Vicopisano, il racconto del restauro della Torre dell’Orologio restituita alla comunità


Un restauro partecipato ha restituito al borgo toscano uno dei suoi simboli più amati. La Torre dell’Orologio, chiusa per anni, è tornata visitabile nel 2020 grazie all’impegno congiunto di cittadini, istituzioni e realtà locali, con un finanziamento Art Bonus di oltre 85.000 euro.

Dominante e silenziosa, la Torre dell’Orologio di Vicopisano, ha scandito per secoli la vita del borgo toscano in provincia di Pisa, affacciandosi sui tetti e sulle storie di una comunità profondamente legata al suo passato. Dopo anni di chiusura, nel 2020 è tornata ad aprirsi al pubblico grazie a un importante intervento di restauro che ha coinvolto cittadini, istituzioni e realtà del territorio.

Un’operazione corale, capace di riportare in luce il senso condiviso di appartenenza e cura per l’identità condivisa. L’intervento, reso possibile grazie all’Art Bonus, ha raccolto complessivamente 85.361,83 euro: una cifra rilevante, di cui 50.610 euro provenienti da erogazioni liberali offerte dalla Fondazione Pisa, da realtà imprenditoriali, professionisti, associazioni, istituti bancari e cittadini. Ideata e promossa nel 2017 dal sindaco Matteo Ferrucci insieme all’Amministrazione Comunale, la campagna “È ora di riaprirla” ha dato avvio a un momento importante per il recupero della Torre, che da ottobre 2020 è nuovamente accessibile al pubblico, su prenotazione online. Il progetto ha incluso anche il consolidamento delle antiche mura medievali pisane e la valorizzazione della Rocca del Brunelleschi, e ha contribuito a restituire piena dignità a un patrimonio di grande valore storico e architettonico.

La Torre dell’Orologio di Vicopisano
La Torre dell’Orologio di Vicopisano
La Torre dell’Orologio di Vicopisano
La Torre dell’Orologio di Vicopisano
La Torre dell’Orologio di Vicopisano
La Torre dell’Orologio di Vicopisano

“Si è trattato di un progetto di ristrutturazione finalizzato a rendere accessibile l’interno della torre”, dice Matteo Ferrucci, sindaco di Vicopisano. “L’intervento, comprensivo anche della fase esecutiva, è durato meno di un anno. I lavori sono stati delicati a causa della conformazione della torre, alta e stretta, ma l’obiettivo principale era quello di garantirne la sicurezza e permetterne l’accesso. Il progetto ruotava attorno al concetto di tempo, poiché si trattava di una torre dell’orologio: da qui anche il titolo della campagna di comunicazione, “È l’ora di riaprirla”, un gioco di parole che sottolineava la doppia valenza simbolica e funzionale del tempo. Parliamo di una torre che un tempo era una torre militare, poi si è modificata in torre campanaria e infine è stata utilizzata per altri usi civili. Da decenni era chiusa al pubblico e solo chi si occupava delle campane aveva accesso all’interno. I turisti e i visitatori non avevano mai avuto l’opportunità di visitarla. Il restauro”, continua Ferrucci, “si inserisce quindi in un quadro più ampio per due motivi fondamentali: da un lato, la crescente fruibilità dei beni recuperati; dall’altro, la capacità di individuare soluzioni alternative attraverso una rete virtuosa di collaborazioni. Determinante, in questo senso, il ruolo dell’associazione di promozione sociale impegnata nel recupero delle mura, gli accordi siglati con la fondazione e il contributo di alcuni istituti di credito privati. Fondamentale anche il sostegno pubblico, con interventi del Ministero, della Regione e, soprattutto, della Regione Toscana, che ha introdotto una legge specifica sulle città murate. Siamo stati tra i primi beneficiari di questa normativa, espressione di un approccio innovativo promosso all’epoca dal governo. Un impegno che si è tradotto in una presenza costante su ogni misura disponibile. Al restauro è stata coinvolta tutta la cittadinanza. È stato un lavoro corale, fatto di presentazioni pubbliche e momenti condivisi. Nulla di eclatante, certo, ma per il nostro piccolo borgo è stato un evento sentito, di cui tutti parlavano. A ogni incontro distribuivamo un segnalibro con la scritta “È l’ora di riaprirla”, diventato quasi un simbolo dell’iniziativa diffusa e partecipata”.

La campagna di ristrutturazione della Torre ha saputo catalizzare un’adesione animata da eventi pubblici e momenti di condivisione che hanno coinvolto la comunità. Tra le iniziative più sentite, la possibilità di adottare uno scalino dedicandolo a una persona cara, ha trasformato dunque il restauro in un gesto intimo e allo stesso tempo collettivo. Durante i mesi di lavori, i cittadini hanno riportato alla luce storie personali e frammenti di memoria che testimoniano quanto la Torre, autentica sentinella del tempo, sia radicata nell’identità di Vicopisano.

Le scale della Torre prima del restauro
Le scale della Torre prima del restauro
Le scale della Torre prima del restauro
Le scale della Torre prima del restauro

“L’iniziativa ‘Adotta uno Scalino’”, aggiunge il sindaco, “ha raccolto l’adesione di decine di aziende e famiglie, diventando il simbolo della campagna. Alcune realtà imprenditoriali hanno sostenuto la fondazione con contributi, fino a 40.000 euro, mentre altre hanno donato cifre comprese tra i 5.000 e i 1.000 euro. Moltissime famiglie, invece, hanno partecipato con offerte più contenute, da 100 a 700 euro, ma non meno sentite. C’era chi lo regalava al nipote, chi lo dedicava al padre scomparso, chi lo offriva alla moglie come gesto d’amore. Non mancavano le dediche, brevi ma intense, che accompagnavano il gesto: piccoli tributi incisi nella pietra della memoria. Salire quella scala, per molti, significava anche riconoscersi in un’idea: quella che ogni passo ha un valore, e ogni contributo può costruire qualcosa che resta. Negli ultimi anni, Vico Pisano ha assistito a un cambiamento evidente: si vedono più persone, un turismo eterogeneo che arriva da ogni parte del mondo. Ci sono visitatori organizzati da tour operator internazionali, come gli australiani, spesso presenti, ma anche coppie italiane, come due professori universitari di Modena con lo zaino in spalla, che scelgono di esplorare i sentieri locali e fermarsi poi a mangiare nei ristoranti del borgo. Fino a una decina di anni fa, il centro storico contava pochi locali: l’offerta gastronomica era concentrata altrove. Oggi invece si contano quattro o cinque ristoranti, e da marzo a ottobre il paese si anima con una presenza costante e discreta. Non si tratta del turismo mordi e fuggi delle grandi città d’arte, né delle folle sbarcate dalle navi da crociera a Venezia. Qui i turisti si integrano con il tessuto locale: si fermano nei bar, partecipano alla vita del borgo. Non c’è invasione, nemmeno nei numeri. Le presenze registrate, circa tremila l’anno, non raccontano tutto: molte case vengono affittate privatamente, spesso da chi ha ristrutturato seconde abitazioni in collina o piccoli appartamenti nel borgo. La visione è chiara: mantenere Vicopisano vivo e autentico, un luogo abitato prima di tutto dai cittadini, ma capace di attrarre un turismo rispettoso. L’obiettivo è un’economia sostenibile, un pil verde che valorizzi la bellezza e la dignità del territorio. Gli stessi visitatori lo chiedono “Don’t change too much”, non snaturate la Toscana autentica per trasformarla in una destinazione artificiale, fatta di negozi tutti uguali e folklore costruito. A testimonianza della vivacità del borgo, il riconoscimento del titolo di “città” conferito dal Presidente della Repubblica, la Bandiera Arancione del Touring Club e la presenza nei principali cammini regionali. Gli eventi non mancano: dalla Festa Medievale di settembre, che richiama numerosi visitatori, a Castello in Fiore, passando per uno dei mercatini del collezionismo più importanti della Toscana, ogni settimana c’è qualcosa da vivere. Ogni anno migliaia di persone arrivano da tutta Italia per camminare sul monte e scoprire le ricchezze del territorio”.

Le scale della Torre dopo il restauro
Le scale della Torre dopo il restauro
Le scale della Torre dopo il restauro
Le scale della Torre dopo il restauro

Tra i simboli più noti del borgo medievale toscano, riconosciuto come Città dell’Olio e Città che legge, la torre domina la scena urbana con il suo profilo peculiare. Si erge al civico 47 di via Lante, un tempo arteria vitale del commercio vicarese, a pochi passi dalla Biblioteca Comunale, che oggi ospita anche l’ufficio turistico. La sua origine risale alla seconda metà del XII secolo, anche se interventi successivi, tra cui l’aggiunta di pilastri angolari nel Seicento, ne hanno modificato l’aspetto. A pianta trapezoidale e alta circa 27 metri, la Torre è costruita in pietra verrucana e presenta sulla facciata un grande orologio. In cima, ancora oggi, suonano due antiche campane in bronzo perfettamente funzionanti.

La Rocca del Brunelleschi

Da simbolo civile a fulcro della difesa militare: a pochi passi dalla Torre dell’Orologio, la Rocca del Brunelleschi racconta un’altra pagina fondamentale della storia di Vicopisano. La sua costruzione fu conseguenza diretta della conquista fiorentina del borgo, avvenuta il 16 luglio 1406, al termine di un assedio durato nove mesi. Per proteggere la nuova e strategica acquisizione, Firenze decise di affidarsi a uno dei nomi più prestigiosi dell’epoca: Filippo Brunelleschi (Firenze, 1377 - 1446) (o per esteso Filippo di Ser Brunellesco). Il progetto, presentato con un plastico in legno e creta, colpì fin da subito i membri della commissione, tra cui anche Francesco Sforza, futuro duca di Milano. I lavori cominciarono perciò nel 1435. Diverse strutture preesistenti, tra cui chiese e palazzi situati sulla sommità del colle, furono demolite per far spazio alla nuova fortificazione. Il centro dell’impianto inglobava un’antica torre del XII secolo, già appartenente agli arcivescovi pisani, trasformata nel mastio della rocca. L’architettura mantiene tratti medievali, alte mura merlate, archetti con piombatoie per la difesa verticale, ma introduce elementi nuovi per l’epoca: un articolato sistema di ponti levatoi, progettato per isolare progressivamente le sezioni della fortezza in caso d’assedio. L’accesso al cortile interno era già filtrato da un’antiporta munita di fossato. Se il nemico fosse riuscito a superarlo, la scala verso il cammino di ronda poteva essere abbattuta rapidamente. E se anche le cortine fossero state conquistate, i difensori potevano ancora ritirarsi nel mastio, reso indipendente dal resto della struttura tramite un ulteriore ponte levatoio, con acqua e viveri in autonomia.

L’elemento più ingegnoso, però, resta il grande muraglione merlato che collega la Rocca alla Torre del Soccorso, alta circa 21 metri e posta nei pressi dell’Arno. Una via di rifornimento sicura da Firenze che rendeva impossibile assediare completamente la fortezza. Le barche approdavano in una caletta difesa (oggi scomparsa), scaricando uomini e materiali che risalivano attraverso un passaggio fortificato fino al secondo piano della torre, e da lì al muraglione. Chi avesse tentato di percorrerlo si sarebbe trovato esposto al tiro incrociato proveniente dalla Rocca. E anche se la Torre del Soccorso fosse stata conquistata, l’ultimo collegamento, un ponte levatoio, oggi non più attivo, poteva interrompere il passaggio verso il cuore della fortezza. Oggi, dalla sommità della torre che un tempo trasmetteva segnali a Firenze, si contempla un paesaggio quieto, fatto di campi, colline e silenzio.

La Rocca del Brunelleschi. Foto: Arnaldo Alderigi
La Rocca del Brunelleschi. Foto: Arnaldo Alderigi


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Noemi Capoccia

L'autrice di questo articolo: Noemi Capoccia

Originaria di Lecce, classe 1995, ha conseguito la laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2021. Le sue passioni sono l'arte antica e l'archeologia. Dal 2024 lavora in Finestre sull'Arte.




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