USA, è battaglia attorno a un dipinto di Bernardo Bellotto venduto per Hitler nel 1938


È scontro tra il Museum of Fine Arts di Houston (USA) e gli eredi di Max Emden, collezionista che nel 1938 vendette un’opera di Bellotto per il museo di Hitler: secondo gli eredi la vendita fu forzata, ma il museo afferma l’esatto contrario. E non vuole restituire il dipinto.

Il Museum of Fine Arts di Houston continua a rifiutarsi di restituire un dipinto venduto da un imprenditore ebreo all’epoca della Germania nazista: l’opera in questione è il Mercato di Pirna di Bernardo Bellotto (Venezia, 1721 - Varsavia, 1780), dipinto attorno al 1764 durante il soggiorno del pittore veneziano in Sassonia. Il quadro fu venduto nel 1938 da un magnate del commercio, Max Emden, a un mercante, Karl Haberstock, che trattò la cessione per conto di Adolf Hitler: l’opera di Bellotto (che Emden vendette al mediatore assieme ad altri due dipinti dello stesso autore) era destinata al Führermuseum che il capo del nazismo voleva far realizzare a Linz, in Austria, ma che non vide mai la luce.

Durante la seconda guerra mondiale, i tre dipinti vennero nascosti nella miniera di sale di Altaussee in Austria e, al termine del conflitto, i “Monuments Men” delle forze alleate li recuperarono restituendone due al governo tedesco (che a sua volta li ha restituiti nel 2019 agli eredi di Emden), mentre il Mercato di Pirna fu inviato per errore in Olanda, e infine, attraverso alcuni passaggi, fu acquistato dal Museum of Fine Arts di Houston che però, come riporta il New York Times, fin dal 2007 ha sistematicamente rifiutato di dare seguito alle richieste della famiglia Emden. Secondo il direttore dell’istituto, Gary Tinterow, Emden avrebbe venduto i dipinti volontariamente, e pertanto il museo, dopo aver condotto ricerche sulla provenienza e dopo aver consultato i propri legali, ha concluso di “avere titoli validi” per tenere l’opera.

La versione degli eredi Emden

La versione degli eredi Emden è invece diversa: secondo loro, il magnate sarebbe stato infatti costretto a vendere le opere di Bellotto, e di conseguenza, data la natura forzosa della cessione, il museo sarebbe tenuto a risarcire la famiglia. Accadeva infatti spesso che i nazisti costringessero, dietro minacce, i mercanti e i collezionisti ebrei a cedere le loro opere, a prezzi largamente inferiori a quelli di mercato. Altri ancora, seppur non minacciati, vendettero le loro opere per pagarsi la fuga dalla Germania, che comportava anche una tassa, la Reichsfluchtsteuer, stabilita nel 1931, applicata fin dai tempi della Repubblica di Weimar per impedire la fuga di capitali all’estero (e usata dai nazisti per assicurarsi i capitali degli ebrei).

Gli eredi di Emden sono appoggiati dalla Monuments Men Foundation, che a giugno ha pubblicato un dossier per dimostrare che la vendita del Mercato di Pirna è avvenuta in circostanze non proprio idilliache. Il quadro di Bernardo Bellotto, secondo la ricostruzione della fondazione, viene acquistato nel Settecento dal banchiere Gottfried Winckler, direttamente dall’artista: Winckler gli assegna il numero d’inventario 1025. Nel 1930 lo stesso dipinto figura nella galleria della mercante tedesca Anna Caspari, a Monaco di Baviera: è lei a vendere l’opera a Max Emden. entro il 1930. Nel giugno del 1938, Karl Haberstock acquista (nel dossier della Monuments Men Foundation il verbo è tra virgolette) il Mercato di Pirna assieme ad altri due dipinti di Bellotto che appartenevano a Emden, e a sua volta li vende immediatamente alla Reichskanzlei, la Cancelleria del Reich. Entro l’agosto del 1940, il Mercato di Pirna è incluso negli “Album di Linz”, gli elenchi delle opere destinate al Führermuseum, col numero F-35. Nell’estate del 1945, il dipinto viene recuperato, come detto, nella miniera di Altaussee e, il 15 luglio, l’opera arriva al centro di raccolta di Monaco di Baviera. Il 15 aprile del 1946 l’opera, da Monaco, viene spedita in Olanda per errore: al centro di raccolta di Monaco arriva infatti una richiesta da una mercante, Maria Almas-Dietrich, che aveva acquistato una versione del Mercato di Pirna da un collezionista ebreo tedesco, Hugo Moser. L’opera viene dunque inviata in Olanda e solo nel 1949 ci si accorge dell’errore: Stefan Munsing, direttore del centro di raccolta di Monaco, scrive dunque alle autorità olandesi per chiedere la restituzione dell’opera, cosa che però non avviene, e nel 1952 Moser, che nel frattempo era tornato in possesso del Mercato di Pirna (sebbene non della versione che era di sua proprietà) vende l’opera alla Samuel H. Kress Foundation, che a sua volta, nel 1961, la regala al Museum of Fine Arts di Houston.

Secondo la Monuments Men Foundation, la prova che il dipinto di Houston sia quello di Emden è il numero d’inventario 1025 (quello del primo possessore) apposto sull’angolo in basso a destra, che consente di tracciare la storia dell’opera. Il lavoro sui documenti eseguito dalla fondazione è importante perché, stando a quanto riferisce la fondazione stessa, il Museum of Fine Arts di Houston ha sempre affermato che “non ci sono prove fisiche che leghino l’opera del Museum of Fine Arts a Emden, alla Reichskanzlei o a Linz”. Così dichiara Anna Bottinelli, presidente della Monuments Men Foundation: “Grazie alle prove che abbiamo recentemente scoperto, riteniamo che il Museo abbia ora un dovere urgente nei confronti degli eredi di Emden. Invitiamo il Museo a collaborare con la Fondazione per restituire prontamente il dipinto di Bellotto ai suoi legittimi eredi”.

La versione del Museum of Fine Arts di Houston

Il museo si appiglia però ad alcuni indizi, riassunti in un comunicato dello scorso 21 luglio, aggiornato il 6 agosto. Primo: le opere erano in Svizzera, e prima della vendita del 1938 furono inviate prima a Londra e poi a Berlino, poi di nuovo in Svizzera via Londra, “al fine di mostrarle a potenziali acquirenti in queste città”. Insomma, secondo il museo Emden voleva vendere le opere, e questa documentata attività di spostamenti e spedizioni lo dimostrerebbe. Inoltre, sottolinea il museo, il prezzo chiesto da Emden ad Haberstock per i tre dipinti (60.000 franchi svizzeri) non fu discusso dal mercante. Ancora, sempre secondo il Museum of Fine Arts di Houston, dopo la guerra furono restituiti al governo tedesco in quanto anche gli alleati pensavano che la vendita fosse avvenuta su base volontaria. Infine, come ultima prova, l’istituto statunitense cita l’atteggiamento del figlio del collezionista, Hans-Herich Emden, che pur avendo avuto la possibilità di farlo non avanzò alcuna pretesa sulle opere di Bellotto, nonostante abbia cercato di ottenere (con successo) la restituzione di altri beni di famiglia che si trovavano in Germania.

“Questa decisione di vendita volontaria”, dichiara il museo, “è stata raggiunta dopo un’attenta analisi del contesto storico e della documentazione, inclusi molteplici fattori: Emden, in qualità di cittadino e residente svizzero prima della seconda guerra mondiale, e i cui dipinti di Bellotto erano con lui nella sua villa svizzera, ha avviato la transazione tramite un mediatore di sua scelta; riuscì a spedire i dipinti in tutta Europa finché non trovò un acquirente disposto ad accettare il suo prezzo; e ricevette il pagamento completo del prezzo richiesto nella sua valuta, il franco svizzero. Coerentemente con questa determinazione, gli eredi di Emden non cercarono la restituzione o il risarcimento per i Bellotto dal governo tedesco dopo la guerra, nonostante rivendicassero altre proprietà che erano in Germania”.

“Nel 2019”, prosegue il museo, “la Germania ha assegnato alla famiglia Emden i due Bellotto già Emden in suo possesso. Il Museo prende atto della decisione del governo tedesco, ma sostiene che questa recente decisione non altera i fatti o la natura volontaria della vendita dei Bellotto da parte di Emden del 1938”. Inoltre, si legge nell’aggiornamento del 6 agosto, “il Museo confuta l’identificazione del dipinto come oggetto di vendita forzata. La decisione si basa sulla ricerca precedente del Museo e sulla ricerca indipendente e imparziale commissionata da Laurie Stein, presidente di L. Stein Art Research, LLC con sede a Berlino e Chicago. Autorità riconosciuta nel campo della ricerca sulla provenienza e membro del cda della German Lost Art Foundation, Stein nel 2020 è stata insignita dell’unica decorazione federale della Germania, la Croce al Merito, per i suoi decenni di lavoro nella ricerca, nell’individuazione e nel ripristino delle opere d’arte confiscate all’epoca della seconda guerra mondiale”. Infine, il museo si attribuisce il merito di aver condotto alla scoperta dei legami tra il Mercato di Pirna e Gottfried Winckler, e afferma che, sebbene il dossier della Monuments Men Foundation sia utile per comprendere la storia del dipinto, ciò non altera la legittimità della vendita del 1938.

“Il Museo sostiene, come nel 2007 e nel 2011”, afferma il direttore Tinterow, “che la vendita del 1938 del Mercato di Pirna di Bellotto al governo tedesco è stata avviata dal Dr. Emden, come cittadino svizzero, con il dipinto sotto il suo controllo nella sua villa in Svizzera, e conclusa da lui volontariamente. Ci sono stati dei dubbi in passato sul fatto che la versione di Houston del Mercato di Pirna fosse quella appartenuta a Emden. Ciò è dovuto all’esistenza di più versioni, molte delle quali sono state portate al centro di raccolta di Monaco dopo la seconda guerra mondiale, tra cui due di proprietà di Hitler. Siamo grati che la Monuments Men Foundation abbia condiviso la ricerca che aiuta a fare luce su questo punto. Aggiorneremo la provenienza del Bellotto per i registri interni del Museo e il sito web con le nuove informazioni che sono emerse, una volta che saranno state completamente valutate. Nel frattempo, la provenienza online è stata snellita, su mia richiesta, rimuovendo le congetture per potersi concentrare sui fatti pienamente documentati".

Per il momento, dunque, rimane tutto com’è. Occorrerà verificare se gli eredi Emden decideranno di appellarsi alla giustizia per far valere le loro ragioni.

Foto: Bernardo Bellotto, Il mercato di Pirna (1764 circa; olio su tela, 48,3 x 79,7 cm; Houston, Museum of Fine Arts)

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