Dal gennaio 2024, Stella Falzone dirige il Museo Archeologico Nazionale di Taranto, e ha portato una visione strategica volta a trasformare il MArTA da luogo di conservazione statica in spazio dinamico e inclusivo, al servizio della società. Dopo importanti esperienze accademiche e scientifiche presso istituzioni internazionali come l’Österreichische Akademie der Wissenschaften e la Columbia University di New York, ha assunto un ruolo di primo piano nello studio e nella valorizzazione della pittura antica, coordinando progetti di ricerca in Italia e all’estero. Vicepresidente dell’Association Internationale pour la Peinture Murale Antique e presidente del Centro Studi Pittura Romana Ostiense, Falzone porta al MArTA un approccio dinamico, dove la memoria del passato si lega con le urgenze del presente. Sotto la sua direzione, il museo ha rafforzato il legame con il territorio e con la rete internazionale, promuovendo esposizioni come Between the Two Seas in Cina e nuove forme di narrazione per la collezione magnogreca. Il MArTA diventa così un laboratorio di idee e relazioni, un luogo in continua evoluzione che restituisce voce al Mediterraneo antico e alla sua eredità viva. L’abbiamo quindi intervistata per farci raccontare il suo lavoro al Museo Archeologico Nazionale di Taranto. L’intervista è di Noemi Capoccia.
NC. Qual è stata la sua visione strategica all’inizio del suo incarico alla direzione del MArTA e in che modo la sta concretizzando oggi?
SF. Tra poco saranno due anni di lavoro al Museo Archeologico Nazionale di Taranto. Due anni in cui il faro di tutto il nostro impegno è stata la nuova definizione ICOM (International Council Of Museum) approvata nel 2022, dopo la raccomandazione UNESCO sulla protezione e promozione dei musei. In quell’assemblea si disse chiaramente che il Museo, spesso percepito come luogo statico in cui si conservavano i reperti, doveva diventare un luogo aperto, “al servizio della società che promuove diversità e sostenibilità”, con particolare attenzione all’inclusività e all’accessibilità per ogni tipo di visitatori. Un presidio territoriale di tutela attiva, un luogo dove si valorizza la storia, la scienza, l’esperienza artistica, ma anche uno spazio in cui la società riprogramma il suo futuro, riceve e genera stimoli. Oggi il MArTA è più che mai questo, e ogni esposizione, ogni conferenza, ogni mostra temporanea o iniziativa poggiano su quell’idea di servizio e arricchimento per la società contemporanea. Un luogo sempre diverso e in eterna evoluzione, in cui dai depositi riemergono storie fino a ieri rimaste senza voce.
Il MArTA custodisce una delle collezioni più importanti in Italia sulla civiltà magnogreca. Ritiene che ci siano aspetti ancora poco valorizzati nel percorso espositivo del museo e che meriterebbero maggiore attenzione?
Il Museo Archeologico Nazionale di Taranto ha un solo difetto: è molto ricco. Pertanto spesso il visitatore si sofferma sulle vetrine che custodiscono i reperti cosiddetti iconici, la tomba dell’Alteta con le sue anfore panatenaiche, il cratere della nascita di Dioniso, gli Ori, lo Schiaccianoci, o recentemente la nuova acquisizione del gruppo scultoreo di Orfeo e le Sirene; si rischia però di perdere narrazioni affascinanti e avvincenti che pure restituiscono, apparentemente in piccolissimi dettagli, la testimonianza dell’esistenza degli uomini del passato. Per questo, oltre alla proposta di visite guidate, abbiamo realizzato le audioguide in cinque lingue, che consentono al pubblico di organizzare la visita in autonomia, e dunque di fermarsi e approfondire a piacimento le informazioni sui singoli reperti, e sui temi più generali in cui è articolato il percorso museale. Ma occorre sottolineare un altro importante aspetto che riguarda la valorizzazione della nostra collezione: ciclicamente poniamo sotto i riflettori alcune opere che sono già in esposizione permanente (all’interno di vetrine che restituiscono i contesti di rinvenimento originari), consentendo nuove letture partendo dal confronto o dall’associazione tematica con altri reperti, e prevalentemente con quelli attualmente conservati nei depositi, i quali molto spesso solo per mancanza di spazio non trovano posto nelle sale. Questo è il caso recente, ad esempio, di una terracotta raffigurante una donna nuda presso il louterion (vaso per le abluzioni), databile alla fine del III-inizi del II secolo a.C., normalmente esposta in una sala al primo piano, che nella mostra temporanea “Archè. Il principio e l’acqua”, in allestimento fino al 1° febbraio 2026, diventa protagonista di una relazione sul piano iconografico con un vaso per liquidi (pelike) di V sec. a.C. (che si trova normalmente in una sala differente), in cui è stata rappresentata la stessa scena.
Quali sono le principali difficoltà, o prove, che un museo archeologico (di rilevanza nazionale come il MArTA) deve affrontare oggi in Italia?
Credo le difficoltà che vivono tutti i luoghi di cultura, tra risorse mai sufficienti, ristrettezze di pianta organica, e la sfida per diventare sempre più attrattivi per il pubblico, senza mai derogare sui contenuti dell’offerta culturale. Il MArTA ha vinto già importanti prove. Abbiamo acquisito in questi anni archeologi, architetti, esperti in restauro, nuovo personale di accoglienza e valorizzazione anche se siamo sempre al di sotto dei numeri del Personale necessario; e, soprattutto, soffriamo l’isolamento del Sud. Agli Uffizi o al Colosseo i turisti e i visitatori sono a portata di mano, mentre una persona a Taranto deve venire appositamente, difficilmente è di passaggio, senza un efficace collegamento con i maggiori aeroporti pugliesi, senza linee ferroviarie adeguate. Certo, quando il visitatore arriva al Museo, trova una bellezza e una ricchezza sorprendenti e travolgenti: siamo molto orgogliosi dell’alto gradimento che il Museo riscuote a livello nazionale e internazionale, che ripaga degli sforzi di tutto lo staff e rafforza l’intenzione di procedere in questa direzione.
Quali sono i criteri che guidano la scelta dei reperti da esporre nella vetrina della Temporary Art, la grande teca di cristallo nella hall del museo? In che modo le esposizioni temporanee arricchiscono l’esperienza dei visitatori del MArTA?
Esiste una programmazione delle mostre temporanee, frutto di uno studio elaborato dai nostri funzionari archeologi. Questo studio, abbinato al lavoro attualmente in corso di digitalizzazione di tutti i reperti presenti in Museo, ci mette nella condizione di avere una visione più dettagliata di tutto il patrimonio. Per questioni di spazio, come si è detto, il MarTA espone solo una parte della collezione, e così la vetrina della Temporary Art ci consente di aprire vere e proprie finestre su materiali rimasti invisibili per tanto tempo: i reperti, individuati per temi, entrano in una dinamica espositiva più fluida, con una comunicazione più immediata e consona ad uno spazio dinamico. In questo modo trovano spazio anche tematiche legate a particolari momenti dell’anno, o di attualità, che consentono approfondimenti e riflessioni sui temi della diversità e dell’inclusività, offrendo chiavi di lettura meno convenzionali di una collezione archeologica (come la Temporary Art sui “mostri” e le creature straordinarie della mitologia greco-romana, organizzata in occasione di Halloween). Non dimentichiamo, inoltre, che all’interno del MArTA sono presenti altri spazi che vengono utilizzati per le mostre temporanee, talora anche in contemporanea, come avviene in questi giorni, in cui i nostri visitatori possono apprezzare oltre al percorso espositivo permanente anche due mostre che ci accompagneranno nei prossimi mesi: insieme alla citata mostra Archè. Il principio e l’acqua, fino al 6 gennaio 2006 sarà possibile visitare anche la mostra RARA AVIS Ritratti in bronzo dalla Magna Grecia al contemporaneo realizzata con l’orafo e scultore Antonio Affidato.
Ritiene che esporre reperti dai depositi del museo possa stimolare un interesse del pubblico verso la storia della Puglia e del Mediterraneo in modi diversi rispetto alle mostre tradizionali?
Tutto ciò che concorre alla conoscenza più profonda di un territorio concorre alla salvaguardia del patrimonio (che è di tutti), e pone su basi solide lo sviluppo e la crescita delle comunità. Di recente come Museo Archeologico Nazionale di Taranto abbiamo restituito attenzione e visibilità ai territori di origine di molti dei tesori custoditi al MArTA. Parlo dei tesoretti monetali ritrovati in Salento (Nociglia e Specchia), dello Zeus di Ugento, dei tesori del corredo della principessa dauna Opaka Sabaleida, che, dopo una serie di tappe nelle sedi prestigiose degli Istituti Italiani di Cultura dell’America latina, sono tornati in Puglia per tenere a battesimo la nascita del nuovo allestimento del Museo archeologico nazionale di Canosa, per poi rientrare a Taranto. Questo è il vero valore, che mostra la vitalità di questa parte del Mediterraneo a partire dal passato e che volge lo sguardo al futuro, conferendo al MArTA il ruolo che più gli si addice: quello di essere un museo di tutti i pugliesi, che parla della storia non solo della metropoli che fu Taranto, ma anche della Puglia antica e del Mediterraneo.
Lei è stata curatrice della mostra Between the Two Seas, esposta al Museum of the South China Sea di Hainan dal 20 marzo al 15 giugno 2025. Dalla Puglia sono stati inviati in Cina 131 reperti provenienti dal Museo archeologico nazionale di Taranto (MArTA), dalla Direzione Regionale Musei di Puglia, con il Parco Archeologico e Museo Nazionale “Giuseppe Andreassi” di Egnazia, dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Brindisi e Lecce con il Museo Ribezzo di Brindisi e il Museo Castromediano di Lecce, dalla Soprintendenza Nazionale per il Patrimonio Culturale Subacqueo. Qual è stata la contropartita concreta dell’operazione e quali ragioni culturali l’hanno giustificata?
Come prima cosa, dato l’altissimo numero di visitatori della mostra ad Hainan (oltre 200mila di cui 9mila nel primo week end di esposizione) posso dire che con questa importante iniziativa abbiamo acceso l’attenzione di un vastissimo pubblico, spesso particolarmente giovane, interessato alla cultura del mondo greco-romano: le nostre opere hanno svolto il ruolo di “ambasciatori” della cultura italiana, rappresentando le Istituzioni culturali italiane, in primis il Ministero della Cultura, all’interno di un progetto che ha visto significative sinergie tra enti diversi operanti nello stesso territorio. Per quanto riguarda il tema della diplomazia culturale, credo che si sia aperto un buon canale di relazioni con i musei cinesi, che sono sicura nei prossimi mesi potrà portare ulteriori risultati importanti sia sul fronte degli scambi culturali, sia sul fronte dell’incoming turistico.
Secondo lei, quali dovrebbero essere i limiti di iniziative simili, considerando la differenza tra prestare opere dai depositi o durante la chiusura di un museo e il rischio, invece, di privarsi temporaneamente dei capolavori più conosciuti?
Pur tenendo conto della necessità di una valorizzazione costante della collezione permanente (attraverso nuove letture e approfondimenti specifici sulle opere, visite tematiche ecc.), è indubbio che il successo dei musei oggi sia decretato da una tendenza ormai consolidata legata alle mostre temporanee. Nel caso della mostra in Cina, il MArTA ha scelto di valorizzare in prevalenza reperti provenienti dai depositi, di eccellente interesse e di splendida fattura, consentendo loro una visibilità importante anche a livello internazionale. Nell’esposizione organizzata in questa primavera presso il MArTA e dedicata alla figura di Penelope, abbiamo ospitato nelle nostre sale dipinti, sculture, rilievi, incunaboli, stampe e testimonianze provenienti da numerosi musei italiani ed esteri e collezioni private. Tra i reperti della mostra c’era anche lo skyphos del Pittore di Penelope, proveniente da Chiusi. Il prestito di quel meraviglioso reperto è stato frutto di un accordo di scambio culturale con il Museo nazionale etrusco di Chiusi, che ha portato nel Comune toscano la “nostra” pelike attribuita al Pittore di Dario (340-330 a.C.), che immortala un episodio meno noto, quello della riconciliazione tra Andromeda e i suoi genitori, Cassiopea e Cefeo. Non si tratta di un lavoro di sottrazione, ma un lavoro di moltiplicazione della bellezza e del sapere, che oggi può diventare seme di crescita i musei dei diversi territori sia in Italia che nel mondo.
Il museo è sempre più riconosciuto come attrattore turistico per Taranto e la Puglia. Quali progetti di collaborazione con il territorio sono attualmente in corso?
Il Museo rappresenta un riferimento per la comunità tarantina, e insieme alle Istituzioni presenti sul territorio, ma anche al mondo dell’associazionismo e del cosiddetto terzo settore attraverso una costante interlocuzione con tutti i soggetti in campo, intende promuovere lo sviluppo turistico della città. Il Museo è aperto nelle calde domeniche d’estate, ad esempio, e accoglie i crocieristi che sbarcano in una città, spesso deserta. Al di là delle collaborazioni già esistenti, credo che sarebbero necessarie azioni di coordinamento più incisive, la creazione di una cabina di regia per sviluppare progetti congiunti di accoglienza e promozione turistica, a partire da interventi strutturali per risolvere la situazione spinosa dei trasporti che riguarda Taranto e il suo territorio.
Sono previsti nuovi partenariati con istituzioni estere nel futuro?
Attualmente abbiamo in atto numerose collaborazioni scientifiche con istituzioni di ricerca nazionali e internazionali, con l’obiettivo di favorire sia le ricerche sulla collezione del MArTA da parte di Ricercatori esterni, che di accrescere la conoscenza ai fini dello studio e della valorizzazione delle opere da parte del Museo stesso.
Secondo lei, quale futuro attende l’archeologia in rapporto con la contemporaneità e quale ruolo potrebbe giocare un museo come il MArTA ?
Il mondo dell’archeologia vive una fase di rinnovamento, influenzata sia dall’impiego delle nuove tecnologie che da una crescente attenzione agli aspetti teorici e sociali della ricerca. Concetti come quello di archeologia pubblica, che intende coinvolgere le comunità nella comprensione e nella valorizzazione del patrimonio e dei risultati della ricerca, portano a ripensare il ruolo dell’archeologia nella società, non solo come strumento per lo studio del passato, ma anche come mezzo per comprendere il presente e progettare il futuro. Il metodo della ricerca archeologica offre infatti strumenti efficaci per costruire nuovi scenari di ricerca e di dialogo interdisciplinare, e può essere di grande attualità. L’oggetto antico può facilmente entrare nella relazione con il mondo contemporaneo attraverso mille strade: partendo dalla tecnica, dal materiale, dal contesto di uso e di rinvenimento, attraverso l’evoluzione dei paesaggi abitati dall’uomo, si possono creare mille trame con le testimonianze del contemporaneo, si possono esplorare le somiglianze e le differenze tra la mentalità antica e quella moderna. Cosa lega le Veneri prestoriche in osso lavorato da Parabita, e gli arazzi dipinti dell’artista Paolo Troilo, ospitati in una mostra temporanea al MArTA? Un tema comune: l’omaggio alla madre, dea e/o donna, oltre i limiti del tempo, per scoprire quanto della profonda natura umana, attraverso i millenni, risulti sorprendentemente immutato nella creazione artistica.
L'autrice di questo articolo: Noemi Capoccia
Originaria di Lecce, classe 1995, ha conseguito la laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2021. Le sue passioni sono l'arte antica e l'archeologia. Dal 2024 lavora in Finestre sull'Arte.Per inviare il commento devi
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