Anche in Italia introdurrà l’IVA agevolata sulle opere d’arte: l’IVA al 5% tanto attesa e sperata dagli operatori di settore sta per diventare realtà. Il Consiglio dei Ministri ha infatti approvato oggi il decreto legge “Disposizioni urgenti per il finanziamento di attività economiche e imprese nonché interventi di carattere sociale in materia di infrastrutture, trasporti ed enti territoriali” che, tra le varie misure, include la riduzione dell’IVA per il mercato dell’arte che passa dal 22% al 5%, allineandosi quindi ai regimi in vigore in Francia e in Germania. Si tratterà dell’aliquota più bassa d’Europa, ancor più della Germania che applica il 7% e della Francia dove l’aliquota è del 5,5%.
L’annuncio è stato dato oggi alla Sala Spadolini del Ministero della Cultura, da parte dello stesso ministro della cultura Alessandro Giuli, il quale ha espresso notevole soddisfazione per il risultato raggiunto. “Missione compiuta”, ha detto. “Finalmente l’Iva sulle opere d’arte scende al 5% dal 22%. Un risultato storico ottenuto anche con la forza della politica e del Parlamento che hanno innescato e contribuito a realizzare questo processo”.
“L’abbassamento dell’IVA sulle opere d’arte al 5%”, sottolinea Roberto Marti (Lega), presidente della Commissione Cultura del Senato, “è un risultato epocale per l’Italia, frutto di uno sforzo corale che come presidente della commissione Cultura del Senato ho iniziato a pochi mesi dall’avvio di questa legislatura con l’esame di un disegno di legge a mia firma. Quindi, non posso che esprime soddisfazione per il lavoro del ministro Giorgetti che determina equità nei confronti dell’Italia finora penalizzata dall’attuale aliquota IVA al 22% rispetto a Paesi come la Francia (5,5%) e la Germania (7%). Non potevamo lasciare a Francia e Germania, appunto, un vantaggio competitivo così notevole in un settore quale il commercio dell’arte che è strategico per il nostro Paese e impegna un grande numero di professionalità. Il prossimo obiettivo per la creazione di un ecosistema dell’arte forte dev’essere la semplificazione della nostra normativa sulla circolazione dei beni culturali. Senza abbassare in alcun modo la soglia di tutela nazionale, dobbiamo avvicinare la regolamentazione italiana alla media europea nell’interesse dell’Italia”.
“Oggi l’Italia mette la freccia”, dice Alessandro Amorese, capogruppo di FdI in commissione Cultura alla Camera. “Anche per il mercato dell’arte torna all’avanguardia. Quando l’Italia combatte ad armi pari nell’economia della bellezza non può che stravincere”.
Soddisfazione per il provvedimento è stata manifestata anche da Federculture. “Esprimiamo apprezzamento per il lavoro fatto dagli uffici del Ministero della Cultura e del Ministero dell’Economia e della Finanze, ai cui titolari più volte Federculture aveva rappresentato l’importanza di questa misura, presentando in merito delle proposte dettagliate e articolate. Ringraziamo, quindi, i Ministri Alessandro Giuli e Giancarlo Giorgetti dell’ascolto che abbiamo trovato. La riduzione dell’Iva sui prodotti culturali – a cominciare dalle opere d’arte – è un tema che Federculture ha sempre considerato centrale nella propria attività di rappresentanza e su cui lavoriamo convintamente da anni. L’adozione della misura odierna rappresenta, pertanto, un passo determinante verso l’obiettivo comune: l’applicazione di una medesima aliquota Iva a tutti i prodotti culturali che oggi sono soggetti a regimi diversi (i libri ora sono al 4%, i dischi ora al 22%, le mostre e gli spettacoli dal vivo sono ora al 10%, i musei sono esenti Iva e le opere d’arte ora, finalmente, sono al 5%). Come sempre rimaniamo a disposizione delle Commissioni parlamentari e dei Dicasteri competenti per continuare a esprimere il punto di vista dei nostri associati e garantiremo la nostra collaborazione a sostegno di tutto il settore culturale”.
Secondo un rapporto di Nomisma, una delle principali criticità che frenano lo sviluppo del mercato dell’arte in Italia (che ha un giro d’affari diretto pari a 1,36 miliardi di euro e un impatto economico complessivo di 3,8 miliardi di euro, con dati riferiti al 2023, anno dei rilevamenti più recenti che si hanno a disposizione), è rappresentata proprio dal trattamento fiscale, in particolare dall’applicazione dell’aliquota IVA ordinaria del 22% sulla maggior parte delle transazioni. Questa aliquota, evidenzia Nomisma, è la più alta tra i paesi europei e risulta particolarmente penalizzante per gli operatori del settore. Nel dettaglio, l’aliquota ridotta del 10% è applicabile solo in casi molto specifici, ovvero quando la vendita è effettuata direttamente dall’artista o dai suoi eredi. Tuttavia, la gran parte delle transazioni – ad esempio quelle che coinvolgono gallerie, mercanti o rivendite successive – resta assoggettata all’IVA piena del 22% (qui un nostro approfondimento dettagliato su come funziona l’IVA sulle opere d’arte in Italia). Questo, secondo Nomisma, crea una marcata disparità rispetto a mercati come quello francese o tedesco, dove le aliquote applicate sono significativamente più basse.
Nomisma sottolinea che questa differenza ha conseguenze concrete: a parità di prezzo netto, un collezionista italiano si trova a pagare fino al 18% in più rispetto a un collezionista in altri Paesi europei. Questo non solo disincentiva l’acquisto di opere d’arte sul territorio nazionale, ma riduce anche i margini di profitto per le gallerie italiane e rende il mercato meno competitivo a livello internazionale. Nel suo rapporto, Nomisma evidenzia come l’elevata pressione fiscale – in particolare quella legata all’IVA – sia uno degli elementi strutturali che contribuiscono alla debolezza del mercato dell’arte italiano. Un’eventuale revisione dell’aliquota potrebbe rappresentare una leva importante per rilanciare il settore e renderlo più attrattivo sia per gli operatori che per i collezionisti.
Molte, dunque, nei mesi scorsi le iniziative degli operatori del settore per chiedere al governo l’abbassamento dell’IVA. A febbraio, gruppi quali Apollo (che rappresenta case d’asta, antiquari, gallerie e logistica) e ANGAMC hanno inviato una lettera aperta al Governo contestando l’aliquota al 22% e chiedendo allineamento a Germania e Francia, una battaglia che portavano avanti da tempo. Sempre a febbraio, a Bologna, negli spazi di Arte Fiera, i galleristi hanno protestato con fischietti per attirare l’attenzione sulla mancata riduzione IVA. A marzo, oltre 500 artisti, tra cui Michelangelo Pistoletto e Maurizio Cattelan, hanno firmato una petizione a marzo, indirizzata a Giorgia Meloni, avvertendo che l’IVA pesante rischiava di trasformare l’Italia in un “deserto culturale”. Gruppi come ITALICS (74 gallerie associate) hanno espresso “profondo stupore e grande apprensione” per il fatto che l’Italia ignorasse la direttiva UE, definendo il silenzio del Governo come una “condanna a morte” del settore. A marzo 2025, in occasione della presentazione del Rapporto Nomisma e del convegno “Arte: il valore dell’industria in Italia” promosso da Apollo e Intesa Sanpaolo, il ministro della Cultura Alessandro Giuli prometteva che l’IVA sarebbe stata abbassata, con l’appoggio del MEF e in attesa di coperture economiche. Successivamente, ad aprile, l’ANGAMC ha accolto con favore l’impegno formale di abbassare l’aliquota al 5% iniziando l’iter legislativo, citando esplicitamente il question time alla Camera e il via libera dei ministri Giuli e Giorgetti. E oggi, la tanto agognata notizia.