiuma su legno, 102 x 72 cm). Foto: Andrea Adriani

Come è nata l’idea di lavorare sui quadri imbottiti?

Da casa mia, a Brufa si vede Assisi e il Monte Subasio, luogo mistico dove san Francesco andava in ritiro. Ha una forma morbida e il disegno ricorda le linee dei cellotex di Burri che ho sempre interpretato come paesaggi umbri. Immaginavo scavi archeologici, ritrovamenti, cunicoli e nascondigli all’interno di esso che cercavo di rappresentare con una pittura bidimensionale. Creavo dei contenitori sulle tele per metterci dei reperti avvolti con stoffa che poi imbevevo di cera e pigmento. In quel periodo ero affascinato dagli animali decapitati di Pino Pascali, dai gobbi di Burri e dalle estroflessioni di Castellani e Bonalumi. Poi era periodo di Transavanguardia e Scuola Romana e dall’America arrivavano le immagini di Jean-Michel Basquiat, Schnabel e Mike Kelley. Sembrava che la pittura non avesse più niente da dire con la mitizzazzione di questi giovani giganti e ho sentito l’esigenza d’inventare qualcosa di unico, riconoscibile e che mi rendesse indipendente. Sperimentando molto con la gommapiuma e lavorando duro scopro questa tecnica che userò molto negli anni. Quindi posso dire che tutto nasce dall’energia ipnotica del Subasio e dalla somma della mie esperienze visive sino ad allora.

Quando e come hai incontrato Guido Carbone e che ricordo hai di lui?

Nel 1995 faccio una collettiva a Mondovì in Piemonte con gli artisti cortonesi dove conosco il professor Mantovani che insegnava all’accademia Albertina che mi dice che devo andare assolutamente a Torino per far vedere i lavori a dei galleristi importanti che conosceva e che avrebbe preso l’appuntamento lui stesso con loro. I miei lavori in foto non rendevano, per cui avrei dovuto farli vedere dal vero quindi escogitai un piano diabolico con un amico pittore di Asti, Fabio Ballario. In pratica mentre parlavo in ufficio col gallerista lui avrebbe appoggiato i lavori velocemente in galleria. Quindi carico i lavori in macchina, parto da Perugia, prendo Ballario ad Asti e ci dirigiamo a Torino. Gli appuntamenti erano con Bertaccini, Paolo Tonin e Guido Carbone. Il piano funzionò con Paolo Tonin che mi propose una collettiva a breve, poi da Bertaccini dove incontrai per la prima volta Luca Beatrice che mi propose qualcosa ma la mia attenzione era focalizzata su Carbone, questo gallerista cult di cui si parlava da tempo, un tipo difficile mi dicevano, un duro che non si sapeva come poteva reagire. Lui era in ufficio, era nervoso, forse alticcio e mi chiede dov’è il book, dico che non ce l’ho e che ho portato i lavori, cosa che lo fa incazzare subito e mi chiede dove sono questi lavori, “in galleria” gli dico, e lui si alza nervosamente dirigendosi di là, Ballario aveva già installato tutto, Guido vede i lavori ed incomincia ad agitarsi, mi chiede se voglio un spritz, accetto, poi chiama un suo amico collezionista e sento che dice che c’era qualcosa d’interessante. Ce l’avevo fatta. Carbone s’innamorò del mio lavoro e mi protesse con tutte le forze, era un vero talent scout, aveva fiuto e amava e capiva l’arte. Era un gallerista e un padre, consigliava e si aspettava sempre delle evoluzioni dal lavoro con coraggio sperimentalista. Eravamo una famiglia con Laura Viale sua compagna, Stefano Pisano, Pierluigi Calignano, Maria Bruno, Francesco Lauretta ed altri. Quando morì Guido ci sentimmo tutti smarriti, avevamo perso il nostro padre artistico che lottava per noi.

I tuoi primi lavori erano molto colorati e richiedevano un lavoro lungo, all’epoca avevi degli assistenti che lavoravano con te?

Per fare quei lavori ci voleva un aiuto, c’era richiesta e quindi presi degli assistenti con me. Marco Brinci è stato il mio assistente storico, almeno dieci anni nel mio studio. Aveva una grande inventiva e lavorava molto . Ha inventato macchine con aspiratori per modellare la gomma piuma velocizzando il processo lavorativo in maniera consistente. Mio padre lo chiamava Archimede. Brinci era laureato in legge ma ha sempre preferito il lavoro autonomo e creativo sviluppando un certo interesse per gli effetti speciali cinematografici, la meccanica robotica, e materiali come resine e fibre. Aveva uno studio con la porta in acciaio che si apriva a sfioro come quella della navicella di Star Trek, fatta da lui ovviamente. Dopo che finì con me realizzò il suo sogno di lavorare per il cinema collaborando con lo studio Stivaletti a Roma. Siamo sempre grandi amici. Ci sono comunque assistenti esterni che collaborano con me da decenni come Gianni per le laccature e Roberto per il taglio laser o i miei venditori di lycra, siamo un po’ una grande famiglia dopo tanti anni di collaborazione.

In seguito a questa prima fase come si sviluppa il tuo percorso?

Dopo anni che usavo questa tecnica e aver sviluppato molti argomenti nel 2005 passo ai laccati con tematiche geometriche come i Target, i Rink, i Run-Dom e i Cage. Faccio la mia prima retrospettiva a Palazzo Della Penna a Perugia dove presentai il mio percorso sino ad allora preparando il pubblico ad un mio nuovo periodo astratto-geometrico. Di lì a poco presento Cage da Carbone.to, Hubble alla Galleria Seno e Rinks &Targets alla Trolley Gallery di Londra ed è proprio qui che iniziarono le mie esigenze di esplorare altri campi espressivi. Londra era un sogno e la frequentazione della galleria mi dava l’opportunità di conoscere artisti importanti e visitare le gallerie dell’East End in quel periodo molto in voga. Gli inglesi mi hanno ispirato moltissimo nel mio cambiamento, quel mix tra vittoriano e anarchia era irresistibile. Poco dopo faccio una doppia personale a Milano, Spariamo bang diventiamo invisibili alla Galleria Seno e allo Studio Visconti e Tutti gli insetti vengono da un altro pianeta a L’Avana a Cuba alla Galleria Villena dove le mie convinzioni di cambiare cominciano seriamente a radicalizzarsi soprattutto dopo aver visitato gli studi degli artisti locali, dove ho visto opere incredibili realizzate a costo zero con tecniche sublimi. Bravi davvero i cubani, popolo colto ed educato alle arti. Concludo il ciclo astratto-geoemetrico in questa meravigliosa isola ultima resistenza rivoluzionaria sul pianeta per progettare subito dopo una fuga dall’italia e dirigermi a Berlino dove c’è la più grande comunità artistica al mondo ed è in questa città fantastica, dove nessuno mi conosce, che posso riesplorare nuovi percorsi espressivi finalmente in totale libertà.

Mario Consiglio, Datevi fuoco (2016). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Datevi fuoco (2016). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Cercatevi (2016; lycra, legno e gommapiuma, 82 x 152 cm). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Cercatevi (2016; lycra, legno e gommapiuma, 82 x 152 cm). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, We are the last primitive people (2017; lycra legno gommapiuma, poesia breve di Davide Banda, 121 x 101 cm)
Mario Consiglio, We are the last primitive people (2017; lycra legno gommapiuma, poesia breve di Davide Banda, 121 x 101 cm)
Mario Consiglio, Psycho (2017; lycra, legno e gommapiuma, 138 x 103 cm). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Psycho (2017; lycra, legno e gommapiuma, 138 x 103 cm). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Di chi è (2018; smalto e acrilico su tela, 20 x 12 cm). Su concessione di Spazio Rivoluzione Palermo. Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Di chi è (2018; smalto e acrilico su tela, 20 x 12 cm). Su concessione di Spazio Rivoluzione Palermo. Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Holocaust (2018; smalto su riproduzione su tela del pittore romantico Andrea Achenbach, Costa della Sicilia, 1847)
Mario Consiglio, Holocaust (2018; smalto su riproduzione su tela del pittore romantico Andrea Achenbach, Costa della Sicilia, 1847)
Mario Consiglio,  Last primitives (Bread art studios, Amsterdam, 2018)
Mario Consiglio, Last primitives (Bread art studios, Amsterdam, 2018)
Mario Consiglio, I don't do Dada (2019; acrilico su tela, 320 x 212 cm). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, I don’t do Dada (2019; acrilico su tela, 320 x 212 cm). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Mantenere i futuri promessi (lycra,legno e resina, 100 x 70 cm, da una poesia breve di Davide Banda). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Mantenere i futuri promessi (lycra,legno e resina, 100 x 70 cm, da una poesia breve di Davide Banda). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Quando vivo faccio finta di niente (lycra, legno e gommapiuma, 122 x 102 cm). Foto: Andrea Adriani
Mario Consiglio, Quando vivo faccio finta di niente (lycra, legno e gommapiuma, 122 x 102 cm). Foto: Andrea Adriani

Quando arrivano i quadri con le scritte?

Il lettering imbottito inizia a Berlino con Speed e subito dopo realizzai Escape che presentai alla personale al Grimmuseum We don’t need enemies. In realtà Il lettering lo usavo già negli anni Novanta, ho ancora una scritta “Merda” del ‘94 che non ho mai presentato. Comunque ho iniziato a farli in maniera più insistente nel 2014 con il primo Datevi Fuoco. Guardavo in quel periodo il lavoro Christopher Woll e pensavo alla potenza comunicativa degli arazzi di Boetti quindi cercavo frasi che funzionassero sia a livello formale ma soprattutto che avessero un impatto comunicativo… non era facile.

Le frasi o gli slogan che usi in questi lavori che origine hanno?

Proprio per questo ho iniziato una collaborazione con Davide Banda che a mio avviso è uno dei poeti più interessanti in circolazione. Bella la folla, Il sole non ama Berlino, Quando vivo faccio finta di niente, Mario cammina come se fosse in spiaggia, Mai Ali, chiunque abbia un buon palato letterario comprende che siamo di fronte ad un nuovo fenomeno di poesia ermetica contemporanea. Sono fortunato a lavorare con lui. Ci sono anche le mie frasi Datevi Fuoco, Ostile allo stile, What you think of me is you, ma lui è più bravo.

Mi sembra che in questi lavori rispetto a quelli iniziali ci sia una maggiore radicalità sia nei contenuti che nelle scelte cromatiche?

Dipende dai lavori e dagli stati d’animo. L’impatto visivo sicuramente è meno giovanilista rispetto ai primi lavori fatti più o meno con le stesse tecniche ma a volte hanno la stessa ironia e cinismo di allora. Sono sempre stato combattuto tra il far spaventare o far ridere. Distinguo comunque quando faccio arte tragica o ironica. In pittura sono sicuramente più tragico ma in realtà mi diverto molto nel farla. Poi ci sono i lavori come gli Skull, Fiori di Pino e le pistole che presento con Spazio Rivoluzione a Palermo che sono opere da collezione che riportano alle mie prime produzioni.

Secondo te politica e poesia possono andare d’accordo?

Sicuramente. La poesia è politica quando parla di umanità ma anche quando esprime sentimenti sulla natura quindi diventa pensiero politico ecologista, quando racconta con passione la vita di un altro popolo, quella si chiama inclusività,curiosità e apertura a culture differenti, è politica.

In quali altre direzioni si sviluppa il tuo lavoro?

In pratica mando avanti più cicli da molti anni, alcuni di questi sono conclusi subito ma alcuni ritornano come quello del disegno che pratico da sempre ma anche la pittura di grande formato, poi c’è tutto il lavoro fotografico, il lettering dipinto, le sculture con gli animali, gli imbottiti, le immersioni, i video ecc. Ho creato molto fino ad adesso, una grande fortuna aver avuto la possibilità di esprimersi e spero di andare avanti ancora per un bel po’, c’è tanto da dire e fino ad esaurimento idee vado avanti.


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