BIAF, ecco quali sono le nuove opere che entrano agli Uffizi


Ecco quali sono le nuove opere che sono state acquisite dalle Gallerie degli Uffizi nell’ambito della XXXII Biennale dell’Antiquariato di Firenze.

Entrano nelle collezioni delle Gallerie degli Uffizi sette nuove opere, acquisite nell’ambito della XXXII Biennale dell’Antiquariato di Firenze.

“Grazie all’impegno e al lavoro di tutto lo staff delle Gallerie degli Uffizi, dai funzionari agli assistenti al personale in sala, quest’anno abbiamo potuto fare un pieno recupero che è andato addirittura oltre i tempi pre-pandemici: nel mese di luglio e nel mese di agosto abbiamo avuto i numeri in assoluto più alti di visitatori, e grazie agli incassi siamo ora in grado di avviare le procedure per l’acquisto di una serie di opere qui alla Biennale dell’Antiquariato. Quest’anno invece di comprare un’opera iconica abbiamo acquistato una serie di opere che spaziano dal Cinquecento fino al Novecento, dalla pittura alla scultura”, ha dichiarato il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt durante la presentazione delle nuove opere. 

Vediamo di seguito quali sono.

Pietro Paolini, Ritratto di gentiluomo con la spada che sottomette l’Invidia

Il dipinto di Paolini presenta un sofisticato tema allegorico: un elegante cavaliere, con la spada posta sulla spalla e la preziosa armatura appoggiata sul tavolo, tiene soggiogata con la mano sinistra una mostruosa figura femminile dai capelli serpiformi intenta a mangiare il proprio cuore, personificazione dell’Invidia. L’artista lucchese, “pittore di gran bizzaria e notevole invenzione” (come ebbe a definirlo lo storiografo coevo Filippo Baldinucci), conferma in quest’opera la piena adesione alla pittura di luce caravaggesca, frequentata con vivo interesse durante il suo soggiorno romano.

Pietro Paolini, Ritratto di gentiluomo vittorioso sull'Invidia (quarta decade '600; olio su tela, 135 x 100 cm) Presentato da Galleria Porcini
Pietro Paolini, Ritratto di gentiluomo vittorioso sull’Invidia (quarta decade ’600; olio su tela, 135 x 100 cm) Presentato da Galleria Porcini

Francesco Cairo, Ut Pictura Poesis

Questa tela, attribuita al lombardo Francesco Cairo, è una colta visualizzazione della locuzione oraziana “Ut pictura poesis” e raffigura le personificazioni femminili della Pittura e della Poesia. La sensuale donna in primo piano, appoggiata ad una roccia dove si trova un “toccalapis” (asticciola in piombo usata per disegnare) reca in mano una tavolozza coi colori freschi, mentre l’altra figura femminile ha una corona d’alloro come per incoronare l’arte della pittura, e raffigura la Poesia che concede la fama all’arte sorella. La conduzione sfrangiata, il sapiente impianto luministico, con ombreggiature profonde e intensi lampi di luce, rimandano alla fase neo-veneta di Cairo, risalente agli anni Trenta del Seicento, quando il pittore lavorò a Torino per la corte sabauda.

Francesco Cairo, Allegoria del Disegno e della Pittura
Francesco Cairo, Allegoria del Disegno e della Pittura “Ut Pictura Poesis” (1635; olio su tela, 125 x 93,5 cm) Presentato da Galleria Frascione

Jean-Baptiste Basset, Ritratto di Cosimo III de’ Medici

Il prezioso busto del Granduca Cosimo III, realizzato dallo scultore francese Jean-Baptiste Basset a Livorno nel 1696, andrà ad arricchire la collezione di avori del Tesoro dei Granduchi di Palazzo Pitti, la più antica e preziosa prestigiosa al mondo insieme a quelle di Dresda e Vienna. L’immagine a tutto tondo del giovane principe, fortemente espressiva e naturalistica, potrà così affiancare gli aulici medaglioni in avorio con l’effige del Granduca, già esposti nelle collezioni di Palazzo Pitti.

Jean-Baptiste Basset, Ritratto di Cosimo III de' Medici (1696; avorio, 11,5 x 9,5 cm) Presentato da Galleria Carlo Orsi
Jean-Baptiste Basset, Ritratto di Cosimo III de’ Medici (1696; avorio, 11,5 x 9,5 cm) Presentato da Galleria Carlo Orsi

Felice Cerruti Bauduc, Atelier con il pittore in atto di dipingere il Combattimento di Sommacampagna

La tela, destinata all’allestimento degli autoritratti agli Uffizi, raffigura il pittore al lavoro di dipingere il suo capolavoro, l’enorme Combattimento di Sommacampagna (Torino, Museo del Risorgimento). Si vede uno spaccato nell’atelier del pittore specializzato nelle scene militari di storia patria, con un cavallo vero e un pupazzo vestito da militare, a testimonianza delle prassi di bottega dell’artista, grande protagonista del Risorgimento.

Felice Cerruti Bauduc, Atelier con il pittore in atto di dipingere il Combattimento di Sommacampagna (1855; olio su tela, 52 x 65 cm)
Felice Cerruti Bauduc, Atelier con il pittore in atto di dipingere il Combattimento di Sommacampagna (1855; olio su tela, 52 x 65 cm)

Ferruccio Ferrazzi, Viaggio tragico

Realizzato nel 1925, questo capolavoro della prima maturità di Ferrazzi declina con una sensibilità moderna la grande tradizione dei maestri del Quattrocento e del Cinquecento italiano. Fu esposto l’anno successivo a New York, alla prestigiosa Exhibition of Modern Italian Art dove fu acquistato da Carl W. Hamilton, noto collezionista d’arte del Rinascimento italiano, che evidentemente apprezzò la solenne sintesi neo-quattrocentesca della composizione e forse certi richiami ai colori cangianti della pittura di Pontormo e Rosso Fiorentino. Come suggerisce il titolo, Ferrazzi rievoca qui il ricordo di un’esperienza personale, il viaggio in nave compiuto nel novembre 1917 verso la Sardegna, chiamato a prestarvi il servizio militare. L’episodio autobiografico risulta così trasfigurato, in virtù di uno stile personalissimo dove i personaggi, tra i quali la madre, la sorella e la moglie dell’artista, si muovono entro spazi geometrici assoluti e astratti, di ascendenza neo-primitiva, capaci di trasmettere, secondo le parole dell’artista: “la realtà riflessa nella mia memoria lirica”.

Ferruccio Ferrazzi, Viaggio tragico (1924-1925; olio su tela, 215 x 110 cm) Presentato da Galleria Berardi
Ferruccio Ferrazzi, Viaggio tragico (1924-1925; olio su tela, 215 x 110 cm) Presentato da Galleria Berardi

Giacomo Manzù, Pietà

Il gruppo della Pietà, realizzato a cera persa presso la Fonderia Maf di Milano, è una variante di uno dei bronzi che costituiscono le quattro stazioni della Via Crucis eseguite per la basilica di Sant’Eugenio in via delle Belle Arti a Roma. Nel solco di un rinnovamento della cultura cattolica in senso umanista, promosso dall’amico don Giuseppe De Luca, Manzù si discosta dalla tradizione liturgica e freddamente dottrinale per attingere alla grande scultura donatelliana, approdando ad un brano di intensa e grave espressività. Quest’opera coincide con la definitiva consacrazione di Manzù, in un momento iniziato con il premio per la scultura alla Biennale di Venezia del 1948 e culminato con l’affidamento dell’esecuzione delle porte per la Basilica di San Pietro nello stesso 1950.

Giacomo Manzù, Pietà (1950; bronzo, 115 x 130 cm) Presentato da Galleria Gomiero
Giacomo Manzù, Pietà (1950; bronzo, 115 x 130 cm) Presentato da Galleria Gomiero

Carletto Caliari, Giovinetta con cane

Si tratta di un foglio legato all’attività della bottega di Paolo Veronese, del quale Carletto Caliari è il figlio minore. È databile a dopo il 1588 quando, alla morte del padre, Carletto assunse un ruolo di maggior importanza nella gestione dell’impresa familiare, dopo aver lavorato per alcuni anni nella bottega dei Bassano. Il disegno raffigura una scena di genere, studiando un particolare di una composizione di maggiori dimensioni: probabilmente quello delle bambine che giocano con il cane alla base della Cena in Emmaus della scuola di Paolo Veronese, al Louvre.

Carletto Caliari, Giovinetta con cane (post 1588; pietra nera rialzata con biacca, pietra rossa su carta azzurra, 18,4 x 11,2 cm) Presentato da Galleria Frascione
Carletto Caliari, Giovinetta con cane (post 1588; pietra nera rialzata con biacca, pietra rossa su carta azzurra, 18,4 x 11,2 cm) Presentato da Galleria Frascione

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