Quando nel 1985 la Regione Toscana dedicò un intero anno alla valorizzazione della civiltà etrusca, il progetto che si sviluppò assunse un ruolo pionieristico nel definire nuove modalità di divulgazione del patrimonio storico e archeologico. L’Anno degli Etruschi non fu un’operazione istituzionale: le iniziative promosse nel corso dell’anno, tra cui la mostra fiorentina Civiltà degli Etruschi, contribuirono infatti a rinnovare lo sguardo su una cultura antica che per complessità, frammentarietà e fascino continua a esercitare ancora oggi un forte richiamo. Anche il linguaggio del fumetto, negli anni, ha intercettato la stessa eredità, trasformando la mitologia e le prove del mondo etrusco in strumenti di narrazione capaci di raggiungere pubblici diversi. In particolare, quando illustratori e autori attingono al patrimonio archeologico e fonti storiche, il risultato può diventare uno spazio di scoperta per un pubblico vasto e trasversale, anche al di fuori degli ambienti accademici. Possiamo fare un piccolo esempio. Dal punto di vista critico (o teorico), il volume Comics and Archaeology del 2022, curato da Zena Kamash, Katy Soar e Leen Van Broeck, approfondisce il ruolo dei fumetti nella trasmissione della conoscenza del passato e nell’influenzare la percezione della società e della politica. Il libro analizza quindi le tematiche da una prospettiva archeologica, concentrandosi sulla rappresentazione e sull’uso narrativo delle culture materiali.
Ad ogni modo, dalla rilettura artistica al thriller e dall’avventura alla divulgazione per ragazzi, tutte le opere ispirate al mondo etrusco mostrano approcci particolarmente eterogenei. Il risultato è un corpus vasto che intende mettere in luce come l’immaginario etrusco, ancora oggi, rappresenti una risorsa di esposizione fertile. Una delle prime dimostrazioni fumettistiche e legate alla divulgazione della civiltà risale al 1955, quando il settimanale cattolico Il Vittorioso pubblica il numero Rasena, illustrato da Gianni De Luca con testi di Renata Gelardini De Barba. L’opera rientra nel filone delle avventure storiche del periodico e inserisce gli Etruschi in una narrazione che fonde popoli diversi, dai Fenici ai Romani. In modo particolare, il legame con il mondo etrusco emerge dall’illustrazione di una statua di un guerriero (rappresentata da De Barba), ispirata a un reperto allora conservato al Metropolitan Museum of Art di New York. A questo proposito, nel 1961 la rivista Time pubblicò un articolo in cui raccontava che quella scultura, insieme ad altre due figure etrusche, apparteneva a una serie di falsi prodotti dai fratelli Riccardi, artigiani specializzati nel restauro di ceramiche antiche. L’inganno, durato oltre trent’anni, divenne uno dei casi più discussi nell’archeologia del Novecento.
Per decenni il pubblico americano considerò una sala del Metropolitan Museum come uno dei punti di riferimento per l’arte etrusca, convinto di trovarsi davanti a tre statue di guerrieri risalenti a circa 2.300 anni fa: una grande testa con elmo (alta quasi un metro e mezzo), e due figure a tutta altezza descritte come combattenti pronti allo scontro. I manufatti (in passato omaggiati da vari studiosi come esempi eccellenti della scultura etrusca) furono però smentiti all’improvviso. Il Met, per la prima volta nella sua storia, fu costretto ad ammettere che quelle opere erano false, frutto della abilità dei fratelli Riccardi, noti per il loro lavoro nel settore del restauro presso antiquari italiani. I due fratelli, inizialmente dediti alla riparazione di frammenti e piccoli oggetti, trovarono presto un mercato disposto ad accogliere copie ambiziose. Nel 1914 decisero di cimentarsi quindi in tre figure monumentali. Per il guerriero in piedi presero come riferimento la fotografia di una piccola statua conservata nell’Altes Museum di Berlino; per la testa monumentale si ispirarono invece a una minuscola testa in terracotta che, ironicamente, nel 1961 apparteneva già al Met; infine per il secondo guerriero utilizzarono l’immagine di una figura rappresentata su un sarcofago etrusco acquistato dal British Museum. Probabilmente, avrebbero evitato di servirsi del sarcofago se fossero stati consapevoli che il British Museum, circa vent’anni dopo, lo avrebbe dichiarato un falso e rimosso dall’esposizione. La presenza indiretta del guerriero etrusco e della stessa civiltà all’interno Rasena dunque dimostra come il fumetto, anche senza volerlo, abbia intercettato temi cruciali legati alla circolazione e all’autenticità delle opere antiche. Questo ci restituisce una prova del rapporto complesso che unisce la divulgazione popolare e la storia dell’arte.
Nel 1970 la stessa civiltà entra nella tradizione avventurosa di Bonelli Editore con Mister No e la storia Il demone etrusco, ideata e sceneggiata da Guido Nolitta, con disegni e copertina di Roberto Diso. Il riferimento agli Etruschi funziona qui come catalizzatore di un legame fondato su omicidi, tensioni investigative e scavi archeologici condotti illegalmente da soldati americani. L’incontro con la contessina Claudia Sinisbaldi introduce un ulteriore livello di drammaticità, mentre il patrimonio archeologico diventa scenario e innesco di conflitti legati alla violazione di reperti e alla loro diffusione illecita. Possiamo perciò considerare Il demone etrusco come un esempio di come il fumetto popolare utilizzi spesso l’antichità come dispositivo narrativo in grado di amplificare mistero ma soprattutto la tutela del patrimonio artistico e culturale. Un altro snodo importante si colloca tra il 26 Settembre 1993 e il 15 Maggio 1994, quando in occasione della mostra Spina. Storia di una città tra i Greci e gli Etruschi al Castello Estense di Ferrara, si decide di ristampare La stirpe maledetta, racconto della collezione Martin Mystère pubblicata originariamente da Hazard e illustrata da Franco Bignotti. L’edizione aggiornata, proposta nel volume Il ritorno dell’etrusco, viene arricchita da un dossier e da un’introduzione in cui Alfredo Castelli riflette sul potenziale narrativo degli Etruschi. Origini enigmatiche, culti religiosi difficili da ricostruire, rapporto con la morte e apparente indecifrabilità della scrittura diventano elementi in grado di sostenere la continua oscillazione tra indagine scientifica e speculazione. In questo senso la ristampa nasce come tentativo di riattivare un immaginario in concomitanza con l’evento espositivo del 1993-1994.
All’interno della stessa serialità, Bonelli colloca la prima versione di La stirpe maledetta realizzata con soggetto e sceneggiatura di Castelli e disegni di Bignotti e Angelo Maria Ricci. L’ambientazione tra Toscana, Lazio e nelle zone boschive della Macchia Grande di Viterbo, apre una vicenda in cui un assassino convinto di incarnare la divinità etrusca Tarchies innesca una sequenza di eventi che coinvolge Martin Mystère e Beverly Howard. I riferimenti alla scrittura e ai rituali etruschi mantengono costante la tensione tra superstizione, ricostruzione storica e ipotesi pseudoscientifiche, un equilibrio tipico del personaggio. È il 1994 e il tema etrusco si estende anche ad altre produzioni popolari, come Dick Drago 3. Il mistero etrusco, edito da Fenix. Pur adottando un altro linguaggio rispetto alle serie Bonelli, la scelta di collocare l’elemento etrusco al centro del legame mantiene una continuità nella percezione diffusa di un passato carico di interrogativi.
L’inizio del XXI secolo segna invece una svolta con Viaggio etrusco. Sei affreschi a fumetti, pubblicato da Black Velvet nel 2009. Il volume nasce da una residenza creativa che coinvolge gli autori Francesco Cattani, Marino Neri, Paolo Parisi, Michele Petrucci, Alessandro Rak e Claudio Stassi, invitati a trascorrere una settimana tra Tarquinia e Cerveteri, con visite al Museo Etrusco di Villa Giulia e ai principali luoghi archeologici dell’area. L’obiettivo del fumetto sembra essere un contatto diretto con atmosfere e impressioni dei luoghi, trasformate in brevi racconti che restituiscono frammenti e possibilità narrative, mentre le interpretazioni grafiche mettono in luce come l’assenza di una documentazione esaustiva possa diventare immaginazione e stimolo creativo. Di conseguenza tutto ciò lascia al fumetto il compito di affiancare i linguaggi della divulgazione senza vincolarsi ai suoi modelli. Accanto alle produzioni italiane ed europee, un ruolo importante viene ricoperto dall’universo Disney. Zio Paperone e l’enigma della sposa etrusca applica i codici dell’avventura disneyana a un contesto archeologico in cui reperti e ipotesi storiche generano dinamiche comiche e investigative, mantenendo allo stesso tempo una struttura narrativa riconoscibile e accessibile. Topolino l’etrusco - Antiche civiltà: dai Sumeri agli Etruschi, pubblicato nella serie dedicata alle antiche civiltà, affida invece a Topolino e Pippo un viaggio nel tempo grazie alla macchina del tempo. La storia presenta spiegazioni semplificate ma corrette sugli Etruschi e sulle culture antiche trattate, integrando divulgazione e ritmo avventuroso.
Un contributo parallelo arriva poi dalla tradizione francofona con Alix – Le Tombeau étrusque di Jacques Martin edito da Castelman. In questo caso il riferimento etrusco interviene in un contesto romano, attraverso una fusione che si apre con un attacco notturno a una grande tenuta agricola. Alix, Enak e Ottavio, nipote di Giulio Cesare, salvano un bambino destinato al sacrificio al dio Baal-Moloch. L’episodio introduce una società segreta che tenta di ripristinare un culto orientale, con Bruto e il prefetto di Tarquini coinvolti in dinamiche politiche e religiose. L’elemento etrusco affiora soprattutto negli scenari, come l’area archeologica di Tarquinia (presente in quasi ogni fumetto), e nel quadro culturale che sostiene lo sviluppo narrativo, integrando riferimenti storici con i codici avventurosi tipici della serie.
In tutte le opere, l’immaginario etrusco si manifesta perciò come campo di sperimentazione, fra tra ciò che è noto e ciò che non può essere definito con certezza. Il fumetto diventa così uno strumento in grado di avvicinarsi a un patrimonio frammentario, ora enfatizzando il mistero, ora reinterpretando la storia, ora proponendo nuove prospettive dell’arte. Gli stessi siti archeologici del Lazio e della Toscana come Cerveteri, Tarquinia, gli insediamenti di Vulci e Chiusi, si trasformano e diventano strumenti indispensabili per la comprensione della civiltà e del linguaggio comunicativo dei fumetti, fornendo ai comics un patrimonio irrinunciabile per conoscere e reinterpretare la stessa cultura. La loro presenza conferisce indubbiamente autorevolezza e profondità alle narrazioni e questo consente di combinare fantasia e conoscenza. I luoghi e la distanza temporale quindi costituiscono una diversa possibilità narrativa. In questo senso, la civiltà etrusca continua a emergere come un territorio in cui autori e illustratori proiettano domande più che risposte e confermano la vitalità di un confronto fra archeologia e immaginazione che, ancora oggi, non ha esaurito il proprio potenziale.
L'autrice di questo articolo: Noemi Capoccia
Originaria di Lecce, classe 1995, ha conseguito la laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2021. Le sue passioni sono l'arte antica e l'archeologia. Dal 2024 lavora in Finestre sull'Arte.Per inviare il commento devi
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