Ettore Spalletti, l'artista dell'azzurro. Vita, opere, stile


Ettore Spalletti è noto per i suoi lavori sul rapporto tra opera e spazio e per il suo uso del rosa e dell'azzurro. La vita, le opere, lo stile.

Ettore Spalletti (Cappelle sul Tavo, 1940 – Spoltore, 2019), uno dei maggiori artisti italiani del secondo Novecento, è noto per aver dato vita ad un connubio profondo tra pittura e scultura realizzando opere tridimensionali che si estendono nello spazio, sulle quali applicava dense pennellate di colore.

I temi fondamentali della sua ricerca riguardano proprio il rapporto tra opera e spazio, che sono interconnessi e contribuiscono entrambi alla costituzione della forma artistica, e il colore. L’azzurro è la cromia che più ricorre nelle sue opere, ma sono presenti anche il rosa, il grigio e il verde, riverberati ed esaltati dalla luce che viene curata approfonditamente dall’artista, che tende a riempire spazi interi con il colore in modo che l’opera d’arte venga vissuta come un’esperienza spirituale e sospesa rispetto alla realtà. Profondamente legato alla sua terra d’origine, l’Abruzzo, spesso i colori da lui utilizzati ricordano le tonalità tipiche del litorale adriatico.

Ettore Spalletti
Ettore Spalletti

La vita di Ettore Spalletti

Ettore Spalletti nacque il 26 gennaio 1940 a Cappelle sul Tavo, una piccola cittadina in provincia di Pescara, in Abruzzo. Conclusi gli studi, si trasferì a Roma per studiare scenografia all’Accademia delle belle arti. Iniziò a produrre le prime opere negli anni Sessanta, e nel corso della sua carriera artistica è stato presente con i suoi lavori nelle più prestigiose sedi espositive italiane ed internazionali. Ha, infatti partecipato a Documenta a Kassel (1982 e 1992) e alla Biennale di Venezia (1982, 1993, 1995 e 1997), mentre sue mostre personali sono state allestite a Parigi, New York, Anversa, Strasburgo e molte altre importanti città. Inoltre, nel 2014 gli venne dedicata una retrospettiva completa allestita al MAXXI - Museo nazionale delle Arti del XXI Secolo di Roma, alla GAM - Galleria Nazionale di Arte Moderna di Torino e al MADRE - Museo di Arte Contemporanea Donnaregina di Napoli.

A Pescara progettò nel 2004 la Fontana presso il piazzale del Palazzo del Tribunale e ricevette nel 2017 la laurea honoris causa in architettura presso l’Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio”. Spalletti si è spento l’11 novembre del 2019, nel suo Abruzzo, precisamente nel paese di Spoltore in cui aveva stabilito la sua residenza. Ha sempre mantenuto un legame molto intenso con la sua terra d’origine, e le stesse cromie delle sue opere ricordano i paesaggi del litorale abruzzese. Gli è stata dedicata recentemente, nel 2021, una mostra dal titolo Il cielo in una stanza presso la GNAM - Galleria Nazionale d’arte Moderna e Contemporanea di Roma.

Ettore Spalletti, Salle des départs (1996; Garches, Obitorio dell'ospedale Raymond Poincaré)
Ettore Spalletti, Salle des départs (1996; Garches, Obitorio dell’ospedale Raymond Poincaré)
Ettore Spalletti, Cappella della clinica Villa Serena (2016; Città Sant'Angelo, Villa Serena). Foto di Werner Hannappel
Ettore Spalletti, Cappella della clinica Villa Serena (2016; Città Sant’Angelo, Villa Serena). Foto di Werner Hannappel
Ettore Spalletti, Presenza stanza (1978; impasto di colore su legno, 200 x 200 cm; Marian Goodman Gallery)
Ettore Spalletti, Presenza stanza (1978; impasto di colore su legno, 200 x 200 cm; Marian Goodman Gallery)
Ettore Spalletti, Sogno Dispari (1983; impasto di colore su carta e legno, tre elementi da 122 x 122 cm; Torino, Fondazione CRT, in comodato presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea)
Ettore Spalletti, Sogno Dispari (1983; impasto di colore su carta e legno, tre elementi da 122 x 122 cm; Torino, Fondazione CRT, in comodato presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea)

Lo stile e le opere di Ettore Spalletti

Le sculture realizzate da Ettore Spalletti durante la giovinezza, negli anni Sessanta, sono prevalentemente figure minimali in legno e marmo, arricchite da colori monocromatici. In apparenza le sculture sembrano semplici, ma in realtà nascondono elementi che sono visibili ad un’analisi più approfondita, ovvero strati di pittura stesi uno sull’altro e grumi di materia ruvida. Già da queste prime opere si delinea la particolarità della tecnica di Spalletti, che consiste in un connubio tra scultura e pittura, creando a livello plastico la base su cui vengono poi stesi i colori. Molto importante per Spalletti è anche la luce: non a caso egli integra da subito nelle sue composizioni anche il plexiglas, come in Curva 32 (Struttura), del 1966.

Spalletti rimase molto colpito dalla corrente psicologica della Gestalt, il cui nome deriva dal verbo tedesco gestalten, che significa “mettere in forma” o “dare una struttura significante". Questa teoria si basava sul concetto che un insieme di elementi sia differente rispetto alla somma delle singole parti (e non maggiore quantitativamente né migliore qualitativamente). Per fare un esempio a livello sociale, le caratteristiche di una società non corrispondono a quelle degli individui che la costituiscono. Da qui si origina la convinzione che tutto quello che noi proviamo, e in generale i nostri comportamenti, siano il risultato di una complessa organizzazione. La teoria, inoltre, spiegava come per conoscere e comprendere il mondo, l’uomo tende a trovare intorno a sé delle forme, secondo schemi che ognuno di noi trova più adatti e che può scegliere per imitazione, apprendimento o condivisione, e che in base a queste scelte ognuno formi il proprio pensiero, le proprie percezioni e le proprie sensazioni, in maniera totalmente inconsapevole. Spalletti fu molto influenzato da questa teoria, iniziando a ragionare sulla sovrapposizione tra linee di vario tipo, rette oppure ondulate, e sulle diverse variazioni di colore e di luce, che esprime attraverso una spiccata manualità.

Le opere di Spalletti sono costruite come delle forme rigorose, spesso quadrate, che si estendono nello spazio circostante e ne modificano la natura iniziale, andando a ridurlo ed attenuarlo, creando una simbiosi vera e propria tra l’oggetto e lo spazio. Imprescindibile diventa, allora, lo stesso osservatore dell’opera, e solo grazie alla sua presenza la natura tridimensionale dei lavori di Spalletti raggiunge la sua massima espressione, in quanto vedendo l’opera e il suo dilatarsi nello spazio egli la riconosce e la identifica. Un esempio lampante è il lavoro eseguito da Spalletti per la ristrutturazione delle stanze dell’obitorio di Garches, nel 1996, in cui egli utilizza il colore azzurro per avvolgere tutto il perimetro delle stanze, conferendogli una sensazione di misticismo e sacralità.

Lo stesso concetto di rendere tutto lo spazio la vera opera d’arte, plasmando insieme colori e forme, spazi pieni e vuoti, luci ed ombre, in modo da creare un’esperienza spirituale viene replicato anche nella Cappella della clinica Villa Serena, a Città Sant’Angelo, che ha ristrutturato nel 2016 insieme all’architetto Patrizia Leonelli, sua moglie. La decorazione ideata da Spalletti è incentrata interamente sul colore, che riempie ogni singola parte della cappella inclusi il soffitto, il pavimento e gli arredi che sono per altro tutti disegnati dall’artista stesso, dall’altare al tabernacolo, dall’acquasantiera all’inginocchiatoio. Vi è presente una statua della Madonna Immacolata, che viene avvolta in una polvere di colore azzurro ed è rappresentata con le braccia allargate come simbolo di accoglienza. I colori variano tra l’azzurro, il blu, il verde, il rosa e l’oro, e le tinte sono esaltate ed intensificate dall’incontro con le numerosi fonti di luce della cappella, sia naturali (come le fenditure) che artificiali. Lo stesso pavimento in pietra scura e i marmi riflettono la luce, creando un’atmosfera sospesa e spirituale.

Il colore, del resto, è elemento fondante dell’arte di Spalletti, che ne sottolinea più volte la dinamicità. Egli infatti era profondamente affascinato dal modo in cui il colore muta al contatto con la luce, portando anche a risultati nuovi, inattesi, che riteneva fosse fondamentale accettare ed accogliere con grande curiosità. A livello tecnico Spalletti aveva individuato delle tempistiche collaudate per la stesura del colore, applicandolo sulla superficie designata per circa dieci-quindici volte e poi attendendo l’essiccazione. Trascorso il tempo necessario, si dedicava all’osservazione del momento in cui la pasta di colore si sbriciola, restituendo una superficie nuova in cui il confine tra colore e materiale sottostante è completamente superato, e non è più riconoscibile dove finisce uno ed inizia l’altro. Oppure, dopo aver preparato e steso una miscela di colla, gesso e pigmento, lavorava la superficie del colore per creare una polvere che l’opera sembrasse impalpabile.

Nella sua produzione ricorrono diversi colori, ognuno dei quali ha per Spalletti un significato preciso e che, in realtà, considera “non colori” in quanto non esistenti in natura. Inoltre, i colori più ricorrenti ricordano, non a caso, le tonalità del litorale adriatico abruzzese, troviamo infatti l’azzurro, il rosa, il grigio e il bianco. L’azzurro è un colore per lui atmosferico. Queste le sue parole: “Non è un colore di superficie e si modifica continuamente a causa delle radiazioni, colore del cielo e del mare, colore che è trasparente nel quale siamo sempre immersi e vive come condizione ambientale che abbiamo intorno.. Un colore che ha una sua magia. L’azzurro non esiste in natura, lo si trova solo in una realtà impalpabile, che non è superficie, che è profondità.” Il rosa è per Spalletti il colore dell’incarnato, “è in continua mutazione, non ha una sua fissità alimentandosi degli umori delle sue condizioni spirituali”. Il grigio è un colore neutro, che ha la capacità di accogliere tutti gli altri colori e per questo lo definisce il “colore dell’accoglienza”.

Tra le opere più conosciute di Spalletti si ricorda Presenza stanza (1978), un’ impasto di colore steso su una tavola di legno. Vi è poi un gruppo di lavori molto simile nell’impostazione di base, per altro presenti anche tutte nella stessa sede espositiva del Castello di Rivoli, ovvero Sogno Dispari (1983), Dono (1991) e Muro, eco rosso azzurro (2003), che si staccano parzialmente dal muro e diventano esempi di geometrismo asimmetrico, ovvero mantengono il rigore delle forme ma superano la disposizione simmetrica che ci si attende da questo tipo di impostazione.

Il rapporto tra l’opera e lo spazio viene inoltre indagato attraverso una scultura che diventa un oggetto urbano che va a ridisegnare l’ambiente circostante. Si tratta di Fonte (1986) realizzata con pietra calcarea della montagna abruzzese Majella. Infine, peculiare anche la sua unica opera fotografica dal titolo Vaso (1981), in cui si nota una figura maschile (probabilmente l’artista stesso) che innaffia una sorta di vaso rovesciato che diventa una figura geometrica che viene coltivata e curata, esprimendo così metaforicamente il desiderio di rendere viva la scultura.

Ettore Spalletti, Muro, eco rosso azzurro (2003; impasto di colore su legno e matita, 150 x 150 cm; Torino, Fondazione CRT, in comodato presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea)
Ettore Spalletti, Muro, eco rosso azzurro (2003; impasto di colore su legno e matita, 150 x 150 cm; Torino, Fondazione CRT, in comodato presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea)
Ettore Spalletti, Fonte (1986; impasto di colore su pietra calcarea della Maiella, 36 x 116 cm; Torino, Fondazione CRT, in comodato presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea)
Ettore Spalletti, Fonte (1986; impasto di colore su pietra calcarea della Maiella, 36 x 116 cm; Torino, Fondazione CRT, in comodato presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea)
Ettore Spalletti, Vaso (1981; stampa fotografica montata sau tela, 102,8 x 105,5 cm; Torino, Fondazione CRT, in comodato presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea)
Ettore Spalletti, Vaso (1981; stampa fotografica montata sau tela, 102,8 x 105,5 cm; Torino, Fondazione CRT, in comodato presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea)

Dove vedere le opere di Ettore Spalletti

In Abruzzo, sua regione d’origine, sono presenti dei lavori di Ettore Spalletti esposti al pubblico, tra questi la Fontana di Piazzale Troilo (Tribunale) di Pescara e la Cappella nel complesso sanitario di Villa Serena a Città Sant’Angelo (Pe).

Altre opere di Spalletti sono conservate in diversi musei italiani. Un gruppo di opere è collocato nella Villa Menafoglio Litta Panza di Varese appartenuta a Giuseppe Panza, un grande estimatore e collezionista dell’arte contemporanea e di Spalletti in particolare. Nella Villa, Panza ha convertito la camera da letto sua e della moglie e anche una stanza di due dei suoi cinque figli in sale espositive totalmente dedicate all’autore. Tra le opere in questione vi sono Ali grigio Neutro (1988), tre versioni del Vaso (1988, 1989 e 1992), Acquasantiera (1986), Rosa verticale (1991), Tutto tondo (1989),

Nel Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli si trovano numerose opere di Spalletti, ovvero Presenza stanza (1978) Sogno Dispari (1983), Dono (1991), Muro, eco rosso azzurro (2003), Quartetto, rosso porpora 1991), Fonte (1986), Scoglio (1997), Vaso (1981). Nel Palazzo dell’Arte di Rimini è possibile ammirare Stanza bianca, vaso di alabastro (1996). Infine, molti lavori sono conservati nello Studio Spalletti, e spesso vengono richieste per alcune mostre, sia in Italia che all’estero.


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