Anche il Consiglio Superiore dei Beni Culturali era perplesso sulla riforma Bonisoli. E auspicava assunzioni rapide


Sul sito del MiBAC è stato pubblicato il parere che il Consiglio Superiore dei Beni Culturali e Paesaggistici aveva rilasciato lo scorso 24 luglio sulla riforma Bonisoli, allora in attesa di essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale ma già approvata dal governo (com’è noto, infatti, il DPCM contenente la riforma del Ministero per i Beni e le Attività Culturali è stato approvato lo scorso 19 giugno). Il Consiglio si esprimeva soprattutto riguardo le principali novità, senza risparmiare alcune velate critiche.

A cominciare dalla nuova Direzione generale “Contratti e concessioni”: il Consiglio rilevava che “si tratta di una struttura che potrà ridurre la dipendenza degli uffici del Ministero dalle centrali di committenza esterne, e dai relativi elevatissimi costi, e che, al tempo stesso, potrà fornire linee guida alle strutture periferiche, che continueranno ad essere stazioni appaltanti per le gare di loro pertinenza”, ma sottolineava anche che sarà indispensabile “stabilire accuratamente le soglie di valore delle gare gestite dalla Direzione e di quelle di spettanza delle strutture periferiche, lasciando a queste ultime adeguate sfere d’azione”. Ancora, il Consiglio rilevava che per dar vita alla nuova Direzione generale si rendono comunque necessarie “ apposite e tempestive selezioni di personale munito di conoscenze di contrattualistica pubblica applicate alle funzioni del Ministero”, e occorrerà delineare con precisione “i rapporti tra la nuova Direzione centrale e le Direzioni Bilancio ed Organizzazione”.

Il Consiglio apprezzava poi la conferma delle soprintendenze uniche, mantenute “ in ragione della loro importanza sotto il profilo della semplificazione amministrativa e della visione interdisciplinare”: il Consiglio riconosceva che il “ruolo delle singole competenze specialistiche è stato, al tempo stesso, valorizzato con una modalità riguardante il procedimento decisionale: responsabile del procedimento per l’adozione di atti di assenso, autorizzazioni, pareri, visti o nulla osta è necessariamente il funzionario competente per materia (ad esempio: patrimonio archeologico, patrimonio architettonico, paesaggio); il Soprintendente unico non può discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria condotta dal responsabile competente per materia se non indicandone le motivazioni nel provvedimento finale; in tal caso, il Soprintendente è tenuto ad informare la Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio”. Questo meccanismo appariva al Consiglio idoneo a semplificare e a lasciare agli uffici periferici la loro autonomia decisionale attivando al contempo un flusso informativo a livello centrale per monitorare “le ragioni e l’entità degli eventuali conflitti o incongruenze a livello di decisione locale”.

Critiche invece per la logica centralistica che attribuisce al Direttore generale Archeologia, belle arti e paesaggio le decisioni in materia di vincoli: “è necessaria”, scriveva il Consiglio, “una omogeneità di decisioni sui vincoli, essenziale per la tutela del patrimonio culturale” (benché veniva evidenziato che il potere di proposta rimane comunque in capo al Soprintendente e la decisione finale è assunta dal Direttore generale, mentre prima a decidere erano le Commissioni regionali per il patrimonio culturale). “Sarebbe opportuno”, rilevava ancora in Consiglio, “che la Direzione generale consolidasse la predisposizione di linee-guida indirizzate alle Soprintendenze: il che potrebbe limitare i casi di difformità tra la proposta delle Soprintendenze e la decisione finale della Direzione, attenuando i rischi di ritardo nelle procedure di vincolo”.

Il Consiglio non vedeva di buon occhio neppure l’eccessiva attribuzione di poteri alla figura del Segretario generale: “Sono state sottolineate possibili criticità, in termini di eccessiva centralizzazione, derivanti da tale combinazione di poteri, non sempre ben delineata dalle norme. È da evidenziare che in ogni Ministero organizzato a Segretariato generale, il Segretario è figura-chiave non munita esclusivamente di poteri di coordinamento. Tuttavia, poiché il Ministero dei beni culturali è tradizionalmente caratterizzato da specifiche competenze tecniche e da un disegno fortemente decentrato che ne dovrebbe garantire l’azione efficace sul territorio, sarebbe opportuno che prevalessero decisamente le funzioni di coordinamento del Segretario generale sulle altre. Ad esempio, andrebbero rivedute le funzioni ispettive”. E ancora, sottolineava il Consiglio, “vanno assolutamente salvaguardate le competenze tecniche e strategiche in materia di digitalizzazione del patrimonio culturale già maturate in tal campo dalle Direzioni generali di settore e da Istituti quali ICCU, ICCD e ICAR”.

Quanto ai segretariati distrettuali, il Consiglio suggeriva “criteri razionali” per la loro modulazione, pur sottolineando il fatto che, dovendo dipendere non più dalla Direzione Bilancio ma dal Segretariogenerale, il loro compito di coordinamento sarebbe risultato più incisivo. Lo stesso appello alla razionalità e all’oggettività veniva rivolto al ministero e al governo per la soppressione dell’autonomia di alcuni musei, al regolamento delle funzioni dei direttori e all’eventuale abolizione dei consigli di amministrazione: “è essenziale”, si legge ancora nel parere, “ che ogni decisione in proposito sia preceduta da un’adeguata valutazione sul funzionamento effettivo di tali organi nelle diverse realtà. Nulla vieta che, per disposizione degli statuti, vi siano assetti di governance differenti in diversi musei. È opportuno, inoltre, che vi siano criteri chiari sui meccanismi di nomina dei componenti dei comitati scientifici e dei consigli di amministrazione dei musei”.

Per quanto riguarda la definizione delle nuove Direzioni territoriali delle reti museali, il Consiglio auspicava che “in sede di ridefinizione dell’assetto delle reti, si tengano in adeguata considerazione il numero di siti da gestire, la conformazione geografica del territorio e le sue specificità. Ove si proceda ad un accorpamento sovra-regionale, sarà opportuno che al Direttore siano attribuite soltanto funzioni di coordinamento e che la concreta gestione dei siti sia il più possibile demandata ai funzionari delegati preposti ai singoli siti. Si rende necessario, inoltre, definire la situazione delle biblioteche pubbliche attualmente afferenti a poli museali”.

Infine, nodo cruciale del futuro del ministero, secondo il Consiglio, sono i problemi del personale: “nessuna riforma organizzativa può prescindere da equilibrate soluzioni in materia di rapporti e condizioni di lavoro”. Per questa ragione il Consiglio riteneva che sia “essenziale dar seguito in tempi rapidi all’annunciato piano delle assunzioni, a partire dal biennio 2019-2020, sempre privilegiando i rapporti a tempo indeterminato”. Il problema del personale riguarda anche il suo equilibrio: “è indispensabile garantire un miglior bilanciamento nella distribuzione del personale tra strutture centrali e periferiche, anche a seguito dei nuovi reclutamenti: gli uffici decentrati del Ministero non vanno depauperati di risorse professionali ed economiche. Rimane essenziale stabilire criteri per la rotazione periodica dei dirigenti e, in tal senso, appare importante la previsione introdotta dal D.P.C.M. in merito alla possibilità di rinnovare l’incarico del Soprintendente per una sola volta”.

In definitiva, il Consiglio riteneva che “nell’attuazione della riforma del Ministero debba avere grande rilevanza la semplificazione, ad evitare sovrapposizioni di funzioni ed eccessive ingerenze dell’amministrazione centrale nelle competenze tecnico-scientifiche delle strutture periferiche. In prospettiva, occorre razionalizzare le competenze periferiche, intermedie e centrali per costruire un’interlocuzione valida con le Regioni e con gli enti locali, anche alla luce dei programmi di autonomia regionale differenziata”. E su quest’ultimo punto, il Consiglio si riservava di intervenire.

Nella foto: il Collegio Romano, sede del MiBAC

Anche il Consiglio Superiore dei Beni Culturali era perplesso sulla riforma Bonisoli. E auspicava assunzioni rapide
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