La fortuna del Ratto di Ganimede dopo Correggio

La nota

2012, Undicesima puntata

Il "Ratto di Ganimede", conservato al Kunsthistorisches Museum, è un famoso dipinto realizzato da Antonio Allegri, meglio noto come il Correggio, per il duca di Mantova Federico II Gonzaga nell'ambito del ciclo degli amori di Giove, una serie di quattro dipinti dedicati alle unioni del dio. Il tema del ratto di Ganimede ebbe dopo il Correggio una notevole fortuna, soprattutto nel nord Europa, ed è questo l'argomento del pezzo di Giovanni, da non perdere!

Tra il 1530 e il 1532 il duca Federico II Gonzaga commissiona a Correggio una serie di tele incentrata sugli amori di Giove, destinata a essere un dono per Carlo V in occasione della sua incoronazione a Bologna. Del gruppo di dipinti, che comprende pure la Danae, la Leda e Io, il Ganimede era forse quello ancora più famoso fuori dall’Italia, in quanto pare si trovasse nelle collezioni dell’ex favorito reale Perez e presso di lui l’avrebbe visto nel 1585 l’ambasciatore di Rodolfo II di Spagna.

Il mito greco narra la storia di un adolescente di bellissimo aspetto e di stirpe reale che Giove volle far suo e portò con se sull’Olimpo, rendendolo coppiere degli dei. Ritenuta ormai completamente superata l’interpretazione di partenza, ossia il mito greco dell’amore omosessuale, Ganimede simboleggia l’anima umana che, se pura, aspira a ricongiungersi a Dio. La tela di Correggio costituisce la prima grande trattazione di questo mito nell’età moderna e fu per lo stesso pittore un banco di prova: l’artista si cimentava con la difficile resa materica delle nubi e la raffigurazione, in maniera credibile, di una figura in volo. Ma il maestro, dopo le altissime testimonianze della cupola di San Giovanni Evangelista e quella del Duomo di Parma, si era di fatto imposto come vero e proprio esperto in materia, l’unico, forse, in Italia e all’estero in quegli anni a poter eseguire un incarico del genere.

L’iconografia del ratto di Ganimede così come codificata da Correggio ebbe poi una straordinaria diffusione in tutta Europa, in particolare nell’arte olandese, presso pittori che di volta in volta attinsero alla tradizione figurativa italiana nelle loro opere, contribuendo anche alla diffusione transazionale dell’opera dei maestri italiani.

Una testimonianza dell’interesse nel Nord Europa per il tema di Ganimede è offerta, ad esempio, da un dipinto di David Teniers II raffigurante L’Arciduca Leopoldo Guglielmo nella sua Galleria di Bruxelles, databile verso il 1650-1660. Nella parte in alto a destra della parete tappezzata di dipinti è chiaramente riconoscibile un Ganimede rapito, che riproduce il disegno di analogo soggetto che Michelangelo realizzò per Tommaso de’ Cavalieri, più o meno coevo alla tela del Correggio (1532). La diffusione di tale iconografia era resa possibile grazie alle incisioni di traduzione, come quelle di Giulio Bonasone, che circolavano in tutta Europa. Dimostrano la conoscenza della tradizione italiana anche Maarten van Heemskerck, Pieter de Hooch e Karel van Mander III, discendente del noto scrittore. Il legame di questi artisti con l’ambiente italiano è denunciato da un indizio: la presenza, nelle rispettive opere, di un cagnolino che si acquatta e alza il muso per abbaiare, spaventato, contro una apparizione misteriosa. Il dettaglio del cagnetto compare, infatti, sia nella prima versione del mito, quella di Correggio, sia nel disegno di Michelangelo, sia nella replica a incisione del Bonasone, e ancora in un emblema di Andrea Alciati. Il particolare, dunque, appare chiaramente estrapolato dalla iconografia italiana del Ganimede e rivela come in area olandese esso venisse automaticamente ricondotto alla maniera dei maestri italiani di raffigurare il rapace che rapisce il fanciullo.

Resta, però, insuperata la delicatissima e poetica invenzione figurativa di Correggio, il dolce volto di Ganimede in volo, la preziosità delle tinte e l’audacia della visione. Traspaiono la gentilezza della mano dell’artista e i colori tenui ma, nello stesso tempo, reali a dimostrazione che l’attimo della vita è solo una manifestazione del cielo.

Giovanni De Girolamo








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