Un percorso articolato in tre tappe per analizzare, attraverso opere visive e documenti sonori, la profonda relazione tra arte contemporanea e rock britannico tra anni Sessanta e Settanta. Si intitola Echoes. Origini e rimandi dell’art rock britannico il ciclo espositivo che ha preso il via lo scorso 17 aprile al Padiglione d’arte della Fondazione Luigi Rovatidi Milano. Curato da Francesco Spampinato, il progetto si sviluppa in tre mostre autonome ma interconnesse, dedicate rispettivamente ai Beatles, a Pink Floyd, Yes e Genesis, e infine alla carriera di Peter Gabriel.
L’intero programma analizza il fenomeno dell’art rock nel Regno Unito, documentando le contaminazioni tra arte visiva e musica e illustrando come questo dialogo abbia inciso profondamente sull’immaginario collettivo e sulla cultura visiva contemporanea. L’art rock viene indagato come un nodo centrale tra le avanguardie artistiche e l’industria culturale, esplorando la fusione tra approccio concettuale e comunicazione pop. A fare da cornice, una ricca selezione di opere provenienti sia dalla collezione della Fondazione Luigi Rovati sia da collezioni pubbliche e private, tra cui dipinti, illustrazioni, fotografie, installazioni, video e memorabilia.
“Nell’immaginare e realizzare questo viaggio”, racconta Marco Fullone, “ho cercato i titoli più significativi e che fossero comunque anche ‘godibili’ per il nostro pubblico, evitando cioè brani o suite del prog rock troppo ostiche per chi magari non conosce ancora questo genere musicale così importante. Seguendo questa poetica non potevano mancare ‘The Carpet Crawlers’ dei Genesis o ‘A Day ln The Life’ dei Beatles, passando per ‘Heroes’ di David Bowie nella magnifica reinterpretazione di Peter Gabriel e i Pink Floyd con ‘Echoes’. Questi titoli, insieme ad altri sia celeberrimi che più ricercati intendono celebrare al meglio un momento irripetibile all’interno della storia della musica mondiale”.
“È bellissimo rivedere le immagini che a quel tempo erano solo un complemento della musica”, commenta LucioRovati, Presidente onorario della Fondazione, “e metterle in relazione con alcuni tratti del pensiero e delle arti contemporanee: un bel viaggio in uno dei periodi più fecondi della musica rock e dei musicisti che spesso ancora oggi caratterizzano una parte colta del panorama musicale”.
“Si ricercheranno qui le origini delle contaminazioni tra arte visiva e musica pop, di quel territorio di confine che prende forma tra i bastioni della cultura alta e le regioni più illuminate di quella bassa, e che oggi sembra essersi esteso a tutte le aree dell’arte, della comunicazione e del commercio”, aggiunge Francesco Spampinato.
Il ciclo si apre con la mostra The Beatles. Il mito oltre la celebrità, in programma fino all’8 giugno. L’esposizione ricostruisce l’impatto che i Beatles hanno avuto sulla società, sull’industria discografica e sull’immaginario visivo. Al centro del percorso, la realizzazione della celebre copertina di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band del 1967, opera simbolo della Pop Art inglese ideata da Peter Blake e Jann Haworth. In mostra è esposto l’intero portfolio fotografico realizzato da Michael Cooper per documentare il diorama originale, oltre a un’opera della serie Old Lady (1962-63) di Haworth, rappresentazione tridimensionale poi ripresa nella copertina dell’album. L’allestimento approfondisce inoltre la componente psichedelica del gruppo attraverso i ritratti firmati da Richard Avedon e le suggestioni oscure evocate dall’opera di Raymond Pettibon, che riprende l’iconografia beatlesiana per alludere alle letture distorte di Charles Manson. A chiudere il percorso, due video che si confrontano con la figura di John Lennon da una prospettiva intima e decentrata: Smile (1968) di Yoko Ono e I’m Not The Girl Who Misses Much (1986) di Pipilotti Rist, quest’ultimo letto in chiave femminista. Le opere testimoniano l’evoluzione del gruppo da fenomeno di massa a oggetto di rilettura critica, oltre la popolarità e dentro il linguaggio dell’arte.
Dal 14 giugno al 27 luglio, la seconda mostra intitolata Pink Floyd, Yes, Genesis. Nuove percezioni della realtà ripercorre l’estetica del rock progressivo e della psichedelia attraverso un insieme di opere in cui il linguaggio visivo si fa spesso allucinato, simbolico, straniante. L’ingresso al percorso è segnato da un dipinto di Alberto Savinio, riferimento esplicito all’influenza del Surrealismo sull’immaginario di questi gruppi. Seguono i dipinti di Roger Dean, autore delle copertine più celebri degli Yes, le fotografie oniriche dello studio Hipgnosis e di Storm Thorgerson per i Pink Floyd, che includono i celebri scatti legati agli album The Dark Side of the Moon, Wish You Were Here e Animals, con il maiale gonfiabile ideato da Jeffrey Shaw. Anche i Genesis sono presenti con i dipinti originali realizzati da Paul Whitehead per gli album Trespass, Nursery Cryme e Foxtrot, tra cui spicca l’immagine della volpe in abito rosso diventata emblema visivo del gruppo. In mostra anche gli acquarelli di Colin Elgie per A Trick of the Tail e Wind and Wuthering. In dialogo con questo universo figurativo, è esposta un’installazione dell’artista svedese Nathalie Djurberg che mette in scena un mondo surreale composto da pillole multicolori, interpretazione in chiave contemporanea di una sensibilità lisergica e fiabesca.
Chiude il ciclo, dal 27 agosto al 5 ottobre, la mostra Peter Gabriel. Frammentazione dell’identità, dedicata alla figura di Gabriel prima nei Genesis e poi nella sua carriera solista. L’allestimento documenta la complessità della sua immagine pubblica e la trasformazione continua della sua identità visiva. In mostra, copie firmate dall’artista degli artwork realizzati da Hipgnosis per gli album Car, Scratch e Melt, ma anche fotografie e videoclip che ne documentano i travestimenti più noti: dalla donna-volpe di Foxtrot al trucco adottato per Shock the Monkey, immortalato in una fotografia di Guido Harari scattata durante il Festival di Sanremo del 1983. Un’intera sezione è dedicata ai progetti interattivi realizzati da Gabriel negli anni Novanta in formato CD-ROM, espressione di una ricerca multimediale pionieristica. Il tema della molteplicità dell’io viene indagato anche attraverso richiami alla storia dell’arte: il percorso espositivo si apre con la documentazione fotografica di Rrose Sélavy (1921), alter ego di Marcel Duchamp, realizzata da Man Ray, e prosegue con opere di Keith Haring e Kiki Smith che riflettono sulle trasformazioni dell’identità in epoca postmoderna. Gabriel viene così collocato in una rete di rimandi che ne contestualizza la figura come autore multiforme e visivamente consapevole. Ad accompagnare il progetto, una pubblicazione monografica curata dallo stesso Francesco Spampinato ed edita dalla Fondazione Luigi Rovati, che approfondisce i contenuti delle tre mostre. Radio Monte Carlo è media partner ufficiale dell’iniziativa. Per l’occasione, il music designer Marco Fullone ha ideato una playlist disponibile sia su Spotify sia in mostra tramite QR code, composta selezionando brani coerenti con l’immaginario evocato nelle opere esposte. La selezione musicale include sia pezzi noti al grande pubblico sia brani più ricercati, per offrire un’esperienza accessibile anche a chi non ha familiarità con il genere. Tra i titoli scelti figurano The Carpet Crawlers dei Genesis, A Day in the Life dei Beatles, Heroes di David Bowie reinterpretata da Peter Gabriel e Echoes dei Pink Floyd.
Titolo mostra | Echoes. Origini e rimandi dell’art rock britannico | Città | Milano | Sede | Fondazione Luigi Rovati | Date | Dal 17/04/2025 al 05/10/2025 | Artisti | Artisti vari | Curatori | Francesco Spampinato | Temi | Surrealismo, Arte e musica, Pop Art, Pink Floyd, The Beatles, Genesis, Yes |