Anche la mostra di arte cinematografica di Venezia ha reso omaggio ad Alain Delon: il lutto nel mondo del cinema è intergenerazionale e la sua figura rimarrà negli annali per le sue interpretazioni e per il fascino che ha contribuito a costruirne il mito. All’attore francese morto lo scorso 18 agosto all’età di 88 anni piaceva coltivare le sue passioni dando vita ad alcune collezioni rese celebri per il valore intrinseco e per l’impronta data dal gusto di Delon.
Nei suoi oltre ottant’anni ha collezionato auto, vini, armi, orologi e anche opere d’arte, collezioni da cui ha deciso di disfarsi quando era ancora in vita, senza aspettare che lo facessero i suoi eredi (“Odio le vendite postume. Preferisco lasciare i soldi ai miei figli”, ha detto in un’occasione). Con le opere d’arte lo ha fatto una prima volta nel 2007 con circa quaranta quadri degli anni Cinquanta acquistati negli anni Novanta e venduti per un totale di 9 milioni di euro: la collezione comprendeva opere di Hartung, Alechinsky, Dubuffet, Zao Wou-Ki. Poi lo scorso anno con una vendita all’asta anche in quel caso molto remunerativa, il doppio rispetto alle stime iniziali di incasso. Un distacco, questo, che è stato come un ultimo capolavoro della sua carriera, per celebrarsi e celebrare gli artisti che ha amato e messo insieme. La spettacolare vendita all’incanto è stata affidata alla prestigiosa casa Bonhams Cornette de Saint Cyr a Parigi: Alain Deloin era un artista di fama mondiale e internazionale è stato il giro di presentazione voluto prima della battitura all’asta della collezione. L’esposizione itinerante per far conoscere le opere ha girato 3 continenti con tappe a New York, Hong Kong, Ginevra, Londra, Bruxelles e Parigi, e si è conclusa il giorno 22 giugno 2023 con un ricavato di oltre 8 milioni di euro, ben più dei 4/5 stimati all’inizio, vendendo 81 lotti su 83.
Alain Delon: 60 years of passion era il titolo dell’asta e il riferimento temporale è dato dal primo acquisto dell’attore avvenuto a Londra nel 1969, a 24 anni (all’epoca aveva una relazione con Romy Schneider che aveva conosciuto sul set de L’amante pura): un disegno raffigurante un coleottero di Albrecht Dürer del 1505, acquistato per 700mila franchi (una cifra che segnò il record mondiale per l’acquisto di un disegno), a cui si sono aggiunti per sei decenni dipinti, sculture e altri disegni collocati tra il Rinascimento italiano e il XIX secolo francese.
“Negli anni”, ha detto Alain Delon in quell’occasione, “ho acquisito disegni, dipinti e sculture che mi hanno commosso, parlato e a volte anche consolato. Queste opere mi hanno accompagnato per molti anni e hanno fatto parte della mia vita. Ci sono due cose che considero la mia eredità: la mia carriera di attore e la mia collezione d’arte. Sono molto orgoglioso di entrambe. La gente mi chiede se c’è un filo conduttore che lega questi pezzi e io rispondo: C’est moi”. Così Alain Delon considerava la sua collezione d’arte, al pari della strepitosa carriera cinematografica, tanto basta per comprenderne il valore e l’exploit del controvalore della vendita rispetto alle aspettative. Tanto che il presidente di Bonhams Cornette de Saint Cyr, Arnaud Cornette de Saint Cyr, all’epoca dichiarò “è stata un successo senza precedenti, con un incasso di 8 milioni di euro, più del doppio del suo minimo di stima. Alain Delon è una leggenda vivente del cinema. Il suo gusto e il suo occhio sono stati acclamati in tutto il mondo. È stato un grande onore per Bonhams Cornette de Saint Cyr presentare questa collezione sublime e non sorprende che abbia attirato un’offerta così appassionata a questa vendita eccezionale”.
La carriera di attore di Delon è iniziata alla fine degli anni Cinquanta, ma è stato durante gli anni Sessanta, Settanta e Ottanta che ha conquistato il pubblico in film come Rocco e i suoi fratelli (1960), Il gattopardo (1963), La piscina (1969), Il samurai (1967), Le Cercle Rouge (1970), Mr Klein (1976) e Notre Histoire (1984) per il quale ha vinto l’equivalente francese di un Oscar, il Premio César come miglior attore. Delon ha lavorato con i principali registi del suo tempo, tra cui Luchino Visconti, Jean-Pierre Melville, Louis Malle e Jean-Luc Godard. È stato insignito della Legion d’Onore nel 1991 ed è stato insignito di un Orso d’oro alla carriera a Berlino e di una Palma d’Oro alla carriera al Festival di Cannes.
La sua collezione messa in vendita lo scorso anno si focalizzava maggiormente sull’arte moderna e il lotto principale dell’asta fu un dipinto di Raoul Dufy dal titolo La baie de Sainte-Adresse, del 1906, venduto per 1.016.400 euro. La stima iniziale di vendita era di 600-800mila euro. La collezione era ricca di opere scultoree e con un pregiato corpus di disegni del Rinascimento italiano e rari fogli dei grandi maestri francesi dell’Ottocento, capolavori di artisti come Veronese, Beccafumi, Corot, Delacroix, Millet, Dufy, Gleizes. Ma la sua non era una forma di investimento quanto proprio passione personale accompagnata da competenza e occhio: “Il suo occhio istintivo”, disse Arnaud Cornette de Saint Cyr presentando le opere, “lo guida infallibilmente verso i capolavori, dai primi disegni antichi ai grandi maestri moderni. Ignora le mode, ascolta solo la sua emozione, il dialogo intimo che si instaura con questi grandi stilisti. Anche per questo ha amato per la prima volta il disegno, la forza della linea pura, la cosa più vicina al pensiero dell’artista e a questa effusione creativa. Con pazienza, ha riunito i più grandi pittori e scultori attraverso le sue scelte”.
Tra le vendite di rilievo ci fu quella per il Cavallo arabo legato a un palo di Eugène Delacroix a € 775.100, più del doppio della stima minima, e tre opere di Rembrandt Bugatti: una statuetta in bronzo di una Leonessa accucciata che “dimostra come l’artista sia riuscito a catturare nel bronzo la bellezza degli animali e al contempo il senso della loro vulnerabilità”, come si leggeva nel catalogo (stimato 250mila-300mila €, è stato venduto per 533.800 €), e poi una Pantera venduta per € 508.400 e un Leone venduto per € 483mila. Tra le opere principali anche un Paesaggio (1914-1915) di Albert Gleizes (1881-1953), “che illustra illustra le nuove tendenze cubiste abbracciate da Gleizes dopo la pubblicazione nel 1912 della sua opera Du Cubisme scritta insieme a Jean Metzinger”. È stato venduto per € 356mila. Due le opere di Jean-François Millet (1814-1875) che hanno raggiunto prezzi elevati e sorpreso: un dipinto intitolato Paysannes au repos è stato venduto per 241.700 euro e La Laitière normande, un disegno a carboncino stimato tra 100mila e 150mila euro, è stato venduto per 216.300 euro. Parimenti per una veduta di Genova (Gênes, un bout de la ville et les Apennins, un delicato olio su tela del 1834) di Camille Corot (1796-1875), venduto a 229mila euro, il doppio della stima minima.
Il dipinto di Eugène Delacroix Cheval arabe attaché à un piquet (stimato tra i 400mila e i 600mila euro è stato venduto a 775mila euro; il disegno cinquecentesco a penna e inchiostro di Paolo Caliari, detto il Veronese, San Giorgio che uccide il drago stimato tra i 40mila e i 60mila euro è stato battuto a quasi 83mila euro. Un paesaggio di Albert Gleizes (1881-1953). Dipinta nel 1914-15, l’opera illustra le nuove tendenze cubiste abbracciate da Gleizes dopo la pubblicazione nel 1912 della sua opera Du Cubisme, scritta insieme a Jean Metzinger. Stima: 200mila-300mila euro è stato venduto a 356mila euro. Un carboncino e gesso su carta di Degas con una ballerina presa di schiena è stata venduta a 191mila euro. Diverse opere di Jan van Goyen (1596-1665) tra cui due Paesaggi d’inverno entrambi venduti a oltre 50mila euro.
L'autore di questo articolo: Andrea Laratta
Giornalista. Amante della politica (militante), si interessa dei fenomeni generati dal turismo, dell’arte e della poesia. “Tutta la vita è teatro”.