Le mensole di Nicola Pisano nel Duomo di Siena

La nota

2013, Settima puntata

Di recente attribuzione, le mensole del Duomo di Siena sono un lavoro poco conosciuto di Nicola Pisano ma che dà modo di vedere quale fosse la portata innovativa della sua arte, che si rifaceva a stilemi classici "innestati" sulle caratteristiche tipiche dell'arte gotica. Le mensole del Duomo di Siena, dove Nicola Pisano lavorò anche al pulpito e probabilmente alla stessa costruzione dell'edificio, rappresentano un lavoro di alta qualità e di grande naturalismo.

Una tradizione risalente al 1599, poi ripresa anche da altri, vede Nicola Pisano presente a Siena fin dal 1245, impegnato nella pianificazione del progetto di costruzione della nuova cattedrale. Il dato potrebbe apparire eccessivamente precoce, ma si basa su un ricordo lontano della effettiva presenza del maestro fin dalle fasi più antiche di costruzione della chiesa. La critica moderna, però, fissa l'arrivo di Nicola a Siena solo in riferimento al primo documento che lo menziona esplicitamente, cioè quello relativo alla commissione del pulpito, stipulato a Pisa nel 1265.

Eppure, in base a nuove acquisizioni, è stata ripresa in considerazione l'ipotesi di una partecipazione del maestro alle fasi anteriori dei lavori. Innanzitutto, il suo intervento per le quattro protomi zoomorfe della fontana dei Canali di Piombino, risalente al 1248, rappresenta un segnale per la definizione degli esordi della sua attività in terra toscana. A ciò si aggiunge l'attribuzione delle sculture che decorano le mensole dell'imposta della cupola del duomo di Siena, rafforzando così l'idea di un suo precoce contributo all'edificazione della cattedrale.

Si tratta di un vero e proprio ciclo scultoreo, integrato nella struttura architettonica della cupola, costituito da ben centoquattro mensole (ventidue delle quali figurate) situate sotto l'imposta del tamburo e quattro teste scolpite sui capitelli di una trifora posta nelle immediate vicinanze. A queste si legano due protomi, una virile e l'altra leonina, collocate come chiavi di volta sull'arcone che separa il transetto dalla navata maggiore.

Il ciclo è importante per almeno due motivi: l'elevata qualità formale e il profondo, inedito, naturalismo, che richiama subito l’ambiente federiciano e l’interesse già orientato verso un tipo di indagine scientifica della cultura araba. la serie delle figure in esame, infatti, non ripete più il solito repertorio di figure grottesche e deformi, tanto diffuse nell’epoca romanica, ma rivela un profondo interesse per la natura terrena, esplorata in tutte le sue manifestazioni e sfaccettature. Volti umani si susseguono con una grande varietà di espressioni, dal pianto al riso, alla smorfia; e poi animali dei più vari, scimmia, gufo, orso, leone, aquila, financo un drago e un grifo, attinti dal mondo dei bestiari medievali. La curiosità si mescola alla meraviglia, perché lo stesso senso ultimo di questo ciclo non risponde ad un programma razionale e pianificato, ma ad uno puramente simbolico, dominato da un senso vivace di curiosità per la rappresentazione della natura.

Le sculture sono state ignorate per molti anni per la loro difficile visibilità e per essere state ricoperte da una pesante doratura, che ha interessato sia queste che altre parti ornamentali della cattedrale, nel 1482. Ma dopo essere state analizzate analiticamente, se ne è potuta cogliere in pieno l’elevata qualità, riconducendone l’esecuzione a Nicola Pisano. La cronologia del ciclo resta ancora incerta, oscillando dalla seconda metà degli anni quaranta fino alla metà del sesto decennio.

Il complesso delle teste-mensole rimane comunque, a tutti gli effetti, il ciclo scultoreo più avanzato nella Siena di quegli anni, perfino troppo elevato perché i modesti lapicidi locali potessero trarne una concreta lezione. Al massimo, questi avrebbero guardato al pulpito del battistero di Pisa, vero e proprio banco di prova per i collaboratori e gli allievi di Nicola, a partire da Arnolfo di Cambio.

Giovanni De Girolamo








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