Palazzo del Gattopardo restaurato con 10 milioni, ma la principessa denuncia: “per noi niente agevolazioni”


In trent’anni la famiglia Vanni Calvello ha investito circa 10 milioni per restaurare Palazzo Gangi Valguarnera, il palazzo del Gattopardo, uno dei pochi edifici aristocratici in Europa a conservare integralmente arredi e decori originali. Ma la principessa Carine Vanni Calvello Mantegna denuncia l’assenza di agevolazioni fiscali per operazioni di questo tipo sui beni privati.

In trent’anni sono stati investiti circa dieci milioni di euro, ma nessuna agevolazione fiscale è mai arrivata a sostenere chi ha scelto di salvare uno dei luoghi simbolo del patrimonio italiano. È la denuncia della principessa Carine Vanni Calvello Mantegna di Gangi, che con il marito Giuseppe ha ereditato e si occupa della conservazione di Palazzo Gangi Valguarnera, nel centro di Palermo, celebre per essere stato la location del celebre ballo del film Il Gattopardo di Luchino Visconti. “Mia suocera morì nell’aprile del 1995: dal mese successivo sono iniziati i lavori di restauro. E da allora non ci siamo mai, mai più fermati. Il palazzo vive solo grazie a noi”, afferma la principessa Mantegna, che ha lasciato una carriera legata agli studi in scienze politiche e commercio internazionale per dedicarsi a tempo pieno alla salvaguardia del palazzo.

Il palazzo, che sorge in piazza Croce dei Vespri, è considerato una delle ultime residenze dinastiche d’Europa a conservare integralmente gli arredi, i decori e le collezioni storiche. Un unicum architettonico, artistico e culturale di oltre ottomila metri quadrati che attraversa cinque secoli di storia. Le prime fasi costruttive risalgono probabilmente alla metà del Quattrocento, ma l’impianto che oggi conosciamo si definisce nel Settecento, quando il principe Pietro Valguarnera sposa la propria nipote per riunire titoli e proprietà. Entrambi appassionati d’arte, vollero creare un palazzo in grado di stupire le corti europee, e i lavori si susseguirono per decenni. A impressionare oggi, oltre alla mole e allo stato di conservazione, sono i dettagli: lo scalone monumentale a doppia rampa che introduce al vestibolo esagonale, chiuso da una vetrata disegnata da Ernesto Basile; la sala degli Specchi, con specchiere in oro zecchino; i lampadari veneziani, i pavimenti intarsiati come arazzi, le maioliche di Vietri e Caltagirone, i tessuti e le sete, come la stoffa Lampasso gialla che riveste il salone del valzer immortalato da Visconti con Claudia Cardinale e Burt Lancaster.

Ma la conservazione di tutto questo ha un costo altissimo. “La settimana scorsa è tornata una laterna che abbiamo iniziato a restaurare, per farlo abbiamo rintracciato tra i pochi ultimi argentieri rimasti”, sottolinea Carine Vanni Calvello. “Ho appena chiesto al falegname di farmi un preventivo per restaurare i due boudoir: in queste case è sempre stato così. Si passa la vita a fare i lavori e io consolo mio marito: gli dico che è fortunato perché è il primo nella storia della sua famiglia a vedere i quattro prospetti rifatti. Lavoriamo meglio noi della soprintendenza, ora ci hanno fatto anche le congratulazioni per i lavori nella terrazza dove è stata recuperata la soluzione artistica che aveva voluto Andrea Gigante. Loro non ci ostacolano più per fortuna. Il problema è soprattutto con la politica che ci considera degli idealisti, dei sognatori. E solo perché noi chiediamo di avere strumenti come quelli di cui si è dotata la Francia, un paese che gareggia con l’Italia per la quantità di luoghi artistici unici”, conclude.

Palazzo Gangi Valguarnera a Palermo
Palazzo Gangi Valguarnera a Palermo

L’Art Bonus, introdotto nel 2014 per favorire le erogazioni liberali a sostegno della cultura, non prevede quindi detrazioni per le spese sostenute dai proprietari di beni culturali privati.

“È un errore: si dovrebbe offrire, ai mecenati che lo vogliono, di defiscalizzare gli interventi. In Francia si arriva al 70% del patrimonio investito”, aggiunge la la principessa Mantegna, “esistono anche questi Fondi di Dotazione. Ad esempio l’associazione delle dimore storiche francesi sì è costituita in fondo che raccoglie le somme messe a disposizione dai mecenati e in modo trasparente decide dove impiegarli. È un modo intelligente e trasparente per convogliare gli sforzi che necessariamente devono arrivare da tutti per salvaguardare un patrimonio culturale che è una ricchezza per tutto il paese. Io non chiedo soldi allo Stato, i mecenati che vorrebbero investire ci sono. Perché ostacolarli? La verità è che siamo penalizzati perché siamo proprietari. Ma questo è miope. L’Italia vive del suo patrimonio, della sua cultura. Queste bellezze sono fonte di ispirazione in tanti altri campi: l’architettura, la moda, il design. Chi viene in Sicilia si nutre della bellezza che trova solo qui. Gli artigiani possiedono delle competenze che stanno scomparendo, questo è un delitto. E non parlo solo della Sicilia, parlo del cachemire che si produce in Piemonte, dei pellami che si fanno in Toscana: cose che ci invidiano nel mondo. Dovremmo salvaguardarle e invece si guarda solo all’aspetto immobiliare: la politica crede che si possano finanziare questi lavori affittando qualche locale per farne dei pub. E si lasciano andare in malora gioielli unici come l’abbazia di Santa Maria del Pedale a Collesano o la tenuta dello Zucco vicino Palermo”.

La storia recente di Palazzo Gangi è dunque anche la storia di un modello di tutela fondato sulla responsabilità privata. Se l’edificio è sopravvissuto alle trasformazioni urbanistiche del Novecento, al degrado e all’oblio che ha colpito molti palazzi nobiliari siciliani, lo si deve all’impegno costante di una famiglia che ha scelto di conservare, restaurare e non smembrare. Eppure, a fronte di questo impegno, la normativa resta immutata.

“Di posti così è piena la Sicilia: è molto triste”, aggiunge la principessa. “Noi il nostro lo facciamo. Abbiamo lavorato per due anni e mezzo sul salone da ballo, per 10 anni nella parte privata, abbiamo rifatto completamente il soffitto della camera da letto distrutto da un incendio doloso, abbiamo ricostruito tutte le parti che mancavano, quello che era stato rotto, rubato, sempre scegliendo le tecniche originali, le più costose, abbiamo ricostruito i legni marciti. Ho fatto quello che dovevo. E ora se mi guardo allo specchio posso dire di aver contribuito a salvare una bellezza che altrimenti sarebbe stata abbandonata”.

L’attuale configurazione dell’Art Bonus, riservato ai beni pubblici, non prevede agevolazioni per la complessa realtà privata italiana, fatta di dimore storiche, archivi, collezioni e palazzi che, pur non appartenendo allo Stato, rappresentano parte integrante del paesaggio culturale nazionale. Ma, parafrasando alla rovescia il Gattopardo, non è detto che... niente cambi.


Se ti è piaciuto questo articolo abbonati a Finestre sull'Arte.
al prezzo di 12,00 euro all'anno avrai accesso illimitato agli articoli pubblicati sul sito di Finestre sull'Arte e ci aiuterai a crescere e a mantenere la nostra informazione libera e indipendente.
ABBONATI A
FINESTRE SULL'ARTE



MAGAZINE
primo numero
NUMERO 1

SFOGLIA ONLINE

MAR-APR-MAG 2019
secondo numero
NUMERO 2

SFOGLIA ONLINE

GIU-LUG-AGO 2019
terzo numero
NUMERO 3

SFOGLIA ONLINE

SET-OTT-NOV 2019
quarto numero
NUMERO 4

SFOGLIA ONLINE

DIC-GEN-FEB 2019/2020
Finestre sull'Arte