Dal Neoclassicismo al Romanticismo: alla GAM di Milano una mostra su Pompeo Marchesi


Milano ricorda uno dei suoi più grandi scultori, Pompeo Marchesi, a 240 anni dalla sua nascita, con una mostra che lo ricorda come eccezionale artista tra Neoclassicismo e Romanticismo. Appuntamento alla GAM dal 1° marzo al 18 giugno 2023.

Milano ricorda uno dei suoi più grandi scultori, Pompeo Marchesi (Saltrio, 1783 – Milano, 1858) con la mostra Neoclassico e Romantico. Pompeo Marchesi, scultore collezionista, in programma dal 1° marzo al 18 giugno 2023 alla GAM - Galleria d’Arte Moderna. L’esposizione, allestita nelle sale al piano terra della Villa Reale, è promossa dal Comune di Milano – Cultura ed è curata da Omar Cucciniello, conservatore della Galleria d’Arte Moderna di Milano.

Grande scultore dell’Ottocento, allievo di Canova, coetaneo e amico di Francesco Hayez, Pompeo Marchesi rappresentò il trait d’union nel passaggio dal Neoclassicismo al Romanticismo, nel vivace ambiente della Milano tra Impero napoleonico e Restaurazione. La mostra, a 240 anni dalla sua nascita, segue le celebrazioni per il bicentenario della morte di Antonio Canova e prende spunto dal prezioso modello in gesso di Ebe di quest’ultimo, alla Galleria d’Arte Moderna, per ricostruire la raccolta dello scultore, artista di fondamentale importanza per la storia del museo e delle collezioni artistiche del Comune di Milano. Tra i rarissimi modelli di Canova a non essere confluiti nella Gypsotheca di Possagno, Ebe giunse infatti nelle collezioni civiche proprio in seguito al lascito testamentario di Marchesi.

Il percorso espositivo ricostruisce la vita e l’opera dello scultore, formatosi all’Accademia di Brera sotto gli auspici di Giuseppe Bossi e poi a Roma, sotto la direzione di Canova. La figura di Marchesi è strettamente legata alla città di Milano, dove negli anni della Restaurazione l’artista ottenne un grandissimo successo partecipando ai più importanti cantieri cittadini, dall’Arco della Pace al Duomo, e alla vita artistica, in qualità di professore dell’Accademia di Brera. Conosciuto come il “Fidia meneghino”, fu definito da Stendhal, nel romanzo La Certosa di Parma, “le sculpteur à la mode de Milan” (questo anche il titolo della prima sezione della mostra), ebbe commissioni importanti da tutta Europa, da Vienna a Parigi a San Pietroburgo, testimonianza di una stagione di splendore della scultura lombarda, conosciuta e ricercata in tutto il mondo. Classicista e perfetta nella forma, la sua scultura è in equilibrio tra la ricerca di una bellezza ideale ed eterna, mutuata da Canova, e lo schiudersi di una più moderna sensibilità romantica, mentre i bozzetti mostrano un’inedita forza, modernissima e quasi anticlassica, che sembra tradurre il consiglio di Winckelmann di “ideare col fuoco ma eseguire con calma”.

Il suo grandioso atelier, ricostruito dopo un incendio grazie a una sottoscrizione della cittadinanza e inaugurato dall’imperatore d’Austria Ferdinando I, era uno dei luoghi più alla moda della città, ricordato da Stendhal e Balzac, frequentato da teste coronate, artisti, scrittori, nobili e intellettuali, affrescato da Hayez e organizzato come un museo. Qui Marchesi radunò tutti i modelli in gesso e i bozzetti delle sue sculture, ma anche la ricca collezione di opere d’arte raccolte durante gli anni. Proprio da questo monumentale luogo nasce il suo lascito: alla sua morte lo scultore destinò infatti tutti materiali dello studio non ai musei d’arte esistenti (la Pinacoteca di Brera e la Biblioteca Ambrosiana) ma alla città di Milano, che all’epoca non disponeva di collezioni d’arte. Primo di una lunga serie di doni di artisti e collezionisti che si susseguiranno nei decenni successivi, il lascito di Marchesi si pone quindi alle origini delle collezioni artistiche civiche. Il dono, inaspettato, comprendeva le numerosissime opere dello scultore (modelli, bozzetti, disegni), ma anche tutto ciò che aveva collezionato in vita: sculture antiche, disegni, incisioni, dipinti, cartoni e libri, con particolare riferimento agli artisti a lui contemporanei, Andrea Appiani, Giuseppe Bossi, Francesco Hayez, Bertel Thorvaldsen e soprattutto Antonio Canova, di cui possedeva appunto il modello di Ebe, forse l’opera più preziosa della collezione. La grazia delicata della coppiera degli dei trovava un corrispettivo nell’opera di Andrea Appiani, di cui Marchesi possedeva splendidi studi per gli affreschi di San Celso, disegni per il grandioso ciclo dei Fasti napoleonici, ma anche raffinate miniature. I primi contatti di Marchesi con Canova, durante gli anni del pensionato artistico a Roma, furono mediati da Giuseppe Bossi, all’epoca segretario dell’Accademia e grande amico dello scultore: di quest’ultimo Marchesi collezionò una serie di disegni e cartoni, che testimoniano della varietà e complessità dell’opera dell’artista bustocco, dagli studi di anatomia alle ambiziose composizioni fino agli studi su Leonardo da Vinci. Inoltre, la sterminata collezione di Bossi costituì senz’altro un’ispirazione per quella di Marchesi. Infine, Marchesi indicava tra i suoi modelli anche Bertel Thorvaldsen, conosciuto a Roma, emulo e avversario di Canova, di cui possedeva alcuni bassorilievi, testimonianza della considerazione in cui lo scultore danese era tenuto come “patriarca del bassorilievo”.

Nonostante le perdite dovute agli avvenimenti storici (la collezione di cartoni andò distrutta durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale), la collezione Marchesi, nella sua varietà e ricchezza, è una preziosa testimonianza del gusto di un’intera epoca. Esposte in origine unitariamente nella prima sede del Museo Artistico Municipale ai Giardini Pubblici, inaugurato nel 1878, le opere della collezione Marchesi vennero poi trasportate al Castello Sforzesco restaurato da Beltrami a inizio Novecento per diventare la sede dei musei civici, e quindi suddivise tra i diversi istituti via via fondati: dal Museo Archeologico al Gabinetto dei Disegni, dal Museo d’Arte Antica alla Biblioteca d’Arte alla Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, che ancora oggi le conservano. Il numero maggiore di opere è custodito dalla Galleria d’Arte Moderna: il museo fu inaugurato nel 1903, ma il suo nucleo fondativo va rintracciato proprio nella collezione di Marchesi.

La mostra intende quindi ricostruire la complessità della raccolta e la sua importanza per la nascita delle collezioni artistiche cittadine, in cui risulta profondamente innervata, avvalendosi del contributo degli istituti civici: il Gabinetto dei Disegni, la Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli”, la Biblioteca d’Arte, il Civico Archivio Fotografico, il Museo d’Arte Antica del Castello Sforzesco. Alle sculture di Marchesi della Galleria d’Arte Moderna viene così accostata per la prima volta una selezione di dipinti, disegni, incisioni e libri di diversi artisti a lui vicini. In questo modo è stato possibile valorizzare ulteriormente la ricchezza e la complessità delle collezioni civiche milanesi la cui preziosa e attiva collaborazione ha permesso nuove scoperte e attribuzioni.

L’esposizione è inoltre l’occasione per mostrare i risultati di un’ampia campagna di restauri su sculture, bozzetti e terrecotte di Marchesi – con particolare riferimento alle principali imprese cittadine. Le opere restaurate, tra cui Il Genio della caccia, la Maddalena, le terrecotte per l’Arco della Pace e i gessi per il monumento di Francesco I a Vienna, sono così accostate a disegni preparatori, schizzi e incisioni dell’artista e a opere inedite e mai esposte provenienti dai depositi della Galleria d’Arte Moderna. Emerge non solo il profilo di uno degli scultori canoviani più importanti, ma anche la sua complessità di collezionista. Molti dei bozzetti, dei gessi e dei modelli sono esposti per la prima volta: alcuni recano i segni dell’incendio dello studio del 1834. La tecnica esecutiva utilizzata da Marchesi è quella messa a punto da Canova alla fine del Settecento e poi adottata da tutti gli scultori fino al Novecento. La prima idea trovava forma in un bozzetto di piccole dimensioni, modellato in argilla e poi cotto oppure tradotto in gesso, a cui seguiva – a volte con passaggi intermedi – la realizzazione di un modello in gesso accuratamente rifinito in scala 1:1, sul quale venivano apposte crocette o chiodini, ancora visibili, per riportare le dimensioni sul blocco di marmo da scolpire.

Marchesi inoltre introduce l’abito contemporaneo nella scultura ufficiale, ancora ferma su posizioni classiciste, tra nudo eroico e panneggio all’antica, affermando invece il diritto di ogni epoca ad autorappresentarsi. Dall’altro, instilla nelle figure una delicata dimensione emotiva e sentimentale, manifestamente romantica, evidente in opere come la Maddalena o nei monumenti funerari. In questi ultimi si assiste al passaggio dall’iniziale adesione ai moduli canoviani della stele classica e del compianto, alla semplificazione arcaica dei bassorilievi di Thorvaldsen. Il confronto tra studi, bozzetti e modelli finiti permette di ricostruire intere serie iconografiche e di seguire lo sviluppo dell’opera dalla prima idea alla sua realizzazione finale, attraverso ripensamenti e modifiche. Il contrasto tra l’inaspettata forza dei bozzetti, quasi anticlassici, e la levigata perfezione dei gessi sembra tradurre l’indicazione di Wickelmann di “ideare col fuoco, ma eseguire con serenità”.

Una caratteristica inattesa nella collezione di Pompeo Marchesi è poi l’ampia presenza di disegni, opere che lo scultore ricercò con grande passione per tutta la vita, conservata al Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco. Oltre ai nuclei di disegni di quelli che considerava i suoi maestri – esposti nelle sale precedenti – Marchesi collezionò un gran numero di opere di suoi contemporanei, dando alla raccolta un carattere estremamente moderno per l’epoca, specie per un artista considerato classicista. Accanto a Bossi e Appiani, troviamo quindi Luigi Ademollo, Giovanni De Min, Federico Moja, Pelagio Palagi, Francesco Sabatelli, un nucleo cospicuo di disegni di Vitale Sala, allievo di Palagi morto giovanissimo, a cui si devono aggiungere artisti stranieri, come Kupelwieser o de Sequeira, e alcuni disegni di scenografie e architetture, di Gaetano Vaccani, Paolo Landriani, Giovanni Perego. All’amico Francesco Hayez appartiene forse il disegno più bello della collezione, la sensuale Betsabea al bagno. Molte sono le opere di artisti che Marchesi conosceva e frequentava. La loro acquisizione dovette essere frutto di doni, scambi, viaggi o acquisti diretti. La collezione di disegni mostra una predilezione per i disegni rifiniti e i soggetti mitologici e romantici. I disegni sono stati raccolti e selezionati nell’ambiente vissuto da Marchesi, tra la Lombardia e l’Austria, per le loro qualità estetiche, con finalità principalmente collezionistiche: non sono fogli e opere a uso della bottega, come era costume nel Rinascimento, ma frutto del gusto di Marchesi, e infatti perfettamente coerenti con la sua estetica. Ciò non esclude che potessero comunque essere anche additati agli allievi come modelli o che fossero fonte di ispirazione dello scultore.

Francesco Hayez, Ritratto di Pompeo Marchesi (olio su tavola; Milano, Galleria d’Arte Moderna)
Francesco Hayez, Ritratto di Pompeo Marchesi (olio su tavola; Milano, Galleria d’Arte Moderna)
Pompeo Marchesi, Maddalena (gesso; Milano, Galleria d’Arte Moderna) Foto: MarilenaAnzani©aconerre2023
Pompeo Marchesi, Maddalena (gesso; Milano, Galleria d’Arte Moderna). Foto: MarilenaAnzani©aconerre2023
Pompeo Marchesi, Genio della caccia (gesso; Milano, Galleria d’Arte Moderna). Foto: Riccardo Bianchi-Framstudio
Pompeo Marchesi, Genio della caccia (gesso; Milano, Galleria d’Arte Moderna). Foto: Riccardo Bianchi-Framstudio
Antonio Canova, Ebe (gesso; Milano, Galleria d’Arte Moderna)
Antonio Canova, Ebe (gesso; Milano, Galleria d’Arte Moderna)
Pompeo Marchesi, Stele funeraria (terracotta; Milano, Galleria d’Arte Moderna). Foto: MarilenaAnzani©aconerre2023
Pompeo Marchesi, Stele funeraria (terracotta; Milano, Galleria d’Arte Moderna). Foto: MarilenaAnzani©aconerre2023
Pompeo Marchesi, Emanuele Filiberto di Savoia (gesso; Milano, Galleria d’Arte Moderna). Foto: MarilenaAnzani©aconerre2023
Pompeo Marchesi, Emanuele Filiberto di Savoia (gesso; Milano, Galleria d’Arte Moderna). Foto: MarilenaAnzani©aconerre2023
Allestimenti della mostra
llestimenti della mostra

Informazioni sulla mostra

Titolo mostraNeoclassico e Romantico. Pompeo Marchesi, scultore collezionista
CittàMilano
SedeGAM - Galleria d'Arte Moderna
DateDal 01/03/2023 al 18/06/2023
ArtistiAntonio Canova, Francesco Hayez, Pompeo Marchesi
CuratoriOmar Cucciniello
TemiOttocento, Settecento, Romanticismo, Neoclassicismo

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