L'incisione Prevedari di Donato Bramante

La nota

2013, Undicesima puntata

In questa puntata, Anselmo ci parla di un'incisione eseguita dall'orafo Bernardo Prevedari e ricavata da un disegno di Donato Bramante. L'opera è importante perché rappresenta intanto la prima prova artistica nota di Donato Bramante a Milano, e poi perché è una importante "traduzione" delle idee del grande artista in fatto di architettura. Nel suo interessante articolo, Anselmo ci parla della storia e delle fonti dell'incisione Prevedari e ci fornisce una completa descrizione!

Giovanni Agosti, nel denso catalogo della mostra dedicata al Bramantino (svoltasi a Milano nel 2012) descrive efficacemente, attingendo come di consueto alla sintassi di Testori ed Arbasino, lo scompiglio provocato nella città lombarda dalla creazione, nell'autunno 1481, dell' “Incisione Prevedari”. La storia dell'opera comincia mercoledì 24 ottobre 1481: l'orafo Bernardo Prevedari, originario della bergamasca Valle Imagna, viene incaricato dal pittore Matteo De Fedeli di realizzare “stampam unam […] cum hedifitijs et figuris, latoni, secundum designum in papiro factum per Magistrum Bramantem de Urbino”. Una volta finito il lavoro l'orafo dovrà “dare ipsi magistro Matheo patronum seu disegnum factum per suprascriptum magistrum Bramantem finita et facta dicta stampa”: ovvero restituire al committente il disegno del Bramante.

Questo, come giustamente nota Simone Facchinetti nella scheda dedicata all'incisione nel catalogo della mostra su Vincenzo Foppa (tenutasi a Brescia nel 2002), rappresenta un “raro e precoce esempio di collezionismo di grafica” forse, scrive ancora Facchinetti “non esente da risvolti commerciali”. Purtroppo non abbiamo ulteriori elementi per chiarire ulteriormente l'episodio, sicuramente Matteo teneva molto al disegno; probabilmente aveva conosciuto Bramante tra il 1480 ed il 1481 quando entrambi lavoravano nella chiesa di Santa Maria presso San Satiro. L'artista urbinate era appena arrivato a Milano, reduce (come ben illustra Agosti nel catalogo sopracitato) “da anni di apprendistato alla corte urbinate di Federico da Montefeltro, segnata dalla lezione di Piero della Francesca, e da verosimili anni di pellegrinaggio tra Ferrara e Mantova”.

Probabilmente Matteo, colpito dal grande talento di Donato, l'avrà pregato di lasciargliene una testimonianza. Il cattivo stato della grande incisione (“exceptionally large” la definì lo studioso Peter Murray nel 1962) non ne nasconde l'altissima qualità: in un grande tempio sbrecciato e semi-pericolante un monaco è rivolto in preghiera verso una croce posta su una colonna: il suo atteggiamento devoto non è però imitato dagli altri personaggi presenti sulla scena. Il tempio è affollato di varie figure, incuranti del pericolo, spesso immerse in una conversazione: vi sono armigeri, cavalieri, un prelato con tonsura (accompagnato da un assistente che regge una croce astile e un cappello cardinalizio) ed un frate che legge un libro. Il tempio, benchè in rovina, presenta un ricchissimo campionario di decorazioni classiche: medaglioni, capitelli riccamente ornati, decorazioni con racemi e bassorilievi raffiguranti processioni.

Si tratta di un repertorio che riflette esempi mantegneschi: si vedano ad esempio i medaglioni della “Camera degli Sposi”, la stupefacente sovrabbondanza delle carovane dei “Trionfi”, ma non si dimentichi di confrontare le pose dei due armigeri, posti alla destra del monaco, con la serena indolenza dei loro omologhi raffigurati da Andrea nel “Trasporto del corpo di san Cristoforo”, episodio della decorazione della cappella Ovetari, nella chiesa degli eremitani di Padova. La critica ha altresì evidenziato nelle figure dell'incisione echi della cultura figurativa di Ercole de' Roberti. L'impostazione della stampa verrà ripresa dal pittore Donato da Montorfano e dall'anonimo artista noto con il nome di “Maestro di Saint Giles”.

Donato citerà l'incisione in un affresco, databile tra il 1490 ed il 1499, raffigurante Storie di Santa Caterina d'Alessandria, realizzato nella prima cappella a sinistra della chiesa milanese di Santa Maria delle Grazie. In uno di questi episodi l'imperatore chiede inutilmente alla santa di sposarlo: l'impostazione della scena riprende, in maniera semplificata, la parte sinistra dell' “Incisione Prevedari”. Si possono notare similitudini nell'impostazione dei pavimenti e nella collocazione del plinto con la candelabra (su cui il Montorfano colloca un idolo). Inoltre la figura dell'imperatore inginocchiato riprende quella del monaco collocata nell'incisione. L'anonimo “Maestro” invece dipinge intorno al 1500 una “Presentazione al tempio” (conservata a Rotterdam presso il museo Boijmans Van Beuningen) ambientando la scena davanti ad una colonna posta su un plinto, collocato davanti alla nicchia centrale, ambientazione ripresa chiaramente dall'incisione Prevedari.

Anselmo Nuvolari Duodo








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