Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato giovedì scorso sul suo social Truth di aver licenziato Kim Sajet, direttrice della National Portrait Gallery di Washington, uno dei musei più importanti del paese. Va comunque specificato che il presidente non ha il potere di licenziare la direttrice del museo: gli esperti legali affermano infatti che il museo, in quanto parte dello Smithsonian Museum, non è gestito direttamente dal potere esecutivo degli Stati Uniti, e che un eventuale provvedimento di rimozione dovrebbe arrivare dal segretario dello Smithsonian, e non dal presidente. Lo stesso segretario è nominato non dal presidente, ma dal consiglio dei reggenti dello Smithsonian Museum. Il complesso, che raduna 21 musei, è finanziato per oltre metà del suo bilancio dal governo federale: per questa ragione dunque Trump è intervenuto più volte sulle vicende del museo.
“Su richiesta e raccomandazione di molte persone, con la presente pongo fine al rapporto di lavoro di Kim Sajet come Direttrice della National Portrait Gallery”, ha scritto Trump su Truth Social, la piattaforma social di proprietà del Trump Media & Technology Group. “È una persona fortemente faziosa e una convinta sostenitrice della DEI, una posizione totalmente inappropriata per il suo ruolo. Il suo sostituto sarà nominato a breve”. Per “DEI” (Diversity, Equity and Inclusion, ovvero “Diversità, Equità e Inclusione”) s’intende un indirizzo strategico, nell’ambito di una organizzazione (in questo caso, un museo), votato alla promozione di un ambiente in cui la diversità e l’inclusione siano adeguatamente rappresentate, sia a livello di principi e valori, sia a livello di risorse umane. Trump osteggia in maniera aperta queste politiche, tuttavia, al di là di questo, non ha specificato le ragioni di questo suo post, né ha menzionato quali sono le fonti legali sulla base delle quali può scrivere di aver licenziato la direttrice della National Portrait Gallery. Non è però da escludere che il presidente farà pressione per rimuovere Sajet dal suo incarico. Al momento, né la direttrice né la National Portrait Gallery hanno rilasciato commenti sull’argomento. Negli Stati Uniti però si discute della questione: Suse Anderson, docente di studi museali alla George Washington University, ha dichiarato al New York Times che l’esame approfondito da parte dell’amministrazione di un museo dello Smithsonian avrebbe implicazioni di vasta portata, e relativamente all’annuncio di Trump ha detto che “continuano e si intensificano gli attacchi alle istituzioni storiche e culturali a cui abbiamo assistito dall’inizio di questa amministrazione”. L’annuncio del presunto licenziamento di Kim Sajet, in particolare, secondo Anderson “è stato progettato per indebolire e screditare coloro che lavorano in queste istituzioni per raccontare una storia americana più completa e complessa”.
Kim Sajet, olandese, nata in Nigeria e cresciuta in Australia, ha studiato alla Georgetown University e ha ottenuto una laurea in storia dell’Arte al Bryn Mawr College, una in amministrazione aziendale all’Università di Melbourne e un diploma in studi museali alla Deakin University. Dirige il museo dal 2013, ed è la prima donna alla guida del museo dalla sua fondazione, nel 1962. In precedenza, Kim Sajet era stata direttrice e CEO della Historical Society of Pennsylvania e vicedirettrice della Pennsylvania Academy of Fine Arts.
Non è la prima volta che Trump prende di mira lo Smithsonian. Lo scorso 27 marzo, il presidente aveva firmato un ordine esecutivo in cui dava potere al vicepresidente JD Vance di garantire che i programmi del complesso museale riflettano i valori tradizionali. L’articolo 2 dell’ordine esecutivo si intitolava “Salvare il nostro Smithsonian”: Trump accusa infatti lo Smithsonian di promuovere una visione a suo dire distorta della storia e di enfatizzare eccessivamente temi legati al razzismo, al colonialismo e alla disuguaglianza sociale. L’ordine esecutivo stabilisce che il vicepresidente e il direttore dell’ufficio di gestione e bilancio dovranno collaborare col Congresso per garantire che i futuri stanziamenti destinati allo Smithsonian proibiscano spese destinate a mostre o programmi che “degradano i valori americani condivisi, dividono gli americani in base alla razza o promuovono programmi o ideologie incoerenti con la legge e la politica federale”, o che “celebrano i successi delle donne all’American Women’s History Museum senza riconoscere in alcun modo gli uomini come le donne all’interno del museo”.
La National Portrait Gallery di Washington, fondata nel 1962 e aperta nel 1968, è un museo situato nella capitale degli Stati Uniti che raccoglie e espone oltre 19.400 opere tra dipinti, sculture, fotografie e disegni, tutte dedicate alle personalità che hanno plasmato la storia e la cultura degli Stati Uniti. Il museo celebra la diversità delle figure che hanno influenzato il paese, presentando ritratti di presidenti, attivisti, artisti, scienziati, sportivi, attori, scrittori e molte altre figure di rilievo. È l’unico museo negli Stati Uniti che combina storia, biografia e arte attraverso la ritrattistica.