S’intitolerà In Minor Keys (“In tonalità minore”) la mostra internazionale della Biennale di Venezia del 2026, che si terrà dal 9 maggio al 22 novembre 2026. Curata dalla compianta Koyo Kouoh, scomparsa solo pochi giorni fa per tumore, è stata presentata questa mattina a Venezia dal team curatoriale che ha affiancato Kouoh nei primi mesi di lavoro, composto da Rasha Salti, Marie Hélène Pereira, Gabe Beckhurst Feijoo, Siddharta Mitter e Rory Tsapayi. In Minor Keys, ha spiegato Salti con una citazione di James Baldwin del 1972, vuol essere “un invito ad accogliere queste parole nelle immediate condizioni fisiche, meteorologiche, ambientali e karmiche in cui vi incontrano”. Kouoh ha lavorato al progetto da ottobre 2024 fino alla sua scomparsa.
La tonalità minore in musica allude sia alla struttura di una canzone che ai suoi effetti emotivi: è, ha spiegato ancora Salti, “un’idea ricca, così ricca che trabocca rapidamente dalla sua definizione tecnica e si riversa nella metafora”. Evoca gli stati d’animo, il blues, il lamento, l’allegoria, il sussurro. Le tonalità minori rifiutano la magniloquenza orchestrale e le marce militari al passo dell’oca e prendono vita in toni pacati. Tonalità minori, ovvero frequenze più basse, ronzii, poesia, tutti portali verso l’altrove. Le tonalità minori richiedono un ascolto che si posa sulle emozioni e le sostiene a sua volta.
Si tratterà, dunque, di una mostra sintonizzata sulle tonalità minori, ha sottolineato Pereira. “Una mostra che invita ad ascoltare i segnali persistenti della Terra e della vita, a connettersi alle frequenze dell’anima”. Le tonalità minori “racchiudono le cadenze, le melodie e i silenzi di mondi risonanti che si riuniscono e creano insieme un’assemblea polifonica di arte che si riunisce e comunica in una connettività conviviale, mirando a superare il vuoto dell’alienazione e il crepitio del conflitto”.
La 61ª edizione della Biennale Arte si fonderà sulla convinzione che gli artisti siano interpreti vitali della condizione sociale e catalizzatori di nuove relazioni e possibilità. Di conseguenza, la composizione della mostra è formata da pratiche artistiche che aprano portali, che siano in grado di rinfrescare e nutrire, che stimolino relazioni e rapporti, che promuovano concetti e forme attraverso reti e scuole, intese liberamente e informalmente. L’effetto desiderato mescolerà coesione e dissonanza alla maniera di un ensemble free jazz. La Biennale sarà, ha detto ancora Pereira, un “festival di ensemble con una premessa comune: che la poetica libera e le persone creano bellezza insieme”. Attraverso la relazione, la condivisione e la trascendenza, gli artisti e le pratiche che operano con questo spirito, come il jazz, attraversano metodi, scale, sensi e forme, proponendo ai visitatori un’esposizione e un’esperienza più sensoriale che didattica.
L’esposizione internazionale della 61a Biennale Arte non intende essere, ha detto Beckhurst Feijoo, “né una litania di commenti sugli eventi mondiali, né una disattenzione o una fuga da crisi complesse e in continua intersezione. Propone piuttosto una radicale riconnessione con l’habitat naturale dell’arte e il suo ruolo nella società. Ovvero l’emotivo, il visivo, il sensoriale, l’affettivo, il soggettivo. In tonalità minore si susseguono sequenze di viaggi esaltanti che si rivolgono al sensoriale e all’affettivo, invitando i visitatori a meravigliarsi, meditare, sognare, divertirsi, riflettere e comunicare in regni dove il tempo non è proprietà aziendale né in balia di una produttività inesorabilmente accelerata”.
“Rifiutando lo spettacolo dell’orrore, è giunto il momento di ascoltare le tonalità minori, di sintonizzarsi in sottovoce sui sussurri, sulle frequenze più basse, per trovare le oasi, le isole dove la dignità di tutti gli esseri viventi è salvaguardata”, ha affermato Siddharta Mitter. “La mostra postula che cambiamenti così radicali siano in atto. In effetti, sono in atto da sempre nelle tonalità minori. E gli artisti che la mostra riunirà sono profondamente impegnati a realizzarli. Gli artisti sono canali verso e tra le tonalità minori, e ascoltare, piuttosto che parlare per loro, è al centro del concetto curatoriale. La mostra In Minor Keys si presenta come una partitura collettiva composta insieme ad artisti che hanno costruito universi di immaginazione. Artisti che lavorano ai confini della forma e le cui pratiche possono essere pensate come melodie intricate da ascoltare sia collettivamente che individualmente. Questi sono artisti le cui pratiche si insinuano perfettamente nella società. Artisti che accolgono la vita quotidiana come parte di una relazione logica ed esteticamente coerente tra le parti. Artisti che sono estremamente generosi e ospitali nei confronti della vita”.
“Nel procedere”, ha detto Pietrangelo Buttafuoco, presidente della Biennale di Venezia, “tutti noi abbiamo deciso di comune accordo con la famiglia e con la squadra, di andare avanti. Con la consapevolezza che il suo gesto è quello di un pensatore che nel titolo esplicitato sussurra anche da un altrove. Il suo è un lavoro che arriva a noi ed è adesso a tutti voi offerto in una mole preparatoria che è già progetto. E quindi la Biennale fa oggi quello che da 130 anni fa: realizza, mette a terra, edifica l’idea di un autore che oggi con Koyo Kouoh nell’assenza è presente per suggerire da quell’altrove una strada, ed è una strada precisa è il futuro. In lei c’è la pratica artistica che prevale su una singola esistenza. In lei c’è la geografia disegnata da mappe nuove. Oggi realizziamo la sua mostra e la realizziamo come lei l’ha immaginata, come l’ha progettata e personalmente a me consegnata. La sua proposta è quella, appunto, di un sussurro, di un sottovoce, ed è l’esatto metodo attraverso cui la giusta luce trova spazio e si dispiega. L’arte, soprattutto l’arte visiva, lo sappiamo, va ben oltre il futuro presente. L’arte è il tempo dilatato, è il prima ed è il dopo ed è il permanere di una volontà tutta tutta di parola, tutta di segno, tutta di presenza nella vita. Il lavoro di Koyo parla e si confronta con il lavoro di curatori che sono stati e che arriveranno e che ci saranno. Ed è il tempo dei venturi. I venturi sono i fondatori di un’essenza, i venturi sono coloro i quali stanno a lungo in ascolto. I venturi, da sempre, sono quelli che apparecchiano il gioco del sapere, sono quelli che, venturi per come sono, sanno indicarci l’apertura all’immaginazione, al cercare ciò che è necessario e che rende inevitabile e così unico il fatto tra i fatti che ci riguarda, il fatto d’arte”.
Durante la conferenza stampa è stata presentata anche la nuova partnership con Bulgari, che collaborerà con la Biennale di Venezia per i prossimi tre anni. Matteo Morbidi, direttore Heritage&Philantrophy di Bulgari, ha dichiarato: “Siamo orgogliosi di intraprendere questo percorso con la Biennale di Venezia, di cui la Maison Bulgari sarà exclusive partner per le prossime tre edizioni della Biennale arte. Desidero innanzitutto ringraziare la Biennale di Venezia per questa straordinaria opportunità di collaborazione. Una delle istituzioni, come ha detto il presidente, che da oltre 130 anni dà voce alle espressioni artistiche più visionarie e rappresentative del nostro tempo. Una piattaforma unica e innovativa che offre uno spazio di confronto fra culture, identità e prospettive. Un contesto che rappresenta per la nostra maison un punto di incontro naturale. Un luogo dove bellezza, identità e cultura si fondono in un dialogo universale e senza tempo. Per Bulgari questa collaborazione significa riaffermare una convinzione profonda: che l’arte sia un patrimonio vivo un patrimonio vivo da sostenere oggi e da tramandare alle culture del domani con cura e dedizione. Preservare e promuovere e tramandare l’arte e la creatività non è soltanto un impegno per noi, è un valore fondante che fa parte del DNA di Bulgari fin dalle sue origini”.
Tutti i dettagli del progetto, incluso l’elenco degli artisti invitati all’Esposizione Internazionale, l’identità grafica, l’allestimento e l’elenco delle partecipazioni internazionali, saranno annunciati durante la presentazione della mostra, che si terrà a Venezia mercoledì 25 febbraio 2026 .
Alla fine della conferenza stampa sono stati letti anche alcuni versi di Koyo Kouoh, scritti nel 2022: “I am tired. People are tired. We are all tired. The world is tired. Even art itself is tired. Perhaps the time has come. We need something else. We need to heal. We need to laugh. We need to be with beauty and lots of it. We need to play. We need to be with poetry. We need to be with love again. We need to dance. We need to make and give food. We need to rest and restore. We need to breathe. We need the radicality of joy. The time has come” (“Sono stanca. La gente è stanca. Siamo tutti stanchi. Il mondo è stanco. Persino l’arte stessa è stanca. Forse è giunto il momento. Abbiamo bisogno di qualcos’altro. Abbiamo bisogno di guarire. Abbiamo bisogno di ridere. Abbiamo bisogno di stare con la bellezza, e in abbondanza. Abbiamo bisogno di giocare. Abbiamo bisogno di stare con la poesia. Abbiamo bisogno di stare di nuovo con l’amore. Abbiamo bisogno di ballare. Abbiamo bisogno di creare e donare cibo. Abbiamo bisogno di riposare e rigenerarci. Abbiamo bisogno di respirare. Abbiamo bisogno della radicalità della gioia. È giunto il momento”).
L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta
Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.