Il Caravaggio dai mille volti

Percorsi contemporanei

2010, Settima puntata

Un saluto a tutti i lettori!
A differenza delle altre puntate, vi proporremo questa volta un “racconto” di immagini, cercando di afferrare opere di artisti contemporanei che si sono accostati a Caravaggio per motivi diversi, fornendone (ri)letture a volte diametralmente opposte.
L'invito è quello di aprire i riquadri con le immagini mentre leggete.

I bari (fai clic per aprire)

Tre giovani, tre giocatori di carte intenti a vincere una partita: non sappiamo dove, non sappiamo quando; la scena è incentrata solo sui volti e sui gesti dei personaggi, che costituiscono il meccanismo rappresentativo del quadro. Sguardi e gesti ritmicamente contrapposti, inducono l'occhio a svelare pian piano i trucchi usati dai bari per ingannare il giovanotto onesto. Testimoni muti, non possiamo far nulla per attirare l'attenzione del poverino che sta per perdere i suoi soldi. Egli vede solo le sue carte, non coglie con il suo sguardo i movimenti, i gesti e le smorfie dei compagni.

La visione come forma di conoscenza. La pittura come una forma di doppia conoscenza, mediata dalla visione del pittore, che suggerisce (o obbliga?) lo spettatore a vedere il quadro.
Cosa “rappresentano” i quadri del Caravaggio? La grandezza di un artista sta nelle molteplici letture e suggestioni che la sua opera ci offre nei secoli. Così, per molto tempo, Caravaggio è stato letto “solo” come un pittore realista, pittore del solo popolino perché incapace di dedicarsi ai grandi soggetti storici, legato ad una pittura così tanto aderente al vero da dipingere,con intenti derisori, persino i santi come il contadino del campo accanto. Elogio del reale, attraverso una pittura diretta, spietata perché mostra i suoi soggetti nella loro più intima nudità: la nudità dell'essere, sottoposto alla decomposizione del tempo o all'indebolimento del fisico; così, sulla lettura del realismo di Caravaggio si formerà Gustave Courbet, che guarderà al maestro seicentesco osservando la morte della Vergine. Pittura realista, quella di Courbet, nella quale alla lezione di Caravaggio si sovrappone la denuncia sociale, una mutua simpatia per i più deboli. L'aderenza al reale come aderenza alla verità, come scrisse più volte Courbet, e come si può vedere dagli schizzi del suo taccuino (clic), sempre attenti a registrare ogni dettaglio attraverso un tratto tanto netto quanto sicuro.

Facciamo un salto nel XX secolo. Un giovane studioso di storia dell'arte, Roberto Longhi, inizia a riscoprire Caravaggio come pittore di valori luminosi. È l'inizio di un ampio movimento di riscoperta della figura di Michelangelo Merisi, attraverso il quale l'attenzione della critica verrà spostata dal soggetto alle modalità di rappresentazione: Caravaggio non più (o non solo) pittore del popolo, ma Caravaggio come pittore eccelso, che svela la consistenza della materia scolpendo la luce. Valori luministici che suggeriscono un taglio intimamente religioso, che rendono palpabile l'essenza metafisica dei corpi e delle forme: al Caravaggio pittore della forma guarderà, nel primo quarto del Novecento, Giorgio de Chirico (clic). Le case deserte, la luce che cinicamente squadra la città: i paesaggi di De Chirico sono i paesaggi della metafisica, ma trovano un indubbio antecedente formale (sebbene solament pittorico) nella scacchiera dei bari di Caravaggio.

Caravaggio, pittore della realtà. Caravaggio, pittore della forma e della luce.
Caravaggio, pittore del dolore e della debolezza dell'anima umana: il suo San Pietro è poco più di un vecchio che prima di affrontare il martirio sembra cercare uno sguardo di pietà prima della morte (clic). Il Cristo, purificatore della cattiveria dell'uomo, di quell'uomo che si impone per contrasto, con l'uso della forza e della violenza (clic) è poco più di un giovane, connotato dal panno bianco puro come la sua anima, pronto a redimere l'umanità intera.
Un'operazione che è stata affrontata, con il linguaggio dell'arte dei nostri giorni anche da Marina Abramovic, artista di livello internazionale e di rara capacità poetica.
In una sua celebre installazione/performance presentata alla Biennale di Venezia del 1997, Balkan Baroque, l'artista ha lavato con spazzola,acqua e sapone, per 22 ore divise in quattro giorni, un mucchio di ossa di animali.
Tutta l'iconografia della performance-installazione si ricollegava al dolore e allo strazio portato dalla guerra dei balcani (i genitori dell'artista furono coinvolti in prima persona), ma qui ci interessa sottolineare come l'artista abbia scelto un ambientazione estremamente concentrata su pochi elementi essenziali, con una luce schietta e diretta (clic). Un linguaggio iconografico della riduzione e della meditazione, che sebbene non si riferisca direttamente a Caravaggio, ne è l'erede più attuale.

Antoniettachiara Russo








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