Magazzino Italian Art apre il Robert Olnick Pavilion. Schifano, Spalletti e Scarpa le prime 3 mostre


Magazzino Italian Art a Cold Spring apre il Robert Olnick Pavilion per allargare l’offerta espositiva. Le prime tre esposizioni saranno dedicate a Mario Schifano, Ettore Spalletti e Carlo Scarpa. 

Dal 14 settembre 2023 aprirà al pubblico il Robert Olnick Pavilion del Magazzino Italian Art, il museo negli Stati Uniti che si occupa di arte italiana dalla metà del Novecento al contemporaneo. Il nuovo edificio è stato progettato dagli architetti spagnoli Alberto Campo Baeza e Miguel Quismondo e permetterà di ampliare l’offerta culturale di Magazzino grazie ai suoi 1.200 metri quadrati di spazi espositivi. Simbolo del nuovo padiglione sarà la sala isotropa, progettata da Alberto Campo Baeza: un cubo, perforato in ciascun angolo da finestre di forma quadrata che generano un flusso di luci e ombre in continua evoluzione.

Ad inaugurare il nuovo padiglione saranno tre esposizioni: una panoramica del lavoro pionieristico degli anni Sessanta e Settanta di Mario Schifano (1934-1998); un’installazione di dipinti e sculture di Ettore Spalletti (1940-2019) nella sala isotropa; una selezione di capolavori in vetro di Murano di Carlo Scarpa (1906-1978) dalla collezione dei fondatori di Magazzino, Nancy Olnick e Giorgio Spanu.

Allestita fino all’8 gennaio 2024, Mario Schifano: The Rise of the ’60s è la prima grande retrospettiva negli Stati Uniti che offre una panoramica completa dell’attività di Mario Schifano nel decennio 1960-1970. In mostra ottanta opere, la maggioranza delle quali in prestito da importanti collezioni internazionali, tra cui dodici provenienti dalla Fondazione Maurizio Calvesi e mai esposte finora.

Organizzata da Magazzino Italian Art, in collaborazione con l’Archivio Mario Schifano e curata da Alberto Salvadori, la mostra è presentata nel sessantesimo anniversario della prima visita di Schifano negli Stati Uniti e include opere realizzate a partire dall’inizio degli anni Sessanta in omaggio ai pittori italiani di cartelloni pubblicitari. Attraverso la loro capacità di giocare con il colore elaborando i loghi di aziende come Coca-Cola ed Esso, queste opere rappresentano uno sviluppo parallelo e indipendente rispetto alla Pop art americana. Saranno esposte anche altre serie di opere, come quelle dei monocromi, delle tele emulsionate dedicate ai Paesaggi TV e fotografie di viaggio negli Stati Uniti. Pur essendo sensibile alle correnti del momento, Schifano ha sviluppato per la sua intera carriera un originale e indipendente punto di vista e pratica artistica, attingendo continuamente anche dalle opere di artisti storici, tra cui Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Leonardo da Vinci, Piero della Francesca e Kazimir Malevich.

La mostra sarà accompagnata dalla pubblicazione Schifano: The Rise of the ’60s, curata da Alberto Salvadori, Lara Conte e Francesco Guzzetti, con testi di Alberto Salvadori, Andrea Cortellessa, Claire Gilman, Daniela Lancioni, Francesco Guzzetti, Giorgia Gastaldon, Giuliana Bruno, Lara Conte, Luciano Chessa, Raphael Rubinstein, Riccardo Venturi e Stefano Chiodi.

In esposizione fino all’8 gennaio 2024, anche Ettore Spalletti: Parole di colore, progetto espositivo appositamente concepito per il nuovo Padiglione dalla Fondazione Ettore Spalletti e da Alberto Salvadori in collaborazione con l’architetto Alberto Campo Baeza, che include cinque opere di Spalletti, collocate nella sala isotropa.

In mostra tre grandi opere murali monocromatiche - Sia o no così, rosa; Così, rosa; Sia o no così, azzurro - realizzate nel 2009 con colori stratificati, applicati ritualmente nello stesso modo e alla stessa ora del giorno e messe a confronto con la scultura Colonna nel vuoto, del 2019, una colonna realizzata con una centina di legno dipinta che, in dialogo con l’architettura di Campo Baeza, appare come un simbolo, una possibile fonte di reinterpretazione e innovazione nel rapporto tra arte e architettura. Accanto ai dipinti e alla colonna si trovano Disco, del 1981, un’opera in legno laccato nero inserito in una delle pareti. Disco introduce un elemento magico e asimmetrico nello spazio, una presenza dirompente che suggerisce e amplia il senso di sublime.

Parole di colore nasce da una riflessione sulla relazione tra le opere di Ettore Spalletti e lo spazio specificatamente disegnato da Alberto Campo Baeza; uno spazio che dà la sensazione di trovarsi in un luogo sacro, mistico e ascetico.

Si ringrazia per il generoso sostegno al progetto Ettore Spalletti: parole di colore: Marian Goodman Gallery, Galleria Lia Rumma e Galleria Vistamare.

Fino al 31 marzo 2025 è invece visitabile la mostra Carlo Scarpa: Capolavori senza tempo, che presenta una selezione di cinquantasei opere in vetro di Murano dalla Collezione Olnick Spanu. Curata da Marino Barovier, l’esposizione intende ricostruire il percorso creativo del celebre architetto dal 1926 al 1947, periodo in cui collaborò con le due più importanti fornaci muranesi dell’epoca: M.V.M. Cappellin & Co. e Venini.

“Il termine capolavori”, afferma Marino Barovier, “è il più appropriato per questi vetri, perché si tratta di opere straordinarie per la qualità del disegno e della materia; opere che hanno fatto la storia delle vetrerie dove sono state realizzate e di riferimento per il panorama artistico del vetro di Murano del Novecento”.

La Collezione Olnick Spanu comprende ad oggi 596 opere in vetro di Murano realizzate da 43 artisti e designer. La Collezione Olnick Spanu conserva ben 156 capolavori di Scarpa, un numero che la rende una delle collezioni più vaste al mondo delle opere dell’architetto e designer veneziano. La mostra include la serie Pasta vitrea, creata tra il 1929 e il 1930 e caratterizzata dai colori brillanti, dalla matericità e dall’applicazione di foglia d’oro. Tra le opere in vetro create per Venini, esempi significativi includono un vaso e una tazza dalla serie Laccati neri e rossi del 1940, il cui colore caratteristico conferisce loro l’aspetto delle lacche cinesi.

“Scarpa in fornace guarda tutto, è curioso e ha sete di sapere, vuole gestire la materia, cambiarne l’aspetto, i colori, le forme”, scrive Barovier. “Il percorso avviene con discrezione accanto ai maestri vetrai che hanno l’esperienza, conoscono i trucchi di un antico mestiere radicato nella tradizione tramandata da maestro a maestro. Ma lui stesso si fa maestro: avvia lunghe conversazioni con gli artigiani, specialmente con i maestri Ferdinando Toso detto Fei e Arturo Biasutto detto Boboli, con cui stabilisce un rapporto privilegiato, stimola la ricerca, apre la strada verso proposte inattese”.

Per info: https://www.magazzino.art/

Immagine: Robert Olnick Pavilion, Magazzino Italian Art.

Foto di William Mulvihill. Courtesy MQ Architecture

Magazzino Italian Art apre il Robert Olnick Pavilion. Schifano, Spalletti e Scarpa le prime 3 mostre
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