La figura della Lupa con i gemelli occupa un ruolo fondativo nell’immaginario di Siena, perché richiama le origini leggendarie della città e ne incarna il valore identitario più profondo. La postura vigile dell’animale, unita alla vitalità dei due neonati, produce un’immagine che fonde protezione e allo stesso tempo fierezza civica. Il mito senese si intreccia così con quello di Roma: la Lupa, simbolo della fondazione della capitale e nutrice di Romolo e Remo, diventa a Siena emblema di Senio e Ascanio, i mitologici fondatori della città. La connessione con Roma conferisce alla figura un valore di continuità storica e politica, e trasforma la scultura in un vero archivio visivo della memoria cittadina. La Lupa senese, con il muso rivolto in avanti, rivendica un’autonomia iconografica rispetto all’originale capitolina, sottolineando l’indipendenza e la fierezza della Repubblica.
Nel corso del Quattrocento, diverse colonne con la Lupa sorsero nei diversi Terzi cittadini, assumendo funzione politica e simbolica, mentre l’immagine apparve sulle monete e negli apparati cerimoniali. La diffusione del simbolo rafforzò il legame con l’identità civica, visibile anche nelle opere d’arte pubbliche, come il Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti o la Fonte Gaia di Jacopo della Quercia, dove la Lupa dialoga con figure allegoriche e riferimenti alla devozione cristiana. Nel tempo, la Lupa divenne anche oggetto di propaganda avversa e sostituzioni politiche, come a Montepulciano con il Marzocco fiorentino o nelle medaglie di Cosimo I de’ Medici, ma rimase sempre un simbolo fondativo. La sua presenza nelle contrade, nei musei cittadini e nel Palazzo Pubblico testimonia l’importanza duratura del mito. La Lupa senese è quindi il fulcro della città, memoria, mito e orgoglio civico, dove l’influenza di Roma funge da radice leggendaria e garante di continuità storica. Ecco quindi dove possiamo trovarla.
Realizzata tra il 1429 e il 1430, la scultura bronzea della lupa realizzata dall’orafo Giovanni di Turino nasce per la colonna posta all’angolo destro del Palazzo Comunale. Secondo il testo dello storico Dietmar Popp, Lupa Senese. Sulla messa in scena di un passato mitico a Siena (1260-1560), il gruppo bronzeo, poggiava su una base ornata dagli stemmi di comuni, quartieri e associazioni della milizia civica ed era installata su una colonna romana proveniente dalle rovine di Orbetello. Con tale collocazione si definiva il terzo polo simbolico della città, accanto al Duomo e alla sede comunale. L’area della colonna svolgeva funzioni civiche precise: vi si amministrava la giustizia, si trovava il canile pubblico e dalla loggia del Podestà venivano proclamati i bandi.
Nel 1959 venne rimossa e trasferita al Museo Civico per garantirne la conservazione. Come anticipato in precedenza, la figura della lupa occupa un ruolo centrale nell’immaginario senese, poiché richiama le origini leggendarie della città. L’opera, concepita durante una fase decisiva per la maturazione della cultura figurativa rinascimentale locale, mostra un naturalismo calibrato e un equilibrio formale che segnano il distacco Turino, dagli ultimi residui del gusto gotico. Attualmente la scultura si trova nel vestibolo del Museo, ambiente ricavato nell’Ottocento in un’area un tempo destinata alla sagrestia della cappella dei Signori. Le volte e le pareti vennero decorate nel XIX secolo seguendo frammenti rinvenuti durante i lavori di sistemazione. Nel vano sono inoltre conservati cimeli legati alla storia cittadina e al Palio, tra cui quattro chiarine seicentesche di manifattura tedesca e l’elmo del Capitano del Popolo.
Il cofano intagliato e dorato databile tra il 1473 e il 1516 (esposto nella veduta dell’anticamera del Concistoro del Museo Civico, la cui attuale veste neogotica risale a un intervento ottocentesco, come ricorda la data 1882 riportata sull’arcone centrale) è attribuito ad Antonio Barili, artista attivo tra Quattro e Cinquecento, che univa all’abilità di intagliatore in legno la competenza architettonica, inserendo nel suo repertorio figurativo le tendenze della scultura rinascimentale senese.
I lati lunghi del cofano mostrano due aquile e due grifoni affrontati, inseriti in eleganti girali di acanto, che racchiudono lo stemma partito del Comune di Siena e del Capitano del Popolo, mentre i lati corti riportano lo stemma del Tribunale di Mercanzia. Agli angoli, quattro figure con testa leonina e corpo femminile testimoniano il virtuosismo e la finezza dell’intaglio. Il coperchio, decorato da un fregio vegetale e rialzato al centro, è impreziosito da una scultura a tutto tondo della Lupa con i gemelli.
Nel corso del Quattrocento diverse colonne dedicate alla Lupa sorsero in diversi punti della città. Nel 1464, al Camporegio, venne innalzata una colonna marmorea in memoria del Palio dedicato al Beato Ambrogio Sansedoni. Nel 1470 un’altra colonna venne installata nel mercato dei cavalli presso l’antica Porta San Maurizio. Nel 1487 ne apparve una in Piazza Postierla a segnare il bivio della Via del Capitano che conduce al Duomo. Le tre colonne si distribuivano quindi nei tre Terzi cittadini: Camollia, San Martino e Città, probabilmente per rappresentarne la struttura amministrativa.
Anche nei centri del dominio senese sorsero colonne analoghe. Un esemplare del 1474 è conservato nel Duomo di Massa Marittima; un altro, destinato a Sovana, è documentato da un pagamento del 1469 all’artigiano Urbano da Cortona, come scrive Popp nel suo testo. A Montepulciano un monumento colonnare, oggi perduto, accolse la Lupa fino al 1511, quando venne sostituita dal Marzocco imposto dai governanti fiorentini. A Grosseto, nell’Ottocento, una colonna priva di coronamento figurativo venne collocata come segno urbanistico e, in origine, ospitava probabilmente il simbolo della città. Molti di questi monumenti scomparvero in seguito ai mutamenti politici che ne resero intollerabile il valore simbolico.
La Lupa presente in Piazza Tolomei incarnava invece un significato eminentemente politico e rappresentava la sovranità della Repubblica. L’immagine dell’animale con i gemelli, collocata su una colonna, assunse lo stesso valore delle monete coniate a partire dal 1510, dove compariva al rovescio. La leggenda “SENA VETUS CIVITAS VIRGINIS” avvolgeva il simbolo cittadino, mentre il dritto mostrava la croce accompagnata dalla formula “ALPHA ET O PRINCIPIUM ET FINIS”. La Lupa finì così per sostituire la semplice “S” delle prime emissioni monetarie. Solo dagli anni Trenta del Cinquecento l’immagine della Madonna iniziò a prendere il posto del simbolo animale.
Nel periodo repubblicano la Lupa con i gemelli divenne un vero manifesto identitario, presente anche nelle opere destinate alla propaganda civica. Un disegno accompagnato da un testo, realizzato da Mariano di Jacopo detto il Taccola tra il 1431 e il 1433, presenta la Lupa come patrona di Siena consacrata alla Vergine e protettrice dei cittadini, affidati all’imperatore Sigismondo durante il suo soggiorno in città del 1432. Il trattato di Taccola, dedicato a Sigismondo, ne celebra il ruolo di difensore della libertà senese e contrappone simbolicamente l’autorità imperiale al Marzocco fiorentino. Una concezione simile caratterizzò gli apparati effimeri allestiti per l’ingresso in città di Carlo VIII di Francia il 2 dicembre 1494: tre archi celebrativi presentavano il motto “Sena Vetus Civitas Virginis”, la Lupa che accoglieva il sovrano e figure simboliche come Carlo Magno. I temi principali dell’identità senese, protezione mariana, origini leggendarie e accoglienza del re cristiano, vennero ribaditi con forza.
La presenza della Lupa nei programmi figurativi più ampi è attestata già nella Fonte Gaia di Jacopo della Quercia del 1414-1420, che introduce un ulteriore richiamo alla leggenda delle origini cittadine: due statue femminili con bambini, interpretate come figure morali o mitiche, richiamano l’antichità, mentre le cannelle del fonte raffigurano la Lupa in armonia con la Madonna dei rilievi.
Le bozze del disegno della Fonte di Jacopo della Quercia, conservati al Metropolitan Museum of Art e al Victoria and Albert Museum, documentano la progettazione dettagliata della fontana prima della sua esecuzione in marmo. Il disegno originale su pergamena raffigurava l’insieme scultoreo completo, con figure allegoriche, animali e ornamenti vegetali, tra cui la Lupa, simbolo della leggenda delle origini di Siena, collocata in primo piano. Due figure femminili con neonati, Acca Larentia e Rea Silvia, alludono alle madri di Romolo e Remo, collegando mito pagano e identità civica. Gli schizzi mostrano un lavoro meticoloso, con linee precise, lavaggi e colpi di inchiostro che suggeriscono il volume tridimensionale delle sculture. Le parti mancanti o incompiute, soprattutto sul lato destro, riflettono lo stato di avanzamento del progetto intorno al 1415-16. Il disegno rivela anche la formazione di Jacopo come orafo e la pratica tardo-gotica dei disegni sienesi, precedenti alla prospettiva rinascimentale.
Le statue della fonte, insieme a quelle della Lupa, realizzata da Della Quercia tra il 1414 e il 1418 e conservata presso la Fondazione Antico Ospedale Santa Maria della Scala, crearono dunque un legame tra mito pagano e devozione cristiana che definì a lungo l’identità senese. Un esempio analogo, come riporta Popp nel suo testo, appare nella Loggia della Mercanzia, dove Antonio Federighi scolpì nel 1464 una panca ornata da una Lupa collocata al centro di una serie di emblemi civici e riferimenti morali, mitologici e religiosi. Lo scultore Giovanni di Stefano, figlio del pittore Sassetta invece, lasciò a Siena le due lupe allattanti marmoree della Porta Romana, adesso conservate all’interno della Fondazione Antico Ospedale Santa Maria della Scala. Al Museo dell’Opera Metropolitana del Duomo troviamo invece la Lupa che allatta i gemelli di Giovanni Pisano del XIII secolo e la Lupa che allatta i gemelli, espressione della scuola senese post-cinquecentesca.
La Lupa assunse anche un ruolo polemico nelle rappresentazioni dei nemici di Siena. Nel 1511, a Montepulciano, venne sostituita dal Marzocco fiorentino. Dopo la caduta della Repubblica nel 1555, Cosimo I de’ Medici fece realizzare una medaglia che rappresentava la Lupa legata a una palma con la scritta “SENIS RECEPTIS”, chiaro segno di sottomissione. Durante l’ingresso trionfale del duca a Siena nel 1560 la Lupa apparve ai piedi delle personificazioni di Siena e Firenze, unite nella nuova Toscana medicea: un’immagine che, agli occhi dei Senesi, sanciva la perdita dell’indipendenza.
Con la fine della Repubblica il simbolo assunse forme più araldiche o ornamentali e perse il suo ruolo politico originario. Ad ogni modo Siena rimase sempre profondamente legata al mito della Lupa, considerato parte integrante della propria identità storica, culturale e religiosa. L’adozione della Lupa romana nacque come risposta immediata a un evento bellico ma si trasformò rapidamente in una memoria duratura.
La scultura della Lupa con i gemelli, ispirata con forza al mondo antico, divenne infatti un vero archivio della storia cittadina. Riprodotta per secoli, evocò sia le origini leggendarie sia i successi più recenti della città. A Roma la Lupa richiamava le radici della capitale; a Siena assunse un nuovo significato, legato alla leggenda di Senius e alla discendenza dai fondatori di Roma. La Lupa senese, a differenza di quella capitolina, presenta il muso rivolto in avanti, dettaglio che accentua la sua autonomia iconografica.
La Lupa trova alcune delle sue espressioni più evocative nel Duomo di Siena e nella sua piazza, dove campeggia anche sulla sommità di una colonna. Il principale edificio religioso cittadino, domina il panorama insieme alla Torre del Mangia e secondo la tradizione, sorse in sostituzione di una chiesa dedicata a Maria costruita nell’IX secolo su un tempio votivo per Minerva. Venne consacrato il 18 novembre 1179 da papa Alessandro III, senese di origine.
Una delle sue peculiarità più note è il pavimento composto da cinquantasei tarsie marmoree eseguite a commesso. Le decorazioni seguono disegni di maestri senesi come Domenico Beccafumi e di artisti forestieri come il Pinturicchio. Nella navata centrale, subito dopo la figura di Ermete Trismegisto, appare la Lupa che allatta i gemelli. L’iscrizione “Sena” orienta verso Ascanio e Senio, ma la presenza del fico rimanda più chiaramente al mito di Romolo e Remo. Intorno compaiono gli animali araldici delle principali città toscane e dell’Italia centrale: cavallo (Arezzo), leone (Firenze), pantera (Lucca), lepre (Pisa), unicorno (Viterbo), cicogna (Perugia), elefante (Roma), oca (Orvieto). Quattro ulteriori animali occupano gli angoli del riquadro: il leone con i gigli (Massa Marittima), l’aquila (Volterra), il drago, il grifone (Grosseto). È l’unico settore del pavimento realizzato con tecnica musiva. L’opera attuale risale al 1865 ed è opera di Leopoldo Maccari; alcuni frammenti dell’originale del 1372 sono conservati nel Museo dell’Opera del Duomo.
L’eredità del mito fondativo della città si riflette anche nella tradizione del rione che porta il suo nome, dove l’immagine dell’animale assume un valore identitario profondo, visibile tanto negli emblemi araldici quanto negli spazi rituali e nei percorsi quotidiani del quartiere. Lo stemma, d’argento, raffigura una lupa romana bigemina su campana erbosa, coronata all’antica, con bordura d’argento e rosso decorata da croci. I colori della contrada sono bianco e nero con liste arancio. La fontanina battesimale, realizzata da Giovanni Barsacchi nel 1962 e collocata all’esterno della Chiesa di San Rocco in Vallerozzi, ospita una lupa in bronzo modellata da Emilio Montagnani.
La contrada dispone anche di un museo che racconta la propria storia e custodisce gli arredi sacri della Compagnia di San Rocco, confluiti nella contrada nel tardo Settecento. Rinnovato e riaperto al pubblico nel 2002, il museo include la sala di rappresentanza, l’archivio e la stanza delle monture.
Infine, nel Palazzo Pubblico di Siena la Lupa con i gemelli compare in più contesti simbolici. Nella Maestà di Simone Martini, inserita nella fascia inferiore insieme al sigillo di Siena, alla Balzana e al leone rampante del Popolo, ribadisce il legame tra mito fondativo e identità civica. Allo stesso modo, nell’affresco di Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Buon Governo (1338-1339, Sala della Pace), al termine del corteo di cittadini emerge il simbolo della città: la Lupa con i gemelli. Sopra di essa si staglia il Comune di Siena, rappresentato da un monarca in maestà con la scritta C[omunis] S[enarum] C[ivitas] V[irginis], vestito in bianco e nero e ornato con motivi che richiamano la Balzana, il noto simbolo cittadino.
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L'autrice di questo articolo: Noemi Capoccia
Originaria di Lecce, classe 1995, ha conseguito la laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2021. Le sue passioni sono l'arte antica e l'archeologia. Dal 2024 lavora in Finestre sull'Arte.Per inviare il commento devi
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